mercoledì 14 agosto 2013

Anime Nude

SERGIO BISSOLI ANIME NUDE 4 edizione accresciuta RACCONTI D’AMORE, INTIMISTI, PSICOLOGICI Copyright by Bissoli Sergio Tutti gli avvenimenti e i personaggi sono immaginari. Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale. Indice INTRODUZIONE LA VITA DIETRO UN VETRO IL GIOCO DELL’AMORE CORTEGGIAMENTI FORMICHE PASSIONI UN POMERIGGIO CON LUISA FESTA PER ANZIANI CONFIDENZE LA RAGAZZA DEL SEXY SHOP DUE DONNE GLI SGUARDI OCCASIONI PERDUTE LA DONNA CON IL CANE DISCORDIE LA DONNA INTELLETTUALE LA SCALATA LE SERE TRISTI LA RAGAZZA DI CAMPAGNA L’UOMO FORTUNATO LE PRETESE DI LORELLA AL BIVIO LA LUNATICA SEDUZIONE HELENA IL LITIGIO IL POETA VECCHIAIA ANDIAMO A DONNE HIPPY INCOMUNICABILITA’ L’AMICIZIA RIMPIANTI FELICITA’ PRIMO AMORE PREFERENZE ALBUM FOTOGRAFICO CODICI SEGRETI LA VECCHIA CASA IL TEMA DELL’ODIO PUNTI DI VISTA SESSO ED EVOLUZIONE LA DONNA E LA DEA PRIMA E DOPO BELLEZZA DI APRILE LA RUOTA DELL’AMORE PROGETTI DI APRILE I DUE FIDANZATI SESSO IL POZZO DELL’AMORE LA FEMMINISTA LE DONNE AMATE MENTE E CORPO LA GIOSTRA DELLE PERSONALITA’ LE 2 SORELLE SCRITTORI DONNE IN VENDITA NEL PARCO L’AMORE CLANDESTINO QUANDO SI SCEGLIE UNA DONNA SERA PAESANA UNA VITA SENZA DONNA GIGLIOLA CI STA W GLI SCAPOLI ANGELINA LA CONFORMISTA LUCIANA SI SPOSA INNAMORATI PARADISO LENTO VECCHIAIA 2 LA SPIRALE DELL’AMORE DISIMPARARE LE STAGIONI E L’AMORE LE DONNE BRUTTE UNA STORIA CON UNA RAGAZZA LA RAGAZZA FACILE LA DONNA MISTERIOSA AMORE INTERESSATO I PAESI DEL CUORE LE VECCHIE STORIE ANIME GEMELLE L’ALTRUISTA QUOTIDIANITA’ FAME D’AMORE LA PSICOLOGIA DEI POETI LA RAGAZZA CHE NON HO SPOSATO LA FINE DELLE ILLUSIONI INNAMORATO SPOSATO MATURITA’ ILLUSIONI D’AMORE SCHIAVITU’ UN NUOVO AMORE L’ESISTENZIALISTA L’APPUNTAMENTO CAMBIAMENTI DOPO L’ESPERIENZA RELAZIONI DIFFICILI NEL FIUME DEL TEMPO LE STAGIONI E GLI AMORI ASCOLTANDO DORETTA LE DONNE DELLA MENTE MADRI E FIGLIE RIMPIANTI 2 LE DONNE CHE FERISCONO L’APPOSTAMENTO INVERNO L’ANIMA GEMELLA UN’AVVENTURA CON CINZIA DEDICATO A UNA BIONDINA NEL GIARDINO FIORITO TRABOCCHETTI RAGAZZINE MONDI CHIUSI LA CAMPANARA DI ANSON MAJORETTES LE GATTE LA SANTA DI RALDON MINERBE 2012 VIALE DEI TIGLI INTRODUZIONE Questa è una raccolta di racconti di genere realista. Essi sono una presa diretta con la vita. Nel corso degli anni dentro di me si sono accumulate molte esperienze ed esse hanno fermentato. Queste esperienze non sono rimaste immobili sugli scaffali della memoria, ma hanno interagito fra loro, spingendomi a scrivere questo libro. Il mio lavoro è stato quello metterle in uno stile bello e chiaro. Dietro ogni racconto c’è una donna e forse anche una storia d’amore, grande o piccola. I racconti riguardano eventi presi a caso, ma con preferenza ai rapporti umani e ai rapporti uomo-donna. Temi come: l’incomunicabilità, l’inimicizia fra i sessi, le difficoltà coniugali, problemi, discordie, incomprensioni, differenze di vedute, sofferenza esistenziale, sono tutti presenti. Ma anche temi come il dolore, l’odio, la vecchiaia, la solitudine e la morte. Se qualche lettore ritroverà nel libro sé stesso con la sua storia, non si stupisca: in amore le situazioni si ripetono e ogni storia che sembra nuova è già stata vissuta da altre coppie in tempi e luoghi differenti. Talvolta i casi sono ispirati da impressioni tenui, da stati d’animo delicati e appena percepibili, da emozioni effimere. Essi raffigurano situazioni brevi, che ho dovuto scrivere subito nel poco tempo disponibile, altrimenti le avrei dimenticate. Chissà quante belle esperienze e situazioni sono andate perse perché nessuno ha saputo registrarle! In questi racconti c’è la vita, in alcuni suoi aspetti; la vita reale e la vita interiore, perché queste due visioni sono strettamente intrecciate ed è impossibile separarle. Così le immagini si alternano ai pensieri, le percezioni sono legate ai caratteri del nostro io, la realtà oggettiva è filtrata dalla nostra personalità. Potrei dire che questi racconti si sono scritti da soli, poiché io ho guardato quello che succedeva tenendo la penna fra le mani. Però questo processo è possibile adesso, con una lunga esperienza di scrittore che permette di osservare, scartare, valutare gli avvenimenti della vita e tradurli in frasi appropriate. Spero che il lettore si diverta a leggere questi racconti, quanto io mi sono divertito a scriverli. Agosto 2001 LA VITA DIETRO UN VETRO Seduto sulla panchina del viale dei tigli a Legnago, guardo donne e uomini che passano. Intuisco i loro destini, le loro mete, i loro drammi, i loro amori, le loro sofferenze perché anche io ho vissuto quei momenti. La vita è fatta di momenti che, trascurando le varianti, si assomigliano tutti. Passa una coppietta di fidanzati. “Guarda” dice la ragazza, “in cielo ci sono le stesse onde di ieri sera”. Alzo gli occhi e guardo anch’io. Il cielo celeste è increspato e le increspature formano mammelle bianche. Arriva un tizio alto e magro, biondastro, con i capelli tirati all’indietro. Trascina una moto vecchissima, ammaccata, piena di borse e zaini. E’ lo stesso tizio che vedevo alle fiere 40 anni fa. Sì, è proprio lui. E’ rimasto identico ad allora: lo stesso vestito a righine, la stessa faccia scavata, la stessa pettinatura… perfino la stessa moto… solo che ha 40 anni di più. Passa una signora anziana con il cagnolino al guinzaglio. La signora è vecchia e anche il cane è vecchio e grasso. Ho smesso di vivere la vita, con i suoi amori, amicizie, rapporti, lotte, affari. Tutto questo è troppo faticoso e perfino pericoloso. Io ho già provato tutto: l’amore con tante donne; l’amicizia con tante persone; e tanti lavori, viaggi, avventure… Adesso sono arrivato in quell’età dove si hanno molti ricordi da passare in rassegna, come un collezionista. Adesso ho l’esperienza e non mi serve più vivere. E’ passata l’età delle illusioni; posso prevedere con esattezza come andrà a finire qualsiasi avventura ancora prima che incominci. Ad esempio, se vedo passare una bella ragazza e la desidero: mi immagino le torture del corteggiamento, il primo appuntamento al quale lei non viene, le notti insonni, le sofferenze d’amore… E poi finalmente gli incontri, il sesso che annulla la coscienza; e poi ancora la ripetitività, la noia, la casa, il bisogno di denaro, il figlio, le liti in famiglia… Ho già provato e visto tante volte tutto questo. Perché viverlo ancora? Mi basta osservare. Adesso mi basta pensare. Così ho messo la vita sotto vetro e, aldilà del vetro, mi diverto a osservarla, e mi dà l’illusione di viverla ancora, senza rischi e senza pericoli. Se potessi parlare ai bambini, spiegherei loro la vita, non quella che imparano a scuola, ma la vita reale, il mondo come è. Direi a un bambino: ti piacerà un giocattolo e crederai di amarlo per tutta la vita. Vedrai passare una ragazza e butterai subito via il giocattolo più caro. Ti perderai per una donna, vivrai le illusioni che sia una Dea, poi un’amante, poi una compagna, poi un’amica, infine una nemica… Direi ancora a un bambino: conoscerai l’amicizia, ti sacrificherai per un amico che ti sfrutterà, ti tradirà e parlerà male di te. Farai tanti sacrifici per inseguire il denaro, la posizione, la carriera e dopo ti accorgerai che la giovinezza è fuggita e il tempo è passato. Il denaro arriva sempre troppo tardi, arriva quando sei diventato vecchio, hai problemi di salute ed allora non ti interessa più. A quell’epoca avrai solo paura della morte, poiché hai visto tanti uomini e donne che incontravi tutti i giorni e adesso sono morti, sono andati via per sempre, senza sapere dove. Ancora persone che passano ed io dalla mia panchina le osservo: il ragazzino sul pattino che vuole arrivare primo, due amanti che chiacchierano raccontandosi i loro segreti, un uomo con la tuta che ha appena finito di lavorare. Agosto 2001 IL GIOCO DELL’AMORE Passeggio svagato per le strade di Morubio, un piccolo paese. Odore di cuoio proviene da un negozio di scarpe, odore di alimentari, odore di stoffe da una merceria… Mentre cammino per la via ascolto le parole di una donna: “Quella sera di aprile era la prima volta e io avevo messo le mutandine rosa…” I gatti si riposano sulle aie delle fattorie. Un uomo racconta ad un altro: “Il figlio è morto di cancro. Era sano, forte e coltivava 50 campi. In poche settimane la malattia lo ridusse a uno scheletro… il padre era disperato e vendette tutti i campi.” Davanti a una porta aperta sta seduta una vecchina su una seggiola e prende il fresco. Ogni volta che passo mi fermo per chiacchierare. Questo pretesto mi permette di osservare la foto posata su una mensola dentro alla saletta. E’ una foto in bianco e nero e raffigura una ragazza con i lunghi capelli e lo sguardo triste sullo sfondo della campagna invernale. Dalla prima volta che l’ho vista mi sono innamorato di lei e non mi stanco mai di osservarla. Successivamente ho saputo che è la figlia della vecchina. Ma la foto in cornice d’argento è vecchia di 30 anni e quando ho incontrato quella donna ho visto una signora matura, completamente differente. Ha cambiato perfino la pettinatura. Dopo aver salutato la vecchina proseguo nella passeggiata. Questa è la vita: un eterno cambiamento, un perpetuo fluire. Le occasioni della vita bisognerebbe prenderle nel momento in cui si presentano? A 20 anni se sposi subito il primo amore, ti costerà molti sacrifici; dopo pochi anni lei cambierà, ti troverai insieme a una donna differente e avrai fatto tanti sacrifici inutilmente. Se invece rimandi il matrimonio a quando avrai il denaro, il lavoro, la casa, allora probabilmente perderai la ragazza e resterai a rimpiangerla per tutta la vita. La vita è complicata, veloce, incomprensibile. Quando crediamo di averla capita, allora siamo vecchi, allora è troppo tardi, allora è una conoscenza che non ci serve più. Nella luce dorata del tardo pomeriggio, profumo di pomodori e di frescura proviene dagli orti. Passa una nipotina che corre incessantemente, vivace come una farfalla. Dietro c’è il vecchio nonno che cammina pianissimo, appoggiato a due bastoni. Ecco. La vita è tutta qui: l’inizio e la fine sembrano lontanissimi e invece sono così vicini, terribilmente vicini! Nell’attesa, godiamoci la vita, burliamoci dei suoi vecchi trucchi, siano essi amori o sepolture. Solo che non è facile, ci vuole molta filosofia ed esperienza. E quando non ce lo aspettiamo cadiamo in qualche trappola, mentre guardiamo il gioco dei bussolotti: due braccia nude femminili, il seno bianco intravisto nella scollatura… Sembrava tutto così bello e facile, ma sapevamo che non era così, sapevamo quello che ci aspettava; abbiamo giocato lo stesso, ed abbiamo perso. Questo vecchio trucco ci ha fregati per la centesima volta. Fregherà le generazioni future, certo, ma noi che sapevamo, noi che avevamo già fatto quell’esperienza… ci siamo cascati di nuovo. Pazienza. L’illusione chiamata amore funziona. Altrimenti non saremo qui a raccontarlo. Agosto 2001 CORTEGGIAMENTI Una domenica di un pomeriggio d’estate, a Legnago. Seduto sulla panchina dell’altro lato del viale c’è una ragazza. E’ sola. Indossa un vestito rosso e tiene le gambe accavallate così da lasciare scoperta un po’ di coscia bianca. Io mi siedo distrattamente su una panchina libera di qua del viale e ogni tanto la guardo. E’ una ragazza sola e attende. Che cosa? Probabilmente che qualcuno incominci il corteggiamento. Una cosa terribile e meravigliosa, il corteggiamento, imposto dalla Natura. Durante il corteggiamento l’uomo sottomette il suo orgoglio, la sua dignità, la sua personalità e diventa un giocattolo nelle mani della femmina, l’essere più perfido, frivolo e irrazionale di tutto l’universo. Ma è anche l’essere più attraente, quindi metto da parte i ragionamenti e decido di corteggiarla. Dovrò incominciare a parlarle; di cosa? Di letteratura, filosofia, psicologia, storia delle religioni…? Neanche per sogno. Mi crederebbe un pazzo. Dovrò fare discorsi frivoli e idioti sul caldo che fa, sul tempo, su argomenti generici che non interessano né me né lei. Questo è l’unico sistema per arrivare a conoscere una sconosciuta. Non esistono altri sistemi. Alcuni uomini sono molto bravi in questo e conquistano le donne. Io non sono bravo; comunque qualche banalità dovrò dirla se desidero conoscerla. L’accetterà? Può sorridere e apprezzarla, può rimanere in silenzio, o ridermi in faccia e dirmi di andarmene. Può perfino darmi uno schiaffo. Ho preso due volte uno schiaffo in tempi diversi da due ragazze che mi piacevano e intendevo corteggiare. Ma di solito stanno zitte o si alzano e vanno via lasciando la panchina vuota. E’ sempre imbarazzante per l’uomo che in questo modo attira gli sguardi dei passanti. Farò un commento sul caldo (siamo in agosto) poi la inviterò a prendere il gelato, anche se io odio i gelati. Naturalmente non mi conviene avvicinarmi subito. Lei potrebbe essere in attesa di qualcuno che potrebbe arrivare fra un momento: il fidanzato, compagno o perfino il marito. Così lui mi troverebbe davanti a lei e mi direbbe: “Questa è la mia fidanzata…” Sarebbe ancora più imbarazzante. Lascio passare una decina di minuti, anche se così corro il rischio che arrivi qualche altro corteggiatore. Nell’attesa guardo la ragazza; è magra, slanciata, con capelli lunghi e neri. A questo punto, poichè non arriva nessuno, decido di attraversare il viale, camminando lentamente e fermarmi per dirle qualcosa. Ma succede un fatto imprevisto. Prima che io mi muova la ragazza si alza e va via. Mi alzo anche io, attraverso la strada e la inseguo sul marciapiede. Spero mi si ripresenti un’altra occasione, oppure dovrò raggiungerla e inventare qualche cosa da dire. E’ ancora più difficile corteggiarla mentre cammina in mezzo alla gente, ma non mi resta altro da fare. La ragazza svolta in una via laterale e la perdo subito di vista. Dopo un po’ la vedo lontano su una bici. E’ perduta. Guardo l’orologio: sono le 6 pm. Forse doveva andare a casa, forse è andata via perché sulla panchina è arrivato il sole; forse ha intuito le mie intenzioni e non voleva essere corteggiata da me. Per saperlo dovrò tornare ancora qui, domenica prossima. Agosto 2001 FORMICHE In questo fine pomeriggio mi sono imposto di non fare niente, per recuperare energie. Niente leggere, niente scrivere, niente donne, niente passeggiate in campagna. Sto qui seduto all’ombra, su una panca e mi riposo. Passa un tizio grasso con la faccia bitorzoluta, che conosco ma non vedevo da molti anni. Si ferma, mi saluta, si siede anche lui sulla panca e incomincia a chiacchierare: “Ti ricordi i bei tempi? E quella volta all’osteria di Belli? Hai più rivisto Tania? E il nostro amico morto te lo ricordi?” “Sì, sì, sì, mi ricordo…” Poi lui prosegue: “Abiti ancora in quella vecchia casa? Fai ancora lo scrittore? Ti sei sposato? Quanti anni hai adesso?