sabato 12 dicembre 2020

MANUALE DELLO SCRITTORE

 

 

 

SERGIO BISSOLI

 

MANUALE DI SCRITTORE

COME DIVENTARE SCRITTORE

Scrivere  romanzi saggi racconti  poesie

 

 

Copyright by Bissoli Sergio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

 

PARTE PRIMA

 

GLI STRUMENTI DI LAVORO

IL LOCALE

L’ISPIRAZIONE 

LA TRAMA

I GENERI

IL SOGGETTO

GLI ELEMENTI

L’EPOCA

L’AMBIENTE

I PERSONAGGI

I DIALOGHI

L’OSSERVAZIONE

IL PUNTO DI VISTA

L’ARCHIVIO

 

PARTE SECONDA

 

LA FRASE

IL REGISTRO

LA NARRAZIONE

LE DESCRIZIONI

IL TESTO: ROMANZO E RACCONTO

LA STESURA

LO STILE

LA FANTASIA

L’INVENZIONE

L’ATMOSFERA

IL RITMO

LO STACCO

SPOSTAMENTI DI SPAZIO E DI TEMPO

LA SUSPENSE

FILOSOFIA E PSICOLOGIA

I CAPITOLI

LA REVISIONE

L’OPERA PRIMA

IL CAPOLAVORO

LA POESIA

LO PSEUDONIMO

IL TITOLO

LA SAGGISTICA        

L’ARTICOLO DI CRONACA

LA SCENEGGIATURA DEL FUMETTO

IL RIFACIMENTO

TRADUZIONE E PREFAZIONE

L’AUTOBIOGRAFIA

L’AUTORE        

DILETTANTE E PROFESSIONISTI        

L’EDITORE

COPYRIGHT O DIRITTI D’AUTORE

 

PARTE TERZA

 

GRAMMATICA

STILISTICA

 

PARTE QUARTA

 

I MEZZI DI ESPRESSIONE

LA SCRITTURA AUTOMATICA

IL SURREALISMO

LA NARRATIVA FANTASTICA

LA LETTERATURA SPECULATIVA

LE CORRENTI LETTERARIE

ESTETICA

LETTORI CRITICI SCRITTORI

LA FUNZIONE DEL ROMANZO

ESPERIENZA E LETTERATURA

LINGUAGGIO E REALTÀ

I LIBRI SONO NECESSARI

CONCLUSIONE

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE I

 

GLI STRUMENTI DI LAVORO  Fino a non molto tempo fa esisteva un solo mezzo per mettere su carta i nostri pensieri, idee, fantasie. Questo mezzo era la penna. Usata per secoli dagli scrittori, la penna si è evoluta dalla scomoda penna d’oca  che bisognava intingere nell’inchiostro (Sade si lamentava perché l’inchiostro gelava d’inverno)  fino alla penna a sfera, pratica, leggera e funzionale. Il testo scritto a penna però non è presentabile agli Editori moderni e deve necessariamente essere riscritto.

Nel secolo scorso sono arrivate le macchine  per scrivere con le quali non era consentito sbagliare altrimenti bisognava tagliare il foglio contenente l’errore e incollare una striscia di carta col testo corretto.

Recentemente  sono arrivati i computers con programma Word per scrivere e stampare. Con la videoscrittura le operazioni importanti dello scrivere sono diventate semplici:

-Variazioni nel testo

-Inserimento di nuove frasi nel testo per mezzo del taglia incolla automatico

-Eliminazione di frasi sbagliate nel testo

-Controllo automatico dell’ortografia

-Caporiga e rientro automatico,  impaginazione, numerazione, giustificazione, ecc.

Ogni mezzo ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. La penna sta nel taschino e consente di mettere su carta le nostre idee in qualunque posto e in qualunque momento. Consiglio di portare sempre la penna con sé. Secondo la mia esperienza  le idee migliori sono arrivate quando mi trovavo lontano da casa e se non le avessi scritte subito le avrei dimenticate. La penna deve essere leggera per non stancare la mano, sottile, scorrevole per scrivere veloce, senza spigoli;  ( il callo dello scrittore  compare nell’ultima falange del dito medio).

Quando viaggiate portate  con voi una penna, una cartellina con fogli sciolti  e un cartone rigido da usare come ripiano. E’ importante scrivere a righe distanziate su foglietti staccati. Ciò consente di fare aggiunte al testo. Aggiunte brevi scrivendo negli spazi bianchi fra le righe; aggiunte lunghe intercalando nuovi fogli. Poi, arrivati a casa riversate  gli scritti nel computer.

Quando avrete finito il vostro testo avrete ottenuto la prima stesura. Ora dovete rileggere e revisionare tante volte per mesi la p rima stesura prima di considerarla un’opera finita.

Oltre al computer sono necessari: un buon dizionari da consultare per l’ortografia, la ricerca della nomenclatura e dei sinonimi; una piccola enciclopedia generale; una raccolta di libri riguardanti l’argomento che desiderate trattare.

 

IL LOCALE  I locali vanno tutti bene; soffitte, sottoscale, cantine, però devono avere alcune caratteristiche. Consiglio di installarvi in una stanzetta comoda, areata, ma soprattutto silenziosa. La stanza deve essere isolata dai rumori esterni; (Proust scriveva dentro una stanza imbottita di sughero). Senza arrivare a questo notiamo che esistono rumori più o meno fastidiosi. I rumori dannosi sono quelli che distraggono l’attenzione: persone che parlano, radio TV, grida di bambini che giocano, musiche non gradite. Altri rumori non disturbano la nostra attività: rumore del traffico, rumori monotoni, ronzii… Anche se indesiderabili possono essere facilmente sopportati.

Secondo la mia esperienza è consigliabile lavorare in un ambiente sobrio, con arredamento scarso e funzionale, senza troppi oggetti o suppellettili che intralciano e distraggono. Io preferisco un ambiente quieto e uniforme perché favorisce le visioni interiori. I miraggi si vedono nel deserto, mai in città.

Tenete tutto in ordine per poter trovare subito quello che vi serve quando state lavorando. Tavolo e sedia devono essere adatti a voi e all’altezza giusta. Trovate la posizione ideale, non importa se strana, e sedetevi così quando desiderate scrivere. Evitate la presenza di persone nella stanza.

. In certi momenti potete avere bisogno di musica per ispirarvi. Altre volte avrete bisogno di silenzio. La musica deve essere quella che va bene per voi, non importa se classica, pop, rock,… importa che sia quella che vi piace e che vi aiuti a portarvi nello stato di coscienza creativo. Con la musica esiste il pericolo di sopravvalutare i vostri testi creati durante l’ascolto musicale. Quindi è necessario rileggere i testi alcuni giorni dopo, in silenzio.

 

L’ISPIRAZIONE. L’ispirazione esiste veramente ed è uno stato di coscienza diverso. Scrive Elizabet Bowen: “Ogni volta che scrivevo un racconto aprivo una porta”.

Sedetevi al vostro posto, con il foglio davanti e la penna fra le dita. State calmi, rilassati, con la mente svagata, con la testa fra le nuvole e aspettate l’ispirazione. Quando arriva l’ispirazione i pensieri e le idee entrano nella mente e scrivere diventa facile.

Scrivete sempre quando vi sentite ispirati senza interrompere il flusso dei pensieri. Correggete il testo dopo, nei giorni successivi. Se vi arriva l’ispirazione mentre siete occupati in altri lavori, lasciate tutto, mettetevi da parte e scrivete.

Il pittore Friedrich scrive: “Il pittore non deve dipingere ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede in sé. Se però in sé non vede nulla, tralasci pure di dipingere ciò che vede davanti a sé.”

Se non avete l’ispirazione dovete creare le condizioni ideali affinché essa arrivi. Come quando volete dormire dovete creare le condizioni ideali (il silenzio, il buio, ecc.) e aspettare che il sonno arrivi.

Le condizioni che favoriscono l’ispirazione variano per ognuno di noi.

Molti scrittori raggiungono l’ispirazione ascoltando la musica; altri si ispirano passeggiando; quando sono innamorati. Alcuni si ispirano mentre dormono. Uno scrittore aveva messo un cartello sulla porta della camera da letto con la scritta: “Qui il poeta lavora”. Significava che le idee gli venivano durante il sonno.

Anche C. Nodier scrive: “Ciò che mi stupisce è che il poeta desto approfitti raramente, nelle sue opere, del poeta addormentato; oppure che raramente confessi il suo debito verso di lui.”

Altri ancora si ispirano quando viaggiano; all’arrivo della loro stagione preferita; ecc.

Non esiste una regola uguale per tutti. Bisogna comunque evitare di mettersi al lavoro dopo mangiato, quando si è stanchi o peggio malati; quando si dispone di poco tempo o si hanno altri impegni che distolgono l’attenzione e impediscono di concentrarsi.

Quando non riuscite a risolvere un problema difficile non sforzatevi di trovare subito una soluzione. Conviene distrarsi con qualche attività piacevole, o andare a dormire.

Pensate a lungo a un problema e poi scordatelo momentaneamente; è un vecchio trucco usato da artisti e inventori. In seguito la soluzione si affaccerà alla mente da sola, e sarà una soluzione brillante.

Scrive Lewis Carrol: Capitava che un’idea mi venisse di notte, e allora mi alzavo e accendevo il lume per appuntarmela; talora durante una gelida passeggiata d’inverno, per cui dovevo fermarmi e, con le dita intirizzite dal freddo, scarabocchiavo poche parole per evitare che quell’idea appena nata dovesse perire; ma dovunque e comunque venissero, ciascuna idea veniva da sé. Non sono come un orologio che, per farlo funzionare, basta caricarlo quando si vuole.

Se l’ispirazione non arriva è inutile perdere tempo davanti alla pagina bianca; significa che non siete preparati oppure che non è la giornata buona e conviene fare qualcosa altro, ad esempio una passeggiata.

 

LA TRAMA. L’idea per la trama di un libro può nascere da un’esperienza che abbiamo fatto, o da un’esperienza fatta da qualcun altro o da una confidenza raccontataci da un amico.

Oppure può essere il resoconto di un viaggio in terre lontane, o addirittura immaginario, su altri mondi o in altre dimensioni.

L’idea può scaturire perché abbiamo vissuto per tanto tempo dentro un ambiente particolare, esempio: a bordo di una nave, in un collegio, o in paesi esotici con usi e costumi di vita diversi dai nostri e per questo motivo attraenti.

A volte anche una semplice famiglia o bottega con i suoi personaggi, i suoi problemi, le sue situazioni, le sue vicissitudini, può dar vita a un intreccio interessante.

La trama possiamo ricavarla da una leggenda legata a una località o casa. Dalla vita di un personaggio, inventore, poeta, criminale, santo o altro purché abbia avuto una esistenza ricca di peripezie e travagli.

La storia di un amore, di una passione; gli aspetti psicologici oppure le vicende erotiche o tutte e due le cose insieme.

Un caso di cronaca di cui si siano occupati i giornali o tolto dai vecchi schedari della polizia.

Il resoconto di una esperienza psichica o parapsicologica.

La trama ce la può suggerire la lettura di libri stimolanti o la visione di films.

La trama può nascere infine da un’idea, un sogno, una leggenda o altro ancora.

Può essere una biografia più o meno romanzata o un’autobiografia.

Ci sono le trame a soluzione positiva, dove le cose finiscono bene; a soluzione negativa, dove finiscono male; o indefinita.

Le trame sono lineari quando raccontano i fatti in successione; a incastro quando i fatti vengono intercalati fra di loro.

Quando costruite una trama dovete esaminare tutte le varianti, tutte le ramificazioni e poi scegliete quelle più appropriate.

Evitate le trame troppo ingarbugliate zeppe di complicazioni.

Evitate di creare nella trama coincidenze forzate e incredibili.

Evitate le lunghe trame secondarie. Le trame secondarie devono essere brevi allo scopo di non distrarre l’attenzione del lettore dalla trama principale.

Le trame secondarie (quando ci sono) consistono di: divagazioni, varianti, situazioni parallele.

La lunghezza del libro è sempre proporzionale alla lunghezza della trama. Con trama breve e molte pagine si ha un testo troppo diluito. Se la trama è lunga e le pagine poche, il testo è troppo concentrato.

Non inventate completamente una trama: risulterà artificiosa e falsa. Prendete spunti dalla realtà, inserite avvenimenti reali, mescolate fantasia e realtà.

 

I GENERI. Leggete, leggete molto e di tutto. “Leggere per vivere” scriveva Flaubert.

Ogni scrittore è prima di tutto un grande lettore di libri e cultore, estimatore di un genere letterario in particolare.

I gusti, le tendenze fanno prediligere un determinato genere, nel quale sceglieremo di scrivere.

La prima cosa da fare quando si vuole scrivere un libro è stabilire il genere.

I principali generi sono: Drammatico, Comico, Commedia, Giallo, Orrore, Fantascienza, Avventura, Psicologico, Erotico, Sentimentale, Thrilling ecc.

Sono classificazioni convenzionali perché in pratica un genere può arricchirsi di elementi propri di un altro.

Esempio: Orrore venato di erotismo; Fantascienza avventurosa, sociologica, parapsicologica, ecc.

Oppure generi si uniscono e si compenetrano.

Esempio: Giallo-comico. Giallo-rosa. Giallo-nero.

Ogni genere letterario corrisponde a un determinato aspetto della realtà e della vita.

Chi possiede il senso dell’humour e sa scoprire gli aspetti piacevoli di una situazione, scriverà opere comiche. Chi prova interesse per le vicissitudini degli uomini si orienterà al drammatico. Chi si sente attratto dal mistero della vita sceglierà l’insolito e così via.

Il genere è come un contenitore che colora e influenza qualsiasi avvenimento. Ad esempio: in un romanzo di genere nero, se dobbiamo descrivere una festa, essa dovrà essere un po’ cupa.

In un romanzo di genere comico, se dobbiamo descrivere un funerale, esso dovrà apparire un po’ allegro, cioè intonato al genere del romanzo.

L’autore ha l’obbligo di approfondire con ricerche e letture il genere letterario che intende trattare.

Prima di trattare un argomento è necessario diventare un esperto per poter disporre di tante nozioni a cui attingere, idee da sviluppare.

Conoscere il lavoro svolto dai predecessori è indispensabile per evitare di scrivere delle banalità, agli inizi, o cose che sono già state espresse da altri e in modo migliore.

E non dite , come tanti dilettanti, che così facendo non resta più niente da scrivere. L’infinito sta davanti a noi, qui come in tutte le manifestazioni della natura.

 

IL SOGGETTO. La scelta del soggetto (o argomento) dipende dai nostri gusti e dal nostro bagaglio di esperienze.

Evitate i soggetti banali che non suscitano l’interesse dei lettori.

La letteratura coinvolge il lettore solo se rappresenta emozioni forti. Una cena fra amici offre emozioni deboli che interessano solo i commensali. Ma un uomo inseguito da un coccodrillo, l’incontro con un extraterrestre offrono emozioni talmente forti che arrivano a coinvolgere il lettore (o lo spettatore).

Il lettore desidera soddisfare curiosità, arricchirsi di esperienze, provare emozioni nuove.

Questo infatti è lo scopo principale della lettura: Aumentare le conoscenze evitando i pericoli delle esperienze reali.

Il soggetto è valorizzato dal modo di scrivere. Il modo di scrivere, cioè il modo in cui le parole sono disposte, è importantissimo. Cambiando l’ordine delle parole il soggetto perde molto del suo fascino.

Il soggetto deve avere: 1) ambientazione; 2) struttura composta di introduzione, sviluppo, conclusione; 3) pochi e ben definiti personaggi; 4) una serie di eventi strettamente legati fra di loro da un filo logico.

Il numero delle pagine è proporzionale agli avvenimenti narrati. Attenzione a non diluire il romanzo con troppe lungaggini. Non comporre un romanzo con una lunga sequenza di avvenimenti. Il romanzo ideale è formato da un avvenimento principale e pochi secondari.

 

GLI ELEMENTI. Tutti gli elementi o oggetti che entrano a far parte della vicenda dovranno essere ben conosciuti dall’autore. Egli deve familiarizzare con essi in modo da potersene servire con facilità e soprattutto per poter trasmettere la sensazione di competenza di ciò che sta per narrare.

Es. Una grande casa, di quelle come sapevano costruire soltanto al principio del secolo scorso, con i suoi due piani maestosi in un balzo verso il cielo, le bianche colonne marmoree dell’atrio, proscenio per il giardino, le lucide tegole rosse e il solitario comignolo dell’ampio camino, vero cuore della casa, attraverso cui ha fumato ininterrottamente tutta una vita di intere generazioni, inchiavardate saldamente tra loro, a formare la colonna dorsale della antiche famiglie patriarcali del Sud.  Max Dave

Prima di scrivere una storia di fantascienza bisogna documentarsi sugli apparati scientifici, radar, propulsori, tute spaziali, navette, autorespiratori, pannelli di comando, antenne, ecc.

Ma anche in una semplice commedia l’autore dovrà informarsi degli stili dei mobili, del nome delle suppellettili presenti nella stanza, il tipo di abiti indossati dai personaggi e così via.

Es. Alle pareti insieme alle armi erano appesi trofei di caccia: teste di orsi e di cervi per lo più; ma anche una lince balcanica e un cinghiale dall’aspetto ferocissimo per via delle lunghe zanne. Un lampadario di ferro battuto con una moltitudine di candele fiammeggiava e traeva bagliori metallici dalle armi appese al muro: sciabole, yatagan, spade, antichi fucili turchi, nagaike, pugnali ricurvi del Kurdistan.         Frank Graegorius

Osservate gli oggetti sempre da più punti di vista, in vari momenti del giorno e della notte, con il buono e il cattivo tempo. C’è da restare sorpresi nel costatare come essi subiscano delle variazioni a seconda delle condizioni, tanto da sembrare ogni volta diversi.

L’oggetto inanimato risente inoltre, nelle descrizioni, dello stato d’animo di colui che lo descrive. Una trave galleggiante sul mare ha un significato diverso per un turista sulla nave e per un naufrago che sta nuotando.

Non basta quindi descrivere freddamente, ma bisogna investire gli oggetti delle nostre sensazioni, stati d’animo, speranze, timori ecc. per trarli fuori dall’anonimato della realtà. Un oggetto poi verrà descritto più o meno minuziosamente a seconda della maggior o minor importanza che esso riveste per il personaggio.

Perché, vedete, quando siamo molto emozionati, oppure spaventati, o innamorati, diventiamo ancora più ricettivi, più sensibili, più impressionabili. In questi momenti, l’ambiente, tutto quello che ci circonda, diventa più intenso, più penetrante, come se fosse in rilievo. Un albero, una casa, ma anche una piccola crepa nel muro o un particolare tipo di luce, si imprimono con intensità nella nostra anima. Gli oggetti assumono grande importanza, si caricano di significati nuovi, di presagi. In quei momenti noi proviamo sentimenti di amore, odio, avversione o paura  verso  oggetti comuni.

 

L’EPOCA. Lo stesso discorso di approfondimento vale anche per l’epoca.

Il periodo storico va studiato insieme al modo di pensare, alle consuetudini, alle usanze. Bisogna studiare i sistemi di vita, gli oggetti adoperati, i mezzi di locomozione allora impiegati, cibi e bevande, la moda di quei tempi, i costumi, la religione, gli sport, il tipo di dimora, i giochi, le armi, gli stili, e tutto ciò che fa parte dell’ambiente dove si svolge la vicenda. Basta questo a rendersi conto che più l’epoca è lontana dal presente maggiormente richiede di essere studiata.

 

L’AMBIENTE. Esiste un rapporto molto stretto fra vicenda e ambiente.

Determinate situazioni possono svolgersi solo in determinati ambienti; e determinati ambienti possono dar vita solo a determinate situazioni.

L’ambiente è un elemento importantissimo. Si potrebbe quasi affermare che è l’ambiente a dar vita alla vicenda.

Ad esempio: una storia di spiriti sarà ambientata in una vecchia villa di campagna. Una storia di gangster richiederà come ambientazione i bassifondi di una grande città.

Soffermiamoci sull’importanza dell’ambiente: con un ambiente ben descritto e caratterizzato la storia è già scritta per metà. Perché spesso la vicenda è solo una conseguenza dell’ambiente e può svolgersi solo dove esistono tutte le premesse per il suo sviluppo.

E’ impensabile voler descrivere un ambiente senza averci vissuto o almeno senza averlo prima osservato per lungo tempo. E’ anche sbagliato credere di conoscere un ambiente per averlo osservato solo marginalmente, o in alcune delle sue parti. Non è possibile in questo caso avere la visione d’insieme.

Negli ambienti nuovi dove non si è mai stati è necessario soggiornare per un lungo tempo per poterne assorbire l’atmosfera, per restare impregnati dello spirito del luogo. Solo dopo si sarà in grado di descriverlo con originalità ed efficacia.

La vita frenetica di una stazione, la pace di una casa di campagna, il senso di libertà che ci dà la strada, lo squallore di un accampamento di nomadi, sono tutte impressioni che si ricavano dai svariati ambienti. Bisogna sforzarsi di creare l’atmosfera essenziale dell’ambiente. Il tutto è sempre qualcosa di più della somma delle sue parti.

Ad esempio: Un bosco con la sua solennità è molto di più che un insieme di alcuni alberi. Chi non c’è mai stato, chi non ha percepito i suoi profumi, i suoni misteriosi, chi non ha camminato nella sua luce verde-acqua smarrendosi per i sentieri, chi non si è riempito le scarpe di foglie e semi. Chi infine non si è rotto il naso inciampando in una radice...costui non potrà mai descrivere in maniera convincente il bosco.

E’ anche indispensabile osservare l’ambiente da tanti punti di vista e in vari periodi di tempo. Lo stesso ambiente cambia completamente nelle varie ore del giorno e della notte, in differenti condizioni meteorologiche, o a seconda delle stagioni.

Per percepire le caratteristiche proprie di un ambiente è necessario viverci a lungo. E’ necessario anche frequentare un ambiente diverso, opposto, a quello in questione. Infatti chi è nato in un determinato luogo si è assuefatto alle sue caratteristiche fino a ritenerle universali.

Ad esempio: Un abitante della campagna può non notare le caratteristiche proprie della campagna: la quiete, i profumi o l’alternarsi delle stagioni, ecc. Però dopo un viaggio in città le caratteristiche sopra citate gli appariranno molto più evidenti.

E’ necessario conoscere profondamente i luoghi in cui si intende svolgere la vicenda. Bisogna imparare i nomi degli alberi, delle erbe, dei fiori, delle pietre, delle stelle, se è un ambiente campestre. Se invece è una città bisogna imparare gli stili e fare delle ricerche storiche e di architettura.

Tutto questo servirà per descrivere accuratamente qualche suo elemento tipico, e comunicare così al lettore la sensazione della realtà.

Raccomandiamo però di non dilungarvi troppo anche quando descrivete cose originali.

Evitate descrizioni lunghe e particolareggiate di luoghi, ambienti, personaggi. Evitate descrizioni di cose ovvie e risapute. Il lettore si stanca ed è tentato di saltarle.

Attenzione a non esagerare. Ad es. se descrivete un bosco non fate un trattato di botanica.

Per la creazione di un ambiente inventato bisogna combinare fra loro elementi presi da vari paesaggi reali.

 

I PERSONAGGI. Studiate le caratteristiche fisiche e mentali dei personaggi per imparare a renderli psicologicamente credibili. Osservate che i personaggi agiscono secondo la loro indole, seguendo le loro preferenze. L’azione è sempre il risultato della loro psicologia che va approfondita nei vari momenti di gioia, dolore, ira. Prendete nota di come si comportano o reagiscono nelle varie circostanze della vita.

I personaggi del tutto positivi o negativi, così comuni nella vecchia letteratura, in realtà sono rari. Di solito l’uomo è un miscuglio di pregi e difetti; la personalità è sfaccettata di caratteristiche che alcuni giudicano buone, altri cattive. A volte predominano qualità positive o negative.

Raccomandiamo di dare ai personaggi una psicologia, dotarli cioè di caratteristiche, gusti, desideri, debolezze, umori, sentimenti, in modo da sentirli come delle persone vere e non come dei semplici nomi sulla carta.

Teniamo presente che una personalità è composta di tante facce. Dallo stesso individuo si ricava un ritratto ogni volta diverso se viene descritto da una amante, un amico, un collega di lavoro, un nemico, un parente ecc.

L’autore deve far pensare, parlare e agire i propri personaggi come farebbero uomini e donne vere che si trovano nelle circostanze descritte.

Le reazioni dei personaggi devono sempre essere proporzionate alle cause che le hanno provocate. Tenendo presente che talvolta un’emozione arrivata al suo sommo grado assomiglia a quella diametralmente opposta. Un dolore immenso può causare il riso e si può piangere di gioia. Non è perciò un’incongruenza quella di far agire i personaggi in maniera apparentemente illogica in situazioni fortemente emotive.

La caratterizzazione dei personaggi femminili richiede particolari attenzioni. La psicologia femminile è più complicata di quella maschile. La donna è meno logica nelle sue azioni, è più capricciosa, frivola, imprevedibile. Essa ha inoltre un interesse più scialbo verso la sessualità. Bisogna analizzare a lungo le donne prima di creare un personaggio femminile credibile.

Il dialogo è in rapporto al ceto sociale, alla professione di chi parla. L’uso di vocaboli appropriati è tipico dell’intellettuale. A mano a mano che si scende nella scala sociale le persone parlano in maniera sempre più rozza, talvolta colorita con espressioni prese dal loro mestiere.

Per dar vita a un personaggio inventato bisogna riunire le caratteristiche fisiche e psicologiche di due o più personaggi reali.

Lo scrittore Simenon insegna: “Allora mi ricordo di un tale. Lo trasformo. Lo mescolo con altre persone che ho conosciuto per farne un personaggio del tutto differente. A un certo punto uno di questi personaggi nuovi mi va bene come un abito. Sento che sono a mio agio con lui.”

I nomi devono essere abbastanza intonati al personaggio, ma senza esagerazioni. Cercate i nomi negli indirizzari, calendari, elenchi telefonici internazionali, oppure inventateli.

I personaggi si dividono in principali e secondari. Per secondari si intende personaggi che compaiono brevemente o per una sola volta nel libro. Anche questi devono essere ben caratterizzati con pochi e rapidi tratti di penna, con brevi e significative frasi.

Quando i personaggi sono molti e il lettore potrebbe confonderne l’identità o avere incertezze, conviene elencarli in ordine di importanza all’inizio del libro.

Esempio:   Il conte Alphonse Wilninson

Lady Alma  sua moglie

Arlette la figlia

Thomas fratello del conte

Hugh maggiordomo

Susanne e Katrine cameriere

Arthur Callum amministratore

Fred un playboy

Dott. John Cooper il medico

Roland Bayley investigatore privato

Markham sergente di polizia

Miss Sandy una vecchia zitella

Billy un vagabondo.

 

I DIALOGHI. Il dialogo è in rapporto al ceto sociale, alla psicologia, allo stato d’animo di colui che parla.

Le persone accomunate dalla stessa professione, classe, ambiente, età, condizione, ecc. adoperano un particolare modo di esprimersi chiamato gergo. Esiste il gergo studentesco, il gergo della malavita, degli sportivi, dei medici, dei politici, ecc.

E’ importante nei dialoghi riportare il linguaggio convenzionale proprio della categoria a cui appartiene il personaggio. Inoltre uno stesso personaggio si esprime in maniera differente (in un diverso registro) a seconda che parli: con un collega di lavoro, con un bambino, con la propria moglie, con un superiore ecc.

Es. Una richiesta a un familiare: Dammi quel libro. Richiesta a un amico: Per favore, dammi quel libro. Richiesta a un estraneo: La prego, vuole essere così gentile da darmi il libro...

Quando parliamo ci aiutiamo con l’intensità e il tono della voce. Quando scriviamo è necessario far precedere o seguire il discorso diretto da qualche indicazione che aiuti a comprendere lo stato d’animo di colui che parla.

Es.: gridò, sussurrò, balbettò, ecc. in tono brusco, autoritario, con dolcezza, ecc.

Sgrammaticature, gergo, parole volgari, dialettali, vanno usate con personaggi delinquenti, rozzi, per renderli più incisivi. Usate queste parole con moderazione per non annoiare e diventare incomprensibili.  Es.: Sbirri, spifferare, fottuto, bagascia, stronzo, rompiballe, chiavare, cazzata, casino. I dialoghi devono essere verosimili e in accordo con la psicologia dei personaggi.

A volte i dialoghi sono formati da parole slegate, sospensioni, ripensamenti.

Vi si trovano parole tipo: Ecco, Oh, Cioè, Già, Beh, Sì, Ma,...

Queste parolette sono frequenti nelle improvvisazioni perché servono a riempire i vuoti di pensiero. Sono usate quando non si sa cosa dire, quando si è imbarazzati, per prender tempo a cercare una parola.

Es.: “Vedete, vedete, Miss Barbara, quello che si impara a scuola su questo nostro paese, ne dà sempre un’idea vaga... Dicono che sia uniforme, monotono... Monotono un accidente... Oh, scusatemi... E’ il paese più strano della terra!” Paul Carter

Quando un personaggio è in preda a forti emozioni bada meno alla forma e di conseguenza adopererà un linguaggio sobrio e magari frammentario.

Es.: Un ferito: “La mia gamba - presto, una scheggia”.

In un romanzo bene equilibrato i dialoghi rappresentano il 10-20-30 % del testo (in media una facciata ogni cinque). Nelle rappresentazioni teatrali i dialoghi rappresentano il 90% del testo.

Il dialogo non deve essere troppo lungo. Da due o tre righe fino a un massimo di dieci righe.

Evitate di riportare un dialogo dentro un altro dialogo.

Se ciò fosse necessario usate il discorso diretto più discorso indiretto.

Es. John disse: “Tom dice che non verrà.”

Adoperate sinonimi di Dire per evitare la monotonia.

Es.: affermare, aggiungere, chiamare, ripetere, sussurrare ecc.

Quando ci sono due interlocutori che parlano alternativamente si può omettere il verbo Dire (o sinonimi) alla 3° volta.

Es.: 1°) John disse: “Perché hai usato la mia macchina?”

2°) “Ma non l’ho presa io” ribattè Tom.

3°) “L’avevo lasciata dentro al garage e la ritrovo fuori”.