…” Io accenno con la testa e intanto guardo le formiche che vanno sul marciapiede. Ce ne sono di grosse e lucide o di minuscole e camminano in tutte le direzioni. E’ uno studio interessante. Passa un tizio magro, amico dell’amico; saluta, si ferma, si siede sulla panca e anche lui incomincia a scherzare e chiacchierare: “Cosa fate qui seduti? Quanto vi pagano a stare seduti? Venite spesso qui? Avete appuntamento con donne?…” Poi rivolge a me le sue domande: “E lei cosa fa di bello qui? Lei non è di questo paese, vero? Da che paese viene? E’ stato ancora qui? Due settimane fa lei era seduto qui, non è così? Conosce mio cugino? Ha la fidanzata? Sta aspettando per caso una donna?” Io sorrido e muovo la testa. Ho notato che le persone sono molto curiose riguardo i fatti degli altri. E’ una curiosità grandissima, un interesse morboso verso la vita privata delle persone. Io non domando a questo tizio se è sposato, quante volte fa l’amore con sua moglie, che posizione preferisce… Lasciamo stare. Non affermo e non contraddico niente per evitare discussioni. Tengo abbassata la testa, faccio dei cenni o dei sorrisi ogni tanto e guardo passare le formiche. Arriva un terzo personaggio, grasso e sudato, amico di qualcuno lì; si ferma e si siede pure lui. La panchina incomincia a diventare stretta. L’ultimo arrivato incomincia a chiacchierare, a fare delle battute; poi si rivolge a me e inizia una lunga sequenza di domande. Io rispondo con sorrisi e cenni del capo, sempre guardando le formiche. Dopo una decina di minuti sono stufo di questo lungo interrogatorio. Allora improvvisamente alzo la testa e faccio anche io una domanda: “E il ponte? Hanno riaperto il ponte sull’Adige?” Tutti si fermano di parlare e mi guardano sbalorditi. Poi qualcuno si riprende dalla sorpresa e balbetta: “Il ponte? Ah! Il ponte. No, quello è ancora chiuso… i lavori sono lunghi, nessuno ci passa più…” Allora mi alzo e rispondo: “Ah sì? Bene, grazie dell’informazione e buona sera a tutti.” Poi mi incammino e vado via. Agosto 2001 PASSIONI La commessa della merceria sta pulendo la vetrina. Ci passo davanti, la guardo, lei mi guarda qualche secondo più del solito. Passo tutte le mattine davanti al suo negozio e qualche volta la vedo, anche se non ho mai parlato con lei. Questa mattina ha un vestito nero che mi piace, il volto con una espressione intensa, i movimenti sinuosi… Ecco. E’ successo. Mi sono innamorato di lei. Da adesso ho perduto la tranquillità e la pace. Non dormirò, non mangerò, non riuscirò più a lavorare… penserò solamente a lei. Nel presente non è così grave. E’ una esperienza che ho fatto decine di volte in passato. Da giovane questa esperienza mi travolgeva e ne uscivo dopo mesi o anni, distrutto e annichilito. Adesso posso controllarmi meglio e limitare i danni. Dunque adesso devo trovare il modo di conoscerla. Entrerò nel suo negozio per comprare dei bottoni; l’amore, si sa, costa denaro e questo è solo l’inizio! Per notti e giorni penserò a lei; so per esperienza che saranno tutte fantasie irreali, ma sono così piacevoli! Lei è sicuramente diversa da come io la immagino; quando le parlerò me ne accorgerò, ma non subito perché le donne sanno simulare e mi ci vorranno mesi di compagnia per scoprire il suo vero carattere. Quando lo avrò scoperto forse troverò in lei molte cose che non mi piacciono, ma nel frattempo mi sarò impegnato e non potrò più abbandonarla. Tutto il vecchio cliché si ripete, tutto il vecchio palcoscenico fatto di trucchi, lustrini, riflettori, corde, cartapesta, scenari finti che portano al matrimonio. Le volte passate sono riuscito a sfuggire, per puro caso, al matrimonio. La fortuna mi assisterà anche questa volta? Perché si tratta di fortuna, non di bravura, sfuggire all’impegno dell’unione e ritornare artista libero. Se mi fossi sposato avrei certamente divorziato dopo poco tempo. Con il mio carattere questa conseguenza è inevitabile. Non sopporto neanche il legame d’amicizia con persone affini a me, come posso sopportare l’unione con una donna? Lo stesso pomeriggio sono seduto al bar insieme a un tizio. Io non lo ascolto, ma penso alla ragazza della merceria. Non so niente di lei, né da dove viene, né dove abita, né l’età e neanche il suo nome! Dovrò chiedere informazioni agli amici prima di abbordarla; dovrò sapere almeno se è libera oppure sposato. Poi dovrò fare gli appostamenti; i lunghi, massacranti appostamenti per conoscere le sue abitudini, i suoi orari di apertura e chiusura, che locali frequenta per poterli frequentare anche io. E tutto questo presto, prima che finisca l’estate. In autunno le giornate sono fredde e piovose; lei uscirà meno e avrò meno occasioni di incontrarla. Da questo pensiero sorge l’ansia. Addio ai libri che erano tutto per me e adesso non mi interessano più. Addio alla ricerca, alla Letteratura, alle passeggiate in campagna insieme ai cani randagi. Questo modo di vivere mi pare lontanissimo dopo che nella mia testa è entrata lei. Sul marciapiede passa una donna con un vestito azzurro. Dalla spaccatura intravedo le gambe bianche. Porta i capelli annodati che poi ricadono in una treccia. Il volto è luminoso e meraviglioso. Chi è? Forse è la sorella o l’amica di una che conoscevo e che si è trasferita anni fa. Le vedevo sempre insieme in quegli anni. Dio come è diventata bella! Lei è la donna della mia vita. Adesso dovrò conoscerla, fare amicizia, invitarla a passeggio… Ma dovrò fare presto perché l’estate sta per finire e… E la ragazza della merceria? Come appare sbiadita e insignificante! Adesso mi è completamente indifferente; significa che sono guarito da quel vecchio amore. Agosto 2001 UN POMERIGGIO CON LUISA In un pomeriggio assolato passo davanti alla casa di un amico e mi fermo per salutarlo. Lui sta aprendo il portone perché sta per partire. Sua sorella invece sta stendendo la biancheria da asciugare. Dopo brevi convenevoli saluto il mio amico che ha fretta e va via, mentre io resto in compagnia di sua sorella. Sono anni che non la vedevo e adesso la guardo: è invecchiata, un po’ ingrassata ma ancora piacente. I capelli biondi le ricadono sulla schiena, il vestito bianco è stretto e corto. Le chiedo come sta, come va la vita e lei accenna a un sorriso che è una smorfia di dolore. I genitori sono morti, lei non è sposata e vive con il fratello in questa grande casa. Poi mi racconta le asprezze di un vicino prepotente, i lunghi infruttuosi tentativi per far valere alcuni diritti, un lungo processo non ancora terminato che ha fatto morire di crepacuore sua madre. Nei discorsi di Luisa, come in tutte le donne quando noi le lasciamo parlare, l’argomento unico è la quotidianità, i piccoli e grandi problemi della vita pratica, della vita di tutti i giorni. E io lascio parlare questa ragazza, e faccio espressioni dolorose o allegre per assecondarla. Approvo con cenni del capo, ricalco le sue negazioni, mentre il pomeriggio scorre nel caldo e nei discorsi. Si potrebbero fare tante altre cose più belle: ci potremmo toccare, accarezzare, baciare… Ma la donna vuole parlare. Potremmo parlare di Letteratura, Arte, Scienza, Natura. Ma la donna vuole esporre i suoi problemi. Seguendo i miei pensieri ho perso il filo dei suoi discorsi e adesso devo fare attenzione per sintonizzare le espressioni del mio viso con il tema dei suoi discorsi. Sta raccontando la malattia di suo padre che ha portato la fine dell’attività, la sua scomparsa prematura… Adesso mi sta raccontando la storia della sua famiglia, i sacrifici dei suoi genitori per comprare il terreno, per fare la casa, per ingrandirla mentre erano impegnati col loro lavoro. Ancora la vita reale, la vita pratica descritta minuziosamente. E’ una gabbia da cui non posso sfuggire finchè sono qui con lei. Lei ha abbandonato i panni da stendere per raccontarmi queste cose. Se io cambiassi argomento di conversazione, lei tornerebbe al suo lavoro; dunque mi conviene tacere ed ascoltare. La donna è legata al mondo pratico, ai problemi quotidiani. Sono tutte così. Anche le donne ideali che abbiamo amato e conosciuto. Quando la donna non parla, solamente allora, gli uomini possono idealizzarla; e la donna quando incontra un uomo che le piace sa tacere. Nei discorsi di Luisa siamo arrivati al cambio delle piastrelle nella casa… Sono rassegnato ad ascoltare, mi impongo di ascoltare per capire le donne, per verificare la loro mentalità. In alcuni momenti lei rimane silenziosa e i suoi silenzi sono ancora più pericolosi dei suoi discorsi perché lei si aspetta che io dica quello che lei vorrebbe dire. Il pomeriggio è quasi trascorso e arriva la sera. Lei sembra accorgersene adesso e ha un gesto di allarme. Tutta agitata si appresta a ritornare al suo lavoro, ma prima ci salutiamo. La ragazza si complimenta con me perché sono uno che parla bene, perché sono il primo che ha realmente capito i suoi problemi. In realtà io non ho quasi mai parlato, ho solo ascoltato. Ma è proprio questo che cercano le persone, un ascoltatore che le approvi. Anche se non ho amoreggiato con Luisa, come avrei desiderato, la vicinanza di una donna è sempre un evento piacevole. In conclusione ho trascorso un pomeriggio piacevole del quale mi rimarrà un bel ricordo. Agosto 2001 FESTA PER ANZIANI Come l’anno scorso arrivo alla festa per anziani a Morubio, mi siedo in disparte e resto ad ascoltare la musica. Una vecchia balla da sola col bicchiere in mano. Un’altra sta semisdraiata ed apre e chiude la bocca in continuazione. Un grassone ha un tremito al braccio e lo sguardo vuoto. Ma la maggior parte dei vecchietti e delle vecchiette ballano, bevono, ridono e si divertono. Che effetto fa vedere la vita dall’altro lato? Quando le illusioni della vita sono tutte crollate, che cosa resta? Quando la bellezza è fuggita, la giovinezza è lontana, l’amore è finito. Forse rimane l’eco di questi tesori, rimane il ricordo e il desiderio di riviverli. O forse no. Forse i vecchi amano la pace che hanno raggiunto, disturbata solo dai problemi di salute. Passa una vecchia col cappellino di paglia e lo scialle e mi dice: “Buona sera. Si sta divertendo?” Mi affretto a rispondere “sì”, ma presto, prima che lei intraveda tutto il terrore della mia anima davanti alla condizione della vecchiaia. La musica prosegue, i vecchi chiacchierano prigionieri nel loro mondo chiuso; i parenti conversano nel loro mondo e i nipotini giocano. Tre mondi separati; solo gli anziani possono vederli tutti e tre, perché li hanno abitati. Adesso li aspetta l’ultimo stadio, quello della morte. Molti vecchi lo immaginano come uno stato di incoscienza, come prima della nascita. Altri credono alle illusioni. Altri non pensano mai alla morte. In momenti come questi io penso alla mia vita passata, mi rallegro per i momenti felici e mi rattristo per le sofferenze, gli errori, le occasioni perdute. Sono diventato uno scrittore. Un ragazzo un po’ speciale è diventato un uomo un po’ speciale. Diventerò un vecchietto altrettanto speciale? Ho tanta paura di non riuscire ad arrivarci. I vecchietti cantano, l’uomo paralizzato alle gambe suona con l’armonica canzoni di 50 anni fa. Tutto è gioioso, ma è una gioia incrinata, una gioia voluta, una gioia artificiale. Dietro a questa breve gioia ci sono i muri bianchi della Casa di Riposo, ci sono i flebi, i letti, gli infermieri… E poiché siamo alla fine dell’estate li aspetta tutta la terribile noia dell’inverno, delle giornate tetre e monotone da trascorrere accanto al termosifone, guardando il gelo fuori dalla finestra. E in quelle stanze protette, soffici e riscaldate emergono le paure interiori, i terrori dell’anima; i rimorsi, i rimpianti, lo strazio di una vita consumata. Passa una vecchietta con un bel vestito a fiori colorati. La sua pelle è grinzosa e pallida. In lei è tutto un contrasto: sembra la primavera e l’autunno insieme. Arriva la sera. I raggi del sole al tramonto indorano le chiome dei tigli, penetrano fra i rami tessendo fili di luce. Arrivano gli infermieri per trascinare le sedie a rotelle, per sorreggere chi fa fatica a camminare. I camerieri sparecchiano unendo i rimasugli dei cibi per i numerosi gatti del cortile. Arriva uno zingaro, entra e stando in piedi mangia pasticcini rimasti e beve dalle bottiglie semivuote. E’ vecchio anche lui, ha i capelli grigi ma si vede che conserva una dignità che lo rende estraneo, per ora, a quel mondo di larve. La festa è finita. Quasi tutti si sono ritirati. Un vecchietto è rimasto seduto su una panca. Un altro passeggia da solo in fondo al parco. Due vecchiette chiacchierano fra di loro. Agosto 2001 CONFIDENZE Mentre sto camminando, all’angolo di una via incontro una sconosciuta che mi saluta. Mi fermo e la saluto anch’io. Sul momento non avevo riconosciuto questa donna bionda; era la mia compagna in una scuola serale di tanti anni fa. Restiamo un po’ a parlare di quell’inverno trascorso dentro tre stanzette fredde, per ottenere il diploma. Ricordiamo i compagni di allora che si sono tutti trasferiti altrove. Poi quando le chiedo come sta mi racconta queste confidenze: “Ah! Mi sono sposata, ho cambiato casa e adesso abito in questo paese… Ma non sono felice…” “Nessuno lo è su questa terra.” “Se avessi saputo, se avessi intuito prima che uomo era…” Agita le braccia nude con gesti nervosi, quasi isterici. Vedo i peli sotto alle ascelle e odo il tinnire lieve del suo braccialetto, nel silenzio della sera. “Ho perduto tutta la mia libertà: la casa, il terreno, gli animali, ho lasciato tutto per seguire lui in un appartamento squallido, in un paese pettegolo… Ho nostalgia delle mie pavoncelle, le mie tortore, i colombi, le oche… E i miei fiori, gli ortaggi. La vita è fatta di piccole cose ed io, sposandomi, le ho perdute tutte.” Nel crepuscolo della sera l’orologio della torre batte i rintocchi. La voce di lei diviene più acuta, quasi stridula per farsi udire: “E’ un uomo senza sensibilità; lui dorme mentre io giro inquieta per la stanza. E’ un uomo immaturo che non mi comprende e segue ancora i consigli di sua madre. E’ un uomo avaro interiormente ed esteriormente, che pensa solo a lavorare ed accumulare, per noi, per il nostro futuro, costruisce ipoteche sugli anni che verranno. Ma quale futuro! Lui non capisce la precarietà dell’esistenza. Lui conosce una sola verità, segue una sola legge, è sempre sicuro di tutto. Lui non capisce le incertezze, le sfumature, gli imprevisti, i tormenti… Sono arrivata quasi all’esaurimento a forza di sopportare…” Rimango colpito dalle sue parole. Ho i nervi tesi e sento la tensione nervosa aumentare ancora: “Mi stai dicendo delle cose molto tristi. Faccio una pausa poi chiedo: “Hai figli?” “No, mi sono sposata troppo tardi.” “Esiste anche il divorzio…” le suggerisco. “Nooo! Lo farei soffrire