4°) “Non so chi possa avercela messa”.

Quando invece partecipano al dialogo più persone è necessario scrivere tutte le volte chi sta parlando per evitare incertezze.

Es.: “Hai visto la fiera dell’antiquariato?” chiese John.

“Sì era molto interessante” rispose Tom.

“Ma voi siete stati nel padiglione degli orologi?” domandò Carl.

Tom scosse il capo: “Io non ho fatto tempo perché stavano per chiudere.”

Riportate solamente i dialoghi importanti. Gli altri bisogna condensarli nel discorso indiretto. Es. Mi chiese se avevo la chiave e avuta risposta negativa domandò allo zio.

 

L’OSSERVAZIONE. Un paesaggio osservatelo in primavera, estate, autunno e inverno; e all’alba, mezzogiorno, tramonto, sera e di notte. Questo serve per valutarne bene le differenze.

Una cosa osservatela da varie prospettive: destra, sinistra, lontano, vicino, da sotto, di sbieco, interno; con vari tipi di luce, alba, mezzogiorno, tramonto, sera, di notte.

Una persona studiatela mentre svolge la sua professione o il suo lavoro tipico. Se serve un’analisi più approfondita osservatela nelle varie situazioni della vita, quando ama, quando odia, quando è arrabbiata, quando ha paura, nei momenti di tenerezza, di sottomissione, esaltazione ecc. per classificarne il carattere.

Un oggetto tenetelo fra le mani per sentire se è liscio, ruvido o spigoloso, pesante, leggero, duro o molle, sentire l’odore che ha, (il sapore se è un frutto) vedere a cosa serve, a cosa assomiglia ecc.

Il lavoro di scrittore si svolge dapprima nei più svariati ambienti, a volte pericolosi, e poi alla scrivania. “Con il mio lavoro rischio quotidianamente la vita” scriveva Van Gogh.

Osservate fatti reali, situazioni banali o casi rari.

Ascoltate racconti di vita vissuta, di cose accadute o inventate.

Osservate come reagiscono le persone nelle varie circostanze: carestia o abbondanza, feste o calamità, incendi, terremoti ecc. Studiate usanze, convenzioni, maniere, abitudini, credenze tipiche di una comunità. Diventate introspettivi, osservate cioè i comportamenti del vostro animo.

Imparate ad osservare attentamente e liberamente.

Per far ciò conviene prima studiare le consuetudini, le abitudini, i pregiudizi, degli altri popoli. Questo serve per riconoscere i nostri pregiudizi, le nostre credenze e opinioni.

Convenzioni, modelli da sempre accettati dall’ambiente o istillatici dall’educazione appaiono relativi.

Lo scrittore deve uscire dalla gabbia delle credenze sociali per poter osservare la realtà da punti di vista completamente nuovi.

Così le cose comuni rivelano aspetti inconsueti. E le cose insolite possiamo descriverle senza doverle inserire nei vecchi schemi.

Lo scrittore dovrà sempre osservare da sé e non fidarsi delle osservazioni degli altri.

Moltissime persone non sanno osservare e vedono attraverso occhiali sociali oppure guardano con i paraocchi. Le loro descrizioni hanno scarso valore perché riflettono solo gusti, tendenze, credenze sociali. Scrive Colin Wilson: “I poeti sentono che la maggior parte della gente è cieca e sorda verso le cose più importanti della vita”.

Dopo l’osservazione lo scrittore medita, riflette, valuta, confronta, sceglie.

Il materiale più interessante bisogna scriverlo su un taccuino.

 

IL PUNTO DI VISTA  Alcune persone percorrono la stessa di via di una città: il bambino guarda le vetrine dei giocattoli; la ragazza guarda i manichini con i vestiti alla moda; l’uomo sportivo guarda gli attrezzi di ginnastica; il ragazzo guarda le foto sexy di cinema e riviste; il professore guarda le copertine dei libri. Alla fine, tutte queste persone hanno percorso la stessa via, ma hanno visto cose differenti. E ognuno darà un resoconto differente. Eppure la realtà è una per tutti. Però ognuno vede, è attratto, guarda con attenzione un solo settore della realtà: quello che gli interessa , quello che gli piace.

      Il punto di vista è rappresentato dal personaggio principale. E’ facile sapere se l’autore è un uomo o una donna: il personaggio principale ha lo stesso sesso dell’autore (con qualche eccezione).

Il punto di vista maschile è poetico, fantasioso. Il punto di vista femminile è pratico e meticoloso.

Un uomo riesce male a creare un personaggio principale femminile reale; e quando una donna crea un personaggio principale maschile, noi uomini sentiamo che esso agisce e pensa in modo effeminato. Questo perché il sesso influisce sulla psicologia,  sul modo di pensare e di agire.

Un autore dovrebbe sempre inventare il personaggio principale del suo stesso sesso.

Un altro fattore che influisce sul punto di vista è l’età. L’età dell’autore influisce sul modo di pensare, di vedere e giudicare i fatti e le cose. Generalmente l’età dell’autore coincide con l’età del personaggio principale: giovane, adulto oppure vecchio.

Esistono eccezioni, come ad esempio quando l’autore adopera un bambino come protagonista. In questo caso l’autore descrive i suoi ricordi di infanzia, perché evidentemente un bambino non riuscirebbe mai a scrivere un libro. 

 

 

L’ARCHIVIO. L’autore terrà un registro diviso per argomenti. Qui scriverà sensazioni, cose viste, fatti o situazioni interessanti, descrizioni di luoghi, nomi di persone, idee, ricordi, schemi di trame, ecc. Quando scrivete un racconto attingete al serbatoio delle vostre esperienze. Ma la memoria non può ricordare tutto e allora sfogliate il registro per trovare trame da sviluppare, descrizioni già pronte ecc.

Ogni annotazione, dopo averla utilizzata, va cancellata.

Bisogna avere sempre con sé il materiale per scrivere anche quando si va a letto o in viaggio. Le idee migliori spesso arrivano nei momenti più imprevedibili e bisogna fissarle subito sulla carta altrimenti rischiate di dimenticarle.

 

 

 

 

 

PARTE II

 

LA FRASE. Un romanzo è composto di frasi (In termine tecnico si chiamano periodi).

Una frase inizia con una lettera maiuscola e finisce con un punto.

Ogni frase deve essere:

- ben costruita, chiara e corretta.

- legata con la precedente e con la successiva.

Non deve essere:

- troppo lunga

- non deve apparire slegata dalle altre.

In genere con ogni piccolo fatto si costruisce una sola frase.

Es.: John esce di casa.

Se il fatto è molto importante e si vuol richiamare l’attenzione del lettore, con un solo fatto si costruiscono più frasi. (Visione al microscopio).

Es.: John infila la chiave e fa scattare la serratura. Apre piano la porta. Richiude dietro di sé e finalmente lascia la casa.

Se i fatti sono poco importanti rispetto al testo, usate due o tre fatti per costruire una sola frase. (Visione grandangolare).

Es.: John esce di casa, va alla stazione e prende il treno per Londra.

Evitate le frasi troppo lunghe ricche di subordinate.

Es.: I boschi di faggio che avrei dovuto attraversare e dei quali una contadina mi aveva raccontato strane storie li raggiunsi sul tardo pomeriggio mentre ero affamato e col cavallo stanco, ma poiché non c’era un ricovero dove sostare decisi ugualmente di proseguire sperando di arrivare dall’altra parte prima del calar della notte così da trovare ancora aperta la casa di Jan.

Scrivete frasi di media lunghezza e brevi, quindi alternatele per evitare la monotonia.

Es.: Raggiunsi i boschi di faggio sul tardo pomeriggio affamato e col cavallo stanco. Su quei boschi una contadina mi aveva raccontato strane storie, ma poiché non c’era un ricovero dove sostare decisi ugualmente di attraversarli. Speravo di arrivare dall’altra parte prima del calar della notte. Avrei trovato ancora aperta la casa di Jan.

Evitate di scrivere frasi staccate le une dalle altre.

Es.: Arrivai alle dieci alla stazione. Non vi trovai Mary. Aspettai per circa due ore seduto nella sala d’attesa. Decisi di partire senza di lei. In treno ebbi dei rimpianti. Decisi di scendere alla prima fermata.

Legatele con avverbi, preposizioni o congiunzioni.

Es.: Arrivai alle dieci alla stazione ma non vi trovai Mary. Così aspettai, per circa due ore seduto nella sala d’attesa. Finalmente decisi di partire senza di lei. Ma in treno ebbi dei rimpianti, perciò decisi di scendere alla prima fermata.

Scrivete frasi semplici, chiare e non confuse. Scrivere delle belle frasi significa dunque scrivere un bel testo.

Sostituite le ripetizioni con i sinonimi. Togliete le rime equivoche (rime non volute) che talvolta si formano creando un senso di ridicolo.

Evitate l’uso di troppe parentesi. Evitate di mettere il verbo lontano dal soggetto.

Mettete la proposizione relativa sempre vicino al suo antecedente.

Es.: Ho visto la statua d’oro della collezione che è stata rubata. (che cosa è stato rubato, la statua o tutta la collezione?)

Evitate le polemiche. Evitate gli artifici, le verbosità, le lungaggini. Scrivete solo

 

 

quello che è necessario senza voler riempire ad ogni costo le pagine. E se non avete niente da dire, non scrivete.

Evitate le divagazioni, i lunghi ragionamenti, gli inserti filosofici. Evitate che la narrazione divenga pretesto per qualcosa altro, ad es. la propaganda.

Quando usate parole che hanno omonimi fate che il significato risulti chiaro.

Evitate come appestati: gli arcaismi; le frasi fatte; i modi di dire; le locuzioni latine.

Gli arcaismi sono parole morte e antiquate.

I modi di dire sono frasi arcirisapute che hanno perduto l’espressività.

Es.: Cadere dalle nuvole. Scrivete invece: Rimanere sorpreso.

       Non lo posso soffrire. Scrivete invece: Mi è antipatico.

       Menare il can per l’aia. Scrivete invece: Divagare, temporeggiare.

       Averne fin sopra i capelli. Scrivete invece: Essere stufo.

     - Ipso facto = lì per lì, improvvisamente

     - Ad libitum = a piacere

     - Ad Hoc = adatto.

Evitate parole arcaiche e letterarie:

Es.: Guatare = guardare

muliebre = femminile

incedere = camminare

igneo = infuocato

agognare = desiderare.

Evitate di scrivere in maniera complicata. Scrivere in modo semplice è difficile; scrivere in modo complicato è più facile.

Non scrivete frasi arcirisapute e super ripetute.

Es.: “La neve bianca cadeva a larghe falde...”

Scrivete cose originali. Per scrivere cose originali guardate la cosa da punti di vista originali.

Es.: La neve. Provate a guardare lo zenit del cielo durante una grossa nevicata. Vedrete un turbinio, un formicolio disordinato di punti scuri che assomigliano a sciami di mosche, o stormi di uccelli durante un passo. Adesso provate ad uscire. La neve vi entra negli occhi facendoli lacrimare, sentirete l’acqua gelida sulla pelle, i vostri piedi scivolano come se aveste i pattini. Altro che neve bianca da paesaggio in cartolina. Bisogna provare le cose prima di descriverle!

Evitate di scrivere anticipazioni sulla storia. Non fate troppo spesso lo scrittore onnisciente. Es.: Marta si sarebbe pentita fra un mese della scelta che stava facendo.

Quando scrivete non pensate a tutto il romanzo contemporaneamente. Mentre descrivete una azione pensate solo a quella. Se ad esempio state tagliando un albero pensate alla fatica, al sudore, al legno duro da segare, alla schiena che vi fa male...

Evitate di scrivere citazioni prese da testi di altri autori.

Evitate parole straniere e dialettali.

Fate attenzione agli omonimi. Purtroppo alcune parole non hanno un significato univoco. Es.: stufa, cerchi, folle, scure, partita, sette, secchi, sole, vite, conti, mente, danno, ecc.

Quando usate queste parole fate che non sorgano dubbi, creando il testo appropriato oppure aggiungendo un sinonimo.

La brutta copia, anzi le molte brutte copie sono indispensabili; esse costituiscono l’unica strada verso la creazione, il completamento e il perfezionamento di un’opera.

 

IL REGISTRO. Il registro è il modo che lo scrittore sceglie per esprimersi. Un testo può venire scritto in differenti forme o registri, a seconda dei particolari narrati, a seconda del punto di vista, a seconda se ci sono dialoghi.

Es.: 1° John, inseguito da alcuni uomini dentro un treno in corsa, apre lo sportello e si lancia fuori.

2° Mi stanno inseguendo. Vogliono catturarmi. Sto correndo e quando arrivo a uno sportello lo apro e mi sporgo fuori. Sono con il corpo sul gradino del treno in corsa. Con un salto mi lancio giù.

3° L’inseguimento di John sul treno 525 si è concluso con un salto dal treno in corsa.

4° L’anziana signora Totter sta leggendo il giornale nello scompartimento del treno. Ci sono pochi passeggeri stamattina, il treno è semivuoto e lei può mettersi comoda. All’improvviso arriva un uomo bruno e spaventato. L’uomo attraversa il corridoio di corsa. La signora Totter sta per riprendere la lettura interrotta quando vede altri 3 uomini che passano di corsa.

 

LA NARRAZIONE.  Il lavoro di scrittore consiste in:

1 Ricerca nel mondo reale e nei libri.

2 Creazione e stesura dei testi, cioè scrivere annotazioni, riordinarle, legarle insieme e revisionarle.

3 Relazione con gli editori.

“I poeti, diversamente dagli dei, creano dall’esperienza”. Scrive W. M. Auden.

Ispiratevi sempre alla Realtà. Visitate i luoghi, intervistate persone, osservate avvenimenti. Poi raccontate i fatti più importanti.

La letteratura è un resoconto di esperienze umane, di avventure fisiche e spirituali.

Bisogna leggere molto e di tutto per imparare come scrivere. Bisogna fare molte esperienze e lavori manuali per imparare cosa scrivere.

Le esperienze servono per sapere cosa scrivere e cosa non scrivere, (cioè per evitare di scrivere stupidaggini).

Prima di scrivere un libro bisogna viverlo con un insieme di esperienze e ricerche.

E’ importante fare esperienze di svariati lavori manuali. Quando vi capiterà di descrivere un lavoro o un’attività saprete descrivere le difficoltà, il senso della fatica, saprete descrivere (se sarà necessario) le fasi del lavoro, gli intoppi, la forza richiesta ecc.

Gli autori che non hanno mai lavorato, quando descrivono un lavoro manuale non sono realisti oppure scrivono delle stupidaggini.

Ad es. Un autore descrive un uomo che si scava un cunicolo nella terra e avanza faticosamente  carponi mentre scava.     

Chi di voi si diletta di giardinaggio e ha provato a scavare una buca sa che questo è impossibile. La terra se secca è dura, piena di sassi, di radici. Ci vuole il piccone per smuoverla, le palate poi sono pesantissime. Se la terra è bagnata diventa ancora più pesante ed è appiccicosa come la colla. E’ un’operazione pesante e faticosa per uno in piedi. Come può un uomo sdraiato dentro a un cunicolo scavarsi la terra per avanzare? E’ materialmente impossibile.

Quando fosse necessario descrivere operazioni particolari quali ad es.: un’analisi chimica, trovare le coordinate marine, la messa a punto di un congegno a orologeria, lo sviluppo di negativo fotografico, un’autopsia, i sintomi di un avvelenamento ecc. è indispensabile interpellare prima uno specialista.

Descrivere accuratamente una scena non è sufficiente per ottenere un buon risultato.

La narrazione non è una cronaca noiosa degli avvenimenti, non è un catalogo di oggetti.

Es.: E’ una sera calda di giugno. C’è un lago. Il sole tramonta oltre il lago. Si vedono riflessi di luce rossa sull’acqua. A destra ci sono dei salici. Più in là un boschetto di pioppi. La brezza fa stormire gli alberi e si sente anche sulla pelle. Ci sono dei sassi piatti sulla riva e c’è l’erba alta. Un uomo sta seduto e pesca. Le rane gracidano. Nel cielo si vede la mezzaluna. C’è una grande pace tutto intorno.

Bisogna usare bene la sintassi (arte di collegare le parole) e la stilistica (artifici letterari).

Es.: “Nella sera di giugno il sole tramonta oltre il lago arrossando l’acqua di riflessi infuocati. La brezza tiepida accarezza la pelle, fa stormire i salici, si perde frusciando nel boschetto di pioppi più lontano. L’erba alta della riva cresce fra dei sassi piatti su cui sta seduto un pescatore. Le rane gracidano alla mezzaluna nel cielo. Il senso di pace stringe la gola come un nodo.

Descrivete velocemente. Stilizzate.

Raccontate senza elencare. Raccontate in modo piacevole e suggestivo, intrattenendo. Sintetizzate, suggerite.

Le descrizioni devono essere intercalate a resoconti di fatti e dialoghi in modo che il lettore vi scivoli dentro quasi senza accorgersene.

Soprattutto quando è necessario descrivere minuziosamente l’ambiente, per non annoiare il lettore, bisogna alternare le descrizioni ai fatti.

Quando scrivete vi rivolgete a persone estranee e lontane impossibilitate ad avvertirvi se non hanno capito quello che volete dire. Dovete quindi costruire bene le vostre frasi, scegliendo le parole affinché il vostro messaggio risulti chiaro e comprensibile per tutti. Attenzione però a non cadere nella pedanteria  o nell’esagerazione.

L’esposizione di fatti importanti non deve essere essenziale e telegrafica e neppure sovrabbondante esagerata e barocca.

Esempio di un brano troppo povero:

Andai alla stazione e presi il treno per Miner. In treno c’era poca gente. In viaggio guardavo fuori dal finestrino le case e i campi. Quando arrivai verso sera andai a un albergo e presi una camera. Sistemai le valige e scesi per la cena...

Esempio dello stesso brano ma troppo particolareggiato e troppo carico:

Il pomeriggio di agosto era afoso e denso. Questo mese maturo assomiglia alla maturità dell’uomo nella vita quando sopravviene la stanchezza per aver tutto provato, e si prova la nausea per ciò che in gioventù avevamo amato. Questi pensieri mi attraversavano il cervello mentre camminavo per raggiungere la stazione. Onde di calore riverberavano dai muri di mattoni di questo edificio severo. Qua e là l’intonaco era scrostato. In una panchina sotto agli oleandri una signora teneva distrattamente il giornale. Mi appoggiai ai marmi dello sportello e comprai il biglietto da un assonnato funzionario. Allora improvvisamente il trillo del campanello mi fece sussultare. Mi affrettai per raggiungere la pensilina dove c’era solo un signore alto ed elegante. Con una mano reggeva una grossa valigia marrone e con l’altra la giacca che si era tolta per sentire meno caldo. Il volto serio e scavato da rughe tradiva l’ansia di partire verso ignoti destini.

Esempio dello stesso brano equilibrato:

Andai alla stazione per partire per Miner in un pomeriggio afoso di agosto. La stazione era semideserta a sulla pensilina c’ero solo io e un signore con una valigia. Anche in treno c’erano poche persone. Sistemato nel mio scompartimento passavo il tempo guardando fuori. Dai finestrini vedevo le case del paese che stavo per lasciare, poi distese di campi, ancora i tetti rossi delle abitazioni e ancora il verde della campagna... Raggiunsi Miner stanco e pieno di ansia. Nel cielo serale vedevo brillare le prime stelle e i lampioni erano già accesi nel viale. Fermai un taxi. Il conducente, un grassone sudato, mi domandò con voce roca dove volevo andare. “Conoscete un buon posto dove c’è da mangiare?” gli chiesi...

Lo scrittore sceglie cosa scrivere e cosa non scrivere. Lo scrittore sceglie quali fatti inserire e quali fatti tralasciare. Lo scrittore sceglie quali particolari inserire e quali tralasciare.

Scrivete la parti necessarie, facendo in modo che il lettore intuisca le parti mancanti. Non descrivete tutto meticolosamente. In situazioni evidenti della vita noi adoperiamo frasi semplificate in stile telegrafico. Es. Una andata a Milano. Che significa: Mi dia un biglietto ferroviario per Milano e io pagherò l’importo corrispondente.

Anche in letteratura quando il contesto è chiaro contate sull’intelligenza del lettore ed evitate esposizioni lunghe e pignole. Evitate però salti eccessivi per non diventare incomprensibili.

Scrivete in modo particolareggiato gli eventi importanti, quelli caratteristici, quelli essenziali per il romanzo.

Gli eventi di media importanza scriveteli in modo sobrio, veloce o accennateli.

Gli avvenimenti poco essenziali saltateli o fate che il lettore li intuisca.

Tralasciate le banalità.

Attenzione a non creare vuoti o troppo pieni.

A ogni argomento dedicate uno spazio proporzionato alla sua importanza. Ma non troppo sproporzionato rispetto allo spazio dedicato agli altri argomenti poiché la letteratura è equilibrio.

Evitate le lunghe trame secondarie che distraggono il lettore.

Nei romanzi eventuali trame secondarie devono essere brevi. Nei racconti non c’è posto per trame secondarie.

Gli avvenimenti di contorno servono a far risaltare maggiormente quello principale. Attenzione però; non dedicate troppo spazio a eventi secondari, personaggi di secondo piano, per non distrarre il lettore dalla trama principale.

Che cosa direste se vedeste un uomo con le braccia grosse come tronchi d’albero? Che è sproporzionato. Ebbene, certi scritti danno proprio questa impressione.

Es.: Un racconto di 100 pagine che comprende una divagazione di 40 pagine.

Altro esempio preso da un racconto squilibrato: 1 pagina per descrivere i pensieri del protagonista. 1 sola riga per descrivere un suo viaggio della durata di una giornata intera!

Non fate un romanzo con pochi fatti per non diluire troppo il testo.

Selezionate gli elementi che entrano nel testo per ottenere un insieme omogeneo.

Es.: In una descrizione campestre, ci sono: mucche, alberi, erba, cielo; qui un palo del telegrafo risulta stonato, fuori luogo e bisogna eliminarlo anche se esiste nella realtà.

Deve esserci omogeneità anche nel contesto.

Es.: In una storia comica, un fatto doloroso e tragico sarebbe fuori posto.

E’ necessario cogliere l’essenza di un ambiente e poi aggiungere poche descrizioni particolareggiate per completare il senso della realtà. Accenni, insinuazioni, dicono molto più che noiose descrizioni dettagliate.

Troppi particolari possono nuocere alla narrazione. Una descrizione un po’ vaga, indeterminata dà la sensazione che la realtà sia molto più profonda e complessa di quanto alla penna è consentito descrivere.

Es.: Una creatura orribile; un paesaggio fantastico; una donna divina; dicono molto più che minuziose descrizioni. Penserà la fantasia del lettore a riempire queste lacune appositamente lasciate. Di tanto in tanto qualche descrizione accurata servirà ad accentuare nel lettore la sensazione del vero.

Con le allusioni si suggestiona il lettore perché si fa leva sulla sua fantasia. La reticenza, usata con moderazione, consente di ottenere effetti superiori  a quelli ottenuti descrivendo tutto.

Es.: Sarebbe barbaro non limitarsi a far comprendere ciò che aveva ucciso Gilman. Lovecraft.

Es.: Ah, se poteste vedere quello che vedo io! Lovecraft.

Evitate una suspense troppo prolungata, una introduzione troppo lunga; arrivati al punto culminante evitate di caricare eccessivamente la narrazione per non ottenere l’effetto opposto a quello desiderato. Se volete suscitare nel lettore la paura, esagerando si cade nel grottesco e si suscita il riso. Se volete farlo ridere a ogni costo finirete con l’ottenere l’effetto contrario.

“L’artista è il creatore delle cose belle” scrive Oscar Wilde. Ciò significa che possiamo scrivere cose originali usando un linguaggio normale. O possiamo scrivere cose normali usando un linguaggio originale. Ma non bisogna scrivere cose normali con un linguaggio normale.

Allo scopo di aumentare l’interesse dei lettori scrivete fatti che possono sembrare autentici. Non importa se scrivete cose irreali, importante è narrarle in maniera credibile e convincente. La realtà descritta deve apparire verosimile altrimenti conviene cambiarla.

Ad es.: Ricordo che una volta insieme a un amico volevo visitare una vecchia villa abbandonata, ma porte e finestre erano ermeticamente chiuse. Stavamo per rinunciare quando abbiamo trovato la chiave sull’erba (qualcuno l’aveva evidentemente perduta) che ci ha permesso di entrare.

Questi i fatti. Se però li descrivessi così apparirebbero poco verosimili e farebbero sorridere il lettore. Questo perché la realtà talvolta è così strana e improbabile da sembrare una frottola e a raccontarla non si viene creduti.

In letteratura bisogna sforzarsi di dare una verosimiglianza ai fatti anche a scapito della verità. Al lettore risulta più facile credere che abbiamo scardinato una finestra per entrare piuttosto che si sia verificata la circostanza rarissima di trovare la chiave.

Quando fosse necessario descrivere proprio un evento che appare incredibile conviene sottolinearne la singolarità.

Ad esempio:

- Caso strano, è capitato proprio a me di...

- Mai visto niente di simile. C’era...

- Per colmo di sfortuna...

Raccomandiamo di scrivere cose credibili e con realismo.

Esempio riassunto da un racconto: Una coppia di naufraghi approdano su un’isola deserta. Qui conducono una vita libera e felice vivendo di pesca e di caccia, dormendo in una capanna, vestendosi di pelli, nuotando nella laguna, tuffandosi dalle alte scogliere.

Questa descrizione è più incredibile del mostro verde che scende da Marte!

Infatti: per nutrirsi devono essere abili cacciatori e pescatori ed è improbabile che una coppia di turisti lo sia; per non parlare del problema di accendere il fuoco. Per costruire una capanna bisogna essere carpentieri oppure ci vogliono assi, chiodi, utensili. Per farsi un vestito di pelli bisogna cacciare l’animale, scuoiarlo, conciare la pelle, cucirla... Per nuotare e fare tuffi bisogna essere esperti nuotatori. Sulle rocce poi c’è sempre il rischio di ferirsi un piede, essere morsicati da un granchio.

 

LE DESCRIZIONI. Le lunghe descrizioni sono noiose e non servono a comunicare l’atmosfera di un ambiente. Descrivete sommariamente l’ambiente e poi introducete un particolare tipico per rendere la “tipicità” dell’ambiente.

Es.: In un accampamento di zingheri un bambino sporco e seminudo prende a calci una scatola di latta sulle dune e pozzanghere del terreno.

Questo dettaglio rende lo squallore dell’ambiente meglio di lunghe descrizioni.

Scrive Henry Barbusse:” Perché non riusciamo a dire quello che abbiamo veduto? Perché la verità ci sfugge e non riusciamo a essere sinceri anche se lo vogliamo? Per evocare una casa non basta nominare il suo nome. Le parole, le parole, crediamo di conoscerle fin dall’infanzia! Invece non sappiamo cosa sono”.

Bisogna descrivere solo situazioni, ambienti, cose, con le quali si ha grande familiarità.

Evitate assolutamente di descrivere situazioni ambienti o personaggi dei quali non avete una diretta esperienza. Paesi letti e mai visitati, nozioni solamente libresche. Es. Uno scrittore che vuole descrivere il deserto del Sahara deve prima visitarlo, anzi soggiornarvi un po’ di tempo. Chi descrive il deserto perché lo ha visto al cinema, descriverà solo banalità, non cose originali e descriverà il deserto visto attraverso gli occhi del regista. 

Non è possibile descrivere in maniera convincente l’Africa senza averci mai messo piede. Non è possibile riportare il dialogo di un chiromante, un medico, un ferroviere...se non lo avete sentito parlare a lungo prima.

Il lettore si accorge dell’inesperienza dell’autore da ciò che scrive e da ciò che non scrive.

E’ impossibile descrivere la guerra, la pesca subacquea, i riti indiani, gli esorcismi, le piantagioni del caffè, l’eruzione dei vulcani ecc. ecc. se non avete mai visto queste cose, anzi se prima non avete familiarizzato con esse.

Volendole descrivere ugualmente, magari solo perché le avete lette da qualche parte,  otterrete una prosa insipida, fasulla, piena di banalità, luoghi comuni, lacune e esagerazioni, ma priva di contenuti originali. Il lettore si accorge che ciò che gli viene raccontato non è vero, avverte la mancanza di esperienza dell’autore.

Un esempio clamoroso: la Radcliffe, scrittrice inglese che non ha mai visitato l’Italia, fa una descrizione errata del paesaggio italiano: “Ci sono alberi tropicali, palme con datteri, banane...”

Una volta dovevo descrivere un calzolaio che aveva un ruolo secondario nel romanzo che stavo scrivendo. Allora ho visitato tutti i calzolai della zona, ho trascorso settimane nella bottega di uno di questi per documentarmi sul suo lavoro. E’ stato facile poi descriverlo in maniera realistica e il lettore sentirà che il mio calzolaio è un personaggio autentico e credibile.

Deve esistere una verosimiglianza e una aderenza al reale tale da coinvolgere il lettore nell’azione. Se invece la storia è fantastica bisogna rispettare le premesse fantastiche che si sono impostate. Notiamo però che anche una storia fantastica contiene molti avvenimenti reali.

Quando si tratta di descrivere avvenimenti mai provati per renderli reali aggiungete sempre qualche ricordo preso dalla vita vissuta.

Ad es.: se dobbiamo descrivere un fuorilegge che fugge inseguito dalla polizia; per comunicare l’ansia della fuga dobbiamo descrivere ciò che abbiamo provato noi durante una fuga vera: quando siamo scappati davanti a un cane, o perché un temporale minacciava di sorprenderci per strada, o semplicemente una corsa per prendere il treno. Il lettore non si accorgerà del trucco e sentirà come veramente autentica la fuga del fuorilegge.

 

IL TESTO: ROMANZO E RACCONTO. Fare un romanzo è come fare una torta. Sono necessari gli ingredienti giusti nella giusta misura.

Costruite uno schema (o scaletta) della trama.

Scrivete le parti più significative della trama.

Sviluppate le parti inserendo azioni, descrizioni, atmosfere, suspense, dialoghi.

Raccordate le parti fra loro.

Revisionate.

Un romanzo è composto di parti (o blocchi) che costituiscono fatti, avvenimenti descrizioni.

La lunghezza delle parti è proporzionale:

Al tempo trascorso; tempo lungo richiede testo lungo, tempo breve richiede testo breve.

All’importanza del testo stesso: avvenimento breve ma importante richiede testo lungo. Avvenimenti lunghi ma insignificanti richiedono testi brevi, o addirittura si possono sorvolare.

Bisogna scrivere una parte alla volta. Concentrate tutta la vostra attenzione sulla parte che state scrivendo, senza pensare, al resto del libro.

Solo di tanto in tanto date uno sguardo all’insieme, per verificare che la parte sia intonata e proporzionata al rimanente del testo.

Quando avrete scritte tutte le parti bisogna concatenarle apportando le piccole modifiche che si rendono necessarie. Bisogna cioè fare il montaggio.

I principianti pensano di poter scrivere un romanzo dall’inizio alla fine. Questo è un errore. Facendo così solo le parti iniziali sono vive, ma le parti centrali e finali risultano stanche e poco accurate.

Scriviamo uno schema, una scaletta, del romanzo che abbiamo in mente.

Es.

1) Frank agiato impiegato 40enne vive con la bella moglie Helen.

2) Un giorno Frank incontra Joanna, una ragazza fuggita di casa.

3) Frank impietositosi cerca di aiutarla: le dà del denaro, le dedica del tempo, cerca di farla uscire dall’ambiente corrotto nel quale è entrata.

4) Joanna però, anziché risollevarsi trascina Frank più in basso, sempre più in basso.

5) Per seguire Joanna, Frank incomincia a frequentare un mondo pittoresco di sbandati, artisti falliti, ladri, barboni.

6) Frank perde denaro, stima, salute e per ultimo anche il suo lavoro.

7) Accortosi dell’impossibilità di salvare la ragazza Frank rinuncia e decide di lasciarla andare.

8) Frank torna da Helen ma la moglie è fuggita con un collega di lavoro.

9) Rimasto solo Frank incomincia a costruire la sua vita partendo da zero.

10) Nella lotta per conseguire una posizione scopre le stesse bassezze, gli stessi trucchi usati nel mondo dei barboni. Solo che qui, nella società per bene, sono meglio mascherati.

Naturalmente allo schema possiamo intercalare aggiunte o ampliamenti.

Iniziamo adesso a sviluppare una qualsiasi fase dello schema.

Di solito si comincia a scrivere la fase più importante, es. la 5° o la 6°.

Ogni fase può essere suddivisa in parti più brevi.

Es. La fase centrale n°6, lunga che non si può scrivere in una seduta, conviene suddividerla in particine brevi, da scrivere una alla volta.

Es.: 6A) Frank viene truffato da un baro; 6B) Frank trascorre con Joanna una notte all’addiaccio in una casa abbandonata; 6C) Frank viene riconosciuto da un suo collega di lavoro mentre in un supermercato tenta di rubare del cibo.

Iniziate a scrivere la particina più importante oppure incominciate a scrivere i pensieri mano a mano che vengono in mente.

E’ un errore imporvi di partire da un punto prestabilito.

Se in questo momento avete le idee chiare sulla seconda parte di un avvenimento meglio approfittare e scriverla subito, prima di dimenticarla o di perdere l’ispirazione. Non importa se manca la prima parte; dovete accontentarvi di scrivere quello che viene. La parte (o le parti) mancante dovrete scriverla un’altra volta, quando sarete ispirati.

Esempio: Descrivete i paesaggi, il folklore, l’atmosfera dell’ambiente dove svolgerete la vicenda. Descrivete le azioni, i fatti. Scrivete i dialoghi. Descrivete i personaggi. Poi intercalate i fogli e per ultimo fate la revisione.

Questa tecnica è comune e vantaggiosa nei romanzi e nei films. Le varie parti dovete scriverle separatamente e indipendentemente dall’ordine cronologico.

Scrivete per primi i temi più importanti o quelli verso i quali  sentite maggiormente l’ispirazione, e in seguito i rimanenti.

Sviluppate le parti. Scrivete aggiunte; fate delle composizioni di eventi reali, modificati o inventati.

Arricchite il testo prelevando frasi o idee appropriate dall’archivio degli appunti.

Mettete nella giusta sequenza le parti, dopo averle numerate in modo da avere un logico susseguirsi degli avvenimenti.

Per ultimo ricordatevi di ricucire sempre le parti fra loro (cioè apporre quelle modifiche leggere o aggiunte del testo) in modo che le parti vengano saldate e ne risulti scorrevole la lettura.

Potete incominciare a scrivere un romanzo partendo da un punto qualunque senza possedere la visione d’insieme, senza avere le idee chiare, a volte senza sapere neppure come andrà a finire. Seguite le idee man mano che appaiono mentre svolgete il lavoro; sviluppate le idee seguendo le conseguenze logiche fino alla conclusione.

Arriva un momento nel quale lo scrittore “sente” che l’opera ha preso forma, è diventata una cosa a sé, viva.

Adesso inizia il lavoro di revisione: bisogna collegare fra loro le parti e togliere le incongruenze.

Per scrivere un racconto breve la tecnica è più semplice.

Esempio: Partite da un’idea: Dik si sveglia nel cuore della notte e sente dei passi giù in salone.

Non preoccupatevi di come andrà a finire! Non tentate di risolvere due problemi in una volta sola! Cercherete il finale un altro giorno o quando vi verrà l’ispirazione. Intanto sviluppate il testo. Dik è solo in casa. La casa è isolata. Fuori c’è il temporale. Dik ha paura.

Quando avrete ottenuto un buon testo dedicatevi alla ricerca del finale. E’ una fine realistica? In questo caso il rumore è prodotto dai ladri, o dai topi, o dalla moglie che è ritornata dopo essere fuggita o è un sogno di Dik...

Oppure è una fine soprannaturale: Cioè i passi sono di uno spettro legato a una maledizione della vecchia casa. O una fine fantascientifica: Presenza di un extraterrestre. O una fine fantastica: C’è uno spostamento temporale e Dik sente i passi di se stesso ma quando era bambino...

Il racconto è un testo di lunghezza più breve, che va dalle 2 alle 20 pagine. E’ il resoconto di un unico evento che crea conseguenze, o problemi. Di solito alla fine il problema viene risolto.

Ad esempio: un uomo viene morsicato da un serpente e rischia di morire. Alla fine viene soccorso, trova l’antidoto, oppure muore.

Se l’evento iniziale non crea conseguenze di nessun tipo, non si può scrivere un racconto. Esempio: se vengo morsicato da un serpente e non mi succede niente, non posso scrivere un racconto

 

LA STESURA. Un errore grandissimo è quello di prendere un quaderno e incominciare a scrivere dall’inizio, come si fa a scuola.

Prendete una cartella con tanti fogli sciolti. (cm. 15x20)

Scrivete con la penna su una sola facciata del foglio. Scrivete una o due frasi su ogni foglio. Mentre create, continuate a scrivere senza perdere tempo per cercare l’aggettivo o la parola appropriata. Dopo, durante la rilettura sostituirete le parole inappropriate.

In seguito durante la rilettura vi verranno in mente molte aggiunte da fare al testo. Le aggiunte al testo scrivetele su nuovi fogli e poi intercalate questi fogli nel punto voluto. Scrivete lasciando spazi bianchi tra le righe. Anche questi spazi servono per scrivere aggiunte al testo.

Se dovete fare una aggiunta breve in un punto preciso a metà del foglio scritto, tagliate il foglio in due e incollate una striscia di carta fra i due tronconi. Su questa striscia scrivete la vostra aggiunta. Con questo sistema il foglio diventerà in po’ più lungo degli altri.

Se dovete fare una aggiunta lunga proprio a metà del foglio, tagliate il foglio a metà nel punto necessario. Incollate le due metà su due fogli separati. Adesso avete più spazio bianco a disposizione. Inoltre potete intercalare nuovi fogli bianchi.

Le aggiunte facoltative inseritele fra parentesi quadre. In seguito deciderete se conservarle o scartarle.

A lavoro finito numerate i fogli, trascriveteli in bella copia oppure a macchina. Poi fotocopiateli due o tre volte per avere altrettante copie.

Con un punteruolo fate alcuni buchi lungo il margine sinistro del pacco di fogli. Usando l’ago passate il filo nei fori e procedete a una sommaria rilegatura.

 

LO STILE. Lo stile è l’uomo perché esiste una connessione fra personalità e modo di esprimersi.

Lo stile, emotivo o razionale, sobrio o artificioso, è in relazione al carattere dello scrittore. E il carattere è un dono di natura che l’uomo con l’esercizio può affinare e migliorare.

Lo stile varia inoltre con l’età, con l’esperienza e con lo stato d’animo.

All’inizio il principiante non può pretendere di possedere uno stile. E’ bene, in questo stadio, anziché cercare l’originalità, puntare alla chiarezza, alla limpidezza del testo e il resto verrà da sé. In seguito quando la personalità si realizza per mezzo delle esperienze e delle acquisizioni arriverete a possedere uno stile vostro che potrete via via sempre meglio padroneggiare.

Lo stile non deve essere troppo disadorno da sembrare telegrafico, e neppure eccessivamente ricco e pieno di fronzoli, denso e sovrabbondante.

Lo stile è ricco in proporzione all’importanza dell’avvenimento nel contesto. Lo stile diventa sobrio per avvenimenti poco importanti.

Il passaggio dallo stile sobrio allo stile ricco deve avvenire gradualmente, senza salti.

La narrazione è scorrevole quando le frasi sono logicamente legate dallo stesso argomento. Lo stile sciolto, fluido si ottiene evitando di cambiare bruscamente argomento troppo spesso.

Trattate un argomento (azione, descrizione, luoghi, personaggi, ecc.). Poi quando dovete passare a un altro argomento create delle connessioni, degli agganci logici per associazione di idee o per contrasto. In questo modo la narrazione diviene scorrevole.

Questa regola va rotta, di tanto in tanto, per evitare la monotonia e alla fine dei capitoli.

Esempio di stile scorrevole: Ho il piacere di presentarmi: sono Jack Buckingam, l’Ispettore. Forse lo sapete, ma fra tre giorni avrò il dispiacere di compiere sessantacinque anni. Infatti...non sarei in pensione da più di cinque anni e non dovrei consolarmi dei vecchi tempi ripescando tra le cianfrusaglie del passato, qualche misero ricordo di un’età migliore. Oggi... Sapete cosa mi è capitato tra le mani? Un vecchio ritaglio di giornale, ingiallito e rosicchiato dal tempo. 22 Luglio 1929!!! Un’epoca lontana! Quasi trent’anni! Bene! Ho deciso di narrarvi questa storia. I personaggi?...Sono molti. Ricordo ancora, Robert Cunnings, l’astronomo. Poi...Richard Charlson il suo primo assistente. Samuel Widmark, quello che avrebbe dovuto essere il secondo assistente. Vediamo...C’era ancora Marylin Churck, la segretaria e, tra il personale dell’osservatorio il guardiano e il tecnico. Ma certo! Anche la polizia finì col metterci il naso e così entrammo a far parte di quei personaggi anche noi. Cioè, con il sergente Bell: quell’addormentato di Monroe, insieme a un’altra decina tra agenti e funzionari. Il loro nome mi sfugge. Ci finì in mezzo anche altra gente.  Max  Dave

Lo stile esprime la personalità e lo stato d’animo dell’artista perché è il modo in cui l’artista sente il soggetto Con lo stile, e la selezione degli elementi, si crea atmosfera, ritmo, armonia. Così l’autore fa vedere e sentire le cose dal proprio punto di vista.

Lo stile pur pervadendo tutto il testo deve rimanere una cosa aerea e invisibile. Quando esso è troppo marcato non è più stile ma “maniera”.

 

LA FANTASIA Con la fantasia mescoliamo gli eventi reali per ottenere nuove combinazioni..

Esempio:  A) Jan vende una casa, fa un viaggio, si innamora di una donna.

B) Jan vende una casa, viene truffato, finisce in tribunale.

C) Jan vende una casa, si trasferisce in altra località, impianta un allevamento di lumache.

         Oppure esageriamo persone o azioni.

Esempio: Un uomo bruttissimo diventa un mostro; un uomo fortissimo diventa un eroe; una donna bellissima diventa una fata; un viaggio in campagna diventa un viaggio in Africa, sulla Luna, su Nettuno, nella galassia, nell’Oltremondo… Se ho provato il freddo posso immaginare un uomo che sta morendo di freddo.

         In ogni caso il punto di partenza sono sempre le esperienze reali vissute dall’Autore.

         Nella narrativa realistica lo scrittore prende gli eventi reali senza variarli o variandoli poco. Poi sceglie quali eventi descrivere, li mette in sequenza, decide quali si incontrano o scontrano e in che modo; accresce o diminuisce le conseguenze logiche inevitabili.

        Nella narrativa fantastica invece lo scrittore esagera gli eventi prima di lavorarli. Poi li sceglie, li mette in sequenza come descritto sopra.

        Quando lo scrittore esagera solo 1 o 2 eventi lasciando gli altri inalterati, ottiene una variante molto interessante dove il fantastico non predomina  come nelle fiabe cosicché la storia conserva tutte le caratteristiche della credibilità. Esempio: un giallo, un dramma, commedia, fantascienza leggera , ma non fantasy.

.La fantasia va stimolata con letture, cinema, teatro, rappresentazioni, giochi, visite a musei, gallerie d’arte, luoghi storici, paesi stranieri, incontri con persone nuove, esperienze.

Come fare in pratica per descrivere eventi di pura fantasia?

Esempio: Una esplorazione del pianeta Nettuno.

1° Leggeremo molti libri di fantascienza che parlano di esplorazione dei pianeti.

2° Prenderemo in esame tutte le conoscenze scientifiche d’avanguardia riguardanti quel pianeta: temperatura, orografia, ecc. Disporremo così di molti dati nei quali ci immedesimeremo.

3° Prenderemo come modello un paesaggio montano invernale col quale abbiamo familiarità.

4° Con la fantasia inventeremo, creeremo abbinamenti nuovi di paesaggi, sommeremo caratteristiche, situazioni, aggiungeremo stranezze, imprevisti, ecc.

E’ ovvio che quando in futuro gli astronauti esploreranno realmente quel pianeta  scopriremo dove abbiamo avuto delle intuizioni geniali e dove invece abbiamo sbagliato.

 

L’INVENZIONE. La vita è un romanzo a forti tinte.

La realtà è la base di ogni romanzo. Però non basta descrivere meticolosamente la realtà per fare un’opera d’arte.

Lo scrittore deve:

1) scegliere quali fatti descrivere.

2) descriverli così come sono oppure esagerarli, sminuirli, distorcerli.

3) ricomporli fra loro, mescolando fatti inventati con fatti realmente accaduti.

“Una storia può essere raccontata in tanti modi, illuminata da diversi scorci, colorata e decolorata.” Strindberg.

Quando incontrate un luogo suggestivo e provate a descriverlo vedrete che la descrizione non rende tutta la suggestione. Allora prendete i particolari suggestivi che appartengono a 2 o 3 luoghi diversi e riuniteli insieme. Così potete creare un luogo inventato che ha tutte le caratteristiche di un luogo vero.

Alcune volte la realtà supera la fantasia. Ma molto spesso la realtà quotidiana è banale, comune, prosaica. E’ necessario allora inventare qualche vicenda che abbia però tutte le caratteristiche della verosimiglianza per renderla più interessante.

Per costruire una vicenda inventata bisogna:

1) Prendere eventi rari e aumentarne la frequenza.

Esempio: Un’avventura drammatica; molte avventure drammatiche. Una situazione comica; molte situazioni comiche. Una circostanza erotica; molte circostanza erotiche.

2) Descrivere i fatti in maniera unilaterale.

Esempio: Una casa che si crede abitata dagli spiriti; scrivete le testimonianze a favore e tacete o minimizzate quelle contrarie.

3) Mettere insieme eventi comuni e rari per creare nuove connessioni.

Esempio: Una gita in barca, un naufragio, un matrimonio, una rapina e una vincita al lotto.

Le vicende inventate bisogna arricchirle con particolari autentici pescati fra i nostri ricordi.

Attenzione a non esagerare!

E’ necessaria tanta abilità per raccontare fatti straordinari. Al principiante conviene perciò restare molto al di qua della soglia di credibilità dei lettori.

Se carichiamo eccessivamente una storia normale otteniamo una buffonata. Se raccontiamo fatti troppo straordinari otteniamo una favola.

Non bisogna mai esagerare. C’è un punto al di là del quale i risultati si invertono. Conviene restare molto al di qua di quel punto. Es. A un funerale se qualcuno piange, lo spettatore si commuove. Se tutti piangono e si strappano i capelli, lo spettatore ride.

 

L’ATMOSFERA. Per creare l’atmosfera bisogna descrivere gli elementi tipici di un luogo.

Esempio: Una chiesa: la penombra, il silenzio, il profumo di incenso, le fiammelle dei ceri, il luccichio dei candelieri.

Una stazione: il via vai delle persone, i facchini con le valigie, il gracidare degli altoparlanti, lo sferragliare dei treni...

La bottega di un orologiaio: il ticchettio degli orologi, le pendole, il banchetto con sopra le ruote dentate di ottone, ingranaggi, pinzette...

Una scuola: le aule con i banchi, le file degli attaccapanni lungo i corridoi, le grandi vetrate...

Scegliete gli elementi da descrivere per creare l’atmosfera voluta.

In un thrilling, ad esempio, dovrete purgare la realtà da tutti gli aspetti comici o semplicemente neutri; dovrete eliminare dialoghi leggeri, facce sorridenti, frasi scherzose, situazioni ridicole.

Così per gli ambienti: dovrete eliminare gli ambienti frivoli, affollati. Lo stesso vale per gli oggetti: togliete, cioè non descrivete, tutti gli oggetti che in qualche modo si adoperano nei momenti gioiosi o burleschi della vita.

Se scrivete un thrilling dovrete descrivere solo ambienti paurosi: brughiere, castelli in rovina, personaggi che ispirano avversione: vecchi, storpi, oppure presi nel loro lato serio; oggetti che servono per scopi sinistri: bisturi, mannaie; locali dove si è in pericolo: cantine, vecchie case abbandonate; tempo avverso: temporali, di notte o in inverno; ecc.

Attenzione però a non esagerare per non cadere nel grottesco o nel ridicolo. Evitate anche le descrizioni troppo lunghe.

Per comunicare al lettore l’atmosfera di un luogo è sufficiente descrivere un particolare. Esempio: “Sulla mensola del camino c’era un boccale di ceramica. Era vuoto salvo un grosso ragno peloso che cercava invano di arrampicarsi sulla superficie interna troppo liscia” F. Graegorius. Da questo piccolo particolare possiamo comprendere tutta la miseria e lo squallore che regnano nella casupola.

Esempio: Tutto affonda nelle nuvole del fumo. La luce dei lampadari appesi al soffitto conferisce alla sala l’aspetto di un acquario con molti strani pesci... I tavoli del bigliardo sembrano altari sui quali si svolgono dei misteri complicati. I sacerdoti con visi gialli o verdi, con orbite scure, nelle quali gli occhi luccicano febbrilmente si piegano solennemente sopra i bigliardi; con le stecche danno colpi alle biglie. Poi, bilanciando il corpo aiutano le biglie a entrare nelle buche. Nell’aria aleggia l’odore del sudore, della birra e del fumo di tabacco. L’invisibile polvere vibra nell’aria, entra nella gola, negli occhi. Sergiusz Piasecki.

Nelle descrizioni non fate un elenco slegato di elementi. Collegate fra loro i vari elementi sforzandovi di creare un nesso.

Esempio: 1) C’è un ubriacone e c’è la luna: un ubriacone guarda la luna.

2) Una strada allagata, un ubriacone, la luna: un ubriacone guarda la luna nella strada allagata.

3) Un ubriacone, la luna, i cani che abbaiano, la strada allagata: un ubriacone cammina nella strada allagata, mentre i cani abbaiano alla luna.

4) Un ubriacone, la strada allagata, i lampioni spenti, i cani che abbaiano, la luna: un ubriacone cammina per la strada allagata appoggiandosi ai lampioni spenti. I cani abbaiano alla luna.

Notate come con pochi elementi ben legati fra loro si riesce a creare di colpo un’atmosfera suggestiva.

Gli elementi di atmosfera precedono o fanno da sfondo all’azione: predispongono l’animo del lettore e danno risalto agli avvenimenti.

La realtà è un insieme caotico di ambienti, oggetti, sensazioni. L’autore deve scegliere e descrivere ciò che lo interessa .Lo scrittore filtra la realtà. Egli filtra i fatti, le descrizioni, luoghi, tempo, persone, ambiente, vicende; e così ottiene l’atmosfera.

 

IL RITMO. Per percepire la realtà occorre tempo; esempio: in cinque minuti entro in una stanza, accendo il fornello e preparo il caffè. Con la scrittura possiamo allungare o accorciare questo tempo. La descrizione di un avvenimento è breve quando descriviamo l’avvenimento sommariamente. La descrizione è lunga quando descriviamo molti particolari. Il ritmo lento aumenta il realismo della storia; ma quando è troppo lento finisce per annoiare il lettore.

Esempio: 1) John è partito per Londra.

2) John è andato alla stazione. Ha comprato un biglietto di andata e ritorno per Londra. E’ rimasto seduto nella sala d’aspetto. E’ salito sul treno.

3) John si è svegliato presto. Si è lavato. Ha indossato il vestito grigio. E’ sceso al pianterreno e ha mangiato delle brioches; ha fatto le valige. Verso le sette e trenta ha chiamato un taxi per recarsi alla stazione.

La lunghezza delle descrizioni e la loro ricchezza di particolari è in proporzione all’importanza che riveste l’argomento.

Le descrizioni dettagliate sono necessarie nei momenti di grande emotività, di tensione interiore. (Senza esagerare).

Oppure può esistere la necessità di rivelare un dettaglio e lo si mescola fra tanti altri affinché non risulti troppo evidente. Esempio: nei gialli. O per ottenere la suspense, ma in questo caso è meglio non abusarne.

Dal lato opposto può capitare di dover citare periodi di tempo brevi, operazioni prive di importanza, azioni di routine che non meritano una descrizione ma neppure possono essere saltate. Adoperate allora frasi che le considerino già trascorse. (Subordinate o implicite)

Esempio: Dopo che se ne fu andato...

Es.: Quando fu di nuovo solo...

Es.: Appena smise di piovere...

Es.: Dopo la partenza di sua moglie...

Es.: Arrivati a casa vedemmo...

Es.: Dopo molti sforzi riuscì a...

Es.: Era passato un anno. Un lungo interminabile anno. J. Britt.

Es.: Ora per ora, giorno dopo giorno, venne l’autunno e passò. Venne l’inverno e passò. J. Britt.

Oppure bisogna costruire frasi che considerino i periodi di tempo insignificanti in svolgimento.

Esempio: Per tutta la notte non riuscì a dormire...

Es.:Durante la sua permanenza in quella casa...

La fantasia del lettore provvederà a riempire questi piccoli spazi vuoti. Ma devono essere brevi, evidenti, altrimenti diventeranno salti e il lettore stenterà a ricucire la narrazione. Inoltre non bisogna adoperare questo sistema per comodità, allo scopo di saltare azioni difficili da descrivere.

Il ritmo veloce si ottiene con l’inserimento di molti fatti o elementi nuovi in poche frasi.

Al contrario un ritmo lento diluisce gli avvenimenti in descrizioni lunghe che richiedono molte frasi e parecchie pagine.

Il ritmo deve essere abbastanza uniforme. Più veloce all’inizio, alternato nella parte centrale e ancora veloce nella parte finale. E’ importante che il ritmo risulti scorrevole, quasi musicale.

La realtà ha un ritmo lento. Es. Vedo una stanza con mobili e suppellettili, odo il campanello del telefono e sento odore di caffè. Nella realtà impiego alcuni secondi per recepire tutto questo. Con la scrittura devo descrivere dettagliatamente e separatamente queste impressioni e per leggerle sono necessari alcuni minuti. Dunque il ritmo lento della realtà, con la scrittura diventa un ritmo lentissimo.

In un testo, per accelerare il ritmo: accorciate le descrizioni e i dialoghi. Sintetizzate i resoconti dei fatti saltando i particolari.

Per rallentare il ritmo: aumentate le descrizioni, allungate i dialoghi., descrivete dettagliatamente i fatti.

 

LO STACCO. Le pause brevissime dentro alla frase sono segnate da virgole e punti e virgole.

Un pausa più lunga alla fine di ogni frase è segnata dal punto fermo.

Una pausa maggiore e più significativa è il Capoverso: una o più frasi contenute fra l’inizio di un caporiga e la fine. Lo spazio bianco con il quale inizia il capoverso si chiama: rientro.

Bisogna andare a caporiga tutte le volte che:

1) Incominciate un nuovo argomento.

2) Desiderate mettere in evidenza una frase di particolare interesse.

Una pausa ancora maggiore è costituita dal: Fine Capitolo, contrassegnata da un numero o da asterischi.

La narrazione viene interrotta in media ogni 5-10-20 pagine; ciò rende il testo più agevole e consente al lettore di interrompere la lettura per riposarsi.

Degli “stacchi” sono considerati le parti brevi poco interessanti, prive di avvenimenti significativi. E’ una narrazione neutra che ha il compito di evidenziare per contrasto altre parti di elevato interesse. Queste parti, se brevi, servono veramente a far risaltare il resto, così come in natura il bello risalta maggiormente se accostato al brutto.

Un periodo di tempo trascorso può essere suggerito senza venire descritto ponendo fine al capitolo. All’inizio del nuovo capitolo, se fosse necessario, darete qualche indicazione sul numero di ore, giorni o mesi trascorsi.

Esempio: Due ore dopo. Quella sera a cena...

Es.: La mattina seguente...

Es.: Due mesi più tardi...

Es.: Tre secoli sono lunghi a passare... M. Sidney.

Altro esempio: L’automobile di due amici si ferma e uno tenta di ripararla. “Quando i due amici ebbero esaurito uno la propria meccanica e l’altro il pacchetto di sigarette e insieme il comune repertorio di imprecazioni si guardarono in faccia con aria piuttosto desolata.” Kevin Mc Hynes.

Il passaggio da un argomento all’altro può avvenire in vari modi: la narrazione di un avvenimento viene conclusa con un punto o con un “fine capitolo” e si va a caporiga dove si passa a narrare un altro avvenimento.

Oppure una delle ultime parole o immagini di un avvenimento si ritrova all’inizio dell’avvenimento successivo così da creare una specie di raccordo per analogia.

Esempio: C’è una sola strada che porta all’inferno. Ma c’è anche una sola strada che porta a Madison Hill... M. Dave.

Oppure un raccordo per contrasto.

Esempio: Odore di fiori appassiti e di morte. ...odore di vita e di fiori primaverili...                                     F. Graegorius.

A volte con effetti singolarissimi.

Esempio: Ma il cumulo sul cadavere, adesso, era compatto e nascosto sotto un grosso cespuglio sradicato e ripiantato lì. Nessuno l’avrebbe trovato. Il banchetto dei vermi poteva continuare.                                                                     Fine Capitolo.

Il  pranzo  era  stato  semplice  ma  saporito;  la  fantesca  del  dottor  Kelenborg  sapeva  il fatto suo come cuoca.  P. Carter.

 

SPOSTAMENTI DI SPAZIO E DI TEMPO. il romanzo può essere scritto in I persona singolare quando il narratore coincide con il personaggio principale.

La trama è lineare perché segue le vicende di un solo personaggio. In questo caso i luoghi, le azioni e le altre persone vengono descritte così come li vede il personaggio principale.

Nei romanzi scritti in I persona il lettore vede con gli occhi dell’Autore e legge i pensieri dell’Autore.

La trama è in III persona quando i personaggi principali sono più d’uno. Ciò consente di vedere la stessa cosa dai punti di vista dei personaggi. Inoltre il lettore può assistere ad azioni che si svolgono contemporaneamente in luoghi separati.

Quando i personaggi principali sono molti e vengono narrate volta per volta le loro azioni che si svolgono in luoghi diversi, si ha la trama a incastro. Le singole trame, nel loro sviluppo hanno dei punti di contatto fino a confluire insieme nel finale.

Come esempio prendiamo lo schema semplificato di un romanzo di Morton Sidney:

1) Tre amici John, Tip, Rex e una ragazza Dolly partono verso un castello in Scozia.

2) Nel castello John di notte si allontana dal gruppo. Lo seguiamo mentre viene attirato in una trappola pericolosa.

3) Tip e Rex al mattino scoprono che l’amico è scomparso. Tip parte per cercarlo, segue le tracce di John in una foresta e poi in un caverna dove non riesce più ad uscire.

4) Rex e Dolly rimasti al castello vengono attaccati da nemici e lottano per difendersi.

5) Tip, dopo altre avventure, scopre un passaggio che conduce direttamente al castello.

6) Rex abbandona Dolly e si barrica in una stanza per salvarsi. Sente che qualcuno vuole entrare e lo ferisce. Si accorge che è Tip.

Esaminiamo un interessante spostamento di spazio in un romanzo di Max Dave scritto in I persona.

Bob, il narratore, e alcuni suoi amici sono assediati dentro a una villa. Bob di notte riesce a fuggire e lo seguiamo nelle sue peripezie.

Poi vengono descritte le avventure di quelli che sono rimasti dentro alla villa. L’Autore precede i fatti con queste parole di Bob: “Ecco intanto cosa succedeva nel frattempo alla villa. Tutto questo l’ho potuto ricavare in seguito, dai racconti dei miei amici.”

Ecco ora uno spostamento di tempo.

Lo schema è tratto da un romanzo di Harry Small;

1) Willy, fratello di Harold, entra in casa e sente una strana conversazione che lo mette in allarme. Si nasconde e sente che i due conversanti stanno per litigare. Allora cerca una pistola.

2) Harold rientra in casa più presto del solito semiubriaco e si mette a letto.

3) Edward prende la macchina e si reca a casa di Harold. Pensando che non ci sia nessuno scassina una finestra ed entra in casa. Qui si incontra con Harold.

4) Edward ed Harold hanno una discussione sempre più accesa nella quale vengono fuori verità compromettenti. Ad un certo punto Harold tenta di strangolare Edward.

5) Willy che nel frattempo ha trovato la pistola, interviene.

L’ordine cronologico degli avvenimenti sarebbe stato: N° 2 3 4 1 5.