troppo. Non posso dargli questo dolore. In fondo lui è buono e non mi fa mancare niente. E’ un bambinone che piange, un immaturo che è rimasto sulla superficie della vita. Non ha sensibilità. Non potrebbe mai capire i miei problemi.” Ci lasciamo così come ci siamo incontrati. Ci siamo incontrati per caso e probabilmente passeranno anni prima di vederci di nuovo. Forse non saprò mai come finirà la storia della mia amica. Questa è la vita e queste sono le persone. La fidanzata non è mai la moglie; il fidanzato non è mai il marito; l’amante non è mai il marito. Voglio dire che quando cambiano ruolo queste persone si trasformano e non sono più le stesse di prima. Agosto 2001 LA RAGAZZA DEL SEXY SHOP Una mattina passo davanti a un sexy shop e mi fermo per guardare le vetrine. Ci sono baby-doll, frustini e scarpe con tacchi a spillo. Questi oggetti nella luce bianca del giorno perdono un po’ del loro fascino. Poiché sono disoccupato spingo la porta ed entro nel paradiso dei sogni dell’uomo. I fondatori di religioni si sono ispirati al sesso per inventare i paradisi e gli inferni; perché naturalmente gli opposti sono lontani visti davanti, ma vicini visti da dietro. All’interno tutto è morbido, curvilineo, ovattato e accogliente. Qui dentro nelle luci rosse c’è tutto il mondo del sesso, illusorio e irreale, creato dalla fantasia dei maschi. Qui si trovano tutti i sogni, le fantasie, le illusioni che il sesso femminile, per secoli, ha suscitato nella mente dei maschi. Ci sono foto di ragazze con bocche rosse semiaperte, seni grossi, gambe slanciate, glutei sporgenti: tutta illusione. Ma per questa illusione l’uomo vive, lavora, si sacrifica e talvolta uccide. In mezzo ai falli giganti, vagine di gomma e mammelle gonfiabili sta lei, la ragazza vera. Appare sbiadita e un po’ scialba fra le bambole colorate e superdotate che stanno intorno. Gli scaffali sono zeppi di richiami e sorridenti attrazioni. La ragazza invece sta seria e struccata dietro il banco. Dalla sua freddezza, dal suo distacco, intuisco le avances sessuali che ha incontrato stando lì, dentro il tempio del sesso. Così ha adottato un atteggiamento adatto per scoraggiare le proposte oscene. Quando entra un uomo, la ragazza con la sua sensibilità femminile, capisce subito la psicologia del cliente, intuisce che tipo di uomo è, che tipo di illusione egli cerca e desidera. Adesso lei sta guardando me e aspetta. Io, dopo averla salutata, guardo le mutandine a forma di cuore, i baby-doll trasparenti, i vestiti neri a rete eccitanti anche sui manichini colorati e maggiorati. Ma la vita di coppia è tutta un’altra cosa; è fatta di lavoro, responsabilità, routine, qualche momento di gioia e tanta sofferenza, tanta noia. Dopo aver ammirato tutto, compro la cosa che costa meno, cioè una rivista patinata che butterò nella spazzatura dopo poco tempo. Molte volte anche l’uomo vorrebbe buttare nella spazzatura la donna che ha appena sposato. Poiché dopo essere stato a letto con lei, dopo pochi secondi di paradiso e di oblio, ritornano i problemi: l’affitto da pagare, alzarsi presto per andare a lavorare, il figlio in arrivo, il corredino da comprare… Tutte queste cose la donna le sa e le sente di istinto. L’uomo invece no. Non pensa volentieri a questa parte, che è la più grande, del matrimonio. Quando questi pensieri arrivano alla sua mente, egli li accantona subito. L’uomo preferisce pensare ai seni, al sesso della sua donna, e niente altro. La donna vede la visione illusoria dell’uomo. Invece l’uomo non vede la visione pratica della donna. La differenza è tutta qui. Queste vedute, separate da un abisso, dapprima uniscono gli opposti come complementari. Dopo qualche anno dividono gli opposti per incomprensione e incomunicabilità. E non finisce qui: l’uomo cercherà un’altra donna, una differente dalla prima e ricadrà nel trabocchetto. Poiché non esistono donne differenti; le differenze fra loro sono solo in superficie. Nel profondo, lo schema che la Natura ha impiegato per costruire la mente della donna, è sempre lo stesso. Questo vale anche per l’uomo. Tenendo la mia rivista fra le mani saluto la ragazza ed esco fuori, alla luce del sole. I problemi fra i sessi non saranno mai risolti. I giovani percorreranno questa strada sempre uguale. Le rose e le spine, il piacere e il dolore, in una canzone vecchia ma sempre nuova per quelli che nascono senza memoria e con il desiderio di giocare al gioco della vita. Agosto 2001 DUE DONNE Vado a casa di Samantha, per invitarla a una mostra collettiva di pittura. Lei è una mia amica pittrice che conosco da anni. Mentre mi avvicino alla sua casa, noto che le pittrici si assomigliano tutte. Anche qui, come altre che ho conosciuto, c’è il cortile pieno di gatti, ci sono i vasi con i fiori e le piante esotiche. Mi apre Samantha, una donna sulla quarantina con una pettinatura complicata e una vestaglia fantasiosa. Mi prende la mano, mi dà un bacino di benvenuto e mi attira dentro. L’interno è anch’esso intonato all’esterno, quasi come un suo prolungamento. Uno stanzone troppo grande e troppo in penombra. Dovunque c’è disordine di quadri, dipinti, stoffe, tende, tappeti, divani… Lei mi offre da bere caffè, tè e liquori rari; tutte cose che detesto, così per farle compagnia prendo un bicchiere di acqua. Mi mostra i suoi quadri sparsi un po’ dappertutto. Quadri grandi, enormi, troppo colorati con soggetti banali e disegnati in maniera infantile. I quadri non mi piacciono, ma per gentilezza le dico che li apprezzo. Poi mi fa accomodare su un divano troppo soffice. Si siede vicino a me, un po’ troppo vicino, e incomincia a narrarmi i suoi sogni, i suoi rapporti difficili con la famiglia, la sua giovinezza infelice e tante altre cose. Adesso mi parla di astrologia, un argomento privo di interesse per me. Vuole farmi l’oroscopo al quale non credo ma, per non apparire scortese, devo fingere di credere a queste scemenze. Dal suo modo di trattarmi, io percepisco tutta la disponibilità di questa ragazza ad essere amata. Nei suoi discorsi percepisco tutto il suo bisogno d’amore frustrato. Purtroppo percepisco anche la mia mancanza di attrazione verso di lei. Penso che questa donna non mi piace. Non mi piace niente di lei e del suo mondo. Non mi piace il suo viso, la sua pettinatura e neppure il suo nome, troppo pretenzioso. Non mi piace il suo vestito troppo fantasioso. Non mi piacciono i suoi quadri e neppure la casa dove vive, troppo dispersiva e irrazionale, strapiena di cose inutili, suppellettili e chincaglierie. Più tardi ci salutiamo e quando esco da lì mi sento sollevato da tutto il nervosismo e l’irritazione che avevo accumulato. Lo stesso pomeriggio, mentre cammino per la via vedo la mia amica Cristina, seduta da sola su una panchina della piazza davanti alla chiesa. Ha un bel vestito scollato e una spilla a forma di fiore fra i capelli. Cristina assomiglia alle donne del pittore Delvaux. Negli anni passati ho tentato di corteggiarla, ma mi ha sempre respinto; alcune volte abbiamo chiacchierato, altre volte è stata fredda e sprezzante. Questo inverno quando l’ho incontrata è stata molto scortese perché mi ha mandato via con un gesto della mano. Mai una volta ha accettato l’invito di uscire con me. Dopo queste riflessioni mi avvicino cautamente alla ragazza e le dico piano: “Ciao Cristina. Come stai?” Restando seduta sulla panchina incomincia a parlare con tono allegro; dice che sta bene e sta aspettando l’arrivo degli sposi. Allora io la incoraggio a parlare e lei mi racconta che sua sorella sta per sposarsi perché è rimasta incinta; l’altra sua sorella invece si sposerà l’anno prossimo. Cristina ha una maglietta molto scollata e inoltre la minigonna mostra gambe bellissime, ma tiene le gambe unite e non fa gesti, così non posso vedere di più. Con la sua voce graziosa la ragazza mi racconta del suo attuale lavoro in fabbrica, del lavoro precedente come aiuto cuoca in un albergo; lavoro che ha abbandonato perché non andava d’accordo col personale. Mi piace tutto di Cristina, il suo volto, i suoi capelli, il modo come parla, il suo vestito e perfino il suo nome. Adesso mi sta raccontando che ha litigato con la sua amica per questioni di donne e poi mi parla, ahimè, del suo fidanzato, malvisto dai familiari ma che lei ha deciso di sposare. E’ un ragazzo serio che conosco anche io; ha un lavoro, e questo è importante. Lo dico alla ragazza e le faccio tanti auguri. Lei sorride; un bel sorriso che mi fa innamorare, e mi ringrazia. A questo punto mi resta una sola cosa da fare: andare via. Perciò la saluto e vado, anche se il mio cuore rimane là, seduto su quella panchina insieme a lei. La donna che non mi piace è libera, gentile e disponibile. La donna che mi piace è impegnata e mi respinge. Cosa posso fare? Così è la vita. Così è l’amore. Settembre 2001 GLI SGUARDI Un’amica che ho invitato in piscina è già impegnata col ragazzo e mi suggerisce di portare la sua amica Mary. All’inizio non riesco a capire di chi si tratta; poi, dalle descrizioni intuisco trattarsi di una ragazza che passa davanti a casa mia tutte le mattine per andare dal giornalaio a comprare la puntata del fotoromanzo. Così la mattina dopo la guardo mentre passa. E’ una ragazza insignificante, grassottella, capelli corti e con gli occhiali. Inoltre è molto più giovane di me. Le mattine successive lei non mi guarda, o mi guarda appena, ma intuisco che desidera conoscermi, intuisco che si aspetta che la saluti, che le dica qualcosa. Io la guardo un attimo e non dico niente. Non saprei cosa dire. La sua amica le ha parlato di me, le ha parlato dello scrittore, del poeta, e adesso questa ragazza si è fatta delle illusioni matrimoniali su di me. Circa una settimana dopo la ragazza cambia atteggiamento. Adesso è diventata sfacciata e quando ci incontriamo lei mi guarda seria: punta i suoi occhi nei miei e non smette di fissarmi. Io invece la guardo per un secondo, poi sposto lo sguardo da un’altra parte. Lei vuole conoscere me, e io invece non voglio conoscere lei. E’ ancora una ragazzina con la testa piena di sogni e di illusioni. Per molte mattine, quando ci incontriamo, la ragazza mi guarda senza abbassare gli occhi. La guardo anch’io. I suoi occhi sono seri ed esprimono un rimprovero, sembra che dicano: “Che cosa aspetti a dirmi qualcosa?” Sento che si è profumata in modo esagerato. Manda un profumo intenso, troppo carico che lascia una scia anche quando è passata. Ma io resto silenzioso. I suoi sguardi di rimprovero durano alcune settimane. Adesso ha capito che non funzionano, che ha sbagliato espressione. E allora ha cambiato modo di guardarmi. Adesso mi guarda in maniera dolce. I suoi occhi sono diventati un sorriso e un invito. Dalla sua amica ho saputo che è andata da un vecchio mago per comprare un amuleto. Passano ancora giorni e io penso che sono stato troppo crudele con una ragazzina semplice e buona che non merita questo. Ma la Natura ha voluto che l’amore sia un gioco crudele. Comunque decido di rimediare e quando ormai non se lo aspetta più decido di accontentarla. E’ arrivato l’autunno e se non lo faccio ora, in inverno sarà più difficile poiché lei uscirà poco. Dalla sua amica ho saputo che è morta sua nonna e in questo periodo lei si sente triste e passa le ore davanti alla sua tomba. Così, una mattina mentre la incrocio sul marciapiede le dico semplicemente: “Ciao Mary.” “Buongiorno.” “Ho sentito che è morta tua nonna.” “Sì.” “Ti dispiace molto vero? Anche a me dispiace.” “Grazie.” “Vieni, ti accompagno al cimitero.” Settembre 2001 OCCASIONI PERDUTE Arrivo alla festa in campagna a Palesella, sul tardo pomeriggio, quando ormai sta per finire. Alcuni amici mi intrattengono, ma mentre loro parlano io guardo una ragazza in mezzo a un gruppetto di persone poco lontano. Non è bella ma non è neanche brutta. E’ una mia compaesana che ho visto di sfuggita in varie occasioni, senza trovare mai il pretesto per parlarle, per presentarmi e fare amicizia. Infatti non è facile per l’uomo abbordare una ragazza che vede raramente. Bisogna scegliere il momento giusto, quando lei ha tempo, quando è disponibile e non sempre accade. La avevo incontrata in passato in alcune occasioni poco favorevoli: mentre saliva sulla corriera, mentre usciva da un negozio con le sporte piene della spesa, mentre passava in bici, oppure in un giorno di vento mentre camminava affrettatamente per correre a casa. Perciò avevo sempre rimandato l’impulso di avvicinarmi per parlarle. Anche adesso non è il momento buono: gli amici non mi lasciano solo, la festa sta per finire e tutti si preparano per partire. Viene la sera e lei va via su una bici accompagnata da un’amica. Successivamente nel corso del tempo rivedo ancora questa ragazza, in varie occasioni. Ma sono sempre momenti inopportuni, per lei o per me: lei dimostra di avere fretta, oppure io ho fretta o sono indisposto o malvestito. Perciò rimando nuovamente la mia presentazione a una prossima volta. E in questo modo sono passati alcuni anni. Incontro questa ragazza oggi, all’improvviso, mentre sta uscendo di casa. (Prima d’ora non sapevo dove abitava). Ha appena smesso di piovere, lei ha l’ombrello con sé e non sembra avere fretta. Ecco. E’ arrivata finalmente l’occasione giusta. Io attraverso la strada per andare sul suo marciapiede. La incontrerò nel momento favorevole, un attimo prima che si incammini. Mentre mi avvicino penso: che cosa le dirò? Si ricorderà di me? Ci siamo visti a quella festa in campagna… ma sono passati tanti anni. Dopo è mancata l’occasione per conoscerla. La vedevo raramente e non potevo andare a suonare il campanello di casa sua per presentarmi. Con questi pensieri mi avvicino di più a lei. Noto che è invecchiata, è meno bella; però ha un bel seno e un bel sederino. Sarà di buon umore? Avrà fretta? Avrà preoccupazioni per la testa? Se non sto attento farò una figuraccia. Le dirò semplicemente “Buongiorno signorina”. E dopo? Arrivano anche altre persone che conosco di vista e passano proprio in quel punto. Questo è il momento; adesso o mai più. Dio, se avessi parlato con lei almeno una volta, in qualche occasione passata. Ma non è mai successo! Siamo due estranei. Mi avvicino ancora di più. Ecco, lei ha appena finito di chiudere la porta, mette la chiave nella borsetta, apre l’ombrellino e si incammina sul marciapiede. Settembre 2001 LA DONNA CON IL CANE Nelle mie passeggiate autunnali lungo l’argine di un fiume, incontro spesso una donna con un cane. Io amo profondamente gli animali, soprattutto i cani; questo mi annusa, scodinzola, io lo accarezzo e l’amicizia è fatta, col cane… e con la signora. E’ una 50enne ancora piacente con la pettinatura a caschetto e il vestito sobrio, non appariscente. Sarebbe stato difficilissimo, se non impossibile, conoscerla e fare amicizia. Invece, con