L’Autore ha invece preferito intercalare i fatti.

Lo spostamento di tempo consente di iniziare subito da un avvenimento interessante in una storia. Successivamente (avvertendo il lettore) si descrivono gli antecedenti necessari ma meno interessanti.

Esempio tratto da Huber lo squartatore di Morton Sidney:

“C’è lo squartatore”

“Dov’è?”

“Nella cella della morte”

“Perché l’hanno portato qui?”

“Non lo sai? E’ il penitenziario più sicuro, secondo loro, di tutta l’Inghilterra”

Il romanzo prosegue con una descrizione del carcere. Lo stesso pomeriggio i detenuti durante l’ora d’aria parlano dello squartatore. Poi l’autore focalizza la figura del personaggio:

“Lo squartatore! Un nome che aveva riempito dei giornali britannici per un anno intero. Una misteriosa, inafferrabile figura di pazzo omicida che coglieva le sue vittime per le vie, le derubava e le uccideva con tecnica raffinata e selvaggia. Una figura senza volto, senza nome, alla quale la polizia aveva dato disperatamente la caccia per un anno intero. E la sua cattura era stata opera di un caso: una ragazza paurosa, una ragazza degli equivoci quartieri dei Docks aveva urlato vedendo avvicinarsi nella nebbia una figura intabarrata. Ed un policeman che si trovava nei dintorni era accorso subito...”

Il romanzo prosegue con la descrizione della cattura, del processo, della condanna per poi ritornare al personaggio in cella, in attesa dell’esecuzione.

E’ consigliabile seguire sempre l’ordine cronologico nella narrazione dei fatti.

Tutte le volte che non seguite l’ordine cronologico nella narrazione dei fatti, rischiate di infastidire il lettore.

Talvolta però è necessario tacere una avvenimento per descriverlo in fondo al libro allo scopo di aumentarne la sorpresa o la suspense.

Esempio: In un giallo il delitto avviene subito ma la descrizione di come si è svolto e di chi l’ha compiuto avviene in fondo al libro.

In tutti i casi in cui non potete o non volete riferire i fatti nell’ordine cronologico, adoperate i seguenti sistemi:

1) Inserimento di testi epistolari il cui contenuto si riferisce a eventi passati.

2) Un personaggio racconta ciò che ha visto o ciò che gli è accaduto nel passato.

3) Inserimento di flash back, ricordi, brevi rievocazioni del passato che interrompono l’ordine cronologico dei fatti.

Esempio: “Ora dovete spiegarci...Gustavo...” Il maggiordomo fa cenno di sì lentamente con la testa mentre fissa con sguardo vuoto la fiamma che arde nel camino. “Tutto è cominciato in un giorno di aprile di tanti anni fa quando presi servizio in questa casa come cameriere...”  Max Dave.

4) Descrizione separata di vicende simultanee. All’inizio della seconda si avverte il lettore che le vicende sono contemporanee.

5) Alla fine di un avvenimento l’autore fa una precisazione: esempio: Questo accadeva due notti prima che Willy Terry partecipasse alla seduta medianica in casa Sybil.  H. Small.

Se dovete descrivere 2 avvenimenti brevi e simultanei dovete necessariamente descriverne prima uno e poi l’altro. Descrivete per primo l’avvenimento più importante o significativo e poi l’altro.

Se dovete descrivere 2 avvenimenti lunghi simultanei, descrivetene prima uno e poi l’altro. All’inizio del secondo premettete avverbi tipo: Contemporaneamente, Nello stesso tempo, ecc.

 

LA SUSPENSE. La suspense è un vuoto, un’aspettativa, un’attesa che il lettore riempie con i propri dubbi e paure.

La suspense si ottiene ponendo dei quesiti e rivelando la soluzione alcune righe o alcune pagine più avanti. Maggiore è il numero delle pagine fra il quesito e la soluzione e maggiore è la suspense. Attenti a non esagerare.

Esempio: Fred sollevò la lanterna e proiettò la fioca luce in tutte le direzioni: c’era un arazzo stinto, alcuni mobili istoriati e una strana bacheca.

“E questo” chiese “cos’è?”

L’albergatore scosse la testa: “Andiamo via, non date retta...”

Ma l’americano si era già avvicinato e illuminava la bacheca. Era un mobile di legno nero con una copertura di cristallo.

“Guarda!” sentimmo esclamare come fra sé. Roland gli si avvicinò e tentò di spostarlo: “E’ inutile impressionare le signore” lo sentimmo mormorare. Ma era quanto bastava invece per farci accorrere a vedere.  Morton Sidney.

Es.: “Strane cose succedono questa notte” borbottò “Martin vede tante cose...è l’acquavite...è l’acquavite, vero?”

“Cosa hai visto?” domandò Douglas, fissandolo.

L’ubriacone si dondolò sulle gambe, con una strana espressione sul volto: “Non è la prima volta...no, Mr. Douglas, un’altra volta...ho visto...”

La voce gli mancò, ed i suoi occhi si appuntarono sulla strada bianca di luna.

“Cosa hai visto? Parla, su!” ordinò con voce alterata il fisico.

                                                                                               Morton Sidney.

La suspense può essere ottenuta con una descrizione alternata di due o più avvenimenti che si svolgono in ambienti diversi. E’ la struttura a incastro che consiste nel narrare alcuni (due o tre) fatti che si svolgono contemporaneamente. Incominciate dal primo e sospendetelo sul punto culminante o di maggior interesse. Iniziate il secondo e troncatelo. Poi il terzo. Quindi riprendete a narrare il seguito del primo e così via finché i fatti vengono a completarsi in un finale a tutti comune. E’ un artificio un po’ macchinoso da usare per poco. Alla lunga la narrazione risulta innaturale, poco scorrevole e  rischia di stancare il lettore.

Oppure è possibile iniziare da un avvenimento finale per poi risalire alla cause che lo hanno provocato. Questo sistema è comune nei gialli dove dalla scoperta del delitto si risale per gradi all’assassino e poi al movente che lo ha spinto a commetterlo.

 Un romanzo non poliziesco parte da premesse che si sviluppano fino all’azione drammatica finale.

Esempio: Un dramma della gelosia che culmina con un omicidio. Al contrario in un giallo l’azione drammatica, ad es. l’omicidio, è descritta subito e si risale a ritroso per arrivare alle premesse iniziali cioè al colpevole e al movente.

Un altro metodo per ottenere la suspense consiste di descrivere prima le reazioni e in un secondo tempo l’oggetto che le ha provocate.

Esempio: E il cuore parve cessare di battergli... E la gelida brina di un sudore di morte si rapprese sulle sue membra irrigidite... Aveva visto...Improvvisamente aveva visto! P. Carter.

Es.: Quello che vide lo condusse sull’orlo della follia.  F. Graegorius.

La narrazione può inoltre venir sospesa nel momento culminante per intrusioni di nuovi personaggi, accadimenti di fatti nuovi, interruzione da parte di una ascoltatore che chiede spiegazioni, divagazioni, reticenze, ecc. Notate che la suspense ha un effetto cumulativo.

Esempio: “Non dovevi tornare ragazzo mio! Proprio non dovevi farlo!”

“E perché?” chiese meravigliato il giovane.

Goodwin si portò un dito di traverso alle labbra, abbassando il tono della voce fino a un sussurro!

“Domani, sarà il trentuno dicembre!” Si volse in giro con fare circospetto come se temesse di essere stato udito da qualcuno.

Sammy lo fissò interdetto:

“Ebbene? Cosa c’entra il 31 dicembre?”

“Sst!!” Goodwin sembrava realmente preoccupato. “Sst!” ripeté ancora una volta.

“Allora... Non lo sai proprio?...”

Il giovane sbuffò innervosito:

“Senti! Se ti decidi a raccontare...bene! altrimenti...”

Il vecchio estrasse dalle tasche un gigantesco fazzoletto rosso, soffiandosi rumorosamente il naso...  Max Dave.

.

Esempio: Il vecchio Dubois interruppe il suo racconto per ricaricare la pipa spenta, poi i suoi occhi acquosi si volsero a cercare Minou.

“Prendi la bottiglia del cognac” disse il vecchio. “I signori vorranno bagnarsi la gola dopo tante chiacchiere.”

“E’ tutta qui la storia?!” chiese Gordon.

“Oh no! Questo è soltanto l’inizio” sorrise il vecchio. “Il peggio accadde dopo, almeno per la povera Henriette, quando i pirati si accorsero della sua presenza.”

“La uccisero?”

L’arrivo di Minou impedì al vecchio di rispondere. La ragazza fermò i piedi nudi verso i tre uomini e Bob smise di guardare momentaneamente la formosa figura di lei per posare la propria attenzione sui bicchieri nei quali il cognac cadeva con un piacevole gorgoglio.

“Sono impaziente di conoscere la fine” sorrise Gordon, dopo aver vuotato il suo bicchiere.                 

             Jack Leeder.

Es. Ricordi lo zio Filippo?

La nonna era una piccola vecchietta sempre in nero, con un fazzoletto nero bordato di bianco sui capelli ancora scuri; aveva un bellissimo viso minuto, tuttora giovanile, e sotto lo sguardo dei suoi caldi occhi scuri ci si sentiva sempre sereni e contenti.

Ma lo zio Filippo... ah, lo zio Filippo!

Walter Rilla

I momenti che precedono una rivelazione sono i momenti ideali per inserire precisazioni necessarie, descrizioni di personaggi, luoghi, ecc. Così si ottiene il doppio risultato di aumentare la suspense e di informare il lettore con un quadro più completo della situazione.

Sono tutti ottimi espedienti usati per aumentare la suspense e servono a tenere viva l’attenzione del lettore.

Quando la suspense è troppo lunga può diventare noiosa. Attenzione a non esagerare con troppe divagazioni, inserimento di avvenimenti superflui, dialoghi o descrizioni troppo lunghe (oltre una facciata) che stancano il lettore facendogli perdere l’interesse.

 

FILOSOFIA E PSICOLOGIA. Ogni libro contiene un sottofondo filosofico che riflette la mentalità dell’Autore, il suo modo di spiegare le cose, i fenomeni. Oppure le sue teorie sulla vita, sull’universo.

Questa parte filosofica è presente in misura più o meno rilevante.

Quando è del tutto assente il romanzo è superficiale.

Quando è eccessiva diventa noiosa e nuoce alla narrazione.

Evitate la nuda e noiosa esposizione di una dottrina. In un romanzo, se volete esporre una teoria dovete farlo in maniera succinta e piacevole da leggere, oppure dovete modellare i fatti a sostegno della vostra tesi.

Prendete una teoria, meglio se originale.

Esempio: la legge del Karma, reincarnazione, intelligenze extraterrestri, vita dopo la morte ecc.

1) La tesi può venir esposta in un dialogo da un personaggio.

2) Oppure la trama può venir modellata per dimostrare la tesi.

3) Oppure la tesi può venir citata come conclusione o interpretazione di un evento.

Un pizzico di filosofia è indispensabile per colorire il testo.

Non dilungatevi in dissertazioni; evitate polemiche, disquisizioni, sfoggio di cultura.

La psicologia riguarda i personaggi nel testo.

Imparate ad essere introspettivi. Poi osservate attentamente come si comportano le persone nella vita reale.

Imparate a classificare le persone, catalogarle a seconda dei loro caratteri, pregiudizi, mentalità, gusti, pregi, difetti.

Cercate un collegamento fra il carattere delle persone e le loro scelte, i loro ruoli.

Studiate come le persone con un determinato carattere reagiscono in determinate situazioni o ambienti.

I personaggi immaginari devono essere le copie fedeli dei loro tipi realmente esistenti.

Anche qui vale ciò che abbiamo scritto riguardo alla filosofia; per non annoiare il lettore evitate lunghe analisi psicologiche non intercalate dai fatti.

Evitate i personaggi principali psicologicamente piatti. Evitate complesse analisi psicologiche di personaggi secondari.

La psicologia dei personaggi deve essere realistica e di conseguenza le reazioni dei personaggi sono realistiche. Molti libri contengono una psicologia errata, perciò le reazioni dei personaggi sono impossibili e innaturali. Esempio: Storia di O.

Esempio: un uomo cammina per la via e incontra un leone. Cosa fa? Fa dietro front e scappa. Questa è una reazione realistica. Se invece di scappare l’uomo estrae di tasca un giornale e incomincia a leggerlo, oppure recita una poesia, oppure si mette a cantare. Queste sono reazioni impossibili e irreali.

 

I CAPITOLI. Abbiamo visto che un romanzo è composto di molte parti. Queste parti si possono raggruppare in 3 fasi principali.

1) Inizio: che serve per introdurre il lettore nella vicenda.

2) Il tema: è la parte centrale la quale si sviluppa in crescendo e raggiunge la massima forza ed espressività a circa tre quarti del libro.

3) La conclusione: è l’ultima parte del libro.

Di solito si scrivono prima i capitoli centrali.

Poi si scrivono l’inizio e la fine. Questi capitoli sono i più delicati e richiedono grande attenzione.

Il primo capitolo è della massima importanza perché il lettore deve venir coinvolto fin dalle prime 3 o 4 pagine. Alcuni scrittori prendono il lettore o lo scaraventano dentro l’atmosfera del racconto fin dalle prime righe.

Esempio: Lui è solo! Nella camera buia come l’inferno. Un immenso silenzio è intorno.

Sì, ha le braccia strette dietro alla schiena e un grande senso di stanchezza nel cuore. Però, torna a domandarsi nel buio: perché è accaduto tutto questo? Perché è lì? E nel suo cervello martellano mille domande, anche stupide a volte. Passa e ripassa accanto a lui l’immagine di un pugnale che s’immerge in un seno turgido e bianco e taglia e squarcia.

                                                                                                                  Max Dave.

Le parti iniziali scialbe e le lunghe introduzioni non stimoleranno il lettore a proseguire.

Senza preamboli o noiose premesse, l’inizio dovrà contenere gli elementi che consentono di entrare direttamente nel vivo della vicenda. Il lettore a partire dalla prima pagina deve provare attrazione. Compito principale dell’inizio è quello si suscitare la curiosità e catturare l’attenzione del lettore.

Poi in seguito, quando l’interesse è agganciato passerete ad esporre gli antecedenti, o le precisazioni necessarie; a dettagliare i personaggi, i luoghi; a presentare l’ambiente e il tema fondamentale.

Nei capitoli centrali la vicenda prosegue con nuovi sviluppi e colpi di scena. Il ritmo è più lento, mai uniforme per non stancare ed essere prevedibile.

I capitoli centrali sviluppano le premesse iniziali in un graduale crescendo di effetti. Spiegano alcuni problemi sollevando nuovi e più profondi interrogativi. Proseguono in maniera sempre più incalzante.

La parte centrale è composta di elementi la cui forza cumulativa andrà poi a sfociare nel finale.

E’ necessario un giusto equilibrio di stile e di trama. La trama non deve essere troppo complicata per non sembrare forzata; e neppure troppo esile da non trattenere l’attenzione. Lo stile se è troppo ricco, elaborato, appare formale e poco spontaneo; se troppo discorsivo diviene sciatto e povero.

L’ultimo capitolo avrà un ritmo più veloce.

La fine deve essere una conseguenza logica. La fine deve essere imprevedibile ma credibile. Non deve essere esagerata, né forzata, né macchinosa.

Bisogna essere perfezionisti in arte. Non accontentatevi della prima soluzione che viene in mente, di solito non è mai quella buona.

Conviene aspettare, vagliarne delle altre, lasciar maturare le idee. La conclusione potrà eventualmente contenere qualche considerazione sui fatti della vicenda, essere strumento di analisi, di denuncia sociale oppure diffondere qualche credenza, una teoria. Può consentire al lettore di trarre un insegnamento o stimolarlo a considerare quel particolare aspetto della vita (comico, misterioso, drammatico, strano, ecc.) che è stato messo a fuoco.

Un buon libro deve dare sempre qualcosa, deve arricchire spiritualmente, deve far provare delle emozioni.

Lo scopo finale della narrativa comunque è quello di intrattenere e potrete affermare di esserci pienamente riusciti solo se il lettore proverà il bisogno, a distanza di tempo, di rileggere il vostro libro.

A questo punto cucite le parti fra di loro. Si tratta di collegarle apportando piccole modifiche, spostando o aggiungendo qualche parola qua e là in modo che non si avvertano salti e che il testo risulti scorrevole. Segnate tutti i caporiga.

Ora potete dire di essere arrivati a metà del vostro lavoro. L’altra metà infatti consiste nella revisione del testo.

Al libro potete mettere un’epigrafe, cioè una dedica. Potete anche riportare una frase di un autore famoso posta all’inizio di ogni capitolo. A volte ai capitoli viene dato un titolo.

Nel 1700 e nel 1800 andavano di moda, i romanzi lunghissimi di 800 e più pagine. Forse perché si disponeva di molto tempo per leggerli. Oggi il romanzo ideale ha dalle 100 alle 200 pagine. Un racconto dalle 5 alle 20 pagine (si intende facciate).

Il numero di pagine è proporzionale al numero degli eventi narrati.

Molte pagine con pochi eventi ne risulta un testo troppo diluito e noioso. Con poche pagine e molti eventi la narrazione corre troppo.

 

LA REVISIONE. Lavoro faticoso e importantissimo la revisione trasforma i fogli scritti in un’opera finita e completa. Ricercate la perfezione senza stancarvi. La perfezione, irraggiungibile nella vita reale, è possibile solo in arte.

Lasciate sedimentare il testo. Rileggetelo dopo alcune settimane.

Rileggete il testo per cambiare qualche parola; per cambiargli il ritmo aggiungendo o togliendo parole; rileggete adesso per non avere pentimenti dopo stampato. Rileggetelo tante volte; scoprirete errori, incongruenze, lacune. Rileggete il testo anche a voce alta per fare la revisione generale.

Rileggendo l’opera dopo alcuni mesi possono verificarsi due casi:

1) L’opera vi piace meno di quando la scriveste. Poiché quando la scriveste eravate esaltati ma l’opera ha poco valore.

2) L’opera vi piace più di quando la scriveste. Poiché quando la scriveste eravate stanchi dalla fatica ma l’opera ha valore.

Consultate il dizionario:

1) per cercare fra i sinonimi parole più appropriate.

Esempio: per rendere più accurato il testo consigliamo di sostituire parole troppo usate o generiche quali: dire, fare, andare, avere, volere, prendere, bello, grande, ecc. con i sinonimi;

ad esempio alla voce dire troviamo: accennare, affermare, avvertire, confessare, confidare, contraddire, indovinare, negare, replicare, sussurrare, ecc.

Bello: attraente, grazioso, meraviglioso, splendido, stupendo, ecc.

Andare: avanzare, camminare, trasferirsi, allontanarsi, correre, girovagare, pedinare, scappare, svignare, inoltrarsi, dirigersi, ecc.

2) Per cercare i sinonimi. Bisogna evitare che una parola venga ripetuta 2 o 3 volte in una frase; e bisogna evitare che si formino le rime, che creano un senso di ridicolo.

Esempio: alla voce paura troviamo: allarme, batticuore, inquietudine, spavento, tremore, terrore, ecc.

3) Per cercare la nomenclatura di macchine o attività.

Esempio: alla voce scultura troviamo: mazzuolo, scalpello, raspa, sgorbia, smeriglio, squadra, bozzetto, plastilina, cesellare, polire, digrossare, sbalzare, rifinire, ecc. ecc.

4) Per controllare l’ortografia. Esempio: Ciliege. Proficuo. Iniquo.

5) Per conoscere il significato di una parola. Esempio: Conseguire=ottenere. Consenso=approvazione. Adempiere=compiere, eseguire.

6) Per conoscere tutti gli usi di una parola.

Esempio: Andare = 1 - Muoversi da un luogo verso un altro. John va a casa.

2 - Condurre. Dove va questa strada?

3 - Piacere. Questa minestra non mi va.

4 - Seguìto da un gerundio indica ripetizione di un’azione. John va dicendo a tutti che è stato in America.

5 - Seguìto da un participio significa: dover essere. I capelli vanno tagliati almeno due volte all’anno.

Evitate le parole arcaiche. Esempio: codesto, pargolo, maliarda, ecc. Gli arcaismi nel testo hanno l’effetto di suscitare il riso.

Esempio: C’era una pulzella che faceva l’autostop.

Evitate le frasi fatte; le citazioni; le parole straniere e dialettali.

Evitate gli stereotipi o i modi di dire: sono logori dal troppo uso, hanno perso la loro efficacia e sono diventati fastidiosi. I modi di dire sono delle frasi cliché usate da chi non sa esprimersi.

Esempio:

Non scrivete:                                    Scrivete invece:

Menare il can per l’aia                      Tergiversare

Piantare in asso                                 Abbandonare

Essere alle prime armi                       Essere un principiante

Dar filo da torcere                             Mettere in difficoltà

Darla a bere                                       Raccontar frottole

Ecc.

L’opera finita è piena di errori, imperfezioni e verrebbe voglia di gettarla via. Adesso il lavoro consiste non più nell’aggiungere, ma nel togliere. Bisogna eliminare gli errori e rimettere a posto il testo dopo ogni modifica.

Vediamo ora alcuni esempi di errori tipici:

- I due giovani si baciarono con trasporto. Poi la ragazza cercò un mezzo di trasporto per tornare a casa. Ripetizione.

- Ho letto il libro a letto. Ripetizione.

- Percorse a cavallo la strada che costeggia il vallo. Chiese clemenza con insistenza. Rima.

- Nella notte completamente buia John camminava spedito. Incongruenza.

- Fuggì saltando dalla finestra della soffitta. Impossibile.

- John andò da Joseph. Lui partì nel pomeriggio. Testo poco chiaro, chi dei due partì?

- La casa era chiusa, John forzò la porta trovò la pistola e andò a buttarla nel fiume. Testo troppo veloce.

- I cinque amici trascorsero la serata giocando a bridge. Errore, il bridge si gioca in quattro.

- Tolsi delle bacche squisite in quella calda giornata di primavera. Errore, i frutti maturano in autunno.

- Quella sera c’era la luna calante. Errore, la luna calante sorge tardi nella notte.

- La macchina si fermò e Mary scese a controllare il motore. Poco plausibile; in caso di necessità di solito una donna va in cerca di aiuto.

- Trovò subito il numero...la via...l’indirizzo che cercava. E’ improbabile trovare una cosa  fra tante al primo tentativo.

Alcuni principianti tendono all’esagerazione e la prosa risulta densa e barocca.

In questo caso: eliminate la retorica, cancellate i ragionamenti e le elucubrazioni. Dividete i periodi staccando le proposizioni subordinate. Semplificate le frasi contorte che risultano difficili da interpretare o possono venir fraintese. Snellite le parti lunghe e pesanti, togliete aggettivi, abbreviate le descrizioni, cancellate i troppi particolari. Limate la prosa. Levigate lo stile. Rendete il testo chiaro e pulito.

Altri principianti scrivono in maniera povera e la narrazione risulta scarna, quasi una cronaca. In questo caso arricchite il testo con descrizioni di paesaggi, ambienti, personaggi. Aggiungete particolari, inserite elementi secondari o idee nuove. Se le frasi risultano slegate bisogna unirle con congiunzioni, preposizioni e avverbi.

Presentate i concetti seguendo un filo logico e in ordine di importanza. Narrate gli avvenimenti seguendo un ordine cronologico. Rimanete coerenti nel vostro stile, nella trama da seguire, nel genere scelto, senza sbalzi e deviazioni.

Armonizzate le parti per creare un insieme equilibrato. Per rovinare un’opera basta poco: un finale malriuscito, una parte che provoca squilibrio.

Bisogna eliminare gli squilibri rappresentati da parti slegate, concetti inutili, appendici, lunghi resoconti, divagazioni, inserti di brani staccati dal rimanente contesto.

Per le modifiche usate questi sistemi: adoperate penne di vario colore per le nuove aggiunte; così il testo risulterà sempre leggibile anche se contiene molte sovrapposizioni. Scrivete su una sola facciata del foglio. Incollate strisce bianche di carta per poter scrivere sulle parti sbagliate del testo. Oppure tagliate il foglio dove va inserita una frase e incollate fra i due tronconi una striscia di carta bianca su cui scrivere. Scrivete su nuovi fogli che vanno poi intercalati fra gli altri. Alla fine riscrivete tutto in bella copia e numerate i fogli. Controllate i caporiga.

Ogni volta che modificate qualcosa in un romanzo bisogna rileggere tutto il romanzo. Controllate se si sono verificate ripetizioni o squilibri, poiché un romanzo si regge in equilibrio.

Ecco  alcuni sistemi adoperati per le modifiche o aggiunte: sottolineate la frase che va posta prima; mettete un  asterisco dove va inserita una parola o frase che avete scritto in fondo al foglio. Es.

1) Se ci sono le possibilità di salvare l’ambiente conviene sfruttarle con il massimo impegno = Conviene sfruttarle con il massimo impegno se ci sono le possibilità di salvare l’ambiente.

2) E’ troppo tardi * per prendere il treno = E’ troppo tardi, se Mary non è ancora pronta, per prendere il treno.

Bisogna tentare di finire un’opera mentre si è sotto l’effetto dell’ispirazione. I momenti che l’hanno ispirata non durano sempre. Un autore che lascia a metà la sua opera e la riprende dopo anni non riuscirà più a sentirla vicina, con la stessa intensità di quando l’ha iniziata.

Non bisogna però troppo affrettatamente considerare conclusa un’opera. Il testo finito va messo in un cassetto. Dopo settimane o mesi si scoprono alcuni errori, vengono in mente aggiunte, modifiche, correzioni.

Ritoccate l’opera per perfezionarla. Ma poi dopo un certo punto bisogna fermarsi e lasciarle qualche piccolissima imperfezione o ripetizione. Qualche svista dà al testo un senso di spontaneità, di naturalezza e l’opera sembra essere stata scritta di getto. Una versione troppo precisa, elaborata, calcolata può apparire fredda, artificiale, costruita e non sentita.

Continuando a rileggere un’opera troppe volte essa sembra diventare brutta e assurda. Lo stesso fenomeno si ha quando seguitiamo a ripetere una parola ad alta voce per almeno cinquanta volte. La parola finisce per perdere la connessione con la realtà e diventa un puro suono privo di significato.

Prendiamo ad es. la parola Attimo: Attimo Attimo Attimo.....adesso mi viene in mente ottimo. Attimo Attimo Attimo il timo, la pianta, Attimo...gli atti, quelli degli apostoli?

Attimo, Attimo, Attimo....azzimo, il pane azzimo, Attimo-attimo....il timone delle navi, Attimo Attimo, Attimo Attimo, gattino, attimo-attimo...timore, tino Attimo-a.....Samoa, Attimo-attimo-Attimo...Mattino...la parola perde il significato e diviene un suono strano e senza senso.. Se arrivate a questo punto bisogna mettere da parte l’opera e lasciar passar qualche mese prima di riprenderla.

Attenzione anche al contraccolpo psicologico. Quando ci siamo dedicati per tanto tempo a una attività arriva la nausea e sentiamo il bisogno di fare un’altra e differente attività.

Dopo un certo momento lo scrittore sente che l’opera è finita, autonoma e bisogna trascriverla in bella copia senza più alterazioni.

 

L’OPERA PRIMA. Arte lunga, vita breve dice il proverbio. Leggete, leggete molto prima di incominciare a prendere in mano la penna.

“La vita o si vive o si scrive” dice Pirandello volendo sottolineare la quantità di tempo richiesto per lo scrivere. Scrivete e scartate, rifate, modificate, non siate mai troppo soddisfatti di voi. Dovete essere critici severi con voi stessi confrontando i vostri lavori con quelli che hanno fatto gli altri scrittori.

Bisogna essere perfezionisti per raggiungere dei risultati buoni e mai accontentarsi dei primi tentativi.

Bisogna essere altruisti per desiderare di donare agli altri la ricchezza del nostro mondo interiore.

Le prime composizioni dei dilettanti spesso hanno solo un merito: sono servite da addestramento. I primi lavori non hanno valore e bisogna considerarli delle esercitazioni.

Dopo qualche anno, quando l’autore sarà più smaliziato, perderanno il loro fascino e probabilmente verranno buttati via. Quello che si fa per la prima volta non riesce mai bene e modificare un’opera richiede più tempo che non rifarla di nuovo.

Il principiante tende all’imitazione (anche involontaria) di uno o più autori preferiti. In seguito, quando avrà preso coscienza dei suoi gusti e migliorato le sue possibilità riuscirà a creare un’opera veramente sua originale e interessante.

Raggiunta la maturità l’autore tenderà a ruotare attorno a temi a lui congeniali e ad esplorare tutte le possibili varianti. Quando egli vede che si ripete vuol dire che è arrivato il momento di rinnovarsi e per farlo dovrà tentare nuove strade. Naturalmente prima di affrontare nuovi temi dovrà studiarli per ottenere una buona preparazione.

Le opere che uno scrittore produce durante la sua vita non sono tutte allo stesso livello.

Generalmente la produzione migliore sta nella parte centrale. Le opere giovanili sono ingenue e maldestre. Le opere della vecchiaia sono ripetizioni, varianti oppure tentativi di inventare temi nuovi.

Le opere che stanno al centro della produzione sono le migliori. Ma anche fra queste esistono degli aborti.

La riuscita di un’opera dipende da passione, abilità, competenza e da altri fattori contingenti o sconosciuti che non si possono definire.

 

IL CAPOLAVORO. Per fare un libro ci vuole molto tempo. Per fare un capolavoro ce ne vuole moltissimo.

Il Capolavoro è il risultato di: ispirazione e calcolo, fantasia e razionalità, spontaneità ed esperienza. Scrive Luigi Gualdo: “Qualunque creazione d’arte è un tentativo; l’artista non esterna mai tutto quello che lo agita internamente, non esprime mai tutto quello che vorrebbe.” Il Capolavoro non è facilmente classificabile. Se l’autore crede nella sua opera essa può esistere nonostante le critiche negative. Questo perché le critiche cambiano con i gusti e le mode.

Il Capolavoro è tale quando apre uno spiraglio sul Mondo, quando rappresenta una esperienza umana unica e irripetibile. Il Capolavoro è il risultato, oltre che delle regole che abbiamo elencato, della sensibilità dell’autore. In esso non c’è niente da aggiungere, niente da togliere. Dà l’impressione che sia stato scritto tutto in un fiato e che il suo autore era destinato a scriverlo.