il cane come intermediario, tutto si è svolto in pochi minuti. Nei pomeriggi autunnali col sole o con le nubi, incontro la signora, poiché lei esce con qualunque tempo. E ogni volta io la saluto, accarezzo il cane e poi restiamo a chiacchierare. Le prime volte parliamo del cane, del tempo troppo umido, di come sarà l’inverno successivo. Nei pomeriggi seguenti gli argomenti delle nostre conversazioni cambiano… Un poco alla vota la donna mi parla di lei, della sua vita interiore, del suo passato e dei suoi progetti futuri. Quando era ragazza, ricca e bella, sua madre pretendeva che sposasse un uomo di pari condizioni sociali. E una sera arrivò lui, il chirurgo, un bell’uomo ricco e importante. Il fidanzamento, i progetti futuri, la casa nuova, l’arrivo del figlio… Con un po’ di amarezza mi racconta tutto questo, come se non fosse stata completamente felice, come se mancasse sempre qualcosa. E infatti c’è qualcosa che non va. Il marito la trascura per gli impegni di lavoro, i parenti sono ipocriti, i suoceri odiosi… Adesso siamo in ottobre; il sole è giallo e basso e i pomeriggi sono corti. La signora continua il suo racconto narrandomi avvenimenti sempre più scottanti e scabrosi. La vita matrimoniale peggiora sempre più. I disaccordi aumentano. Il marito si rivela un uomo volgare che corteggia una ragazza più giovane di lui, una ballerina da night. Questa relazione suscita un piccolo scandalo, subito soffocato. Dapprima il marito sembra pentito e rientra nella famiglia. Ma poco dopo riprende la sua relazione clandestina. E’ il divorzio. L’ex marito va a vivere con l’altra donna. Adesso la signora è rimasta sola nella grande villa che intende vendere e trasferirsi in un altro paese. Arriva novembre con i pomeriggi nebbiosi. La nebbia attutisce i contorni, funge quasi da griglia di confessionale che consente di svelare segreti vergognosi. Le confidenze si fanno più ardite e scabrose. La signora descrive particolari sempre più intimi e indecenti: il marito è un uomo violento con maniere rozze di comportarsi in casa e a letto… E’ arrivato dicembre. Tutto quello che c’era da dire è stato detto: gli errori, le debolezze, i vizi. Adesso rimane un senso di vuoto e di insoddisfazione. La signora esce anche con il gelo e il pallido sole invernale. Le cose non sono mai come le immaginiamo quando siamo giovani. Tutti gli eventi piacevoli nascondono lati tristi e oscuri dei quali non sospettavamo l’esistenza e che scopriamo solo dopo averli provati. Queste sono le sue ultime riflessioni. Poi un giorno la signora manca alla sua abituale passeggiata con il cane. In seguito, per colpa delle burrasche di neve, anche io preferisco restare in casa. La primavera successiva, in marzo, vengo a sapere che la signora ha realizzato il suo progetto. Ha venduto la villa e si è trasferita in un altro paese. Settembre 2001 DISCORDIE Ogni sabato all’ora di pranzo vedo passare una signorina graziosa che ho conosciuto a Boschi, tre anni fa. Durante le vacanze d’estate lei andava alla fattoria di suo zio. Io stavo là, poiché davo una mano al mio amico fattore e vedevo questa ragazza tutti i pomeriggi, seduta sulla panca di pietra vicino all’ingresso, con un libro in mano. Se mi capitava di passarle vicino la salutavo. Poi un giorno lei non è più venuta alla fattoria. Da allora sono passati anni e il fattore è addolorato perché non vede più sua nipote; però mi ha raccomandato di non dirglielo. Oggi vado incontro alla ragazza e mi faccio riconoscere: “Buongiorno signorina, sono lo scrittore. Si ricorda di me? Lei veniva a studiare a casa di suo zio in estate, tre anni fa.” Non mi ha dimenticato, perciò restiamo a parlare. E’ un po’ cambiata; quando l’ho conosciuta era magra, quasi filiforme. Adesso è un po’ ingrassata e porta gli occhiali; ma ha ancora i capelli lunghi e neri e lo stesso modo di sorridere. Dopo le solite frasi convenzionali ma obbligatorie con persone che non si vedono da molto tempo, arrivo a quello che intendevo dire: “Signorina Laura, va ancora qualche volta a trovare suo zio?” “No. Non più. Adesso faccio la segretaria e ho poco tempo.” Questo lo sapevo già. Sapevo anche che il padre della ragazza ha litigato con suo fratello (lo zio di lei) per motivi di interesse. Il padre di Laura ha colpito col manico della zappa la testa del fratello, ferendolo leggermente. L’anno dopo il padre di Laura è morto senza riappacificarsi col fratello. Così raccontava la gente in paese. “Signorina, non pensa che sarebbe ora di andare a trovare suo zio, per vedere come sta? Lui è vecchio, è solo e gli farebbe immenso piacere vedere qualche volta questa sua nipote così bella.” Lei sorride, fa una pausa e, un po’ imbarazzata, mi confida a bassa voce: “No. non posso. Dopo che… Dopo di allora la mamma mi ha proibito di andare là, così io non sono più andata.” Sapevo anche questo. Dopo quella lite, padre e figlia hanno smesso di frequentare la fattoria. “Signorina Laura, suo zio è molto vecchio, è malato di cuore. Due mesi fa si è sentito male, era solo in casa e alcuni contadini hanno chiamato l’ambulanza per portarlo all’ospedale…” “Questo non lo sapevo… E adesso come sta?” “Adesso è tornato a casa e sta bene, anche se si sente molto debole. Lei non pensa che sarebbe ora di andarlo a trovare prima che… sia troppo tardi?” A questo punto la ragazza diventa seria, inarca le sopracciglia e mostra i segni di un conflitto interiore: “No… Non posso. Io vorrei andare… ma mia madre non me lo permette. Ha perfino minacciato di buttarmi fuori casa se vado ancora alla fattoria…” “Certo. Capisco. Sua madre avrà tutte le ragioni per volere che lei si comporti così. Ci sono stati degli screzi, è vero; qualcuno aveva ragione, un altro aveva torto, anche se non mi interessa sapere chi, né perché… ma lei…” “Io cosa?” “Ma lei ha mai pensato che, in futuro, potrebbe provare dei rimorsi. Potrebbe desiderare di vedere suo zio quando è troppo tardi. E le visite in cimitero, alla sua tomba non basteranno a consolarla. I rimorsi arrivano inaspettati… sono pesanti come incudini, difficili da scacciare e rendono triste la vita. Sapeva questo?” “Noo… Io… Sì…” La ragazza diventa incerta, poi ha una espressione di paura: “Se mia madre verrà a saperlo…” “Nessuno andrà a dirglielo. La fattoria è isolata, nessuno la vedrà andare là… Ah! Un’altra cosa: se deciderà di andare non dica a suo zio che ha parlato di queste cose con me.” “No, stia tranquillo, non glielo dirò.” Durante le rigide giornate invernali vado alla fattoria a trovare l’amico fattore. Lo vedo invecchiato: ha tutti i capelli bianchi e si muove lentamente. Mentre siamo seduti davanti al fuoco del camino lui sorride mostrando la bocca sdentata e mi dice: “Sono contento perché è venuta a farmi visita mia nipote Laura. Dopo la mia morte lascerò in eredità a lei e all’altro mio nipote questa fattoria nella quale sono nato…” Adesso sorride ancora di più. Anch’io sorrido e riprendiamo a mangiare semi di zucca abbrustoliti. Settembre 2001 LA DONNA INTELLETTUALE Anche oggi, un lento pomeriggio d’estate, lo trascorro insieme alla mia amica Alessandra. E’ una donna straordinaria. Studia psicologia e si interessa di letteratura, filosofia orientale, yoga e perfino scrive poesie. Provo un grande piacere conversare con lei poiché conosce molti autori che amo e ha letto i loro libri. Anche in passato ho trascorso pomeriggi deliziosi insieme a lei, commentando i film di Bergman o le poesie di Breton. E poiché lei abita in campagna, le conversazioni avvengono nel cortile di casa sua, con la distesa verde dei campi davanti a noi. Le sere autunnali, vicino al camino acceso, sono altrettanto piacevoli. Parliamo di letteratura: Marcel Prevost, Kock, D’aurevilly, Barbellion… Commentiamo i quadri di Magritte, e Friedrich. Alessandra è una donna meravigliosa, intelligente, colta e sensibile. Però ha un difetto. Un grande difetto: non è bella. Il corpo alto e magro possiede scarsi attributi femminili. Il volto è rotondo, quasi maschile, assolutamente non sexy, non attraente. Frequentandola, col passare del tempo, ho intuito che lei sa perfettamente di non possedere la bellezza. Fin da bambina ha sofferto per questo. Da ragazza ha sofferto ancora di più vedendo le sue amiche andare col fidanzato, mentre lei rimaneva sola. Queste confessioni me le ha svelate lentamente, a pezzi, nel corso del tempo: una parola qui, una frase più in là, finchè io ho potuto metterle insieme e arrivare alle conclusioni. Forse è stata questa mancanza di bellezza a farla diventare cerebrale e introspettiva. Per compensare la sua mancanza di fascino lei ha sviluppato il suo cervello. In natura è sempre così: i frutti grossi, perdono profumo e sapore. C’era un melo in un campo che in settembre faceva frutti piccoli ma profumatissimi. Il loro profumo si sentiva da lontano e il loro sapore era delizioso. Al mercato ho comprato alcune mele grosse: sono di sapore insipido e senza profumo. E’ così anche per le persone. Nessuno può essere contemporaneamente bello, intelligente e magari anche ricco. Così incontriamo uomini ricchi e volgari, donne belle e stupide, donne brutte e intelligenti. Settembre 2001 LA SCALATA A una mostra di quadri incontro l’amico Roberto insieme a una ragazza che non ho mai visto prima. Ci salutiamo e lui mi presenta la sua nuova fidanzata, Simonetta che ha conosciuto a una festa due mesi fa. E’ una biondina piccola, con gonna nera con lustrini e un buffo cappellino. Il mio amico le dice che faccio lo scrittore, ho una bella biblioteca e lei sembra interessata. Per non apparire troppo superbo devio il discorso sul mio amico Francesco, un conte che vive in una villa con parco e possiede una biblioteca migliore della mia. Alla fine ci salutiamo e non li vedo più per alcune settimane. Un pomeriggio caldissimo vedo entrare nel mio studio Simonetta, da sola. Sono sbalordito dalla sorpresa; le offro una sedia, una gassosa. La ragazza si siede; è tutta accaldata e si asciuga il viso con un fazzoletto di pizzo. Mi racconta che ha saputo dal suo fidanzato dove abito perciò, trovandosi nel mio paese e avendo un’ora libera prima dell’arrivo della corriera, è venuta a trovarmi. Chiacchieriamo di cose generiche e le mostro alcuni libri di arte, ai quali appare interessata. E’ un pomeriggio di settembre, ben soleggiato e nella mia stanza esposta a sud fa molto caldo. Lei ogni tanto si agita inquieta: tira la camicetta che si appiccica alla pelle a causa del sudore, oppure smuove la gonna troppo aderente al corpo. Mentre fa questi gesti io intravedo un po’ il seno e le belle gambe bianche. Passa ancora del tempo. Col caldo che fa, dice lei, sarebbe bello passeggiare in un bosco, magari in quello del mio amico, il conte Francesco. L’idea mi pare ottima. Potremmo andare là con la mia automobile, trascorrere il resto del pomeriggio a visitare il parco e la villa, poi a sera accompagnerei Sonia a casa. Purtroppo oggi non posso. Devo finire di correggere queste maledette bozze; è un lavoro lungo, sono in ritardo e devo spedirle all’editore prima di sabato. Le dico questo aggiungendo che la accompagnerò da Francesco la prossima settimana. Restando d’accordo così lei va via e mi lascia al mio lavoro. Il giorno seguente trovo Roberto e chiacchierando gli dico che la sua ragazza ama l’arte e ha apprezzato i miei libri sui pittori. Lui fa una faccia stupita: “Simonetta è stata da te?” “Sì, credevo tu lo sapessi.” L’amico non dice niente. Parliamo di tante altre cose fino al momento di salutarci. La settimana successiva evito di sovraccaricarmi di lavoro e mi tengo pronto per l’arrivo di Simonetta. Quando verrà la accompagnerò a visitare il parco e trascorreremo un bel pomeriggio insieme. Ma la ragazza non viene. Alcuni giorni dopo ritrovo il mio amico che mi dice sorridendo: “Ho parlato con Simonetta . Poverina, era rimasta a piedi il giorno che è venuta da te; aveva perso la corriera e non me lo aveva detto per non farmi stare in pena. Ma d’ora in avanti staccherà prima il lavoro per arrivare in tempo alla stazione. Sai, ci siamo fidanzati ufficialmente e appena avrò messo da parte il denaro sufficiente ci sposeremo.” Le astuzie femminili sono infinite. Il fidanzato è un uomo medio e lei era pronta a lasciarlo per farsi corteggiare da me. Inoltre io potevo servire da gradino per arrivare al conte Francesco, scapolo pure lui. Ma io parlando con Roberto ho rovinato il suo piano. Adesso Simonetta ha rinunciato a questa scalata sociale, per paura di perdere il fidanzato che ha. Settembre 2001 LE SERE TRISTI E’ una sera triste di autunno. Oggi non abbiamo mai visto il sole e alla sera sorge una caligine grigia che accresce il senso di solitudine. Una pioggerella persistente e monotona sta cadendo da ore, dilagando nell’anima, portando disperazione e dolore. Mentre pedalo, col giaccone e l’ombrello aperto, sono tormentato da una sottile tristezza: i rimpianti della giovinezza fuggita, le donne che ho perduto, gli amori finiti… tutti pensieri che alla luce del sole fanno provare una dolce malinconia, ma nelle sere piovose d’autunno questi ricordi feriscono come coltelli. Sto ritornando a casa da Legnago,un paese vicino, dopo un pomeriggio vuoto, trascorso al bar a guardare vecchi alcolizzati che giocavano a carte. Il mio paese è ancora lontano, la strada è lunga, deserta, oscura… Prima di cena potrei andare a trovare mio cugino, che è appena stato dimesso dall’ospedale. Oppure il mio amico pittore che ha il padre novantenne, ma chissà se sarà a casa a quest’ora. Improvvisamente mi ricordo che da queste parti abita il mio amico Antonio che non vedo da oltre un anno. E’ un compagno allegro ed è quello che ci vuole in sere come questa. Così, arrivato al bivio, devio a sinistra per andarlo a trovare. La strada si restringe diventando tortuosa. Gli alberi ai lati sono fradici di pioggia e a tratti le foglie mi toccano il viso. Cortili vuoti; aie piene di pozzanghere sfilano ai lati, case cupe che paiono abbandonate. Dopo alcune curve arrivo in vista della fattoria di Antonio. Tutto è buio. Dalle finestre non esce alcuna luce. Suono il campanello e viene ad aprirmi una ragazza col grembiule e i capelli lunghi e neri. E’ sua sorella Evelina. “Disturbo? Passavo di qua e ho pensato di salutare suo fratello.” “No, entri, entri pure; mio fratello non c’è ma tornerà tra poco.” Attraverso una saletta buia arriviamo in cucina, sul retro della casa: è una stanzetta sporca e poco illuminata. Mi siedo su una sedia impagliata e guardo la tovaglia spiegazzata, l’acquaio ingombro di piatti e barattoli; un mazzetto di fiori secchi sta davanti a una foto di vecchi sulla credenza. Provo d attaccare discorso: “Sono i suoi genitori in quella foto?” “Sì. Mia madre è morta questa estate.” “Io… Non sapevo… mi dispiace.” Ancora il silenzio. Non