Esso precorre i tempi. E’ più avanti rispetto ai tempi e viene apprezzato al suo apparire solo dagli intellettuali. In genere l’opera mediocre viene subito accolta e presto dimenticata dal grosso pubblico. In seguito, con l’evolversi del gusto il Capolavoro viene scoperto, viene apprezzato il suo valore e diviene patrimonio delle generazioni future. Con l’esperienza si impara a giudicare il reale valore di un’opera. Non bisogna lasciarsi influenzare dalla pubblicità martellante delle opere moderne né dall’alone di gloria delle opere antiche.

Come si fa per distinguere un’opera ispirata da un’opera costruita? Quando il suo creatore dice “Non riuscirei più a farlo” significa che quello è un capolavoro.

Scrive Pierre Le Mure: “Non so se arriverò mai a terminare la mia opera e non so neanche se sarà mai pubblicata. E allora perché lo faccio? Perché non posso farne a meno. Vedi, l’artista che ha un’idea nel cervello è come la donna che deve avere un figlio: è costretto a esprimerla, così come la madre è obbligata a mettere al mondo il bambino. Tutto questo viene definito potenza creatrice. Se non si avverte lo stimolo a esternare il proprio pensiero sulla carta o sulla tela o in qualunque altra materia grezza, non si è artisti”.

 

LA POESIA. La poesia deriva dal greco Pòiesis che significa: creazione. Molto di ciò che è stato detto in precedenza per la letteratura vale per la poesia, ma in maniera ancora più rigorosa. Questo perché la poesia è un concentrato di immagini, sensazioni che vanno poi diluite con la rilettura. La poesia deve perciò possedere una forma particolarmente accurata e perfezionata.

Evitate: rima, forme dialettali, licenze poetiche, luoghi comuni, concetti filosofici, denunce sociali, arcaismi, frasi barocche ed esagerate.

Evitate la rima perché suona vuota e falsa, è superata e impedisce una rigorosa scelta dei termini. Evitate le forme dialettali: un dialetto è povero di vocaboli e serve solo a comporre delle belle filastrocche. Evitate i concetti, le proteste, le teorie perché appesantiscono la poesia. Chi vuole diffondere le proprie idee si serva di mezzi più idonei come per es. dei trattati, ma per favore lasci stare la poesia.

Mettete una cura particolare nella scelta delle parole che entrano nel testo. In poesia, più che altrove, la forma prevale sul contenuto. Evitate parole volgari, termini scientifici, idiotismi, parole prese dalla tecnologia e dal gergo. Evitate le parole arcaiche, le licenze poetiche che spesso risultano incomprensibili e suscitano il riso.

La natura e l’amore sono i temi ideali della poesia, ma bisogna fare attenzione a scrivere delle cose originali e non ripetere solo delle banalità. Non scrivete sfoghi personali che non interessano nessuno. Evitate frasi esagerate, barocche, strabocchevoli di sentimento. Evitate i soliti banali rimpianti che assomigliano a dei piagnistei.

Evitate di scrivere poesie su temi di brutture. A meno che non siate tanto abili da tramutare il fango in oro, come faceva per es. Baudelaire.

Evitate impostazioni grafiche non convenzionali. Es.: verticali, oblique, come ad es. in Apollinaire, a forma di fiore ecc. Non sono più una novità e rendono poco agevole la lettura.

Usate sempre la punteggiatura. Per un certo periodo fu di moda trascurarla ma è un errore non servirsi di questo ausilio prezioso.

Non scrivete poesie eccessivamente lunghe, non oltre i venti versi. Né troppo brevi, meno di cinque versi. L’ideale va dai dieci ai quindici versi.

La poesia fa gran uso di metafore originali, cioè di comparazioni riassunte. Esempio la comparazione: Papaveri rossi come fiammate, diventa più efficace in: Fiammate di papaveri.

La poesia è essenzialmente invenzione, imprevisto, novità, slancio, stupore. Dovete creare delle immagini, dovete comporre degli accostamenti originali, inventare nuove metafore, giocare sulla tastiera dei sentimenti.

Bisogna cogliere attimi fuggevoli e sogni.... Delineate emozioni come in una filigrana. Sussurrate intuizioni, stati d’animo sottili e complessi servendovi di magie verbali.

Il suo stile deve essere musicale, stillante, prezioso ed evocativo.

L’incomprensibilità dei testi è dovuta solitamente a una lettura affrettata.

Apprezzare un testo significa avanzare sulla strada delle esperienze percorse dal poeta.

I principianti scrivono tante filastrocche e poche poesie.

Fare della poesia non è una impresa facile, anche se può sembrare tale. La poesia è l’espressione più alta del lirismo umano e richiede sensibilità quasi medianica e grande esperienza.

Scrive Colin Wilson: I poeti sentono che la maggior parte della gente è cieca e sorda verso le cose più importanti della vita.

Spesso sento rivolgermi queste domande: Che cosa è la poesia? La poesia è un distillato di emozioni, sensazioni, atmosfere. E non solo questo.

Fare poesia è una cosa facile? Scrivere filastrocche è facile. Fare poesie è un lavoro che richiede grande sensibilità e grande esperienza di scrivere.

Quale è il modo ideale per leggere le poesie? Una poesia bisogna leggerla, e rileggerla per capirla, per apprezzarla, per entrare nel suo tessuto emotivo, per scoprire richiami e associazioni, per decifrare i suoi simboli. Conviene leggere due o tre poesie al giorno, non di più.

Il consiglio da dare ai poeti dilettanti? Osservate la vita, prima di tutto, fuori e dentro di voi. E leggete i grandi Poeti: Baudelaire, Verlaine, Rimbad, Bertrand Aluysius, Breton, Eluard, Jozsef, che non dovrebbero mai mancare in biblioteca.

 

LO PSEUDONIMO. Lo pseudonimo viene adottato da uno scrittore principalmente per:

1) Motivi estetici: il nome dell’autore può essere brutto o troppo comune, es. John Smith, Aldo Rossi e conviene cambiarlo.

Esempio: Voltaire pseudonimo di Franco Maria Aronet;

Stendhal pseudonimo di Henry Beyle

Alberto Moravia pseudonimo di Alberto Pincherle

Papus pseudonimo del Dottor Gerard Encausse.

Ellery Queen pseudonimo dei cugini Fredreric Dannu e Manfred B. Lee

Pierre Loti pseudonimo di Louis Marie Julien Viand

Allan Kardec pseudonimo di Hippolyte Leon Denizard Rivail

Giuliano Kremmerz pseudonimo di Ciro Formisano

Sanantonio pseudonimo di Fredric Dard.

2) Motivi di segretezza: quando l’autore desidera restare nell’incognito.

Esempio: Pauvre Leli pseudonimo di Paul Verlaine

Conte di Lautremont pseudonimo di Isidore Ducasse

Gabriele D’Annunzio pseudonimo di Gabriele Rapagnetta.

Notate che nel primo caso lo pseudonimo è un anagramma del nome vero. E’ un espediente comune adottato spesso quando è possibile.

Oppure: Joe Freeman pseudonimo di Libero Samale, cioè la traduzione del proprio nome in un’altra lingua.

3) Motivi commerciali. Con uno pseudonimo straniero il libro si vende meglio. Scegliete in questo caso nomi appartenenti alla nazione con tradizione storico-ambientale-culturale affine al genere trattato.

Esempio: Steve Cockrane pseudonimo di Pino Belli in storie di gangsterismo ambientate in USA.

W.W.Atkinson pseudonimo dello Yogi Ramakaraka per i libri di filosofia indiana destinati agli occidentali.

La scelta di uno pseudonimo soddisfacente richiede molto tempo e riflessione. In un libro nuovo ciò che attira subito sono la copertina, il titolo e il nome dell’autore che deve essere anch’esso bello o intonato.

 

IL TITOLO. La scelta del titolo è una cosa da meditare bene. Il titolo deve essere originale, breve, invogliante. Con due o tre parole si deve incuriosire e meravigliare il lettore tanto da stimolarlo a comprare il libro.

Il titolo può essere il nome di un personaggio principale con un suo attributo o una sua caratteristica. Può essere il nome di una località; di un oggetto importante al fine della vicenda; di una sensazione, di una azione, di una situazione. Oppure è la sintesi di tutta la storia, o si riferisce a un concetto che sottende la storia, o dice di che genere è la storia narrata. Talvolta è una metafora, una domanda, una frase presa dal testo, ecc.

Qualche esempio di buoni titoli:

- Persone: L’uomo che visse due volte. Rossa   di sera. La carovana dei dispersi. Bambole di seta. L’angelo sporco.

- Località: Destinazione sedia. Nella morsa del terrore. Dietro la porta chiusa. Paradiso per le pupe.

- Cose: Pistole e rotative. Profumo di infinito. Artigli di velluto. Teatrino per milionari.

- Azioni: Scacco alla morte. In cerca di guai. I sussurri delle streghe. Prendimi tutta. Fammi cose turche.

- Altri: Tre notti nude. Più verde del previsto. Ecc.

 

LA SAGGISTICA. Ci sono scritti che hanno lo scopo di intrattenere e in essi predomina la forma. Di questi fanno parte (lo abbiamo visto) la letteratura, la poesia, la narrativa.

All’opposto ci sono scritti che hanno lo scopo di istruire, insegnare e qui il contenuto prevale.

Questa è la saggistica che comprende studi, monografie, esposizioni scientifiche, filosofiche ecc.

Letteratura e saggistica impiegano differenti registri.

Una delimitazione netta fra i due tipi di scritti non esiste poiché anche la letteratura insegna qualcosa e anche la saggistica utilizza una forma piacevole.

Consigli a chi deve scrivere degli argomenti:

Acquisite grande familiarità con la materia da trattare; esponete gli argomenti per sommi capi, a grandi linee in modo da tracciare uno schema. Poi in maniera via via sempre più approfondita e dettagliata.

La saggistica deve essere chiara, composta di frasi principali o coordinate, con poche o nessuna subordinata. Non mettete più di una tesi su una frase.

Spesso i concetti vengono in mente con frasi complicate. Dovete allora smontare i concetti per esporli in una o più frasi.

Esempio: Non ci sono che gli esseri viventi costituiti da un complesso di parti armonicamente disposte che sono tutti organi i quali a loro volta sono costituiti da corpiccioli microscopici chiamati cellule...

Solo gli esseri viventi sono costituiti da parti armonicamente disposte chiamate: organi. Gli organi sono costituiti da corpiccioli microscopici chiamati cellule.

Attenti a non gonfiare le frasi con troppi argomenti. Il testo è chiaro se ogni frase comprende solo uno o due concetti.

Per alleggerire ulteriormente il testo conviene suddividerlo in capitoli brevi e dare a ogni capitolo un titolo.

É conveniente restare sempre nel tema trattato. Le fluttuazioni fuori tema sono consentite purché siano brevi.

Per scrivere un libro di saggistica:

1)     Scrivete il materiale che andate raccogliendo alla rinfusa su fogli sciolti.

2)     Create un indice, o casellario composto da tante cartelle  con  i  titoli dei capitoli.

3)     Inserite i fogli del testo nelle cartelle con i titoli corrispondenti.

4)     Rileggete e revisionate il testo.

Spesse volte (purtroppo) la descrizione di un fatto non è mai obiettiva ma viene distorta dalla propaganda. La propaganda descrive un fatto usando nomi dispregiativi per quello che condanna; eufemismi per quello che tollera, e nomi esaltativi per quello che propone.

 

L’ARTICOLO DI CRONACA. La poesia rappresenta il mondo delle emozioni, dei sentimenti, delle visioni soggettive; la cronaca invece espone i fatti, le azioni, il mondo della realtà oggettiva.

Ecco come si costruisce un articolo. Recatevi sul posto e scrivete uno schema.

Esempio: - Inaugurazione 10° mostra di pittura

- Nome dei partecipanti. 5 pittori (collettiva)

- Nella galleria Il Fauno dal 10 gennaio al 10 febbraio

- Genere impressionismo e figurativo

- Organizzata dal gruppo Arte e Cultura

- Breve biografia dei pittori

- Giudizio critico - Commento

A casa poi metterete i dati nella giusta sequenza e li svilupperete.

Es. Il gruppo Arte e Cultura di Milano organizza la 10° mostra di pittura. La manifestazione si svolgerà nella galleria il Fauno dal 10  gen. al 10 feb. ecc.

L’articolo di cronaca è formato da :

1) L’occhiello, che in genere è un complemento di modo, di tempo o di luogo.

2) Il titolo, corto, comprensibile, sintetico e altisonante.

3) Il sommario dell’articolo.

4) Il testo, che riporta i fatti in maniera obiettiva con uno stile conciso, secco, stringato.

Esempio:

1 - Operava da anni nel centro cittadino

2 - BANDA DI FALSARI SGOMINATA A LONDRA

3 - La tipografia clandestina in uno scantinato. Otto componenti della banda arrestati. Il              

cervello è riuscito a fuggire. Centinaia di mazzette di sterline false pronte per essere            

spacciate.

4 - Londra. La polizia ha fatto irruzione stamani all’alba...

   Se si parla di un personaggio famoso conviene inserire il suo nome nel titolo.

  Es.: Il presidente xxx all’inaugurazione della mostra...  

 

LA SCENEGGIATURA DEL FUMETTO. Essa è formata da:

1 Dialoghi o pensieri

2 Descrizione dell’ambiente

3 Descrizione degli stati d’animo

4 Descrizione delle tavole                             

Es. TAVOLA 1    Campo Lungo

Leda   Sai cosa mi è capitato ieri sera?

Elen    No. Raccontami.

(Siamo su una spiaggia, d’estate e due belle ragazze sui 30 anni, in costume discorrono            

sotto l’ombrellone).

TAVOLA 2    Campo Medio

Leda   Ero al bar quando è venuto un poliziotto e mi ha chiesto di te.

Elen    Di me?

(si stupisce Elen puntandosi un dito al petto).

TAVOLA 3    Primo Piano

Leda   Sì, non sapeva dove trovarti ed io gli ho indicato il tuo amico Fred.

Elen    (pensiero) Stupida che non sei altro.

(Leda spiega con calma. Elen ha una espressione leggermente arrabbiata).

 

 

DESCRIZIONE DELLE TAVOLE:

Dettaglio

Primo Piano

Campo Medio

Campo Lungo

Angolazione dal centro

Angolazione dal basso

Angolazione dall’alto

Angolazione obliqua

Tavola grandezza normale

Tavola grandezza ridotta

Tavola grandezza maggiore

 

L’editore consegna il testo al disegnatore che disegna le tavole.

 

IL RIFACIMENTO  E’ la ricostruzione e il miglioramento di un’opera.

L’opera da rifare può essere:

- Il lavoro di un dilettante il quale ci chiede di revisionarlo.

- Un’opera nostra giovanile, datata o imperfetta.

- Un’opera incompiuta.

Prima di tutto bisogna leggere attentamente e più volte l’opera sottolineando le parti da  

rifare.

Su 100 pagine: se ci sono 20 o 30 pagine da rifare, il lavoro riesce bene. Se ci sono 50 pagine da rifare è necessario procedere a una riduzione e da un romanzo se ne ricava un racconto.

Bisogna riscrivere su fogli nuovi le parti sottolineate mettendo il numero della pagina

a cui corrispondono. Le parti nuove devono essere intonate in stile e ritmo con il rimanente del testo.

Correggetele e revisionatele finché assumono la forma definitiva. Infine inserite queste parti nuove nel rimanente del testo.

Può accadere che, nonostante gli sforzi per migliorarla, la nostra opera non esprima quello che volevamo. In questo caso significa che l’opera non è riuscita e bisogna buttarla via.

Si chiamano aborti quei lavori malriusciti che l’autore non riesce a sviluppare e che bisogna scartare. Gli aborti compaiono ogni tanto nella carriera di uno scrittore.

 

TRADUZIONE E PREFAZIONE. Perché la traduzione riesca bene è necessario che il traduttore ami l’opera che sta per tradurre. E’ importante che il traduttore studi la biografia dell’autore, che comprenda i suoi gusti, il suo carattere. E’ necessario che autore e traduttore abbiano le stesse preferenze e tendenze. Una grande affinità consente al traduttore di comprendere e penetrare l’esperienza umana e letteraria dell’autore.

Durante le mie letture ho visto traduzioni buone e traduzioni mancanti di intere frasi o interi capitoli. Ho visto traduzioni che usavano parole arcaiche, modi di dire banali, espressioni inadeguate che stravolgevano il testo originale. Prendiamo un brano a caso tratto dal racconto:”Fischia e verrò da te “ di M.R. James e diamo 5 versioni di altrettanti traduttori italiani.

I. Cupo e solenne era il panorama al quale diede un’ultima occhiata prima di avviarsi verso casa. Una luce giallastra a occidente rivelava i campi da gioco, sui quali si vedevano ancora alcune figure che si muovevano verso al sede del circolo, la torre campanaria quadrata, i lumi del villaggio di Aldsey, la pallida striscia di sabbia intersecata a intervalli da neri ciuffi di bosco, il mormorante mare in penombra. (Traduzione Bruno Tasso, editori Sansoni e Sugar).

 

II. Nudo e solenne era lo scenario a cui gettò un ultimo sguardo prima di intraprendere la strada del ritorno. Ad ovest una pallida luce gialla illuminava i campi da golf, su cui erano ancora visibili alcune figure che si dirigevano verso il circolo, la tozza torre martello, le luci del villaggio di Aldsey, la pallida striscia di sabbia intervallata a tratti dai frangiflutti di legno nero, il mare scuro e borbottante. (Traduzione Donata Marciano, Editore Teoria).

 

III. Freddo e solenne era lo scenario al quale, prima di dirigersi finalmente verso la locanda, volle gettare un ultimo sguardo. A ovest, una vaga luce tendente al giallo cadeva sul campo da gioco, sul quale erano ancora visibili alcune figure che stavano dirigendosi verso la club-house, la tozza torre martello, le luci del villaggio di Aldsey, la pallida striscia di sabbia, intervallata a tratti dai lunghi pontili in legno nero, il mare cupo e brontolante. (Traduzione Attilio Veraldi, Editore Bompiani).

 

IV. Cupo e solenne era il paesaggio che egli si fermò a contemplare un’ultima volta prima di prendere la via del ritorno. Il fioco riverbero che ancora veniva da occidente bagnava di una luce giallognola il campo di golf, sul quale si distinguevano minuscole figure dirette verso il club, la tozza torre circolare, le case del villaggio di Aldsey, il nastro chiaro della sabbia, la distesa spettrale del mare. (Traduzione Carlo Fruttero, Editore Einaudi).

 

V. Il panorama a cui lanciò un’ultima occhiata prima di prendere la via di casa era tetro e solenne. Una luce pallida a oriente illuminava i campi da golf sui quali si potevano distinguere poche figure che si muovevano in direzione della sede del club, la tozza torre del fortino, le luci del villaggio di Aldsey, la chiara striscia di sabbia intersecata da alberi scuri, il mare mormorante velato di nebbia. (Traduzione Alda Carter, Editore Garden).

Notiamo lacune e differenze: la torre a volte è quadrata, a volte è rotonda; la luce a volte è a occidente, a volte a oriente.

Ecco adesso il testo originale inglese, Edizione Penguin Book:

Bleak and solemn was the view on which he took a last look before starting homeward. A faint yellow light in the west showed the links, on which a few figures moving towards the club-house were still visible, the squat martello tower, the lights of Aldsey village, the pale ribbon of sands intersected at intervals by black wooden groynes, the dim and murmuring sea.

Ma non solo le parole cambiano, nelle traduzioni. Anche i numeri. Esempio:

Daphne du Maurier Gli Uccelli Traduzione di Orazio Viani in I terrori che preferisco presentati da Hitchcock Editore Feltrinelli 1960:

La notte del 4 dicembre il vento cambiò improvvisamente, e venne l’inverno. Fino allora l’autunno era stato languido e mite.

Daphne du Maurier Gli Uccelli Traduzione di Marina Vaggi da Non dopo mezzanotte Editore Sellerio 1996:

Il 3 dicembre durante la notte il vento cambiò e venne l’inverno. Fino a quel momento l’autunno era stato dolce e tiepido e le foglie avevano indugiato sugli alberi, di un rosso dorato, le siepi erano ancora verdi e la terra era generosa dove l’aratro l’aveva rivoltata.

Il discorso delle affinità vale anche per la prefazione. Dobbiamo presentare solamente autori che apprezziamo e che possiedono un’indole affine alla nostra.

Evitate le lungaggini e le polemiche. Il prefatore dica quello che ha da dire e poi lasci il posto all’Autore.

La prefazione ideale è breve. Essa contiene una biografia dell’autore. Chiarisce i pregi dell’opera. Raffronta questa opera con altre che trattano lo stesso tema. Riporta il giudizio di qualche scrittore autorevole.

 

L’AUTOBIOGRAFIA. Se giudicate la vostra vita tanto interessante che merita di venire raccontata potete scrivere una autobiografia.

Per rievocare i fatti è necessaria buona memoria. Poi dovete intervistare amici e testimoni. Dovete consultare documenti. Rivisitare i luoghi dove si sono svolti i fatti. Servirvi di eventi importanti come punti di riferimento.

Quando scrivete gli avvenimenti metteteli nel giusto ordine cronologico. Ma non è sempre possibile nè conveniente narrare i fatti in ordine cronologico. Alcune storie di genere differente fra loro procedono inestricabilmente unite durante la vita. Allo scopo di agevolare la lettura conviene narrare separatamente queste storie e mettere la data per far capire al lettore che le storie si sono svolte contemporaneamente.

Invece tanti piccoli avvenimenti dello stesso genere che sono accaduti in tempi differenti conviene riunirli e raccontarli tutti insieme. Scrivete poi la data di inizio e la data di fine di questi fatti affinché il lettore li collochi nel giusto settore di tempo.

 

L’AUTORE. Lo scrittore è i filo diretto fra il lettore e la Realtà.

Fare lo scrittore è un lavoro faticoso e pericoloso perché lo scrittore è sempre in prima linea. Egli vive negli ambienti, frequenta i personaggi, vede da vicino le situazioni che descrive.

Lo scrittore non è uno che si è semplicemente documentato sui libri. Se lo scrittore non ha vissuto in prima persona (o se non ha visto) ciò che racconta, egli non è degno di chiamarsi così. Scrivere cose lette e mai viste è immorale!

Lo scrittore è uno scienziato che aiuta a capire il mondo. Lo scrittore è un artista che rende più bello e piacevole il mondo. E il mondo è come una casa che dobbiamo sforzarci di migliorare per quelli che verranno dopo.

Lo scrittore deve credere nel lavoro che svolge e vederlo come una missione. Lo scrittore deve imparare anche a superare scoraggiamenti e delusioni. Scrive in proposito Mike Ashley: “Soffermatevi a pensare quanti capolavori vanno perduti, in vecchie soffitte, nei bauli, nei cassetti di vecchie scrivanie, e sono destinati a non vedere mai la luce solo perché un editore li ha trovati inadatti e l’autore si è demoralizzato.”

Come sono diventato scrittore.

Il mondo intellettuale è aristocratico. Non tutti provano grandi emozioni e non tutti provano il desiderio di imparare a descriverle, dipingerle o musicarle.

Fin da bambini provavo grandi emozioni per i tramonti, la luna, le stagioni... Credevo che fosse così per tutti. Dicevo a mio papà: “Guarda che luna meravigliosa.”

Lui alzava gli occhi e rispondeva: “E’ sempre la stessa.”

Non era vero!!! Ho visto una sola volta nella vita, d’estate, una luna rossa gigantesca, a sud, in via Calcara, di fianco alla chiesetta della beata Vergine.

Ho visto una luna di cristallo di Ottobre; una luna velata da sposa in Maggio alla strada rossa; una luna marcia a fine Agosto...

Spinto da queste emozioni ho imparato la grammatica per poterle descrivere... e sono diventato scrittore.

 

 

DILETTANTI E PROFESSIONISTI. La differenza fra dilettanti e professionisti è questa: chi ha già un lavoro e fa lo scrittore nei ritagli di tempo resterà sempre un dilettante.

Per diventare professionista bisogna che lo scrivere sia la nostra attività principale. Scrivete continuamente, tutti i giorni.

Fare lo scrittore non è un lavoro leggero da sottovalutare. “La penna pesa più della vanga”. Il lavoro di scrittore è faticoso e richiede impegno, costanza, dedizione. “Se vuoi diventare maestro in qualsiasi arte devi dedicare tutta la vita a essa” scrive Erich Fromm.

Eppure per fare questo lavoro non è necessario rinunciare ad avere una vita soddisfacente con altri interessi. Non dobbiamo dedicarci a troppe attività per non essere dispersivi. E neppure dobbiamo concentrarci solo sulla scrittura perché le altre attività arricchiscono la mente e forniscono materiale per scrivere.

Vorrei concludere questo paragrafo riportando una regola buddhista che mi piace molto: Semina un pensiero e raccoglierai un’azione. Semina un’azione e raccoglierai un’abitudine. Semina un’abitudine e raccoglierai un carattere. Semina un carattere e raccoglierai un destino.

 

L’EDITORE. Finita l’opera il nuovo autore va incontro alla fama? alla gloria? Neanche per sogno. Lo aspetta invece il calvario di chi vuole farsi pubblicare per la prima volta.

Non è impresa facile per un autore nuovo pubblicare le sue opere anche perché l’offerta dei testi è superiore alla richiesta. Farsi pubblicare significa costringere un editore a rischiare dei soldi per stampare il vostro libro.

Proviamo a dare qualche consiglio. Tenete presente che: sono necessari molti tentativi prima di trovare l’editore giusto; l’autore è il miglior manager di se stesso.

I grossi editori pubblicano solamente autori famosi e conosciuti. Gli editore medi che hanno la distribuzione sono disposti a esaminare e pubblicare a loro spese, le opere di autori nuovi. Le opere devono essere buone e di genere simile a quelle pubblicate.

Esaminate i cataloghi di tanti editori. Scegliete editori che abbiano pubblicato libri di genere simile a quello da voi scritto. Se vi piacciono i libri di un Editore significa che lui apprezzerà i vostri scritti (avete gli stessi gusti). Gli editori si specializzano e sarebbe inutile proporre un libro di poesie a un editore che pubblica solo testi scientifici.

Dopo aver fatto la vostra scelta: mettetevi in contatto con l’editore; descrivete il vostro testo e chiedete se vuole prenderlo in visione.

Oppure andrete di persona dall’editore, dopo aver preso un appuntamento con lui. Quest’ultima soluzione sarebbe quella ideale, purtroppo però non sempre è possibile.

Chi abita troppo lontano dovrà spedire il testo o parte del testo per posta. Utilizzate sempre le copie per evitare che l’originale vada perduto.

Sull’indirizzo scrivete: Segreteria Letteraria o Segreteria di Redazione o Segreteria Editoriale.

Possedere un testo è come avere una mucca. L’autore lo può vendere all’editore o lo può cedere per alcuni anni (contratto a termine).

Gli editori piccoli senza distribuzione stampano a spese dell’autore, oppure inseriscono brevi opere in antologie. Oppure stampano senza contratto nel qual caso l’autore cede l’opera in cambio della sola stampa e della pubblicità che ne deriva.

All’autore spetta anche il compito di correggere le bozze. Queste sono delle tirature tipografiche preliminari che contengono molti errori di stampa o refusi. Per le correzioni servitevi dei margini bianchi laterali.

Bisogna leggere attentamente ogni parola per trovare gli errori. A volte sono evidenti es. Pierta invece di Pietra. I refusi più pericolosi sono quelli che cambiano il senso del testo: es. carta invece di corta; cane invece di pane.

Un regno può diventare un ragno, una bomba invece di una bimba, una perla invece di una pera, un segno diventa un seno, una barba nera può diventare una bara nera; o una sfera diventa una sera, porta diventa poeta, ecc. Ho notato che i tipografi con i loro errori tendono a semplificare le parole e i concetti.

I caratteri tipografici sono di varie dimensioni: corpo 10, corpo 5.... Di varie forme: bodoniano, neretto, bastone...

La lunghezza di una riga si chiama giustezza. Lo spessore della carta si chiama grammatura.

Il formato dei volumi è:

altezza fino a cm 15 = 24°

altezza fino a cm 20 = 16°

altezza fino a cm 28 =  

altezza fino a cm 38 =  

oltre            a cm 38 = in folio

Se esistono delle fotografie il tipografo compone anche il menabò, dove viene approntato il testo fra le varie illustrazioni.

Una cartella è una facciata dattiloscritta di 30 righe con 60 battute.

La legatura può essere: in brossura, ottenuta cucendo insieme i quinterni e incollandoli su un cartoncino floscio. O più economicamente i fogli non sono cuciti ma sono tenuti uniti da uno strato di colla sul dorso. Nelle edizioni di pregio, o rilegate, la copertina è in cartone rigido ricoperto in tela, in seta o con sovraccoperta plasticata.

La tiratura va dalle 1000 copie in su.

L’autore può inviare la sua opera a concorsi patrocinati da enti, circoli culturali. Può proporla a editori stranieri per traduzioni o riduzioni cinematografiche.

L’opera appena nata è come un bambino che ha ancora bisogno di cure. L’autore, (oltre che l’editore) deve spedire copie del suo libro a biblioteche, giornali, riviste per essere recensito.

L’autore deve fare pubblicità. Deve partecipare a fiere del libro, congressi, presentazioni, interviste. Per farsi conoscere deve scrivere su giornali, riviste, fanzines.

La creatività (poiché richiede isolamento, solitudine, concentrazione) è l’opposto dei rapporti sociali. Pure in certi periodi l’autore deve dedicarsi ai rapporti sociali allo scopo di diffondere la sua opera.

 

COPYRIGHT O DIRITTO D’AUTORE. E’ disciplinato dagli articoli 118-135  1  22 Aprile 1941 n.633 sul diritto d’autore.

Con il contratto, il titolare del diritto di pubblicazione concede all’editore di esercitarlo in proprio, dietro compenso, mentre l’editore si impegna a pubblicare l’opera e a diffonderla.

La legge prevede due tipi di contratto.

“Contratto per edizione” che conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro 20 anni dalla consegna del manoscritto per un determinato numero di esemplari. (Se mancano queste indicazioni si presume che il contratto riguardi una sola edizione per un massimo di 2000 copie).