so cosa dire perciò guardo fuori dalla finestra i mucchi di barbabietole nei campi. Il tempo passa, l’amico non arriva e io sono pentito di essere venuto qui. La ragazza non sembra avere voglia di parlare e mi sforzo di tenere viva la conversazione: “Siamo amici da tanto tempo io e suo fratello.” “Lo so.” “Mi ricordo quella volta in gita… c’era anche Carlo e…” La ragazza ha un gesto di rabbia; il volto si rabbuia e sussurra: “Lo odio… lo odio…” Fa una pausa e poi: “E’ stato il mio fidanzato per quasi un anno e adesso… non viene più qui…” Rimango sbalordito. Nelle sue parole sento tutto il terribile odio femminile; la donna odia come ama, con tutta sé stessa. Poi, come pentita da questa crisi improvvisa, la ragazza incomincia a piangere, piano, tenendosi un fazzoletto davanti al viso. Vorrei consolarla, ma non so cosa dire. Percepisco l’atmosfera rigida, tesa, dentro alla stanza. Quando si è un po’ calmata mi alzo, perché si è fatto tardi, saluto lei e lascio un saluto a suo fratello. Sto pedalando, con l’ombrello aperto, sulla strada verso casa. Con questa deviazione ho allungato il percorso di alcuni kilometri. Nelle sere tristi e piovose dell’autunno, a volte entro dentro alle famiglie per trovare un po’ di allegria e calore umano. Invece trovo… ancora più tristezza, ancora più dolore, ancora più solitudine. Settembre 2001 LA RAGAZZA DI CAMPAGNA Durante l’estate percorro, a piedi o in bici, un sentiero di campagna. Il sentiero per un breve tratto costeggia un fiume, poi fa una curva a gomito e in quell’angolo c’è una vecchia fattoria. Nell’orto della fattoria, quasi sempre, c’è una ragazza che lavora: zappa, innaffia, lega ai pali le piante di pomodori… E’ una bruna bellina e formosetta. Indossa un vestito da lavoro senza maniche, molto scollato, così quando si china per strappare le erbacce vedo il seno bianco e abbondante. Un tardo pomeriggio d’estate, con il sole al tramonto, lei sta lavorando proprio nelle aiole vicine al sentiero. E’ l’occasiona buona per conoscerla; la saluto, faccio qualche elogio al suo lavoro e dopo un po’ abbiamo fatto amicizia. Si chiama Rosanna e vive con la madre, la zia e il fratello nella fattoria. Nei pomeriggi successivi passo ancora per quel sentiero, da solo o con il cane, e tutte le volte che c’è Rosanna mi fermo un po’ per chiacchierare. Le nostre conversazioni sono brevi e generiche: la stagione è troppo secca, il mais avrebbe bisogno di pioggia, le zucche sono precoci… Poi io proseguo la mia passeggiata e la lascio al suo lavoro. Dopo alcune settimane la nostra amicizia è aumentata. Io resto più tempo a parlare con lei e le conversazioni sono meno vaghe e più personali. Rosanna mi parla del suo mondo, mi racconta la sua vita: sua madre è molto vecchia, il fratello forse si sposerà; la zia è anch’essa vecchia e inoltre ammalata. Un pomeriggio di fine agosto, caldissimo e umido, Rosanna sta lavorando come al solito nell’orto. Quando mi vede arrivare lascia la zappa e corre verso di me. E’ felice di vedermi e mi racconta le piccole novità della settimana: la cagna ha avuto quattro cagnetti, il raccolto delle patate è stato abbondante… Poi chiama sua madre, che sta buttando il grano alle galline, e me la presenta; è una vecchietta sorridente con un largo cappello di paglia. Infine, prima di lasciarci, mi regala una sporta di melanzane e pomodori. Rosanna è una cara ragazza, semplice e buona. Penso di essermi un po’ innamorato di lei e l’anno prossimo forse questo sentimento aumenterà. Arriva l’autunno con tempo burrascoso e settimane di pioggia ininterrotta. Segue dicembre, nebbioso e tetro. Gennaio ci porta finalmente qualche giornata di pallido sole, ma con spesse lastre di ghiaccio nei fossi. Dopo pranzo qualche volta percorro il sentiero in campagna; la fattoria appare isolata, oltre i paletti neri dell’orto disfatto. I camini fumano e i vetri delle finestre sono tutti appannati. Tra poco sarà marzo e Rosanna tornerà a zappare e seminare nell’orto. Ma la primavera successiva alla fattoria ci sono cambiamenti. Sono arrivati i muratori e stanno cambiando le tegole sul tetto. Il cancellato di ingresso in legno viene sostituito con un portone nuovo in lamiera. Infine, elevano un alto muro tutto intorno all’orto e al cortile della fattoria. Un contadino che conosco mi dice che il fratello di Rosanna si è sposato e ha ristrutturato la casa. Lui e sua moglie vogliono sentirsi ben protetti dai ladri. Adesso è arrivato nuovamente l’estate. Tutte le volte che percorro quel sentiero di campagna passo davanti alla fattoria, ma c’è il muro e non posso più vedere Rosanna. Settembre 2001 L’UOMO FORTUNATO Una sera di giugno mentre percorro il lungofiume, decido di andare a trovare un mio compaesano che si è stabilito qui ad Angiari da quasi dieci anni. La storia di Michele è singolare: da giovane era un pittore squattrinato. Uno zio morendo gli ha lasciato una eredità e lui ha comprato una vecchia casa in campagna circondata da molto terreno, l’ha restaurata, si è sposato, ha due figli e adesso fa il floricoltore. Trovo Michele in giardino e mi accoglie con molta simpatia. Dopo i saluti vuole sapere le novità del mio paese ed io gli racconto quel poco che so. Intorno a noi ci sono tigli profumatissimi, magnolie. In mezzo alle aiole fiorite con margherite, dalie e petunie, ci sono fontane con zampilli d’acqua, statue di veneri nude. “Quando sono arrivato qui io, non c’era niente; ho piantato gli alberi e fatto tutto il resto” spiega Michele. Passeggiando ci avviciniamo alla sua abitazione. La casetta sembra un nido per gli amanti: piccola, di mattoni con tende di pizzo alle finestre e grossi comignoli sul tetto. “Vieni, ti mostro l’interno.” Anche l’interno è piacevole; viene voglia di trascorrere tutta una vita in quella saletta con le grosse travi sotto il soffitto, il camino con davanti le poltrone e il tavolinetto a scacchiera con le bottiglie di whisky. “Vuoi bere qualcosa? Preferisci whisky scozzese, rhum giamaicano…” “No. No, grazie. Sarà per un’altra volta. Adesso fa caldo e preferisco stare all’aperto.” Usciti fuori mi fa vedere il suo orto, con file di pomodori, cetrioli, peperoni, patate … Più in fondo ci sono gli alberi da frutta e poi il vigneto. “Qui faccio tutto io. Zappo, semino, curo, innaffio, poto… C’è da faticare parecchio, credimi; lavoro dal mattino fino a sera tardi, ma sono contento” spiega Michele. Dentro i recinti ci sono i cani, le oche, le galline… “Che meraviglia! Caro Michele complimenti! Hai creato il paradiso terrestre qui con le piante, gli animali e tutto il resto. Sei davvero un uomo fortunato!” Lui fa una espressione dubbiosa: “Anche qui ci sono i problemi, non sapevi? Il melo ha gli afidi e domani dovrò dare l’antiparassitario e anche al susino…” Restiamo a chiacchierare nel cortile seduti sulle panche di pietra accanto ai cespugli di mirtilli. Intanto i bambini giocano; il più grandicello è molto vivace e combina guai ogni minuto: rovescia i vasi, calpesta le aiole, apre il portone per uscire in strada, e il padre deve intervenire ogni volta. Esce di casa la moglie e sgrida il marito perché ha sporcato di terra il tappeto in saletta. E’ ingrassata dall’ultima volta che l’ho vista. E’ una bellezza sfiorita che parla al marito con modi nervosi, quasi isterici. Quando rientra in casa sbattendo la porta Michele commenta: “Ah, le donne! Penso che le ha fatte il diavolo.” “Ma l’hai scelta tu quella donna.” “Sì, ma a volte diventa insopportabile, come tutto il resto.” “Come? Non sei contento delle scelte che hai fatto? Hai voluto tu tutto questo.” “Oh no; io ho fatto delle scelte, è vero, ma non sapevo di arrivare fino qui. Le mie scelte giovanili hanno avuto molte conseguenze e la vita di adesso è il risultato di quelle conseguenze. ” “Capisco. Hai amato una donna e come conseguenza ti è arrivato un figlio, l’obbligo di mantenere una famiglia…” “Sì e molte altre. Ad esempio: quest’anno dovrò mandare mio figlio a scuola, comprare libri, cartelle, quaderni… Non ho scelto io di fare queste cose, ma dovrò farle.” A questo punto gli faccio una domanda pungente, una domanda cattiva che faccio solamente alle persone che si sono realizzate: “Se tu avessi ancora venti anni, se dovessi ricominciare tutto dall’inizio, rifaresti ancora queste scelte? Sceglieresti ancora lo stesso lavoro, la stessa moglie, la stessa vita?” Michele è diventato improvvisamente serio; poi risponde: “No. Oh no. Io sceglierei di diventare artista. Vorrei una vita dedicata interamente all’Arte… Da giovane mi piaceva fare il pittore.” Rimango sbalordito. Vorrei dirgli che se avesse intrapreso la vita di artista, adesso rimpiangerebbe di non avere una casa, un lavoro, una moglie, dei figli… Ma non dico niente e rimango silenzioso. Su questa terra l’uomo non è mai felice. Qualunque cosa possegga, qualunque impresa realizzi, l’uomo rimpiange e desidera sempre le cose che non ha. Ottobre 2001 LE PRETESE DI LORELLA Oggi è una domenica di ottobre, i tigli sono ingialliti, le foglie cadono e le panchine del parco sono quasi tutte vuote. Seduta su una panchina c’è la mia amica Lorella. Mi avvicino con precauzione, perché le donne non si sa mai di che umore sono. Quando le passo davanti la saluto. Lei mi saluta e mi guarda sorridendo. Bene, significa che è di buon umore e posso stare un po’ insieme a lei. “Ciao. Non ti ho vista qui domenica scorsa” le dico dopo un po’. “No; sono andata con le mie amiche a mangiare il gelato alla Cantina.” “Ah, bene.” La Cantina è un locale all’ultima moda, ispirato alle tendenze giovanili di questi anni. Adesso tutte vanno lì e se ne vantano. Come sono conformiste le donne: tutte sono prigioniere della moda, delle tendenze, dei gusti del momento. Un sole scialbo è riuscito a disperdere le nubi e ci riscalda un po’. “Ah, ecco il sole finalmente. Cara Lorella dobbiamo goderci questi momenti all’aperto; tra poco i giorni si accorceranno ancora di più, arriveranno le piogge e…” “Non vedo l’ora che arrivi la pioggia poiché io amo l’inverno.” “Ami l’inverno? Possibile? Non ti piace il mare, il sole?…” “No. Io amo la neve, mi piace sciare.” “Se vuoi ti porto a Miega. C’è una festa del vino e ci sono bancarelle caratteristiche.” “No. Non mi piace quel paese.” “E’ così grazioso. Perché non ti piace?” “Perché è troppo piccolo. Io amo la città.” “In città c’è molta confusione…” “Meglio. Io sto bene là.” Ognuno ha i propri gusti, questo è risaputo, e Lorella ha gusti opposti ai miei. Sono cose di poca importanza per due amanti, ma in queste discordie iniziali c’è il seme delle grandi discordie future che porteranno poi al divorzio. “Ti piace ballare?” “Sì, ad Halloween andrò in discoteca a Castel Rock.” “Così lontano?” “Sì, è molto grande. Non mio piacciono le piccole balere locali.” “E oggi non vai a mangiare il gelato?” “Sto aspettando la mia amica.” “Diana?” “No, con quella ho litigato. Mi fa sempre la predica, critica i ragazzi che frequento. Un giorno gliene ho presentato uno e lei non ha voluto conoscerlo. Che scema. A trenta anni si comporta come una ragazzina. Prendila tu quella, se ti va.” “No grazie. E con il tuo ragazzo vai d’accordo?” “No, non lo voglio più. Mi aveva raccontato un sacco di bugie; mi diceva che era figlio di un industriale, che aspettava un lavoro alla televisione… Ma io sono nata donna, perciò sono più furba di lui e ho scoperto tutto.” “E adesso che progetti hai?” “Io voglio un uomo veramente ricco, uno che mi sposi e mi faccia vivere in una villa grande, con piscina.” Lorella è una piccola ragazza di provincia, senza denaro, senza cultura, con un po’ di bellezza, un po’ di furbizia e tante illusioni, tanti desideri grandi come montagne. Chissà se incontrerà il milionario che la sposa. Ottobre 2001 AL BIVIO Oggi è un pomeriggio di domenica e io sono indeciso se andare in automobile alla festa della birra a 30 km da qui, oppure uscire a piedi e fare una passeggiata nel parco. Intanto guardo fuori della finestra; c’è un bel sole, è una bella giornata, sarebbe un peccato impiegarla male. Ma dove mi divertirò di più? Qualsiasi scelta farò saprò dove conduce la strada che ho scelto ma non saprò dove porta la strada che ho scartato. Quante volte mi chiedo: dove sarei arrivato se avessi preso l’altra strada? Cosa sarebbe successo se avessi fatto la scelta opposta? Sarei più ricco? Più povero? Sarei insieme con una donna? Buona? Cattiva? Avrei evitato questi guai? Avrei avuto un incidente? Oppure sarei morto? Difficile dirlo. Forse Dio può vedere dove conducono tutte le strade che stanno davanti a noi, povere marionette, e questo sarà il Suo divertimento. Cosa c’era nella strada che non ho scelto? L’amore? La ricchezza? Oppure il dolore e la morte? Che cosa scegliere? Eppure devo scegliere perché se rimango ancora qui il tempo passa, si fa tardi ed allora è come se avessi scelto di restare in casa. No devo decidermi. Vediamo: al parco potrei incontrare Adelina, una ragazza che mi piace. Ma Adelina potrebbe non venire, è già successo altre volte. Alla festa potrei conoscere qualche donna nuova, oppure non trovarne nessuna libera o che mi piace; mi ricordo che è già accaduto anche questo. Intanto esco di casa, poi deciderò. Lungo il marciapiede incontro l’amico Rino che mi propone di trascorrere le vacanze invernali in Thailandia, dove conosce alcune ninfette… Rinuncio per paura dell’aereo. Un altro amico fermo davanti alla stazione, mi suggerisce di andare insieme a lui a una mostra di libri antichi. Rinuncio anche a questo. Le possibilità si moltiplicano e scegliere diventa più difficile. Nel parco incontro Adelina. Ho fatto bene a venire qui. Ma la ragazza sta aspettando le sue amiche che verranno a prenderla per andare a una festa di compleanno. Dunque mi conviene andare alla festa della birra. Mentre ritorno verso casa per prendere l’automobile, un annuncio funebre attira la mia attenzione. E’ morta la madre della mia cara amica Linda. E’ morta l’altro ieri, improvvisamente e il funerale è oggi alle ore 2,30 pm. Guardo l’orologio; il servizio funebre è già incominciato da mezz’ora e adesso il corteo starà uscendo di chiesa. Senza esitazione mi dirigo verso il cimitero. Eccomi qui, in mezzo alle tombe, fra parenti che piangono e becchini che lavorano per sotterrare la cassa. Non prevedevo di venire qui, non immaginavo che avrei trascorso la domenica in questo modo. D’altra parte, non potevo mancare di venire al funerale della mamma di Linda. Questa è la libertà umana; siamo liberi come una scimmia all’interno di una gabbia. Ottobre 2001 LA LUNATICA A casa di un amico ho conosciuto Milena, una ragazza bionda che mi è subito piaciuta e adesso desidero conoscerla di più. Un pomeriggio la incontro per strada, la invito al bar e lei accetta con entusiasmo. La porto in un bar piccolo ma caratteristico. E’ un locale stile liberty con le luci schermate da paralumi rosa e azzurri. Al cameriere, lei ordina una cioccolata e io un vermouth. Milena è una ragazza bella e dolcissima; i suoi capelli biondi sono un’aureola al verde degli occhi, che incantano. Dalle vetrate vedo le ombre della sera avvolgere il paese, là fuori, con nebbia e tenebre. Ma qui dentro, nel nostro tavolino in un angolo, mi sento protetto come in un dolce rifugio. Milena mi sta raccontando tante cosette della sua giornata; io ascolto la sua voce graziosa, sento il suo profumo e sono avvolto da un alone di tepore. Questi momenti deliziosi in sua compagnia mi fanno provare una sensazione di ebbrezza. Il tempo del piacere, si sa, corre in fretta. Siamo qui da quasi due ore e adesso la ragazza guarda l’orologio e dice che deve andare. Usciamo fuori e ci immergiamo nel freddo e nell’oscurità della notte di nebbia. Il paesaggio è cambiato: le vie si perdono nel buio, le case sfumano, i lampioni appaiono sfocati. Restando vicini accompagno a casa la ragazza. Arrivati all’ingresso della sua villetta, la abbraccio prima di separarci e mi sembra di abbracciare qualcosa di soffice e meraviglioso. Poi lei sale alcuni gradini e scompare oltre la porta. Allora faccio ritorno a casa, felice di aver fatto amicizia con questa splendida ragazza. Due giorni dopo, in un pomeriggio freddo ma col sole, mi trovo seduto al bar all’angolo della via dove abita Milena, in attesa di rivederla. Da lontano vedo la ragazza uscire di casa e camminare verso di me. Allora mi alzo, mi pettino i capelli e resto in attesa di salutarla. La ragazza arriva davanti al bar e prosegue dritta senza guardarmi. Per un attimo resto allibito. E’ impossibile che non mi abbia visto; poi vedendo che sta allontanandosi, la chiamo sottovoce: “Milena… Milena…” Lei continua a camminare allontanandosi ancora di più. Ma perché fa così? La chiamo ancora, questa volta correndo verso di lei: “Milena…” Lei si ferma e si volta: “Ah. Ciao.” dice con freddezza. “Ciao. Come sei elegante! Beviamo qualcosa al bar?” “No. Scusa sai, ma oggi non ho proprio tempo. Devo fare alcune commissioni e sono in ritardo.” “Posso accompagnarti a fare le commissioni?” “No. Sono cose personali. E poi devo andare a prendere la mia nipotina che mi sta aspettando.” “Beh… se hai da fare… ciao.” “Ciao.” Poi si volta e riprende a camminare. Queste sono le donne e il loro modo di comportarsi. Sia che lo facciano consapevolmente per farsi desiderare, sia che agiscano inconsciamente seguendo il loro istinto, le donne da sempre fanno così, per far soffrire gli uomini. Ottobre 2001 SEDUZIONE La mia vicina sta prendendo l’abbronzatura, sdraiata sul materassino in cortile. E’ un pomeriggio caldissimo di luglio e questa ragazza in bikini sta distesa sotto il sole. Dal mio cortile ho la possibilità di guardarla finchè voglio poiché lei è rivolta verso la casa mentre io sto alle sue spalle. Osservo le gambe snelle e lunghe di Susanna, la curvatura del ventre, le collinette dei seni… Poi, senza far rumore, mi avvicino di più alla rete che divide il mio cortile dal suo per vederla più da vicino. E’ veramente una bella femmina. Ha un corpo sinuoso e pieno di curve; tiene le braccia aperte rilassate e i suoi capelli sciolti cadono sull’erba. Rimango alcuni minuti ad ammirarla, poiché lei non sa di essere guardata. Ma improvvisamente succede un fatto imprevisto: la ragazza si alza di scatto. Appena lei si muove io mi volto e fingo di sistemare le piantine dell’orto. Ho capito cosa è successo: lei probabilmente ha visto la mia immagine riflessa sulle vetrate della sua casa. Così si è alzata per vedere se la spiavo; ma io sono stato più svelto di lei e ho fatto in tempo a girarmi verso i cespugli degli ortaggi. Sarebbe stato imbarazzante venir sorpreso, ma per fortuna mi sono voltato in tempo. I pomeriggi dei giorni seguenti, la ragazza è ancora in bikini, sdraiata sul materassino sotto il sole. Io la guardo ogni tanto da lontano, ma evito di avvicinarmi alla rete per timore che possa vedermi riflesso sui vetri. Se sospetta di essere spiato mi guarderà ogni tanto; allora vedendo che io sto lavorando nell’orto penserà di essersi sbagliata. Oggi io sto pulendo e oliando il ciclomotore in cortile; infatti la meccanica è la mia grande passione. Anche la mia vicina sta lavorando in giardino; Susanna con un sarchiello sta smuovendo il terreno dei roseti, vicino alla rete che ci separa. Indossa una vestaglia chiara, probabilmente perché ha preso troppo sole in questi ultimi giorni. Io non bado a lei, ma vedendo che è molto concentrata nel suo lavoro mi azzardo a darle una occhiata, ogni tanto. E’ inginocchiata per terra e curva in avanti verso di me, mentre rimuove le erbacce. Dalla scollatura vedo i seni che ballano a ogni movimento. Ha i seni grossi che si muovono in continuazione. Adesso si china ancora di più… Vedo che non ha il reggipetto; indossa solo la vestaglia e sotto è completamente nuda. La vestaglia è larga e dalla scollatura vedo interamente i seni, i capezzoli rosa e anche più in giù… Ho rallentato il lavoro per ammirare questo spettacolo inaspettato. Ogni tanto fingo di ripulire il ciclomotore, ma sono tutto eccitato e sudato per quello che sto vedendo. Improvvisamente sento la porta di casa mia che si apre e i passi che si avvicinano. Mio zio ha finito il pisolino e sta venendo in cortile. Adesso la ragazza ha finito di sarchiare, si alza e si allontana. Mio zio arriva e incomincia a vangare nell’orto. Io mi asciugo il sudore e riprendo a pulire il motore. Intanto penso: possibile che Susanna abbia finito proprio adesso? Probabilmente è stato l’arrivo di mio zio a farla andare via. Ma allora ha fatto apposta a sarchiare stando chinata verso di me. E inoltre: perché era così assorta? Perchè non si è accorta di me? Poiché quel giorno Susanna ha visto che la spiavo, ha capito che mi piace, così oggi si è divertita a mostrarsi seminuda, fingendosi distratta. Ah! La seduzione è femmina. Ottobre 2001 HELENA Helena è la più bella ragazza del paese, la più ammirata e la più corteggiata. Helena, ventenne, è piovuta in questo piccolo paese di provincia, come una meteora. Quando passeggia sul marciapiede vestita di bianco portando un cagnolino al guinzaglio, i maschi si voltano per guardarla. Tutti i ragazzi la vogliono, tutti la guardano, ma nessuno osa parlarle, nessuno osa corteggiarla. Io sono fra questi segreti ammiratori: un ragazzo timido e silenzioso che vede Helena come una creatura eterea, come un sogno irraggiungibile, come un essere venuto da un altro mondo. Chi è Helena? In paese la gente dice che suo padre è un industriale che si è ritirato qui, probabilmente per motivi di saluti. Riesco anche a scoprire dove abita: una villetta in periferia recintata da alte siepi. Una sera mentre mi trovo in piazza fra amici, passa Helena. Un signore, amico di suo padre, chiama la ragazza, parla un po’ con lei, poi presenta Helena a quelli che non la conoscono; e fra questi ci sono anche io. Così, per la prima volta, stringo la mano a Helena: una mano piccola, delicatissima, morbida, che per un attimo resta nella mia mano come una cosa priva di vita. Voglio dire che non risponde alla mia stretta. Quando stacchiamo le mani il signor Alex dice: ”Questo è un ragazzo fantasioso, fa lo scrittore…” “Sì, lo conosco…” risponde lei in un sussurro, tenendo gli occhi bassi. Non è vero. E’ la prima volta che ci parliamo. Alla fine dell’estate Helena scompare. Passano i mesi e in paese la gente racconta che la figlia dell’industriale ha sposato un banchiere. L’anno dopo rivedo Helena passare di corsa su una macchina scura. La gente racconta che ha divorziato e non ha figli. In seguito dicono che si è unita a un altro uomo, che poi l’ha lasciata… ***** ***** ***** Sono trascorsi quasi venti anni. Un vortice che macina la vita e le persone, stritolando tutto sotto i rulli del tempo. E in questo mattino di sole autunnale, rivedo Helena che cammina sul marciapiede verso di me. Sono trascorsi quasi venti anni dall’ultima volta che l’ho vista! So che ha fatto due matrimoni, entrambi falliti, suo padre è morto e adesso lei vive sola. Il sogno vaporoso è finito; l’angelo è caduto; la sua bellezza, la sua leggerezza, la sua etereità sono completamente scomparse. Mentre si avvicina posso costatarlo sempre più: il volto è ingrossato, si vedono le rughe, perfino i capelli non sono più gli stessi. Questa donna cammina a testa bassa ma mentre ci avviciniamo alza gli occhi e incontra il mio sorriso e il mio sguardo. Helena abbassa subito gli occhi, ma quando siamo più vicini li rialza e allora io le dico piano: “Buongiorno”. Lei risponde: “Buongiorno” un po’ più forte del mio e prosegue il suo cammino. Dal suo modo di dirlo capisco tutta la sua solitudine e la sua disperazione. Nei giorni seguenti mi informo e vengo a sapere che la donna vive da sola in una grande casa, dove una cameriera va a fare le pulizie un giorno alla settimana. Certamente adesso sarebbe facile avere Helena come amica. Sarebbe una rivincita tardiva. Ma il sogno è sfumato, la giovinezza è passata. Non serve raccogliere un frutto quando è finito il desiderio. Preferisco ricordarti bella come eri; perciò addio Helena. Ottobre 2001 IL LITIGIO Credete che sia poco difficile comunicare con le persone, o con le donne? Nel rapporto con Sonia, la mia ragazza, prima devo intuire i suoi desideri nascosti sotto maschere di ipocrisia e di finzioni. Poi solitamente devo comportarmi in modo opposto a quello che desidero, allo scopo di far piacere a lei. Senonchè a volte sbaglio nell’interpretare le frasi, i suoi gesti, così rispondo o mi comporto in modo sbagliato. Allora Sonia mi punisce con silenzi, con dispetti e per quel giorno rifiuta di farsi baciare e accarezzare. Molti innamorati non arrivano mai a vedere l’intricata psiche femminile, e allora si domandano: perché oggi la mia ragazza è scontrosa? Perché mi ama un giorno sì e un giorno no? Perché fa i capricci? Perché…? Perché…? Inoltre la donna getta sonde, pone problemi ed enigmi per verificare come vengono risolti dal suo innamorato. Successivamente lei trae conclusioni e in poco tempo capisce che tipo di uomo egli è. Noi uomini invece, solo dopo anni comprendiamo che tipo di donna è la nostra compagna. Oggi ho litigato con la mia ragazza per un motivo stupido. Sono andato a prendere Sonia in macchina e l’ho portata a Miega. In questo piccolo paese fanno una suggestiva festa del vino, con banchi di caldarroste, frutta secca e gare di suonatori di campane. C’ero stato da solo l’anno scorso e perciò ho insistito per portare la ragazza affinché veda anche lei questa festa tradizionale. Senonchè appena arrivati incomincia a piovere. Per un po’ ci ripariamo sotto un tendone. Quando il cielo schiarisce raggiungiamo a piedi la piazza ma le panche non sono pulite e Sonia si sporca il vestito. Inoltre le bancarelle sono chiuse, così decidiamo di andare via. Lungo la strada, incominciamo a litigare perché lei avrebbe preferito che fossimo andati a casa della sua amica Cinzia. Io tento di farla ragionare: “Mi era sembrato di capire che ti sarebbe piaciuto andare a Miega”. “No. Io ho acconsentito di andare per accontentare te, perché sentivo che desideravi tanto andarci”. “Ma… io ero già stato a quella festa l’anno scorso e credevo che ti piacesse andare là”. “No! Non è vero! Adesso dici così, per scusarti, ma prima eri tu che volevi andare”. Durante il percorso di ritorno Sonia mi lancia le sue frasi taglienti come rasoi: “Sei il solito egoista… sei il solito maschilista…” Arrivati a Minerbe, un paese che piace tanto a Sonia, faccio sosta e la porto a passeggiare nei magnifici viali. Ma per tutto il pomeriggio Sonia mi punisce con sguardi pieni di odio, gesti di rabbia e parole che fanno male. A sera ripartiamo anche da lì e la accompagno a casa sua. Dentro di me sto pensando che domenica prossima non andrò a prenderla per trascorrere altri pomeriggi insieme. Arrivati davanti alla sua casa mi fermo e mentre scende dalla macchina la saluto scusandomi. Allora fra noi avviene questo dialogo; lei risponde: “ No, la colpa è stata mia”. “Ah! No! Se è per questo la colpa è stata mia”. “Non è vero, è stata colpa mia…” “No…!” Alla fine ci diamo il bacino della pace, prima di separarci, ed è così dolce… Quando riparto mi sento sollevato e contento. Però due domande si affacciano alla mia coscienza anche se tento di scacciarle: di chi era la colpa? In futuro, quanti altri litigi dovrò sopportare? Novembre 2001 IL POETA Un amico antiquario mi ha fatto conoscere un vecchio professore in pensione che ha pubblicato un libretto di poesie. Questo uomo da giovane scriveva poesie e faceva una vita dissipata. Poi, a trenta anni ha cambiato vita; ha ripreso gli studi, si è sposato e si è fatto una famiglia. Poiché mi interessa molto la letteratura, un giorno vado a casa sua. Il professore è un uomo grasso con la voce grave e la barba bianca. Mi fa entrare in uno studio con le pareti occupate da scaffali zeppi di libri e per due ore parliamo di scrittori. Il professore è un bibliofilo esperto e appassionato. Prima di lasciarlo egli mi invita a frequentare le sue riunioni settimanali a cui partecipano i cultori della letteratura. Alcuni giorni dopo, in un pomeriggio freddo e nebbioso, mi trovo nuovamente nello studio del professore insieme ad altri studiosi: un giornalista, un mercante d’arte, due collezionisti di libri e un vecchio pittore. Mentre siamo lì riuniti a discutere di libri e di letteratura, qualcuno suona alla porta. Arriva un giovane appassionato, attirato dalla fama del professore. Pietro, questo è il suo nome, è magro, ha i capelli lunghi e veste poveramente; quando parla di poesia i suoi occhi brillano e sembra che gli manchi la voce. Il professore gli fa alcune domande e Pietro risponde in modo profondo e originale. Conosce a memoria il pensiero di Bertrand Aloysius, Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Breton, Trakl, Jozsef… Poi, cambiando argomento, il professore gli chiede: “Ma tu quanti anni hai?” “Trentadue.” “E che lavoro fai?” “Il poeta.” “E… niente altro?” “No. La poesia richiede dedizione completa e non lascia tempo per altre cose.” “Ah! Che disgrazia, che disgrazia!” esclama il professore. Poi dopo una pausa riprende: “ Perché, lo capisci vero, che è una disgrazia nascere poeta. Sei condannato a rimanere senza denaro, le donne fuggiranno da te… vivrai in miseria e senza sesso! Ti pare una vita piacevole questa?” “Ma io ho la poesia e questa mi basta.” “Adesso, ma quando sarai più vecchio la odierai e forse rimpiangerai tutto il tempo e le energie spese per lei.” Il giovane tace, perplesso, e rimane seduto al suo posto, mentre noi riprendiamo le discussioni su problemi estetici e letterari. Alla