“Contratto a termine” che conferisce all’editore il diritto di eseguire quante edizioni voglia, durante un periodo di tempo che non può superare i 20 anni, per il numero minimo di esemplari per edizione che deve essere indicato a pena di nullità.

In mancanza di contratto l’opera è di proprietà dell’editore che l’ha pubblicata.

La registrazione dell’opera alla SIAE (prima della pubblicazione) serve per garantirne la paternità.

L’apposizione del timbro e bollino della SIAE (Società Italiana autori editori) su ogni esemplare è facoltativa e comporta il pagamento da parte dell’autore di 10 lire per ogni copia timbrata.

Il timbro è inutile quando l’autore percepisce un compenso fisso (forfait) stabilito dal contratto.

E’ utile quando il contratto stabilisce che all’autore spetta una percentuale su ogni copia venduta.

L’autore riceve i soldi direttamente dell’editore, una volta all’anno, al rendiconto delle vendite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE III

 

GRAMMATICA. Chi conosce la grammatica guida la narrazione. Chi non conosce la grammatica si lascia guidare e non è padrone della narrazione. Per scrivere un buon libro ci vuole sensibilità e tecnica. Dunque una buona conoscenza grammaticale è indispensabile.

Studiate gli argomenti grammaticali su 4 o 5 testi di autori diversi per poterla assimilare meglio. Facciamo ora alcune osservazioni.

 

Il racconto è scritto in I persona quando il personaggio principale è l’io narrante.

Es.: Sto correndo di notte sull’autostrada e mi sento stanco.

Nel racconto in I persona c’è una forte partecipazione alla vicenda. Gli svantaggi sono: non si possono descrivere i pensieri degli altri personaggi e neppure le loro azioni che si svolgono fuori dalla sfera di osservazione del narratore.

Il racconto è scritto in III persona quando lo scrittore racconta le avventure di un personaggio principale o di più personaggi.

Es.: John sta correndo di notte sull’autostrada e si sente stanco.

Qui c’è una minor partecipazione alla vicenda. I pensieri degli altri personaggi possono venir descritti e così pure le loro azioni anche se si svolgono lontano e separatamente.

 

L’iniziale maiuscola esalta un nome comune conferendogli personalità e dignità.

Es.: la Fortuna, il Caso.

Es.: Jal andava dal Mostro. Dough Steiner

Es.: Veniva dalle infernali profondità, del Male, del Deforme, dello Sbagliato, dell’Incompleto. Dough Steiner.

 

Qualche volta l’autore può esprimere un brevissimo commento o valutazione degli avvenimenti narrati.

Evitate lunghe tiritere. Per avere un buon effetto sui lettori i commenti devono essere: brevi, quasi lapidari, originali e poco numerosi.

Es.: Quell’immenso territorio, antico regno di una privilegiata famiglia patriarcale, continuò a riposare il sonno della morte coperto dalle acque limacciose, cariche di malaria. Ad esso fu persino assegnato un nome: la palude di Hood! Rimarrà nei secoli a testimoniare la fugacità delle ricchezze umane.  Max  Dave

Es.: Quando però fui all’uscio sconnesso della bicocca ebbi una stretta al cuore. Come accade ogni volta che ci si reca ad un convegno decisivo, d’amore o di morte. F. Graegorius.

 

L’uso della I persona plurale adoperata al posto dell’io parlante può significare sfarzo, potere. L’io maiestatico dei re, principi, papi.

Es.: Noi ordiniamo...

Al contrario può significare grande modestia. Chi parla si abbassa al livello degli ascoltatori. Es.: Il professore dice agli allievi: Noi impareremo adesso...

 

La narrazione al presente comunica il massimo della partecipazione alla vicenda. Il tempo presente può allora venir impiegato anche per i momenti culminanti di una narrazione al passato per dare più vivacità e immediatezza.

Es.: Partii un po’ tardi e divertendomi ad ammirare i luoghi romantici di quella regione, girovagai tanto che la notte mi sorprese fra le montagne e non sapevo dove mi trovassi. Camminai a caso per parecchio tempo, poi finalmente vidi una luce molto vicina e la raggiunsi, deciso a chiedere ospitalità. Busso; mi apre un domestico e, alla mia richiesta, mi introduce in un magnifico salone dove trovo una dama molto bella, molto elegante, che mi riceve graziosamente e mi invita a sedere accanto a lei.

                                                                                                      Charles Nodier

Es.: Quando ebbe terminato di spogliarsi, la Vedova con un lungo velo nero che ancora le pendeva dai capelli, si avvicinò a Pierre, che non mosse muscolo, se non quelli delle sue mani agili e nervose. Desiderava quella donna, ma aveva paura. La Vedova è dietro a lui e gli passa intorno al collo le braccia d’avorio, fredde come la luna.

                                                                                                       Frank Graegorius.

 

Si chiama enfasi quel fenomeno che attira l’attenzione del lettore. L’enfasi è presente sulla prima parola all’inizio della frase.

Es.: Io lavoro il ferro = io e non mio fratello o mio cognato.

Il ferro è lavorato qui = il ferro e non il rame o la ceramica.

Qui si lavora il ferro = proprio in questa stanza e non in altri posti.

Ecco qualche bell’effetto ottenuto:

Es.: Le carni. Se le sentiva arroventate. Paul Carter.

Es.: Bruciava. La parte estrema dell’ala destra di Firth Farm, bruciava. Paul Carter.

La maggior enfasi si trova dunque sulla prima parola all’inizio di una frase. (Sottolineeremo questa parola due volte.)

Subito dopo, la parola a cui va la maggior enfasi è l’ultima in una frase. (Sottolineata una volta).

Es.: Sole d’autunno, scialbo e titubante.

Dagli alberi la frutta cade.

Silenzio dello spazio azzurro un lungo pomeriggio invade.  G. Trakl.

I posti privilegiati in una frase sono: la prima parola e l’ultima.

Esempio di enfasi sull’ultima parola: (sottolineata)

“Due circostanze ritardarono un poco i miei esordi universitari; una malattia abbastanza grave che mi colpì...e il Due Dicembre. Cronologicamente avrei dovuto dire “il due dicembre e la malattia”. Con il tocco magico di tutti gli scrittori ho invertito l’ordine allo scopo di tornire la frase e ottenere una chiusa a effetto. Minuzie? Cineserie? ma lo scrivere è fatto di queste cose!” P. Verlaine.

 

La costruzione normale (diretta) della frase è: soggetto, verbo, oggetto, altri complementi. (Nel periodo: principale, subordinate di 1, 2, 3 grado).

Es.: Tom sega i tronchi nel bosco tutte le mattine.

La costruzione indiretta si adopera per enfasi. Ricordiamo che per valorizzare una parola bisogna metterla all’inizio della frase.

Es.: Tutte le mattine Tom sega i tronchi nel bosco.

Nel bosco Tom sega i tronchi tutte le mattine.

I tronchi li sega Tom nel bosco tutte le mattine. (Nell’ultima frase è necessario aggiungere il pronome “li”.

La costruzione indiretta si adopera anche per evitare la monotonia e per rendere scorrevole lo stile. Il cambio di argomento o l’introduzione di nuovi personaggi creano stacchi bruschi. Per evitarli si adopera la costruzione inversa la quale crea una specie di aggancio.

Es.: John lavora nei campi da mattina a sera. Nei campi lavora anche Mary.

 

Il complemento aggiunge una sfumatura alla frase. Es.: Jim corre via con un grido.

Quando il complemento esprime un’azione importante può essere messo per primo.

Es.: Con un grido Jim corre via.

A volte può essere trasformato in una subordinata. Es.: Jim corre via gridando. O in una coordinata. Es.: Jim corre via e manda un grido.

Un concetto poco importante si esprime con una subordinata implicita.

Es.: Arrivato a Londra sono andato al museo.

Se il concetto è più importante la subordinata diventa esplicita.

Es.: Quando sono arrivato a Londra sono andato al museo.

Se il concetto è importantissimo la subordinata diventa una coordinata.

Es.: Sono andato a Londra e ho visitato il museo.

 

Quando il soggetto è più importante lo mettiamo all’inizio di frase e usiamo la costruzione attiva. Es.: Il gatto mangia il canarino.

Quando l’oggetto è più importante lo mettiamo all’inizio di frase e usiamo la costruzione passiva. Es.: Il canarino è mangiato dal gatto.

Quando vogliamo far cadere l’enfasi sul verbo mettiamo il verbo all’inizio di frase trasformandolo in un nome. Es.: A mangiare il canarino è stato il gatto.

Altri esempi di costruzioni passive:

I libri sono rilegati a mano. (dagli operai, si può tralasciare).

Le finestre sono state murate. (dai muratori).

I tappeti si lavano qui. (da noi).

É gradito l’abito scuro. (dalla direzione).

Oppure quando è possibile metteremo un adeguato verbo che tratti l’oggetto come se fosse una persona vera.

Es.: La mostra apre i suoi battenti tutti i giorni.

Es.: In tavola apparvero lunghe bottiglie di vino del reno. Jean Ray

Es.: Strane dicerie circolavano su quella casa.

Es.:Una dopo l’altra le arcate mi risucchiavano e mi rilasciavano, lenti al mio fianco trascorrevano i palazzi. G. Meyrink.

 

Il verbo esprime l’azione della frase. Es.: Parto per Londra. L’impiego di un verbo servile o di un verbo fraseologico cambia leggermente il significato o aggiunge una sfumatura. Es.: Voglio partire. Sto per partire.

 

La congiunzione “E” all’inizio di frase allude alla presenza di un precedente, sottinteso contesto del quale la frase è una specie di conclusione.

Es.: E il richiamo venne...dapprima un tenue mormorio come il sommesso tono di una nenia; poi più chiaro, più perentorio: una melopea d’amore tenuta su di una nota lunga, monocorde, accorata... Paul Carter.

Es.: E il cuore parve cessare di battergli. Paul Carter.

Es.: E quando il destino sospinge l’Uomo in quelle brumose lande al confine tra la ragione e la follia, tra la vita e la morte, allora esplode l’angoscia. Frank Graegorius.

 

Per enfasi (per metterli in evidenza) si separano con un punto fermo i complementi dalla frase.

Es.: Sì, ho deciso di andare in Africa. Per tutta la vita.

Per enfasi si separano con un punto fermo le subordinate dalla principale.

Es.: Hai provveduto proprio a tutto. Eccetto che portare da mangiare.

Es.:Aspetterò. Finché non sarà arrivato.

Per enfasi si separano con un punto fermo due coordinate.

Es.: John scelse la via più corta. Henry la più lunga.

Attenzione a non esagerare per non cadere nell’ambiguità. Altri esempi dove l’impiego del punto rende le frasi cortissime (formate da una o due parole) che comunicano al lettore un senso di alta tensione emotiva.

Es.: Urlò. Folle. Invasato. Paul Carter.

Es.: Buio lì. Luridissimo buio. Paul Carter.

Es.: L’autunno. Una ragazza sola. Uno specchio d’acqua. L’autunno è una stagione di solitudine. Ma solitudine non vuol dire tristezza. Solitudine vuol dire anche colloquio. Con se stessi. Da: “Monelle e i suoi ricordi su Playman 1968”.

 

I punti di sospensione sono una interruzione del testo. Per tacere qualcosa che non si sa o che è sottinteso. A volte consentono degli effetti suggestivi.

Es.: Qui il vento ulula come i lupi delle foreste, barrisce come i draghi dei lochs, geme come le vedove sulle tombe dei mariti, sospira come le vergini sul letto di nozze, mormora come.... Red Schneider.

Es.: E se al di là di quella porta ci fosse qualcosa di talmente spaventoso da fargli perdere la ragione. E se... Frank Graegorius.

Es.: A destra c’era la solita camera, familiare ed accogliente. A sinistra invece... Frank Graegorius.

    

 

    Alcuni nomi designano una persona e nello stesso tempo esaltano o degradano questa persona. Esempio Commerciante – bottegaio. Operatore ecologico – spazzino.

 

Gli aggettivi, gli avverbi, i verbi e i nomi alterati si prestano a trasmettere delle realtà soggettive. Gli oggetti in questi casi vengono fortemente caratterizzati e investiti dalle sensazioni dell’autore.

Es.: Un poetastro. Una vecchiaccia. Una casupola. John lavoricchia. L’amichetta di Fred.

Es.: Crepuscolo grigiastro in Sugarburi Street quasi un vicolo fra vecchie case e squallidi magazzini. Frank Graegorius.

Es.: Jal guardava affascinato l’orrendo omarino che si protendeva brancicando il vuoto con un braccio. Dough Steiner.

 

Usando un aggettivo o il suo contrario si possono ottenere delle gradazioni di significato.

Es.: É probabile che l’uomo vada sul pianeta Giove.

Non è improbabile che l’uomo vada su Giove.

Non è probabile che l’uomo vada su Giove.

É improbabile che l’uomo vada su Giove.

 

Con pochi aggettivi si descrive in maniera secca e oggettiva la realtà. Così si fanno le cronache o le esposizioni scientifiche. Una descrizione oggettiva può comprendere un giudizio soggettivo. Es.: Quella casa era color rosso infernale. Qui la parola infernale suggerisce che si tratta di una casa malvagia.

Due aggettivi riferiti a un nome sono fortissimi. Tre aggettivi hanno l’effetto di una cannonata.

Es.: L’urlo di Hella fece rabbrividire perfino le pareti della camera e tremare le fiamme. Un urlo aspro, lungo, tremulo... Frank Graegorius.

 

Il plurale dei nomi non numerabili crea un senso di grandiosità e maestosità.

Es.: Le sabbie del deserto; Le nevi dell’Everest; Il Dio dei cieli: anziché la sabbia, la neve, il cielo.

 

Una frase costruita con soggetto, verbo e complemento risulta la più chiara. Tante frasi uguali così rendono la prosa pesante.

Per snellire la frase o per evitare inutili ripetizioni: la proposizione può essere ellittica (mancante) del soggetto quando esso non è importante, oppure si intende dar risalto al predicato.

Es.: Vengo. (sottinteso Io vengo).

Es.: É vostra. (sottinteso Questa cosa è vostra).

Es.: Il mendicante disse che sarebbe andato via subito. Invece restò per tutta la mattina (sottinteso il mendicante).

La proposizione può essere ellittica (mancante) del predicato quando esso non è importante oppure si intende dar risalto al soggetto.

Es.: Chi ha il coraggio di affrontare quel bandito? L’uomo senza cravatta. (sottinteso ha il coraggio di affrontarlo).

Es.: Io prendo la bionda, tu la bruna. (sottinteso prendi).

Es.: Vidi uomini e donne correre e gridare. Dietro di loro i bagliori di un fuoco. (sottinteso vidi).

Oppure si può fare affidamento a una frase di supporto.

Es.: “vieni a teatro con me stasera?” “Mia moglie non si sente bene”. Cioè non posso venire perché mia moglie non si sente bene.

 

Frasi incomplete con il verbo al condizionale servono a esprimere incertezza:

Es.: L’uomo delle nevi sarebbe alto oltre due metri. (mancante di: secondo i giornali, gli avvistatori, ecc.).

 

Parole onomatopeiche sono chiamate quelle parole che riproducono le voci degli animali o i rumori delle cose.

Es.: Chicchirichii = il canto del gallo.

Es.: Toc!....Toc!  Due colpi secchi, improvvisi furono battuti alla porta. Max Dave.

Es.: Den Dun  scampanavano fesse le campane. Bertrand Aloysius.

Es.: Svish  una lama che scende.

Es.: Plan... Plan... rumore di passi giù in salone. Max Dave.

Es.: Frù-frù  fruscio delle vesti.

Es.: Pan! Pan! Batte il martello. Jean Ray.

Es.: Hallalì! Hallalì! Il grido di caccia risuonava, incitatore e selvaggio quasi, sotto le innumeri, immense volte della foresta. Paul Carter.

 

Le interiezioni sono esclamazioni, grida inarticolate, suoni spontanei per esprimere meraviglia, ira, paura, disappunto, gioia e qualsiasi sentimento dell’animo umano.

Es.: Aaaaah = dolore

Uhm = perplessità

Mah = incertezza

Ehm = imbarazzo

Uff = fastidio

Viva! Urrah! = esultanza

Perbacco! Peccato! Ecc.

Molto comuni nei fumetti, in letteratura vanno usate con moderazione per ottenere dei bei effetti.

 

Una qualità può essere descritta in maniera accentuata così che da buona diventa cattiva. Es.: Uno strano, torpido silenzio che scendeva sulla selva, nell’aria, ovunque... Un gran manto di pace. Una pace bieca. Una pace da agonizzante. Paul Carter.

 

Nel dialogo passando dalla I alla III persona si crea un effetto di rilievo.

Es.: “Non sono certamente una donna magrolina. Quando Evelin Ross è spogliata, c’è molta Evelin Ross da vedere”.

E viceversa dalla III alla I persona:

“Un medico assistè alla morte di una bambina e questa esperienza lo sconvolse a tal punto da fargli abbandonare la professione. Ebbene, io sono quel medico.”

 

Il carattere maiuscolo usato per parole (o intere frasi) serve per evidenziare il contesto.

Es.: Lui non  sa nulla, non sa nulla...non sa nulla...non sa...nulla...NULLA... Frank Graegorius.

Es.: E la vide. Nel buio pozzo dove si dibatteva il suo terrore, LEI, ROSEA, LUMINOSA, STUPENDAMENTE FEMMINA NEL TRIONFO SENSUALE DEL MAGNIFICO CORPO, ORRIDAMENTE RIBUTTANTE NEL CRANIO SCARNITO, NELLA SORDIDA FISSITÀ DELLE ORBITE VUOTE, NELLA BEFFARDA CONVULSIONE DEL CEFFO GHIGNANTE! LEI!  Paul Carter.

 

Viene sostenuta una tesi che poi viene smentita dai fatti. Così i fatti assumono maggior importanza poiché vanno contro le aspettative.

Nell’esempio il personaggio (ospite di un castello scozzese) una notte si sveglia da un incubo e ride delle sue paure ma.....

Es.: “E di colpo scoppiò a ridere. Nervosamente, istericamente, stupidamente. Nulla! In fondo cosa diavolo era successo? Nulla! Delle allucinazioni dovute alla sua ipersensibilità, alla stanchezza, al whisky, alle chiacchiere sui tenebrosi castelli scozzesi... Nulla! Imbecille; tre volte imbecille! E pensando che, in definitiva, dal legno della paura si intagliano gli eroi, si cacciò sotto le coperte. E prese sonno che ridacchiava ancora... Comunque, il lume non lo aveva spento...”  Paul Carter.

 

STILISTICA. Per rendere il linguaggio più efficace e colorito si usano degli artifici o delle particolari disposizioni delle parole in una frase.

LA METAFORA.

Dick è forte come un leone (paragone)

Dick è un leone (metafora)

Ecco la metafora. Questa cosa magica e importante è tutta qui: è un paragone abbreviato. Anziché fare un paragone fra la cosa A e una qualità della cosa B dico: A è B.

Naturalmente la qualità dell’oggetto che fa da paragone deve essere chiara. Se scrivo: uesta penna è una oiuma. É facileQuesta penna è una piuma. É facile capire che intendo: Questa penna è leggera come una piuma.

Ma se scrivo: Il mio amico è la torre Eiffel. Qui non è facile intendere: Il mio amico è alto come la torre Eiffel.

Altri esempi di metafora:

Un mare di guai. Un fiume di parole. Un mondo di felicità (una grande quantità).

L’alba della vita (l’inizio della vita).

Una tempesta di sassi (una sassaiola).

Accecato dall’ira (molto irato).

Il ruggito del motore.

Nel cuore dell’inverno. Ai piedi della montagna.

Es.: Una stradina che moriva fra vecchie querce.

Es.: Allora presi il telefono, ma la linea era andata a pesca. F. Dard.

Es.: Due mandorle di luce nera. F. Graegorius. (gli occhi).

Es: Comparve un uomo piccoletto che indossava una giubba. Ciò che colpiva, di lui , era la barba, una barba da profeta, inverosimile, un fiume, una cascata, un Niagara di barba. Maupassant

La metafora è molto importante perché rende la frase più suggestiva dandole maggior intensità espressiva.

Evitate le esagerazioni in situazioni banali per non cadere nell’insincerità evidente, nell’artificio. Evitate metafore vecchie, superate e arcirisapute che hanno perso ormai ogni capacità di stupire.

Es.: Orrida e oscura selva di peli = la barba.

Organo di penne = l’usignolo.

Zecchini ardenti = le stelle.

Dare alla luce = mettere al mondo, partorire.

Il tamburo di Dio = il tuono.

La frittata celeste = la luna.

Ruscelli di lacrime. I dardi del sole. Sudate o fuochi a preparar metalli. Ecc.

Sono immagini vecchie impiegate nel 1600, eccessive e disgustose.

 

         Scrive Folco Tempesti: La metafora è veramente la regina della poesia. Ma le metafore non sono giochi della mente, non nascono da associazioni fantasiose. E’ invece il sentimento che le suggerisce, anzi che le offre. Le metafore devono essere ardite e appropriate; meraviglianti e non barocche; dissociate e tuttavia attinenti.

         Es. l’umidità fruga nel buio, fa piombo la polvere della strada; la bocca dell’osteria vomita una luce guasta; la sua finestra ha un riflesso di pozzanghera. A. Jozsef

         Es. Un cane così bagnato, così sudicio, una fiamma gialla sul pelo, scarnito dalla fame, affilato dalle brame, e il vento umido della notte gli sbatteva lontano i fianchi striminziti. Negli occhi gli abitavano dense chiese sospiranti, mentre cercava croste di pane e qualche altra cosa.  A: Jozsef

 

METONÍMIA. Consiste nell’usare:

1) Il nome della causa per quello dell’effetto es.: guadagnarsi il pane con il sudore della fronte; invece di con la fatica che è causa del sudore. Partire alle prime nevi; invece di partire nella stagione invernale, causa delle prime nevi.

2) Il nome del contenente per quello del contenuto es.: Bere un bicchiere; invece di la bevanda contenuta nel bicchiere. Mangiare un piatto esotico; invece di cibo.

3) La materia invece della cosa di cui essa è fatta es.: Le tele di Monet; invece di i dipinti. Lucidare gli ottoni; invece di gli oggetti fatti di ottone.

4) L’autore invece dell’opera es.: Ho letto Baudelaire; invece di le opere di Baudelaire.

5) Il periodo per le persone es.: Il cinquecento inventò la stampa; invece di gli uomini del cinquecento.

6) L’astratto per il concreto es.: La gioventù ha molti ideali; invece di i giovani hanno molti ideali.

 

SINÉDDOCHE. Consiste nell’usare:

1) Il nome della parte per il tutto (o viceversa) es.: Ci vogliono molte braccia; invece di molti operai.

2) Il particolare per il generale (o viceversa) es.: Le vele solcano i mari; invece di navi a vela. Il mondo ama il denaro; invece di le persone amano il denaro.

3) Il singolare per il plurale (o viceversa) es.: L’italiano è ingegnoso; invece di gli italiani.

4) Il numero determinato per l’indeterminato es.: Te l’ho detto cento volte; invece di moltissime volte. Fare quattro passi; invece di qualche passo.

 

CATACRÉSI. É l’uso di nomi del corpo umano per designare parti di oggetti inanimati.

Es.: Il collo della bottiglia. Le gambe del tavolo. Il braccio della gru. I denti della sega.

 

ANTONOMÁSIA. Consiste nel sostituire un nome comune con un nome proprio; oppure un nome proprio con un nome comune.

Es.: C’è uno 007 nella nostra organizzazione = un agente segreto. La luce del nord = Swedenborg.

ALLEGORÍA. Consiste di una narrazione o descrizione che abbia un senso nascosto, diverso da quello espresso letterariamente e che bisogna interpretare.

Es.: Le favole di Fedro; le parabole.

 

SIMILITÚDINE. Paragone. Si chiarisce un concetto paragonandolo a un altro ben noto.

Es.: Il suo sguardo è violento come un calcio di cavallo. F. Dard.

Es.: La candela mandò un chiarore dolce e mesto: una goccia d’oro nelle tenebre. F. Graegorius.

Es.: La zingara cantava una canzone che era simile a una pianura senza orizzonti. Frank Graegorius.

Es.: Sentiva la sua voce galleggiare nel buio come petali di rose su un laghetto. M. Sidney.

Es.: Il racconto del vecchio misterioso si perse come il fumo di un camino in una giornata di vento. M. Sidney.

Notate: la parola che fa da paragone influenza l’atmosfera del testo.

Es.: Un uomo secco come un biscotto (comico).

Un uomo secco come un osso (macabro).

 

PERÍFRASI. Giro di parole che si usa per evitare di esprimere chiaramente un concetto.

Es.: Senza vestiti = nudo.

Es.: Era la stagione in cui cadono le foglie. Le Fanu.

Es.: Là dove i giorni e le notti sono molto lunghi, tra i silenzi delle contrade settentrionali. F. Graegorius.

 

EUFEMÍSMO. (Una perifrasi) consiste nel sostituire parole o espressioni troppo crude e realistiche con altre di tono più attenuato.

Es.: É passato a miglior vita; cioè è morto. Donna di strada = prostituta. Uomo di colore = negro. I meno ricchi = i poveri.

 

CORREZIONE. Consiste nell’aggiungere a quanto già detto, una nuova affermazione.

Es.: Nella civiltà moderna esistono moltissimi sprechi. Bene. Cioè male!

Es.: Ecco un penny...no, vedo che è uno scellino. M.R.James.

Es.: Se un giorno, o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini. Nietzsche.

 

DUBITAZIONE. Consiste nell’esporre il pro e il contro in una situazione dubbiosa.

 

IMPRECAZIONE. Consiste nel prorompere in imprecazioni.

 

EPIFONEMA. Consiste in una osservazione che serva di conclusione a un discorso.

Es.: Rimarrà nei secoli a testimoniare la fugacità delle ricchezze umane. M. Dave.

 

ADÚNATON. Ammette che si verifichi una cosa a condizione che se ne verifichi un’altra impossibile.

Es.: Gli uomini non faranno più la guerra quando le galline giocheranno a palla. Cioè, mai.

 

OSSÍMORO. Unione di parole o concetti tra loro logicamente opposti.

Es.: Quella donna è ghiaccio bollente.

Es.: Quel giorno divino e infernale. P. Verlaine.

 

LITÓTE. Consiste nell’affermare un concetto negando il concetto opposto.

Es.: Non nego = ammetto, riconosco.

Es.: Il prodotto non è eccezionale = è scadente.

Es.: Non è un uomo molto sveglio = è stupido, ma con più risalto.

 

RETICÉNZA. Consiste nell’improvvisa interruzione di una frase come per voler tacere il peggio, lasciando così il resto all’immaginazione dell’ascoltatore.

Es.: Avvengono cose che... F. Graegorius.

Es.: Stasera, la Rupe della Strega, sembra... F. Graegorius.

 

PRETERIZIONE. Consiste nel fingere di tacere ciò che in realtà si dice.

Es.: Non ti dico come mi sono divertito.

 

INTERROGAZIONE RETORICA. Consiste nell’esprimere in forma interrogativa quello che si potrebbe affermare.

Es.: Ti pare ben fatto questo? Sottinteso questo non è ben fatto.

 

IRONÍA. Consiste nell’affermare l’opposto di quello che si vuol intendere e nel farlo capire dal tono della voce.

Es.: Quel figlio di buona donna = quel figlio di donnaccia.

Es.: É proprio un galantuomo quello! = è una canaglia!

 

APÓSTROFE. Consiste nell’interrompere il discorso per rivolgersi improvvisamente a persona o cosa assente o lontana.

Es.: Solo pochi percorrono ancora oggi, quella semplice traccia che si addentra temerariamente nella palude di Hood e posso assicurarvi che si tratta soltanto di curiosi. Come? Curiosi di trovare cosa? In una palude!! Certamente nulla. M. Dave.

 

PROLÉSSI. Colui che parla, a un certo momento prevede la risposta dell’ascoltatore e la dice.

Es.: “É partito senza avvertire prima suo fratello. Non avrà fatto in tempo, dirai tu. Invece non è andata affatto così” M. Dave.

 

SINESTESÍA. Collegamento di parole che si riferiscono a percezioni sensoriali diverse.

Es.: Una melodia blu. Una luce fredda. Dolce sorriso.

Es.: Un giallo fischiante. Kandischy.

Es.: Ho sempre pensato di poter sentire il rumore delle tenebre che invadono l’orizzonte. Poe.

Es.: Il colore blu è il debole tintinnio di una campanella agitata dal vento. S. Alexandrian.

 

ESCLAMAZIONE. Es.: Che bella casa! C’è più entusiasmo che in: questa casa è molto bella!

 

IPÉRBOLE. Consiste in una esagerazione sia in più che in meno di un concetto, oltre i limiti del vero.

Es.: La mia rivoltella sparò da sola. J. Ray.

Es.: Quanto sperma, la camera ne è piena. De Sade.

Es.: Miss Lamadone è vergine dall’eternità. F. Dard.

Es.: La giovane bellezza si è tolta il vestito e il suo seno è esploso nella camera, ha sfondato l’impiantito, è straboccato in via Condotti, è rotolato per via Corso fino a piazza Venezia e ci ha seppellito sotto un diluvio di gigli e di rose. Teophil Gautier.

 

PROSOPOPÉA. O personificazione, consiste nell’attribuire aspetti umani alle cose inanimate.

Es.: Il vento ulula.

Es.: “Permette?” La voce era improvvisamente nata alle sue spalle. S. Cockrane.

Es.: Finestre vuote accolgono il silenzio. G. Trakl.

 

RADDOPPIAMENTO. É la ripetizione immediata di una o più parole.

Es.: Presto saprai tutto, tutto. F. Graegorius.

Es.: Vieni, vieni, Pierre! F. Graegorius.

Es.: Colpi di maglio sul cranio; colpi di maglio. S. Green.

Es.: Io mi ricordo, io mi ricordo delle ore e dei convegni. P. Verlaine.

Es.: Allora l’immagine scomparve e al suo posto comparve una corrente di vapori mercuriali che fluivano, fluivano... F. Graegorius.