sera, quando esco dalla abitazione del professore penso a quel giovane che non ho mai visto prima e che forse non rivedrò più. Il professore gli ha detto delle cose molto sagge: una profonda dedizione alla poesia è incompatibile con una vita normale fatta di lavoro, casa, moglie e figli. Il professore adesso ha una bella casa con un bel giardino; nelle stanze vicine ci sono la moglie, i figli e una bella nipotina. Ma il prezzo di queste cose è stato: la sua rinuncia alla poesia. Però il professore si è molto infervorato, quasi arrabbiato nel tentativo di dissuadere il giovane dalla strada della Poesia. Sì, pensandoci bene, il professore si è troppo accalorato nello scagliarsi contro la poesia. Proprio lui che ama i libri e si considera un mecenate e un cultore della poesia. Ma forse la sua foga serviva solo a lui stesso, per soffocare i richiami della sua vocazione che egli ha rinnegato. Forse il vecchio professore rimpiange di non aver fatto il Poeta povero e solo. Novembre 2001 VECCHIAIA E’ arrivato l’inverno, lento e invisibile come la vecchiaia. Ieri le guance erano lisce, oggi sono piene di rughe. Chi avrebbe pensato che sono passati i giorni; chi avrebbe pensato che sono passati gli anni. Ivan Cankar Passando per una strada di campagna, vedo il mio vecchio amico Luigi affacciato alla finestra della sua casetta. Ha lo sguardo vuoto di una persona annoiata, ma appena mi vede mi sorride e mi invita a entrare. Luigi ha 80 anni e parla con voce affaticata: “Mi mancano le forze e non riesco più fare niente…” Dentro alla sua casa trovo tutto lo squallore della vita: la tavola con i resti dei cibi, il divano con le coperte aggrovigliate… Sopra una sedia c’è un cagnolino bianco, che è vecchio pure lui. Mentre lo accarezza Luigi commenta: “I miei parenti sono tutti morti, eccetto due fratelli che abitano lontano. Mi è rimasto il cane che mi fa compagnia; spesso parlo e lui mi capisce…” Dentro alla stanza ho difficoltà a riconoscere il mio amico di una volta, l’uomo che mi portava a donne quando ero un giovane inesperto. Adesso Luigi è smagrito, i capelli sono tutti bianchi e la dentiera si muove quando parla: “Sono stufo di vivere. Vorrei uscire dalla vita. Sto andando verso il peggio. Mi mancano le forze, ho dolori alle gambe e le medicine mi fanno mal di stomaco. Non voglio andare a marcire in un letto di ospedale. Il brutto è che non vedo una soluzione ai miei problemi. Solo la morte è la soluzione, ma come raggiungerla senza soffrire?” “No, no, non dire così…” vorrei aggiungere qualcosa altro, vorrei dirgli che il futuro può ancora portare delle sorprese piacevoli, ma non riesco a dirlo. Davanti a quel corpo debole, magro e logoro, comprendo che per lui non esiste la possibilità di un futuro piacevole. E Luigi riprende a parlare: “La vita è terribile! La vita è brevissima. Quando uno è giovane ha l’amore e la vita sembra bella. Per amare una donna bisogna dimenticare il proprio corpo per dedicarsi al corpo della compagna; nella vecchiaia il proprio corpo dà troppi disturbi ed è impossibile ignorarlo. Quando uno è a letto con una donna gli sembra di essere il re del mondo; ma l’orgasmo è un lampo, un attimo di incoscienza…Se potessimo sommare tutte le ore del dolore e tutti gli attimi del piacere, vedremmo che disparità. A volte prego di morire, ma non c’è nessun Dio che ascolta, nessuno, nessuno.” La piccola cucina è rischiarata dal pallido sole invernale che entra dalla finestra. Dovunque c’è disordine e solitudine. Faccio ancora qualche tentativo per consolarlo: “Adesso è inverno, per questo ti senti triste… ma in primavera…” “No. La prossima primavera troverai altre persone, io non sarò più qui. Quando sentirai suonare le campane da morto, pensa che quelle suonano per me.” Le parole di Luigi sono sentenze senza speranza. Mi offro di fargli qualche servizio, ma lui non ha bisogno di niente, e allora ci salutiamo. Quando esco dalla sua casa porto con me un po’ della sua tristezza. Questo non è il migliore dei mondi possibili, come scriveva Leibniz. A volte, nei momenti di ispirazione, mi sembra di essere vicino alla soluzione del mistero della vita e della morte. Ma non è vero. Non riuscirò mai a capire la vita! Novembre 2001 ANDIAMO A DONNE Nelle sere d’inverno a volte vado all’osteria per giocare a carte. Ed è qui che ho conosciuto Adriano. E’ uno scapolo cinquantenne che vive in una fattoria in campagna e ogni tanto viene in bicicletta. Questa sera Adriano arriva emozionato e dice: “Ho conosciuto una donna, una donna separata dal marito; è gentile e le piace stare in compagnia…” “Smettila di raccontare balle!” gli risponde il mio amico. “E’ la verità, vi dico. E’ stato mio cugino corridore a portarmici la prima volta.” “Dove abita?” “A Porto.” “Come si chiama?” “Myriam.” “Ma… sarà racchia… quanti anni ha?” “Ha 32 anni ed è un gran bella figliola…” “Senti, se ce la presenti, noi ti paghiamo da bere.” “Va bene. Prendo un bicchierino, solamente un bicchierino…” Io e altri due amici sospendiamo la partita e usciamo fuori insieme a Adriano. E’ una sera fredda, ventosa e stavo meglio dentro all’osteria. Ma penso che una donna nuda sta aspettando in un letto… Uno della compagnia mette a disposizione la macchina e partiamo. Arrivati a Porto posteggiamo l’auto e raggiungiamo a piedi le vie strette della parte vecchia del paese. Adriano ci conduce in vicoli oscuri e acciottolati, con muri decrepiti, pieni di inferriate da dove esce odore di vecchie cantine. Adriano sembra incerto, guarda i nomi dei vicoli, le targhette dei campanelli. Gli amici diventano impazienti: “Ma… non ti ricordi più il posto?” “Ero venuto di sera e c’era la nebbia, la volta scorsa. Con un po’ di calma troverò il posto… c’era un barbiere, una pompa per l’acqua…” Percorriamo un vicolo che si biforca; al centro sorge un edificio alto e stretto. Da un portone esce luce fioca. C’è un carretto carico di mobili e un paio di facchini che scaricano. Qualcuno sta facendo trasloco. Chiediamo agli operai dove è la casa di Myriam, ma nessuno sa niente. Più avanti incontriamo una vecchia; ha i capelli bianchi, il grembiule nero e sta depositando la spazzatura nel bidone. Ci avviciniamo e chiediamo a lei. Ma è sorda, non capisce e inoltre sembra una ritardata mentale. Il prossimo al quale ci rivolgiamo è un vecchio ubriacone che si trascina appoggiandosi ai muri. Riesce appena a stare in piedi e da lui non sappiamo niente. Fa un freddo cane ed entriamo in un bar per riscaldarci. Il locale è affollato di uomini e pieno di fumo. Ordiniamo da bere al banco, poi il mio amico chiede al barista dove abita una donna di nome Myriam. Il barista, un grassone indaffarato con le bottiglie, non sa niente; ci consiglia di rivolgerci a un tizio, seduto in fondo alla sala, che fa il mediatore. L’uomo ha baffoni e faccia scura; preferiamo non domandargli niente. Quando usciamo fuori il campanile sta battendo le ore: mezzanotte e mezza. Percorriamo come pazzi strade deserte, vicoli bui spazzati dal vento di tramontana. Suoniamo a campanelli sbagliati, e dalle finestre dei piani superiori ci arrivano insulti e parolacce. Chiediamo informazioni a baristi e nottambuli. Niente da fare. La Myriam non la conosce nessuno e se qualcuno la conosce se la tiene per sé. Alle due di notte, stanchi e con i piedi gelati, decidiamo di tornare a casa. Alcune sere dopo, mi trovo al bar e sto giocando a carte con gli amici. Arriva Adriano agitato ed emozionato: “Ho conosciuto una donna… Si chiama Angela…” Uno della compagnia si mostra interessato e propone: “Se me la presenti ti pagherò da bere.” “Va bene. Prendo un bicchierino, solamente un bicchierino.” Dicembre 2001 HIPPY Tutte le mattine passano gli impiegati che vanno in banca e in municipio. Vestono giacche grigie, cravatte e portano i capelli corti. Alcuni hippy seduti per terra, li guardano con commiserazione. Gli hippy hanno capelli lunghi, camicie a fiori e medaglioni con la scritta: Fate l’amore non la guerra. Alcuni suonano la chitarra, altri fanno bolle di sapone, altri piegano un filo di ottone per fare braccialetti. Nel gruppo ci sono anche alcune ragazze; portano fiori di carta fra i capelli lunghi e collane di perline false. Due mondi opposti si fronteggiano e si disprezzano: il vecchio mondo del conformismo, che sta per finire, e il nuovo mondo dell’ispirazione che sta per nascere. Il vecchio mondo è grigio e rigido; quello nuovo è colorato, fatto di amore e fantasia. Dall’alto i potenti della politica e della religione osservano: il gregge sta sbandando, il gregge vuole la propria libertà, il gregge non ha più bisogno di preti e politici!!! I giovani non vogliono più il denaro e il paradiso dopo morti. I giovani vogliono la libertà, la musica, la bellezza, l’amore. E queste idee si diffondono. Il potere rischia di sfaldarsi; la tirannide non ingabbia più le menti delle persone. Gli uomini di potere, statici e occulti, decidono di annientare gli hippy. Per far questo, inviano fra i giovani elementi fanatici e politicizzati che diffondono droghe e violenza. E dopo qualche anno il mondo hippy crolla, senza fare rumore, stritolato dalla ruota della politica e della religione. ***** ****** ****** ****** ****** Mi trovo nella stessa piazza, 30 anni dopo. Tutte le mattine vedo passare gli impiegati di banche e municipio. Vestono giacche grigie, cravatta e portano i capelli corti. Io li guardo e penso: il Potere organizzato ha vinto. Gli hippy sono scomparsi, ma non hanno perso, semplicemente perché essi non volevano vincere. Gli hippy sono sempre esistiti, anche se in passato si sono chiamati con nomi differenti: goliardi, bohemiens… L’essenza hippy dell’anima adesso dorme; in futuro si risveglierà di nuovo per far sbocciare un’altra primavera dell’umanità: Dicembre 2001 INCOMUNICABILITA’ Sono da poco entrato in biblioteca, per riscaldarmi e sfuggire al gelo dell’esterno. La sala è accogliente con mobili di cristallo e acciaio e quadri astratti alle pareti. Tende rosse e verdi completano l’arredamento. Attorno a un tavolo ovale stanno seduti alcuni miei amici che discutono vari argomenti, con più o meno competenza. Quando i partecipanti sollevano temi dei quali è noto il mio interesse, un amico chiede il mio parere. Io fingo di non aver sentito la sua domanda. La discussione prosegue, qualcun altro vuole sapere il mio punto di vista e fingo disinteresse o noia. Un altro insiste ancora e io fingo incompetenza. Mi comporto sempre così, da quando ho capito che è impossibile comunicare. Le parole non sono numeri. Le parole hanno troppi significati, si prestano a troppi malintesi. Le parole sono interpretate in modi differenti secondo il certo sociale, la cultura, il sesso. Gli ascoltatori interpretano il significato che desiderano, quello che va bene per loro, quello che serve ai loro scopi. Poi ci sono gli involuti che fraintendono sempre e interpretano un significato ridotto, adatto alle loro capacità mentali. Inoltre le parole sono ganci, uncini, e nell’ascoltatore attirano pensieri estranei, associazioni fuorvianti, concetti non pertinenti. E allora ho deciso di parlare il meno possibile, con gli amici e con le donne. Se descrivo una mia esperienza: chi non la ha provata non mi capirà, e a chi la ha provata non servono le parole. Rare volte sono riuscito a comunicare con persone che avevano i miei stessi gusti, interessi, cultura e sensibilità. Con queste anime gemelle sono servite poche parole per intenderci. Ma con la maggior parte delle persone è impossibile dialogare. I dialoghi sono composti di banalità, frasi cliché, giudizi stereotipati, pensieri prefabbricati… Le convenzioni: queste scatole costruite da uomini del passato ripiene di abitudini, preferenze e giudizi che non ci appartengono e che seguitiamo a spacciare. Le convenzioni sono metri per misurare le persone, le loro opere e le loro vite. Senonchè questi metri sono deformi, sono limitati, sono distorti e tutte le conclusioni risultano altrettanto distorte e miseramente incomplete. Perciò non intervengo più nelle discussioni, non mi sforzo più di istruire gli ignoranti, non rispondo più alle domande, evito i dialoghi e rimango in silenzio. Ho tutto da guadagnare! Mi trovo in una massa di fanatici, robot al servizio del conformismo che agiscono solo per il proprio interesse. Purtroppo ho incontrato molti ascoltatori ipocriti. In passato io davo disinteressatamente alle persone le mie conoscenze, le mie conquiste spirituali, i risultati delle mie scoperte. E i maledetti ascoltatori correvano a riferire i miei pensieri ai miei nemici. Facendo così, questi ipocriti spioni acquisivano credito dai potenti, ricavavano ricompense e favori. E’ una situazione triste, provata e riprovate, ripetuta centinaia di volte. Finalmente ho detto basta! Basta con le parole, basta con i pensieri elevati in una società succube e robotizzata, che desidera solo servire i potenti per ricavare favori e vantaggi personali. Dunque, per concludere, il nuovo dialogo adesso sarà… il silenzio. Gennaio 2002 L’AMICIZIA Una domenica d’inverno mi trovo ad Angiari. Poiché fa freddo decido di andare a scaldarmi, come al solito, davanti al camino dell’amico Egidio. Questo uomo fa il contadino e la mia amicizia con lui dura da molti anni. In primavera trovo Egidio in campagna a seminare, o nel vigneto a potare le viti. In estate egli sta nell’orto a raccogliere pomodori. In autunno è nel vigneto a raccogliere l’uva e poi in stalla a pigiare, torchiare e mettere l’uva nelle botti. Io adoro vedere i lavori dei campi e mi piace aiutarlo un poco. Durante i lunghi mesi invernali Egidio sta seduto accanto al camino a fumare la pipa. Molti amici suoi vanno là, e io mi siedo fra loro e mi diverto ad ascoltare le storie di una volta. Ma questo pomeriggio la sua fattoria è chiusa. I vicini mi dicono che Egidio è all’ospedale e sta per morire. Nella casa dei vicini, incontro molti amici di Egidio. Resto a parlare con loro e rimango sorpreso, terribilmente sorpreso. Un vicino mi elenca i difetti del moribondo, le sue colpe vergognose, i vizi, le mancanze. Non c’è più stima né rispetto per lui. Un amico di Egidio sparla di lui, lo critica e gli versa addosso cumuli di fango. Un altro mostra tutto il suo odio, il rancore represso, la gelosia, la rabbia, l’invidia. Eppure io ho incontrato questi uomini quando frequentavano la fattoria. Sembravano tutti amici buoni e generosi. Adesso si rivelano quello che veramente erano: adulatori, ipocriti, falsi e opportunisti. Amici interessati che hanno comprato i favori leccando e adulando il fattore quando poteva dare. Pochi giorni dopo Egidio muore e il giorno del suo funerale è grigio e gelido. Davanti alla chiesa, lungo il corteo e perfino in cimitero gli amici seguitano a sparlare sottovoce. Erano amici perché era conveniente