Es.: Era venuto l’inverno, lento e invisibile come la vecchiaia; ieri le guance erano ancora  lisce, oggi sono piene di rughe. Chi avrebbe pensato che sono passati i giorni, chi avrebbe pensato che sono passati gli anni. Ivan Cankar

Es.: Quando si demolisce una casa è come se morisse qualcuno. Morisse qualcuno… Come se morisse qualcuno.  Zaharia Stancu.

 

ANÁFORA. É la ripetizione della stessa parola o dello stesso gruppo di parole all’inizio di due o più periodi.

Es.: Chi ti ha detto di far questo? Chi ti ha detto di prendere l’iniziativa?

Es.: Un viso tutt’occhi. Degli occhi tutta luce, azzurrissimi. S. Green.

 

PARALLELLISMO. Consiste nella stessa disposizione degli elementi grammaticali in due frasi vicine. Dà un ritmo lento.

Es.: Ragazze nude su cavalli neri = nome + aggettivo e nome + aggettivo.

 

CHIÁSMO. Gli elementi sono disposti in ordine contrario, in due frasi vicine. Dà un ritmo veloce.

Es.: Ragazze nude su neri cavalli = nome + aggettivo e aggettivo + nome.

 

ANTÍTESI. É l’accostamento di parole e concetti tra loro opposti per metterli in risalto.

Es.: I suoi baci erano vita e morte insieme, fiamma e gelo, morso e carezza. W. Welgren.

Es.: Aveva sperimentato la voluttà e il dolore fino al limite estremo. Al di là c’era il nulla. F. Graegorius.

 

BISENSO. Una parola con due significati viene impiegata in due costruzioni diverse.

Es.: Ad un tratto il conducente gridò: “Siamo sulla strada buona!” La strada buona era una vasta landa argillosa, di un giallo marcio, sulla quale cadeva con un rumore sordo una pesante pioggia obliqua. J. Ray.

 

BISTICCIO. O gioco di parole. Accostamento di parole con suono simile e significato diverso.

Es.: Essa ha, la tua carne, il fascino oscuro delle cose mature d’estate. Essa ne ha l’ambra, essa ne ha l’ombra. P. Verlaine.

 

ALLITTERAZIÓNE. Ripetizione di lettere o sillabe uguali all’inizio di due o più parole successive.

Es.: Prima primavera.

Il testo è stato tradotto e tradito.

 

IPOTIPÓSI. É la descrizione con poche parole di un oggetto o evento, come se l’avessimo davanti agli occhi. Costruzione importantissima.

Es.: E quell’altro imbecille che sta venendo avanti con gli abbaglianti! Ma non conosce il lampeggiamento? Eppure io vado a cento all’ora e mi bastano le luci basse. Loro... La luce!!! Leva la luce idiota! Levala!!! La strada! Dov’è la strada? Attento John. Stai volando... Ecco la botta! Stringi il volante! Tira i piedi!!!  M. Dave.

 

CLIMÁX. O gradazione ascendente. Consiste nel successivo passaggio da un concetto debole a uno più forte.

Es.: Aspetto la curva...ho tirato giù il finestrino, sono con il corpo fuori...  S. Greene.

Es.: Dalle canne d’organo, su un registro basso, uscirono le prime note: una melodia sinuosa, colorita, esotica. Poi si allargò, fu inghiottita da grida musicali che irrompevano dal silenzio, scaturivano da maledizioni antiche come il mondo, si spandevano negli abissi dell’universo, fra nebulosa e nebulosa, nel gelo e nelle tenebre, là dove Dio confinò i demoni ribelli....

                                                                                              Frank Graegorius.

 

ANTICLIMÁX. O gradazione discendente. Da un concetto forte si va verso uno debole.

Es.: L’uomo tese le braccia verso di lei per invitarla a uscire dalla vita e da quella stanza. J. Britt.

Es.: I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno feriscono il mio cuore con un languore monotono.

                                                                                                    P. Verlaine.

 

ASÍNDETO. Consiste nella mancanza di congiunzioni. Dà alla frase un ritmo veloce. Es: Ho visto la luna, le stelle, i pianeti.

Es.: Vide così un balconcino e una ragazza. Martha: bella, dolce, gentile, docile... F. Graegorius.

 

POLISÍNDETO. Consiste nell’abbondanza di congiunzioni. Dà alla frase un ritmo lento. 

Es.: Ho visto la luna e le stelle e i pianeti.

Es.: Il fascino dell’Islanda è carico di tanti elementi uno più sconcertante dell’altro: nevi eterne e vulcani. E paludi, e fiumi, tantissimi, e geyser, e boscaglie, e fiordi a migliaia; e immense lande deserte… Paul Carter.

Es.: Lea, inginocchiata, lascia vedere un po’ della sua bella coscia bianca...e intorno ci sono tante foglie morte, e c’é il vento grigio di novembre, e le lacrime di Lea, e la paura e il rimorso...e...e...e...  F. Graegorius.

Es.: E il canale dove l’acqua azzurra tremula e la chiesa ove fiammeggia la vetrata d’oro e il balcone di pietra su cui i panni asciugano al sole e i tetti, verdi di luppolo. A. Bertrand.

 

ELLÍSSI. Consiste nell’omissione di qualche parola che si può facilmente sottointendere.

Es.: La destra = la mano destra.

Es.: “E Moxon?” “Sepolto ieri”.   A. Bierce.

Sottinteso = “E Moxon come sta?” “É stato sepolto ieri”.

 

PLEONÁSMO. Consiste nell’inserimento nella frase di parole superflue o non logicamente necessarie per dare maggior efficacia.

Es.: L’ho visto con i miei occhi mentre rubava.

Es.: Lo odio il vento (il pronome “lo” è superfluo).

Es.: Egli la sentì molto la sua mancanza = Egli sentì molto la sua mancanza (pronome “la” superfluo).

 

ENDÍADI. Consiste nell’esprimere con due parole coordinate un unico concetto.

Es.: Mi mancano le forze e la giovinezza = Mi mancano le forze della giovinezza.

 

ZÉUGMA. Consiste nel far dipendere da un unico verbo due costrutti, uno solo dei quali è adatto.

Es.: Vidi luci e rumori. Vado in campagna per cercare funghi e ispirazione.

Es.: Aveva un abito bianco e un sorriso sul volto. R. Green.

Es.: Nella pianura incontriamo pastori e candide stelle. Trakl.

 

DISGIUNZIONE. É il contrario dello zeugma. Consiste nel ripetere il verbo anche se le parole ad esso collegate non richiedono la ripetizione.

Es.: Io credo nell’amore, credo nell’amicizia, credo nella famiglia = credo nell’amore, nell’amicizia, nella famiglia.

 

ENÁLLAGE. Consiste nell’adoperare una forma verbale invece di un’altra, o un aggettivo per un avverbio.

Es.: Ritorno presto = ritornerò presto.

Es.: Il crepuscolo: una luce violacea che colava stanca da una fessura del cielo. W. Welgren = colava stancamente.

 

IPÁLLAGE. Consiste nel riferire un vocabolo a una parola diversa da quella a cui andrebbe logicamente legato.

Es.: Il guerriero colpì con la crudele spada = il crudele guerriero colpì con la spada.

 

ANÁSTROFE O IPÉRBATO. O inversione. Consiste in una disposizione non normale, né abituale delle parole in una frase.

Es.: “Io amo dei tuoi lunghi occhi la luce verdastra” Baudelaire = io amo la luce verdastra dei tuoi occhi.

Es.: Silenzio dello spazio azzurro un lungo pomeriggio invade. Trakl = Silenzio dello spazio azzurro invade un lungo pomeriggio.

 

SILLÉSSI. É una concordanza a senso e non grammaticale degli elementi di una frase.

Es.: La maggior parte degli amici partirono = la maggior parte degli amici partì.

Es.: Un centinaio di soldati combattevano.

 

ANACOLÚTO. Consiste di due diverse costruzioni. La prima, con il suo soggetto rimane incompiuta; segue la seconda con un altro soggetto. É usato raramente.

Es.: I capolavori della letteratura erotica, gli esteti, gli artisti ne apprezzano in pieno la bellezza.

 

 LA PRESUPPOSIZIONE. É una tecnica che consiste nel trasmettere informazioni, messaggi che il lettore ricava al di fuori dell’enunciato. Questa tecnica viene usata dalla propaganda per influenzare i lettori.

Es.: In questo stato le cose funzionano bene. Lascia capire che all’estero le cose vanno male.

Es.: Oggi vanno di moda i colori tenui. Suggerisce che i colori violenti sono fuori di moda.

Es.: Credevo di potermi fidare di Herbert. Suggerisce che Herbert è disonesto.

Es.: Non essere triste, bevi coca cola. Suggerisce che il lettore è triste se non beve coca cola.

Es.: Lacca Zeta, lacca pulita. Suggerisce che le altre lacche sono sporche.

Es.: Perché l’hai ucciso quell’uomo? Suggerisce che tu hai commesso un omicidio.

 

LO STRANIAMENTO. Consiste nel rappresentare un oggetto familiare in forma insolita e inconsueta.

Es.: Certe case, come certe persone, hanno, chissà come, il potere di manifestare immediatamente la loro essenza maligna. Forse è il sentore delle sinistre azioni perpetrate sotto quel tetto (e che ancora aleggia dopo la scomparsa dei protagonisti) a farci venire la pelle d’oca e rizzare i capelli in capo. Nell’aspetto esteriore di questa particolare casa non c’era il minimo presagio di quelle tragedie che (secondo la voce pubblica) si scatenavano nell’interno. Non era isolata né diroccata. Se ne stava rincantucciata in un angolo della piazza, simile in tutto alle case adiacenti. Uguale era il numero delle finestre, uguale il balcone sovrastante i giardini, uguali i gradini che conducevano alla porta d’ingresso. Eppure questa casa sulla piazza, in apparenza così simile alle sue cinquanta squallide vicine, era in realtà profondamente diversa, orribilmente diversa.  A. Blackwood.

 

LA SORPRESA. Scrivere una cosa diversa da quella che il lettore si aspettava. Lo scrittore scrive una frase in maniera da creare un’aspettativa nel lettore che però viene subito smentita. Lo scrittore sostiene una premessa e poi scrive una conclusione contraria alla premessa.

Es.: Era pallido, non come un morto... come la morte medesima. D’Aurevilly.

Es.: Ma vi sono cose che non si dimenticano più. Non tante, ma ve ne sono. Ne conosco tre: la prima uniforme indossata, la prima battaglia sferrata, la prima donna posseduta. Ebbene! per me quella finestra rappresenta la quarta cosa indimenticabile. D’Aurevilly.

Es.: Immaginatevi una di quelle belle pesche dalla polpa rossa, in cui si morde a fondo, o meglio, non immaginatevi nulla... D’Aurevilly.

Es.: Giorgio ebbe la sventura di ritrovare la madre, proprio al compimento dei suoi quindici anni.  Cosa fece?... Non sappiamo se dapprima la strinse tra le braccia, in un commovente saluto d’incontro! Risulta soltanto quello che riferì il medico legale al Magistrato! E cioè che la morte della donna era conseguenza certa e immediata delle dieci martellate che le avevano fracassato il cranio. M. Dave.

Es.: Sam Houston e John Weissdorf. Chi erano questi due? Diamine! É presto detto! Il primo era un contadino del luogo che aveva saputo accumulare una fortuna, avviando con pazienza una allevamento di volpi azzurre, ed accantonando centesimo su centesimo dapprima, poi sterlina su sterlina, fino a riempirne un forziere intero. Indiscutibilmente lo aveva aiutato anche la fortuna benevola, ma ciò non aveva modificato il suo carattere scontroso e solitario. Nemico degli altri, forse anche un poco di se stesso, non gradiva rivolgere la parola a nessun altro, all’infuori delle sue care bestiole, come era sua abitudine fare prima di spellarle vive. Max Dave

                                                                                                                

 

CARICATURA. Personaggi o situazioni sono esagerati per renderli evidenti o ridicoli.

 

PARAFRASI. E’ una frase famosa riscritta con parole differenti, per poterla capire meglio.

Le frasi famose modificate sono molto usate dalla pubblicità. La pubblicità prende una frase famosa e la modifica leggermente a vantaggio del  prodotto da vendere. Esempio: il noto proverbio “Anno nuovo, vita nuova” viene modificato in “Anno nuovo, automobile nuova”.

Altri esempi: Che fine ha fatto Baby Jane? (titolo di un giallo famoso) ricaviamo la frase Che fine ha fatto Minou Drout?

Es.  Via col vento (titolo di un romanzo famoso) modifichiamo la frase in: Via col vento e con le barche.

La frase famosa serve da apriscatole della mente del lettore e permette alla seconda frase di venire recepita meglio.

 

Un ultimo consiglio: non seguite le regole meccanicamente, come i pappagalli; sforzatevi di sentire lo spirito di queste regole per accelerare l’evoluzione. Quando avrete raggiunto la maturità, potrete modificarle, contraddirle, se necessario. O crearne di nuove, in conformità a nuove esperienze per avanzare verso un’Umanità più evoluta, più matura, più consapevole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE IV

 

I MEZZI DI ESPRESSIONE. Il mondo reale sta di fronte a noi: realtà composta di luci, forme, suoni, profumi, sensazioni, emozioni, pensieri, legami...

Lo scrittore, servendosi del linguaggio, rappresenta e comunica la realtà.

Es.: Ho visto un uomo. C’è la luna. Un ragazzo gioca col cane.

Con il linguaggio possiamo rappresentare anche false realtà. Il lettore (o l’ascoltatore) a volte può stabilire se sto dicendo il vero, a volte non può.

Es.: Ho conosciuto una ragazza.

Es.: Ho pescato un pesce di 20 Kg.

Es.: Ho visto un cavallo volare.

La prima frase viene creduta. La seconda può venir creduta. La terza non viene creduta.

Con il linguaggio possiamo anche riferire una realtà distorta per seguire uno scopo.

Es.: Sono stato a una riunione dove c’erano 10 persone e uscito fuori riferisco:

C’erano 10 persone (esatto).

C’erano moltissime persone (tendenzioso allo scopo di esaltare).

C’erano poche persone (tendenzioso allo scopo di sminuire).

C’erano alcune persone (indeterminato).

Il linguaggio non è il solo mezzo di comunicazione. Esiste anche la pittura, la fotografia, ecc.

Notiamo che ogni mezzo di comunicazione consente di riprodurre fedelmente solo un determinato settore della realtà. Osserviamo i mezzi espressivi, i loro vantaggi e svantaggi e la loro sfera di influenza.

La letteratura è il mezzo ideale per rappresentare pensieri, stati d’animo, visioni soggettive. Tutto il mondo interiore trova dunque nella letteratura il suo mezzo ideale di espressione.

La pittura è il mezzo per tradurre immagini più o meno distorte e interpretate dall’autore.

La fotografia è il mezzo ideale per riprodurre immagini di oggetti, animali, persone e tutto quanto appartiene alla realtà oggettiva. Non serve per riprodurre pensieri o giudizi e adopera le didascalie quando è necessario aggiungere alcune osservazioni.

La scultura serve per riprodurre volti e corpi.

Il cinema è una combinazione di immagini e parole. Ideale per cogliere la realtà oggettiva in movimento e i dialoghi. Non è adatto per riferire i pensieri dei personaggi.

Da qui vediamo che ogni mezzo espressivo rende bene solo per un determinato tipo di realtà nella quale conviene impiegarlo. Non è conveniente servirsi del linguaggio, della parola scritta, per descrivere un fiore. Sarebbe necessaria una lunga descrizione di dati come il colore, l’altezza, la forma delle foglie, dei petali, le dimensioni, il numero degli stami ecc. Una fotografia dà risultati migliori e in minor tempo. Tutte le descrizioni letterarie di immagini (facce, case, oggetti) sono distorte incomplete e inferiori alla fotografia.

É capitato a tutti di leggere la descrizione di una cosa semplice e stentare a capire il significato.

Come esempio proviamo a descrivere la parte di una macchina. Il blocco della croce di malta: un disco di acciaio al quale è fissato un nottolino, ruota attorno al proprio asse. Il nottolino entra in ciascuna di quattro fessure che dividono i bracci della croce di malta facendola ruotare di 1/4 di giro per ogni intero giro del disco. A ogni concavità della croce, quando il nottolino lascia la fessura, va ad aderire un risalto cilindrico solidale col disco...

La descrizione che ne risulta è lunga, ambigua, difficile da interpretare per il lettore. Un disegno in questo caso è molto più chiaro ed efficace. Eccolo:

 

Se scrivo: “Vedo una casa.” Il lettore capisce il mio messaggio e immagina una casa, alta, bassa, grande, piccola, ma sempre una casa. In questo esempio una foto dà un messaggio più accurato.

Ma se scrivo: “Sono innamorato. Sono triste. Sono felice.” Il lettore comprende il mio messaggio e in questi esempi una foto non serve a niente.

Un uomo onesto, un uomo avaro, un uomo perfido. Fotografia e disegno NON riescono a riprodurre queste persone. Con la scrittura invece bastano poche parole.

Una piazza grande, una torre altissima, una macchina potente, un uomo dalla forza erculea, uno splendido dono......

Sì ma, quanto è grande la piazza? Quanto è alta la torre, 10, 100, 200 m? Quanti cavalli vapore ha la macchina? Quanti Kg può sollevare l’uomo? Che cosa è il dono, un orologio, una cravatta, un libro?

Sarà capitato a tutti di restare delusi dopo aver visto qualcosa precedentemente descritto dalla pubblicità. É una caratteristica del linguaggio quella di dare immagini dell’oggetto sempre più o meno incomplete e più o meno soggettive.

Dello stesso oggetto, es. una casa, posso dire infatti le cose più diverse:

1) Una casa alta otto metri e larga quattro, quadrata, di mattoni, stile liberty, color verde.

2) Una casa.

3) Una casa bella, affascinante, attraente.

4) Una casa brutta, orribile, repulsiva.

La casa è sempre la stessa ma la prima volta viene descritta (con l’ausilio di cifre e misure) il più oggettivamente possibile. In 2 viene lasciata indeterminata. In 3 e 4 si aggiungono gli apprezzamenti soggettivi, e questa è la letteratura.

Riportiamo adesso la descrizione di una stanza fatta da Baudelaire in “Lo spleen di Parigi”:

“Una camera che somiglia a un sogno, una camera davvero spirituale dove l’atmosfera stagnante è lievemente tinta di rosa e d’azzurro. L’anima ci prende un bagno di pigrizia, aromatizzato dalla nostalgia e dal desiderio. É un che di crepuscolare, di azzurrastro e di roseo; un sogno voluttuoso durante un’eclissi. I mobili hanno forme allungate, prostrate, languide. I mobili paiono sognare; si direbbero dotati d’una vita sonnanbulica, come i vegetali e i minerali. Le stoffe parlano una lingua muta, come i fiori, come i cieli, come i soli al tramonto...”

Nessuna macchina fotografica riuscirebbe a rendere questo tipo di ambiente! Perché la foto riproduce solo pareti e mobili, mentre la letteratura ci dà suggestioni, impressioni, stati d’animo.

Osserviamo anche che una immagine descritta può essere interpretata in maniera differente a seconda dell’indole dei lettori. Un paesaggio fotografato rimane identico per tutti quelli che guardano la foto. Invece leggendo la descrizione di un paesaggio, ogni lettore si fa una rappresentazione mentale differente.

Le lunghe descrizioni in letteratura non servono dunque per riprodurre la realtà fotografica. Ma un’ immagine descritta, sfruttando la sua ambiguità, può essere deformata, interpretata, arricchita di emozioni, cosa questa impossibile con il mezzo fotografico.

Il mezzo letterario con la sua incompletezza è dunque ideale per suscitare e trasferire immagini soggettive, con parole che agiscono come leve sulla fantasia nella mente del lettore.

Nella vita non è possibile fare tutte le esperienze. Alcune sono pericolose, altre sono fuori dalle nostre possibilità. La letteratura ci comunica le esperienze degli altri. Ma c’è di più.

La letteratura, giunta al suo più alto grado, diviene una vera e propria via alla conoscenza, come la psicologia e la matematica.

Con le sue ipotesi, a volte azzardate, a volte intuitive, apre uno spiraglio sul mistero dell’esistenza.

Anche i surrealisti sfruttarono questa capacità con l’impiego di tecniche e procedimenti talvolta insoliti.

 

LA SCRITTURA AUTOMATICA. La scrittura automatica consiste nello scrivere i pensieri così come vengono in mente, senza renderli coerenti.

Era conosciuta da medium in trance e da poeti precursori. Richiede anticonformismo, cultura, fantasia per ottenere dei risultati esteticamente validi. Solitamente infatti, quello che viene in mente sono idee convenzionali, luoghi comuni, sciocchezze e raramente idee originali.

Si può fare collettivamente: alcune persone scrivono di volta in volta una parola (gli articoli non contano) su un foglio, a turno, sforzandosi di dare un senso a ciò che hanno scritto i predecessori. Alla fine si legge ciò che ne risulta.

Il primo esperimento del genere ideato dai surrealisti ha dato la seguente frase: “Il cadavere squisito berrà il vino nuovo.”

Provate a scrivere quando sentite il desiderio, scrivete anche se non avete le idee ben chiare in testa, scrivete anche se non sapete cosa scrivere o come finirà.

Scrivete ciò che vi passa per la testa, seguite l’ispirazione, non forzatevi. Lasciate che l’inconscio vi suggerisca i pensieri, le frasi, la trama, le soluzioni. Quando non vi sentite o siete stanchi lasciate tutto. Riprenderete quando ve ne tornerà il desiderio.

Questo procedimento era adoperato anche da Emile Zola che scrive: “Ecco...come faccio un romanzo. Non lo faccio affatto. Lascio che si faccia da sé. Io non so inventare dei fatti. Se mi metto a tavolino a cercare un intreccio sto lì anche tre giorni a stillarmi il cervello con la testa fra le mani, ci perdo la bussola e non riesco a nulla. Perciò ho preso la risoluzione di non occuparmi mai del soggetto. Comincio a lavorare al mio romanzo senza sapere né che avvenimenti vi si svolgeranno, né che personaggi vi avranno parte, né quale sarà il principio e la fine. Conosco soltanto il mio personaggio. Mi occupo anzitutto di lui, medito sul suo temperamento, sulla famiglia da cui è nato, sulle prime impressioni che può aver ricevuto e sulla classe sociale in cui ho stabilito che debba vivere. Questa è la mia occupazione più importante: studiare la gente con cui questo personaggio avrà a che fare, i luoghi in cui dovrà trovarsi, l’aria che dovrà respirare, la sua professione, le sue abitudini, fin le sue più insignificanti occupazioni. Mettendomi a studiare queste cose mi appaiono subito nella mente una serie di descrizioni che possono trovar luogo nel romanzo, e che saranno come le pietre miliari della strada che debbo percorrere.”                  E. Zola

In sintesi il procedimento consiste in:

- Scegliete un mezzo espressivo, es: letteratura, pittura, scultura.

- Acquisite grande familiarità con il vostro mezzo affinché possiate impiegarlo automaticamente, senza pensare.

- Entrate in un differente stato di coscienza, di passività e ricettività.

- Le intuizioni che vengono in mente fissatele adoperando il mezzo familiare.

- Dopo fate una revisione.

 

IL SURREALISMO. É un movimento artistico letterario nato in Francia nel 1923. Il surrealismo utilizzò: la scrittura automatica, i sogni, le libere associazioni di idee. La letteratura si arricchì così di nuove possibilità.

I surrealisti scoprirono che per far risaltare un oggetto, per attirare l’attenzione su un oggetto ci sono tre modi:

1) variare le proporzioni dell’oggetto, cioè raffigurarlo più grande o più piccolo rispetto al resto. Es.: un rubinetto grosso come un tubo da stufa.

2) riunire insieme tanti oggetti tutti uguali. Es.: 100 orologi.

3) mettere l’oggetto in un ambiente non consueto, in un posto dove non siamo abituati a trovarlo. Es.: un rubinetto nella vetrina di un gioielliere attira l’attenzione.

Altro es.: Una scarpa nella bottega di calzolaio passa inosservata. Mettiamo la scarpa fra le pagnotte allineate sulle pale davanti al forno di un panificio. Notiamo come la scarpa attira adesso l’attenzione e si carica di significati nuovi.

Il surrealismo mostra le cose in una luce nuova e serve per provocare, stupire, incantare.

Il surrealismo consiste nell’impiego di analogie fra idee o cose lontane e apparentemente prive di relazione fra loro; nella creazione di rapporti nuovi, di metafore impensate.

Lautremont anticipava: “Casuale come l’incontro di un ombrello e di una macchina per cucire su un tavolo operatorio.”

Ecco la definizione di Andrè Breton:

“L’immagine è una creazione dello spirito. Non può nascere da un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti. Più i rapporti delle due realtà accostate saranno lontani e giusti, più l’immagine sarà forte e più grandiosa sarà la sua potenza emotiva e la sua realtà poetica.”

Ecco ora alcuni esempi di frasi surreali:

Es.: La mia donna dalle dita di azzardo e d’asso di cuori. Breton.

Es.: Conosco i paesi piovosi svelati dalle perle. Breton.

Es.: Bei dadi truccati, felicità e infelicità. Breton.

Es.: Nell’angolo comincio a vedere brillare il comò scadente che si chiama ieri. Breton.

Es.: Tardissimo nei porti percorsi a zig-zag da mazzolini di febbre, ascolta. Breton.

Es.: Una canzone di porcellana batte le mani. Eluard.

Es.: Quei tuoi capelli d’arance nel vuoto del mondo. Eluard.

Es.: Tu la sola e le odo le erbe del tuo riso. Eluard.

Es.: Biondo come l’isterismo. Biondo come il canto degli specchi. Aragon.

Es.: Voli di pappagalli mi attraversano la testa quando ti vedo di profilo. Peret.

Es.: Mi sembrava di aver toccato la luna. F. Graegorius.

Es.: In un latte opalescente folleggiavano grandi farfalle con gli occhi di ragazza. F. Graegorius.

Es.: Il viso della ragazza era una sinfonia di bellezze opache. Kevin Mc Hynes.

Es.: A proposito, non mi sembra giusto considerare i monti come semplici ammassi inerti di arenaria rossa e di granito. Sono oggetti divini, sempre vivi e animati; all’alba danzano, nel pomeriggio fanno la siesta, corrono a tuffarsi nel mare, piangono, sbadigliano, tessono ragnatele. Stephen Rynne.

Queste frasi sono paragoni e metafore leggermente assurde. Esse descrivono la realtà percepita con particolari stati d’animo. Quindi descrivono una super-realtà o surrealtà.

Con le associazioni non comuni di idee e cose, con i pensieri spontanei la Realtà non è più descritta in maniera convenzionale e prevedibile.

La Realtà appare così come una cosa nuova, sorprendente e misteriosa.

Non tutto il materiale ottenuto è buono. La maggior parte bisogna scartarlo e revisionarlo. Scartate le banalità, i luoghi comuni, le frasi strampalate.

Nel surrealismo il linguaggio rivela le sue debolezze. A causa della mancanza di associazioni convenzionali la presenza di omonimi può creare ambiguità di interpretazione. Es.: Una pesca di attenuati segreti. Non si comprende qui se si tratta dell’azione del pescare o del frutto. Nelle costruzioni surrealiste state attenti di evitare queste ambiguità.

Quando l’iperbole non basta più si ricorre al surrealismo.

Es.: “Man mano che ci si avvicina alle estreme propaggini di Londra ci sembra che le abitazioni urbane siano più brutte, le strade più abbiette, l’oscurità maggiore e che gli errori della civiltà si mostrino ancor più evidenti. In quell’istante, un ponticello di mattoni giallognoli si presenta come una porta d’argento filigranato, aperta sul paese delle meraviglie. Entriamo in campagna. A destra e a sinistra, per quanto può spingersi lo sguardo, si estende la città mostruosa. Ma innanzi a noi i campi cantano la loro antica, eterna canzone. In quei monti il re degli gnomi soffia ancora nel suo corno. Nelle colline rivolte verso un tramonto di porpora i fragili profili delle fate, affacciandosi tra le felci, spiano il calar della sera.” L. Dunsany.

In letteratura il surrealismo va usato come le spezie: cioè per rafforzare le immagini, e va impiegato con moderazione.

Il racconto ideale non è tutto calcolo e ragionamento, e nemmeno tutta improvvisazione e fantasia. Esso invece è un giusto equilibrio: una miscela di razionale e irrazionale, proprio come nella vita.

 

LA NARRATIVA FANTASTICA. Ogni romanzo fantastico contiene un po’ di realismo e ogni romanzo realista contiene un po’ di fantastico. La letteratura fantastica ipotizza mondi diversi, amplifica la coscienza e la sensibilità.

Scrive Meyrink: “L’arte è qualcosa di molto più profondo che non il creare un quadro o un poema. L’arte tende a destare nello stesso artista forme sottili di tatto e di percezione”.

         La vera Letteratura, la grande Letteratura esprime sensazioni, emozioni, osservazioni… che sono aldilà delle parole. Cioè il significato di una frase letteraria è maggiore della somma delle parole che la compongono.

Cambiando l’ordine delle parole si perde qualcosa. Sostituendo qualche parola con sinonimi si perde qualcosa. Perché? Perché a un certo livello il mezzo letterario dà più di quello che otterremmo se analizzassimo le parole e le regole sintattiche.

 

LA LETTERATURA SPECULATIVA. La parola speculazione in filosofia significa: meditazione, teorizzazione, ipotesi. La letteratura speculativa, come la filosofia, offre risposte originali ai grandi problemi del mondo e dell’umanità.

Scrive G. Meyrink: “ Un ulteriore ingrediente dell’opera d’arte sta nel fatto che, dietro lo svolgimento, come pure dietro i protagonisti, vi sia un senso più profondo, cosmico, non individuabile a prima vista. E’ chiaro che tale significato deve manifestarsi solo ai lettori più attenti; il senso profondo non deve mai agire in modo appariscente.”

La letteratura speculativa per mezzo di romanzi e racconti, esemplifica il problema con personaggi, ambiente, situazione e trama. Poi propone una soluzione al problema oppure una ipotesi nuova, oppure mette enfasi sul problema allo scopo di attirarne l’attenzione.

Tutto questo con forma letteraria attraente e piacevole. La letteratura speculativa è filosofia più estetica.

 

LE CORRENTI LETTERARIE. Ogni corrente letteraria descrive ed esalta un particolare settore del Mondo circostante.

Il Romanticismo esalta gli aspetti irrazionali, orridi o misteriosi della realtà.

Il Naturalismo riproduce fedelmente i comportamenti sociali, i drammi, la psicologia, i vizi, le passioni degli uomini.

Il Decadentismo esalta la bellezza in tutti i suoi aspetti.

Il Surrealismo esalta il sogno, le associazioni insolite fra idee o cose.

 

ESTETICA. La letteratura è l’arte di evocare immagini ed emozioni con le parole. La letteratura si serve delle parole come la pittura si serve dei colori, la musica dei suoni e la scultura delle forme.

Scrive George Simenon: “Il narratore puro è colui che costruisce romanzi come altri scolpiscono la pietra o dipingono tele. Egli, il più delle volte inconsciamente, raccoglie documenti umani intorno a sé e li stipa dentro fino a soffocarne, così è costretto a metter fuori emozioni che sarebbero troppo grandi per un uomo solo.”

L’opera d’arte non deve limitarsi a copiare la realtà!

L’arte non è imitazione ma creazione.

Scrive A. Machen: “L’Artista non è un fotografo diligente della realtà anche perché quello che chiamiamo “mondo reale” non è affatto vero.”

Un romanzo che elencasse tutte le azioni nella vita di un uomo, anche le più banali, sarebbe una fedele rappresentazione della realtà ma sarebbe bello? Sicuramente no. Anzi non si potrebbe neppure chiamare un romanzo. Lo scrittore, lo abbiamo visto, deve manipolare la realtà, togliendo e aggiungendo, per creare qualcosa di interessante.

Il pittore non deve riprodurre solo la realtà; gli converrebbe in questo caso fare delle fotografie. Il pittore deve scegliere quale realtà rappresentare e poi variare, trasfigurare, interpretare, sminuire o accentuare per dare veramente qualcosa di suo.

Lo scultore non deve copiare esattamente la realtà. Sarebbe tecnica, abilità che calcola e non crea. Lo scultore deve stilizzare il superfluo e accentuare ciò che gli interessa.

Copiare la realtà è tecnica, artigianato.

L’arte è invenzione, creazione, composizione, focalizzazione. Arte significa prendere la realtà e interpretarla aggiungendoci qualcosa di nostro.

L’artista sceglie una realtà e la traduce nel mezzo adatto. Per pensieri ed emozioni serve la letteratura; per i colori la pittura; per la tridimensione la scultura.

Spesse volte copiare la realtà significa impoverirla. Perciò bisogna modificarla affinché il risultato comunichi le emozioni che dava il soggetto reale.

L’artista nel creare l’opera d’arte è spinto non da scopi utilitari, ma da un bisogno interiore. E l’opera d’arte, se riuscita, ha in se stessa lo scopo della sua esistenza. Questi scopi vanno dal decorativismo, quando soddisfa il senso estetico e il bisogno di irrazionale, fino alla conoscenza.

Rappresentare il mondo significa indagare, conoscere, ipotizzare. L’arte (la letteratura) diviene perciò una vera via alla conoscenza: scopre aspetti segreti della realtà; aiuta a capire il mistero dell’esistenza; cerca risposte ai grandi problemi quali la morte, il destino, il caso; fa insorgere stati di coscienza che favoriscono l’intuizione e l’illuminazione.

La Letteratura è una estensione del Mondo Reale. L’uomo non può fare tutte le esperienze. La letteratura è un resoconto di esperienze fatte da altri.

I nostri sensi ci danno una visione limitata della realtà. Con gli strumenti scientifici allarghiamo la nostra visione della realtà. Con la letteratura penetriamo dentro la realtà invisibile delle esperienze psichiche.

 

 

 

LA FUNZIONE DEL ROMANZO Praticamente un buon scrittore è una telecamera fedele che riprende la Realtà e poi la proietta davanti agli occhi dei lettori. Così, con lo scrittore, noi entriamo in ambienti bizzarri, insoliti, lontani e possiamo conoscere usanze, esperienze, pensieri, sogni, aspirazioni, progetti, speranze…

   Lo scrittore apre un muro e noi vediamo cosa succede dentro una stanza. Lo scrittore apre un cranio e noi conosciamo i pensieri di una persona.

      Lo scrittore ci porta talvolta indietro nel tempo e questo è un miracolo ancora più grande. Egli descrive le cose che ha visto  e che ora sono passate e non si trovano più, non esistono più. Luoghi, oggetti, persone, situazioni passate vengono registrate dallo scrittore contemporaneo ad esse. E questo patrimonio giunge fino a noi, cosicché possiamo godere, fruire e imparare la nostra storia.

   Oltre alle descrizioni di luoghi, avvenimenti, psicologie, gli scrittori descrivono anche piccole osservazioni che sono tesori di conoscenza.  Esempio: ”Signore, non bisogna mai andare al primo appuntamento che una donna concede”.

“E perché?”

“Perché la donna non viene”.  Pierre Louys

   Esempio:  “Avete notato, caro amico, che la gente non osserva mai nulla di ciò che è interessante? L’anno scorso, sul ponte di Triana, mi ero fermato in contemplazione davanti al più bel tramonto dell’anno. Nulla può rendere l’idea dello splendore di Siviglia in un momento simile. Ebbene, osservai i passanti: se ne andavano per i fatti loro o conversavano portandosi a spasso la propria noia; non uno che volgesse il capo. Quella sera trionfale non la vide nessuno.”  Pierre Louys.

    Scrive Colin Wilson: Forse il romanzo è una forma letteraria di basso livello, inferiore ad un trattato scientifico; tuttavia è in grado di imbottigliare l’essenza con una capacità al di là della portata dell’intelletto.

   Sì, spesso la letteratura, romanzi e poesie, riescono a catturare la realtà ancora meglio di qualsiasi analisi scientifica.        Questo avviene perché lo scrittore non è quello dei ricordi scolastici; egli non è un monumento al conformismo, alla rispettabilità, alla mediocrità. Lo scrittore (quello vero) è un esploratore del mondo e della psiche, è un dissacratore, un critico della società, un innovatore e un precursore.

    Considero immorale inventare storie. Anche se credo sia impossibile inventare una storia completamente sganciata dalla realtà; neanche gli scrittori di fantascienza riescono a fare questo.

    Dunque la realtà è sempre il punto di partenza. La realtà complessa, infinita, mai completamente conoscibile e decifrabile. Esempio: Alcune persone percorrono la stessa via di una città. Il bambino guarda le vetrine dei giocattoli; la ragazza guarda i manichini con i vestiti alla moda; lo sportivo guarda gli attrezzi di ginnastica; il ragazzo guarda le foto sexy dei cinema e delle riviste; l’uomo qualunque guarda le belle donne. Alla fine tutte queste persone hanno percorso la stessa via e hanno visto cose differenti. E ognuno (se interrogato) darà un resoconto differente. Eppure la realtà è unica per tutti. Però ognuno vede, è attratto, guarda con attenzione un solo settore della Realtà, quello che più gli interessa.

Inoltre, ogni persona vede la realtà ma la interpreta secondo i propri gusti, carattere, cultura, condizionamenti, limiti, aspettative. Insomma la forma mentale dell’osservatore influisce sulla visione della realtà.

Ogni scrittore è un filtro che vede e descrive la realtà dal suo particolare e unico punto di vista. Il punto di partenza è sempre la Realtà. Inventare è impossibile; un lattante senza esperienze non inventa niente. Inventare significa raccontare bugie sulla realtà. Questo non mi piace e lo considero immorale.

La realtà descritta fedelmente è cronaca. La realtà elaborata dalla mente umana è letteratura.

Ci sono vari mezzi per imbottigliare una parte della realtà e trasferirla a un fruitore lontano nel tempo e nello spazio. I principali mezzi sono: pittura, disegno, fotografia, telecamera. La telecamera è un mezzo utile per imbottigliare immagini e movimento.

La letteratura è un mezzo per imbottigliare pensieri, emozioni, sensazioni, descrizioni soggettive, sapori, profumi.

 

 

LETTORI CRITICI SCRITTORI  Al primo gradino c’è il fruitore, l’utente. Non è facile essere un buon fruitore; il lettore comune è disattento, distratto e percepisce solo una parte del testo dell’Autore. Il fruitore invece riesce a percepire tutte le sfumature dell’opera, riesce a penetrare nelle profondità del messaggio, riesce a coglierne i vari livelli.

Al secondo gradino sta il critico; mentre il fruitore assapora tutto inconsciamente, quasi senza rendersene conto, il critico è consapevole di ciò che sperimenta e può parlare con competenza della sua avventura spirituale.

Al terzo gradino sta lo scrittore. Egli è un mezzo fra le realtà, palesi o nascoste, e i lettori. Egli è un interprete, un decifratore delle realtà e inoltre possiede l’abilità, la capacità linguistica per tradurle nello scritto.

Scrive De Sade: Chi ha deciso di imboccare lo spinoso cammino di scrittore, non dimentichi che il romanziere è l’uomo della natura, colui che la natura ha creato per vedersi ritratta. Se lo scrittore non diventa l’amante della propria madre sin dal momento in cui costei lo ha messo al mondo gli consigliamo di non pubblicare nulla.

L’aspirante scrittore non deve allontanarsi dal credibile; il lettore infatti ha il diritto di arrabbiarsi quando si accorge che si tenta di ingannarlo; si sentirà offeso e non crederà più a nulla di quanto va leggendo.

Una volta fissato uno schema di lavoro, tu scrittore devi svilupparlo, ma senza rinchiuderti negli stretti limiti che lo schema  all’inizio presenta; il tuo stile diverrebbe allora anemico e freddo. Aspettiamo da te degli slanci, non delle regole. Vai oltre i tuoi piani, variali, scrivi più di quanto ti eri proposto di dire: le idee prosperano soltanto nel fervore dell’opera. Le idee maturate durante la creazione sono altrettanto valide delle idee del progetto iniziale.

 

 

 

ESPERIENZA E LETTERATURA La letteratura non smette mai di stupirmi! Essa non è biologia eppure si occupa di esseri viventi. Non è psicologia eppure descrive comportamenti umani.

Considero immorale e disonesto lo scrittore che racconta storie inventate mentre sta seduto alla scrivania. Lo scrittore vero è il testimone delle storie che racconta. Lo scrittore vero è sempre in prima linea per cercare, per sperimentare e vedere di persona. Un uomo che lavora, che suda, che fa mille mestieri e che sa anche scrivere bene. Questo è un vero scrittore! Un uomo che scrive a tavolino è solo un povero incompetente. Infatti solamente chi ha fatto molte esperienze ha qualcosa da dire e da insegnare.

Lo scrittore deve adoperare un linguaggio sobrio e moderno. Egli deve evitare gli artifici, gli eccessi, gli arcaismi, i preziosismi, la sovrabbondanza, le macchinazioni… Certo, lo scrittore deve usare i trucchi della letteratura, ma con moderazione e grande naturalezza. La letteratura è un’arte e ogni arte è equilibrio, buonsenso, intuizione, dedizione, esperienza.

La letteratura consiste nell’esporre i fatti elaborati in modo tale da dare loro una forma piacevole. Lo scrittore ispirato si sforza di mettersi nella condizione di recepire il racconto che sembra venire  dall’inconscio. Per arrivare a scrivere un buon racconto sono  necessari cumuli di esperienza e di fogli scartati. Pur disponendo della necessaria competenza, ogni volta la riuscita di un racconto appare come un miracolo e l’autore teme di non riuscire più a scriverne.

Un bel libro è sempre il risultato di un atto d’amore. Un sacrificio, uno sforzo, fatto solo per amore. Nulla va perduto e si trova sempre ciò che l’uomo ha seminato. Tutto l’entusiasmo che l’autore ha messo nello scrivere si ritroverà poi nel libro.

Il lettore, quando legge un libro, si accorge subito se è stato scritto con passione. Il lettore sente se l’autore era giovane o vecchio, innamorato, colto, esperto, ingenuo, esaurito, in malafede; se credeva a quello che scriveva, se scriveva per divertimento, per obbligo, per guadagno…

Giudizi, premi, etichette, sono sempre relativi. Lo  stesso libro può piacere o dispiacere in relazione  al gusto del lettore, alla sua età, carattere, stato d’animo. Ci sono libri che apprezziamo da giovani, da innamorati, altri da vecchi; ci sono libri che apprezziamo in primavera, altri in autunno, quando siamo tristi e pessimisti, o siamo contenti e ottimisti.

Per giudicare correttamente un libro bisogna lasciare passare settimane o mesi. Il giudizio istantaneo può essere errato. Il giudizio futuro di solito è corretto.

Scrivere è un rito, una operazione di magia, un atto d’amore. Scrivere è anche una incognita. Lo scrittore  non sa mai cosa otterrà. Un capolavoro? Un aborto? Una cosa mediocre?

Tutte le volte che termino un racconto ben riuscito io mi stupisco come davanti a un miracolo. Mi sembra che non sia stato mio il merito. Ho paura che non riuscirò mai più a scrivere altri racconti. Ogni volta provo queste sensazioni e mi domando: come ho fatto a scriverlo? Io non lo so.

A volte i libri più famosi non sono i migliori. Questa regola è ben conosciuta da librai e vecchi lettori. Ci sono tanti sconosciuti autori meravigliosi, importanti, straordinari, mai pubblicizzati, nascosti quasi, che bisogna cercare e scoprire da soli.

Un libro è qualcosa di miracoloso. Esso è un ponte gettato nello spazio e nel tempo. Esso rappresenta la voce, l’esperienza, l’avventura umana di un essere lontano, e che forse è già disceso nella tomba.

 

 

 

LINGUAGGIO E REALTÀ. La realtà sta fuori e dentro di noi. Un insieme di esseri, cose, cambiamenti, spostamenti, relazioni, emozioni.... Il linguaggio è un codice imperfetto del mondo reale. Il migliore codice che l’uomo ha inventato. Scrive Kosztolanyi: “ Voi che siete scrittori, sapete che tutto dipende dalle parole: tanto il valore  di un poema quanto il destino di un uomo”.

       Scrive Barbellion: “Ho imparato a mie spese di quali agguati, di quali tetre ribellioni sono capaci le parole e le frasi”.

Scrive Walter Rilla: “Le parole... che forza straordinaria hanno le parole!

Parole profonde e significative, serie ed allegre, luminose, oscure, trasparenti, parole comuni e rare, umili e superbe, felici e tristi. Non appena le abbiamo create e stabilito il loro nome e identità, non possiamo più distruggerle. Esse esistono ormai e costituiscono il mondo. Esse ci sono imposte e regnano sovrane. Non si può più sfuggire al loro incantesimo; la loro malia ci domina, esse ci limitano e definiscono per sempre. Le parole hanno il potere del bene e del male, hanno il dominio su di noi, se per primi non prendiamo l’iniziativa per sapere  come avvicinarci a loro.

Parole adatte e inesatte, parole vere, false, semplici, franche, parole dai molti significati, complesse, che sono trappole per i profani.”

Il linguaggio non è lo specchio fedele della realtà.

Nel linguaggio differenti parole possono corrispondere a uno stesso oggetto.

Es.: casa, abitazione, dimora, rifugio, catapecchia, villa.

        Una parola si può riferire a molti oggetti simili. Es.: casa, situazione, macchina.

Una parola può corrispondere a oggetti differenti. Queste parole si chiamano omonimi e sono molto più numerosi delle liste elencate nelle grammatiche. Es.: sette (numero e plurale di setta), porta (verbo e apertura), sole (astro e plurale di sola), letto (verbo e mobile), amare (verbo e plurale di amara), dei (preposizione articolata e plurale di Dio), lente (femminile di lenta e vetro ottico), anche (congiunzione e plurale di anca), fate (verbo e plurale di fata), folle (gente e pazzo), cancello (verbo e portone), sei (verbo e numero), peste (orme e malattia), bacino (diminutivo di bacio e osso), bugia (menzogna e portacandele), bucato (verbo e lavaggio), saliva (verbo e liquido della bocca),  pure (congiunzione e plurale di pura), mento (verbo e parte della faccia), secchi (recipienti e plurale di secco), chiese (verbo e plurale di chiesa), conti (nobili e resoconti), perdono (scusa e verbo), cerchi (verbo e ruote), grata (femminile di grato e inferriata) tessere (verbo e plurale di tessera), miti (plurale di mite e plurale di mito), diligenza (carrozza e scrupolo), nei (preposizione articolata e macchia sulla pelle), feci (verbo e sterco), eroina (femminile di eroe e droga), era (verbo e periodo) parco (giardino e avaro), leggere (verbo e femminile di leggera), fosse (verbo e plurale di fossa), corte (cortile e plurale di corta), fitta (dolore e femminile di fitto) fine (termine e raffinato), accetta (verbo e mannaia) scure (mannaia e femminile di scuro), sale (verbo e composto chimico), latte (bevanda e plurale di latta o lamiera), partita (femminile di partito e gara), stufa (femminile di stufo e apparecchio per riscaldare), teste (testimonio e plurale di testa), fuso (verbo e strumento per filare),  mostro (creatura anomala e verbo), eccetera.

Alcune parole si riferiscono a persone o cose influenzate da un nostro giudizio positivo o negativo. Es.: specialità, luminare, marchingegno, brodaglia.

Ci sono parole che esprimono qualità soggettive o che hanno bisogno di una definizione. Es.: bello, giusto, veloce, utile...Che cosa è utile? Quello che è utile per uno può essere inutile per un altro.

Ci sono parole che esprimono solamente relazioni. Es.: che, dove, in, per, anche, dunque.

Ci sono parole alle quali non corrispondono oggetti reali. Es.: draghi, angeli.

É possibile inventare le parole. Es.: Ermolizio, icrafito, atramolio, nipracuso.

Nel linguaggio sono possibili rapporti di parole ai quali non corrispondono rapporti di realtà. Es.: Il cane mangia le pietre. Il giardino vola. Io sono morto ieri.

Oppure frasi più complesse ma ugualmente false. Es.: L’uomo che definisce l’interno ha svolto le possibilità del mondo dove aspirano i paralleli essenziali.

Ci sono frasi che contengono poche o nulla  informazioni reali; Es: “E’ un grande artista che libera la mente, risolleva lo spirito e riempie un vuoto.” Questa frase è solo bella letteratura ma non contiene vera informazione come in: Luigi mangia una mela. Qui c’è veramente qualcuno che fa qualcosa. 

Una frase può essere corretta grammaticalmente ma incorretta realmente. Es.: La luna a fiori mangia il leone elegante. Corretta grammaticalmente ma irreale.

Il zucchero è dolce. Incorretta grammaticalmente ma reale.

La lingua non è logica ma convenzionale. Es: Io vado con i piedi. È sbagliato perché si dice: io vado a piedi.  Eppure la preposizione “con” esprime mezzo; esempio: vado con il treno. Es: si può dire: “terrorizzare” ma non “orrorizzare”

Si possono usare parole dispregiative per denigrare un oggetto o un evento. Si possono usare parole elogiative per esaltare un oggetto o un evento; e in questo modo si influenza il lettore.  

Purtroppo la lingua non è lo specchio fedele della realtà e a volte si presta a fraintendimenti e frodi. Teniamo presente tutto questo quando usiamo le parole per risolvere i problemi reali.

Paragoniamo il mondo reale a un grande quadro. Il linguaggio è un reticolo a maglie larghe che, sovrapponendosi al quadro, rileva i vari colori e può così descriverli ai lettori. 

Ma il reticolo è a maglie larghe e non riesce mai a descrivere integralmente la realtà. Ogni lingua è un reticolo. Se due lingue sono allo steso livello evolutivo, la larghezza delle maglie sarà uguale.  Ma le maglie sono disposte diversamente, così ogni lingua registra una sfumatura differente di realtà. Perciò nascono le difficoltà di traduzione fra i linguaggi. La realtà è molto complessa e le lingue sintetizzano, semplificano, ognuna in maniera differente.

La realtà è multiforme e complessa, fatta di galassie, microbi, persone, luci, suoni, odori, sensazioni, emozioni. Ogni mezzo serve per acquisire un settore della realtà: col telescopio vediamo le galassie; col microscopio vediamo i microbi; con gli occhi vediamo le persone; con le orecchie udiamo i suoni; con il naso fiutiamo gli odori… La letteratura serve per acquisire i pensieri, le sensazioni e le emozioni, che sono sensazioni ingigantite, smisurate.

Non è la conoscenza della lingua che fa lo scrittore. Lo scrittore è uno che si è arricchito interiormente per eccesso di sensibilità. Però lo scrittore è obbligato a imparare bene il linguaggio per poter esprimere la ricchezza del proprio mondo interiore. Ed è la conoscenza di un ricco vocabolario che gli dà la possibilità di esprimere le sottigliezze della realtà e della psicologia.

E’ impossibile comunicare integralmente e fedelmente quello che si prova. La realtà nella sua interezza è inconoscibile. Ogni osservatore vede un settore della realtà. Inoltre ogni osservatore interpreta la realtà secondo i suoi condizionamenti mentali, credenze, convinzioni, dottrine. Ogni osservatore cambia è non è stabile nel tempo. Il linguaggio è un mezzo imperfetto e consente  molti fraintendimenti. L’ascoltatore interpreta il messaggio secondo i suoi condizionamenti mentali e secondo il proprio grado di evoluzione.

Il linguaggio viene usato dai poeti come una macchina da corsa. Allora il linguaggio  rivela tutte le sue debolezze, le sue imperfezioni, i suoi limiti.  Imperfezioni che si notano poco quando il linguaggio viene impiegato dalla gente comune, per i bisogni comuni.

 

 

I LIBRI SONO NECESSARI

 

I libri sono la vita, sono lo specchio della vita.

Tutta la cultura, tutta l’umanità passa attraverso i libri.

La cultura si propaga con i libri che rappresentano le esperienze e le osservazioni di altri che ci hanno preceduto.

Le vie principali alla conoscenza sono: le osservazioni, le esperienze e i libri. I libri infatti sono  le esperienze e le osservazioni reali di un altro uomo che ci ha preceduto.

I libri sono la via secondaria alla conoscenza. Le vie principali sono le osservazioni e le esperienze. Ma  non tutte le esperienze sono possibili. Dobbiamo quindi leggere i libri.

Da un altro punto di vista i libri non servono a niente. Chi conosce la realtà non ha bisogno di libri. Chi non conosce la realtà non la imparerà dai libri, o la imparerà in maniera parziale.

Molti i libri sono di fantasia. Però anche le fantasie sono realtà psichiche dell’autore. Questi libri ci permettono di vedere i pensieri dell’autore, le sue illusioni, i suoi desideri, i suoi gusti.

Ad esempio: i mostri di Lovecraft sono costruzioni mentali, materializzazioni di paure e pericoli psichici. La mente di Lovecraft è assalita da pericoli e minacce (pazzia) e la sua mente nei sogni dà corpo a questi pericoli rappresentandoli come mostri.

I buoni libri sono difficili da trovare, hanno scarsa distribuzione e scarsa rinomanza. Perchè, vedete, i libri sono come gli uomini. Ci sono uomini che si trovano al bar e altri che si trovano solo sulle vette dell’Himalaia, e bisogna andare lassù per incontrarli. Così è per i libri. Alcuni si trovano al supermercato, altri si trovano solamente nelle collezioni private di bibliofili e antiquari.

Ci sono libri che si leggono una sola volta nella vita. Ci sono libri che si leggono a intervalli di mesi o anni. Ci sono libri da consultare. Libri che si leggono solo in determinate stagioni o con determinati stati d’animo.

La scuola offre una cultura surgelata, minorata, in ritardo di secoli. I libri non scolastici invece, offrono una cultura viva, calda, fluida, ricca di interscambi. Quando un futuro lettore legge 4 o 5 libri stupidi, gli passa per molto tempo la voglia di leggere. A scuola ci propinano circa 100 libri stupidi, e i possibili  futuri lettori scompaiono.

Per scrivere un libro bisogna prima viverlo. Ogni vero libro ben scritto è una eiaculazione di energia. Un libro è un miracolo. Pochi sanno quanto lavoro, sforzo, passione c’è dietro. 

Credete che il successo di un libro sia proporzionale alla sua qualità? No! La risposta è no. Per ogni ottimo libro pubblicato ce ne sono almeno altri cento che non sono riusciti a raggiungere la pubblicazione, la diffusione e di conseguenza i lettori.

Il libro non è un oggetto statico, estetico, antico e inutile. Il libro è fonte di conoscenza ed emozioni.  Però, lo stesso romanzo, con l’identica traduzione, in due edizioni differenti, dà sensazioni differenti. E’ una realtà che tutti i bibliofili conoscono.

Io ad esempio preferisco le edizioni brossura, tascabili degli anni 60, con  disegno di copertina di erotismo soft. Un giorno ho riletto un romanzo (con la stessa traduzione) in una edizione anni 90, formato troppo grande, cartonata, rilegatura a colla (così che le pagine si staccano sfogliandole) disegno di copertina sfacciato o kitch. Il romanzo mi è sembrato brutto, e non mi ha dato piacere. Ho raccontato l’esperienza all’amico bibliofilo Riva Ercole e mi ha risposto: “Tutti i bibliofili provano quello che hai provato tu”.

Ho riletto il romanzo nella edizione anni 60, cercata e pagata il triplo dagli antiquari, e ho riprovato lo stesso piacere della prima volta. Anche il formato del libro ha la sua importanza. Perchè il testo è contenuto in quello che teniamo in mano. Il libro deve essere maneggevole, la copertina, che spesso amo guardare quando interrompo la lettura, deve essere intonata al testo. Questo vorrei gridarlo agli editori che spesso fanno libri con formato sbagliato e copertina stonata.

Io sono un letterato, un bibliofilo, un bibliomane, un bibliopatico. Sono un mangiatore di libri. Che cosa sono per me i libri? Tutto! Famiglia, figli, amante, Dio.

Un bibliofilo non è un collezionista di libri nè di cartacce. E’ un collezionista di vite. Perchè dietro ogni libro c’è una vita.

Affermo che i libri sono gli oggetti  più preziosi che esistono al mondo. Al loro confronto i diamanti sono pezzi di vetro. Invece il libro non è un pezzo di carta, perchè esso possiede un’anima.

Attenti! Un libro solo è pericoloso, è una prigione. Perchè presenta la realtà da un solo punto di vista! Molti libri sono altrettante finestre sulla realtà, sono punti di vista differenti. Esempio: una pendenza vista dall’alto è una discesa; vista dal basso è una salita.

Chi legge tanti libri  espande la sua mente; chi legge un libro solo imprigiona la sua mente.

Scrive Werner Welgren: “Quale cosa meravigliosa e terribile è il libro! Vi trovate tutto, dentro: tesori di scienza e false teorie; idee sublimi e storie immorali; o assurde concezioni.” Werner Welgren da Il Cane Nero pagina 15.

La scrittrice Olga Visentini (che ho conosciuto) scrive: “Di taluni oggetti non disfatevi mai: dei libri. Sono compagni fedeli. Li ritroverete sempre, ogni volta che avrete bisogno.”

Con i libri l’uomo esce dallo standard, mette la testa fuori dal gregge, si libera dai condizionamenti di scuole, chiese, dottrine imposti da educatori, preti e professori. Attraverso i libri l’uomo si decondiziona, si risveglia e impara finalmente a vedere, e pensare con la propria testa.

Questo comporta dei pericoli. Ancora la scrittrice Olga Visentini: “Quando voi ragazzi sarete grandi, comprenderete che l’originalità, l’irregolarità, costano care. La società degli uomini le teme, perchè rompono i comodi equilibri costituiti. Sappiate che essere gelosi della propria originalità (che è libertà) avrà sempre effetti pericolosi. Ma comporta pure una profonda gioia interiore.”

Scrive Heinrich Heine: “Chi brucia libri, presto o tardi arriverà a bruciare esseri umani.”

Scrive Marguerite Yourcenar: “Fondare biblioteche è come ammassare granai pubblici, ammassare riserve contro l’inverno dell’intelligenza.”

Scrive Paul Valery. “I libri hanno gli stessi nemici che l’uomo: il fuoco, l’acqua, le bestie, il tempo e il loro stesso contenuto.”

Scrive Gaetano Colonnese: “Così come le medicine combattono le malattie, i libri combattono l’ignoranza e le relative degenerazioni:”

Scrive Bee Ker: “I libri sono le finestre dalle quali l’anima guarda fuori. Una casa senza libri è come una stanza senza finestre.”

Ho sempre desiderato una confraternita di scrittori e poeti, come quella delle religioni tradizionali, anche se aborro templi e liturgie. Adesso mi accorgo che questa confraternita esiste già. Essa è composta da appassionati, collezionisti,  silenziosi e sconosciuti che lavorano per conservare e diffondere nel tempo, il ricordo degli scrittori e delle loro opere.

 

 

 

 

 

 

CONCLUSIONE. La letteratura (l’arte, la finzione) è una forza della natura, come il gioco e la magia, ed esisterà sempre.

La letteratura, servendosi di mezzi imperfetti, ci libera dalla schiavitù del quotidiano. Allontana la paura della morte, scherzandoci sopra. Arricchisce l’erotismo, spesse volte scialbo, aumentando l’amore per la vita. Ci riporta nei luoghi cari, nei momenti segreti, dandoci l’illusione del passato. Aiuta a capire gli uomini sondandone la psicologia. Investiga il mistero della vita, dell’universo.

Lo scopo della Vita è la crescita spirituale, l’evoluzione.

Più l’uomo sale la scala dell’evoluzione e più diventa creativo.

I nostri mezzi per acquisire dati dal mondo reale sono: i nostri sensi, che ci da danna informazioni limitate nel tempo e nello spazio;

giornali e Tv, che danno informazioni selezionate da politici, religiosi e commercianti.

L’unica vera finestra aperta sul mondo reale è rappresentata dai libri. I libri, molti libri, ci liberano da ignoranza, pregiudizi, disinformazione. I libri sono indispensabili per allargare la nostra comprensione, per accumulare conoscenza, per confrontare le nostre esperienze con altre, per capire meglio noi stessi e il mondo reale.

 

 

 

FINE

 

1986  - 2004.

Ultima revisione    14 dicembre 2006 agosto 2008  marzo 2009 luglio 2009

 

 

 

 

 

 

SERGIO BISSOLI

COME DIVENTARE SCRITTORI

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