per loro, perché ricavavano vantaggi. Avevano gesti servili e parole ipocrite perché avevano timore o perché desideravano ricompense. Adesso che Egidio è morto, adesso che non serve più, gli amici si trasformano in belve che mordono e che sbranano. Questa è l’amicizia umana. Quella disinteressata forse non esiste, o è talmente rara che è come se non esistesse. Tutte le utopie morali, etiche e religiose sono solo montagne di parole. Solo la mancanza di potere trattiene le persone. Se diamo il Potere all’uomo più buono di questa terra, egli diventerà di colpo un tiranno spietato. Perché uomini e donne sono belve, e questa è la sola realtà. Gennaio 2002 RIMPIANTI Ho incontrato Rosa d’estate, a Montagnana, un piccolo paese medioevale, vicino alle mura merlate di un vecchio castello. Quella domenica c’era una festa paesana all’aperto, lei stava da sola e io le ho offerto il gelato. Nei giorni seguenti l’ho cercata di nuovo e l’ho invitata al bar. Rosa è una ragazza semplice, di 28 anni. E’ la donna ideale per stare insieme a un uomo e trascorrere una vita tranquilla e senza grandi pretese. Per tutta l’estate siamo stati sempre insieme; l’ho portata alle feste, a vedere paesi nuovi e le ho fatto piccoli regali. Nei lunghi pomeriggi restavamo insieme su una panchina, a baciarci, a parlare d’amore, a parlare di noi e dei nostri progetti futuri. Durante l’inverno siamo stati ancora insieme e nell’estate successiva il nostro rapporto era consolidato. Rosa parlava sempre più spesso di matrimonio e a poco a poco anche io compresi che questa era la soluzione migliore. Facevamo tanti progetti insieme. Parlavamo di noi, del nostro futuro e qualche volta abbiamo fatto l’amore. Rosa voleva dei figli. Immaginava come sarebbero stati, quali giocattoli avrebbe regalato. Mi diceva i nomi che le sarebbe piaciuto dare ai nostri figli, nomi femminili, nomi maschili… Arrivò un autunno lungo, quasi disperato; le foglie gialle e la natura in disfacimento sembravano annunciare la fine di qualcosa. In novembre parlai con i genitori di Rosa e allora arrivarono i primi problemi: il mio lavoro di scrittore non era sufficiente a mantenerci e dovevo trovarne uno più redditizio. Io non intendevo vivere con i familiari e cercavo una casa in affitto, perché non avevamo denaro sufficiente per comprarne una. Col passare del tempo le difficoltà aumentavano: i parenti si dimostravano ostili. Io non riuscivo a trovare il lavoro e neppure la casa. Poi in gennaio mi ammalai e dovetti curarmi all’ospedale per quasi un anno. Tutti questi problemi richiedevano molto tempo e non potevo più andare da Rosa. Stavamo insieme sempre più raramente, finchè alla fine smettemmo di vederci; ci è mancata la forza di superare tutte le avversità. Adesso sono trascorsi alcuni anni e fra noi due è tutto finito. Io penso al passato, penso ai bei giorni che abbiamo trascorso insieme. Penso a tutte le promesse che ti ho fatto e che non ho mantenuto; tutte le cose che ti ho detto e che non si sono avverate; tutti i progetti che non si sono realizzati. La vita insieme da trascorrere in una casetta, i nostri sogni di felicità e benessere erano tutte illusioni che si sono spezzate contro la dura realtà. Niente si è avverato e io provo un profondo rimpianto. Non è stata tutta colpa mia; le circostanze sono state avverse, il lavoro non ha funzionato, il denaro mancava e poi è arrivata la malattia. Adesso ricordo quando tu sceglievi i nomi da dare ai nostri figli e alle figlie… Quei figli che non sono nati, ora mi tormentano e mi puniscono. Adesso penso a tutte le promesse che ho fatto a Rosa, a tutti i giuramenti, i progetti, le speranze, i sogni. Tu hai creduto in questi progetti e allora anche io ci credevo. Ma il destino è stato beffardo e ha distrutto il nostro sogno d’amore. Nella solitudine io penso a Rosa. Penso a come sarebbe stata la nostra vita insieme, penso ai progetti falliti, al nostro amore finito e ai figli che non sono mai nati. Gennaio 2002 FELICITA’ La fisica afferma una verità e la psicologia afferma l’opposto; alla fine ha ragione la psicologia. Ecco l’esempio: ci sono due strade; la prima è lunga un kilometro, la seconda è lunga 2 kilometri. Un uomo percorre a piedi le due strade. Qual è la più breve? La prima, dice la fisica. Sulla prima strada passano automobili e camion. La seconda strada invece è sull’argine di un fiume e si vedono spiaggette dove prendono il sole donne seminude. La psicologia afferma che questa è la strada più breve, e l’uomo che la percorre è d’accordo. Un minuto sulla poltrona del dentista e un’ora vicino a una bella ragazza. Qual è il tempo più breve? Il primo risponde la fisica; il secondo dice la psicologia. Lo stesso paragone vale per il sesso nuovo e quello conosciuto. Quando il sesso è conosciuto, familiare, stabile come quello della moglie, allora sazia presto e l’uomo prova la nausea. Quando il sesso è nuovo, proibito, incerto, clandestino, allora è attraente e l’uomo prova un piacere prolungato. E’ più lungo da sopportare un mese da marito che un anno da fidanzato! Io avevo conosciuto Monica a Belfiore, per puro caso, per merito della fortuna. In quel pomeriggio di pioggia in marzo, la ragazza si sentiva sola, depressa, insicura e io sono arrivato per consolarla proprio al momento giusto. Dopo che abbiamo fatto l’amore, io pensavo che sarebbe tutto finito. Invece ci siamo incontrati anche nei mesi successivi e abbiamo continuato a fare l’amore per tutto l’estate, di nascosto da familiari e parenti. Nessuno sapeva niente di questi incontri. Il nostro era un amore precario, clandestino, segreto, proibito. Ecco perché era così emozionante. Questo rapporto è durato quasi un anno; un tempo lunghissimo per un piacere sessuale sempre con la stessa donna. Ma a ogni incontro io provavo il sapore della novità e della sorpresa, poiché sapevo che ogni volta che spogliavo Monica, poteva essere l’ultima volta. In settembre la ragazza mi ha convinto a presentarmi ai suoi genitori, e siamo diventati fidanzati ufficiali. Dopo quel momento il sesso di Monica non mi piaceva più, non mi interessava più, non mi eccitava più. Era diventato un sesso obbligatorio, consueto, abitudinario, senza novità. Dopo il fidanzamento, dopo che tutti sapevano che questa era la mia donna, mi arrivò subito la noia, la nausea. Smisi di fare l’amore con Monica e la sua compagnia mi infastidiva. Con molte difficoltà ho rotto il fidanzamento e ho recuperato così la mia libertà. Il dolore è una sensazione che ci obbliga ad agire; la noia è una sensazione che ci obbliga a fermarci. Dapprima nasce la sofferenza, provocata dal desiderio di ottenere un oggetto o una donna. L’uomo lotta per conquistare una donna e nell’attimo che ci riesce egli è felice. Ma poco dopo cala l’interesse per quella donna; allora l’uomo si sente sazio, nauseato, annoiato. La felicità è l’attimo del salto fra il dolore e la noia; ecco perché è così breve. “La felicità è il desiderio di quello che non abbiamo” scriveva Barbusse. Monica non conosceva lo scrittore francese, ma, con il suo intuito femminile, diceva che in questo mondo non esiste la felicità, c’è solo la serenità, se uno sa conquistarla. Sono trascorsi alcuni mesi e Monica si è sposata. La vedo spesso a passeggio col marito, un uomo robusto, completamente calvo e forse molto geloso. Adesso questa donna mi attira ancora, mi eccita ancora e sento che, se avessi una relazione con lei, sarebbe piacevole e piccante. Gennaio 2002 PRIMO AMORE A Minerbe, un piccolo paese di pianura, si sta svolgendo la festa della Primavera. Mentre attraverso la piazza affollata di gente, fra le bancarelle di fiori, vedo una donna che sta parlando con un’amica. Subito la riconosco da lontano e per un attimo mi sembra di svenire. Quella è… era… E’ Anna, il mio primo amore. Avevo conosciuto Anna proprio qui. A quel tempo avevo 20 anni e mi sono innamorato di lei la prima volta che l’ho vista. Ho saputo subito che quella era la mia ragazza, la ragazza che Dio aveva fatto per me. Tutto mi piaceva in lei, il volto, i capelli, i vestiti… Dopo averla conosciuta, la vita senza di lei mi sembrava impossibile. Credo che il vero amore è solo così. Nasce a prima vista, istintivamente, come un fulmine nel cielo sereno. Tutti gli altri modi di amare sono secondari, frutto di interessi, convenienze, necessità. Il mio è stato un amore romantico, fatto di sguardi, di brevi passeggiate nei viali sotto i tigli. Ho amato Anna follemente, senza domandare se anche lei mi amava, perché non mi interessava saperlo. Con questi ricordi nella testa, che mi danno un leggero brivido, mi avvicino di più a lei per vederla meglio. Adesso Anna ha la faccia solcata di rughe, appesantita da un trucco volgare. A 40 anni è diventata una donna brutta e grassa. Ha i capelli corti e ricci. Passandole vicino sento che chiacchiera instancabilmente come un’oca insieme all’amica. Sembra impossibile che sia diventata così. Quando l’ho conosciuta 20 anni fa, Anna era una ragazza esile, flessuosa, col volto di un angelo che mi incantava e turbava. Aveva i capelli lunghi e lisci che le ricadevano sulle spalle. Ricordo che parlava pochissimo e la sua voce sembrava un sussurro. E’ cambiata, è quasi irriconoscibile adesso, ma è sempre lei. Questo pensiero mi fa tornare alla memoria decine di ricordi, di avvenimenti ed emozioni vissuti allora. Le notti trascorse insonni pensando a lei. Gli appostamenti estenuanti che duravano interi pomeriggi, sulla panchina, in attesa di vederla passare anche un solo minuto. Le snervanti attese vicino alla sua casa, per incontrarla; la sofferenza sconfinata, quella mortale malattia dell’anima che a 20 anni si chiama amore. I sogni, le fantasie, le esaltazioni. E le disperazioni, i tormenti che stravolgono la mente e la vita. Provo l’impulso di avvicinarmi di più e dirle qualcosa. Ma che cosa? Forse non si ricorderà più di me. O forse sì, poiché le donne non dimenticano i corteggiatori. Adesso passo più vicino a lei e sto quasi per dire il suo nome. Ma mi manca il coraggio, non dico niente e camminando piano mi allontano. Ricordo che volevo uccidermi quel giorno che mi ha detto che non voleva più vedermi. Ero pazzo di lei allora, e ho continuato a cercarla e soffrire anche dopo che lei aveva sposato un altro. E’ stata una esperienza meravigliosa che ricorderò per tutta la vita. Solamente chi è giovane e ha l’animo d’artista può provare il grande amore. Adesso capisco che forse è stato meglio così. Il primo amore è stato bello perché non si è realizzato. Il primo amore rimane meraviglioso quando uno dei due amanti muore oppure avviene una separazione forzata. Se allora avessi sposato Anna, tutte le illusioni sarebbero svanite nei primi mesi di matrimonio, e adesso mi troverei in compagnia di quella grassona là. Febbraio 2002 PREFERENZE Una donna, anche la più semplice, possiede gusti, esigenze, tendenze che non sono mai uguali a quelle del partner. E il partner, se vuole stare insieme a lei, deve assecondarla. E’ la storia fra me e Nicoletta, la mia nuova ragazza. Nicoletta è una ragazza frivola, vivace, chiacchierina. Ci frequentiamo da alcune settimane; lei mi piace, è molto carina, anche se ha gusti completamente differenti dai miei. Lei ama delle cose che io odio e io amo cose che lei detesta. Per poter stare insieme a lei, per amor suo, io ho rinunciato alle mie preferenze. Se voglio stare insieme a Nicoletta, se voglio far piacere a lei, devo sforzarmi di soddisfare i suoi desideri, i suoi bisogni. Devo portarla a vedere le vetrine di cose che piacciono a lei, devo portarla a vedere i cinema che piacciono a lei, devo pagarle il gelato, la pizza, devo ascoltare le sue chiacchiere stupide: le amiche che fanno i dispetti, le vicine invidiose… Devo ascoltare tutti questi discorsi e devo darle ragione, devo rassicurarla, consolarla. Io servo Nicoletta e lei gestisce premi e punizioni che mi guidano sulla strada del matrimonio. Quando sbaglio mi punisce con parole dure, lacrime e non mi permette di toccarla. Quando faccio bene allora mi premia con sorrisi, abbracci e baci. Tutto il mio dispendio di tempo, di denaro e di energie, Nicoletta lo paga nell’unico modo che le è possibile. Dandomi il suo sesso. Anzi, mi correggo, dandomi piccole concessioni sessuali: si lascia baciare, accarezzare, toccare il seno e, qualche volta, acconsente a fare l’amore. Oggi vorrei andare dal mio amico a parlare di letteratura e invece resto a casa della ragazza a farle compagnia. L’amore è fatto di sacrifici, di perdite di tempo. Questo è il prezzo dell’amore: le rinunce, le sottomissioni, i piccoli sacrifici per far piacere al partner, per assecondarlo, per ammansirlo. Chi ama è disposto a rinunciare alla propria individualità, ai propri gusti, desideri, preferenze, allo scopo di far piacere al partner, a vantaggio del partner. Agli inizi, quando l’amore era forte in me, non pensavo a queste cose. Una specie di masochismo mi faceva provare piacere alle rinunce che facevo per lei, ai sacrifici che compivo per lei. Poi, con il passare del tempo, i sacrifici diventano più pesanti. Ieri Nicoletta ha voluto andare a vedere un film comico e io l’ho accompagnata restando ad annoiarmi nel vedere pagliacciate. Io sarei andato a vedere un film di Bergman, di Bunuel, di Dreyer. Ma questi film non piacciono a Nicoletta; così mi sono sacrificato per farla divertire. Oggi vuole che la porti in città a vedere le vetrine di moda. Io preferirei andare in un museo o in biblioteca a leggere qualche libro di Frank Graegorius; oppure andrei in campagna a camminare per i sentieri e classificare le erbe. Oppure mi piacerebbe andare a una seduta spiritica. Ho provato ad accennare queste idee a Nicoletta, ma lei è inorridita. Così, se voglio continuare a stare insieme a lei, dovrò portarla in città a vedere le vetrine di vestiti femminili all’ultima moda. E’ inevitabile. Lei ha il seno, lei ha il sesso, e se voglio queste cose ci sono due strade: o pago una prostituta o accompagno Nicoletta dove vuole lei e mi annoio fingendo di divertirmi. Dopo 4 mesi di questa vita decido che è ora di finirla. Sono stufo di Nicoletta perciò incomincio a trascurarla, non vado a prenderla a casa, non le porto regali, non le dico parole gentili; e soprattutto manifesto le mie preferenze, il mio vero carattere, la mia personalità. Le dico le cose che amo e che non intendo cambiare: io amo i libri, la campagna, lo spiritismo. In questo modo avviene subito la rottura. Non ci salutiamo più e dopo una settimana Nicoletta ha già trovato un altro corteggiatore, un damerino ben vestito che la accompagna dove vuole lei. Alcune settimane più tardi incontro l’amico Giorgio che mi dice: “Ho sentito che hai lasciato Nicoletta.” “Sì, non era la ragazza per me.” “A proposito, sai l’ultima novità? Anche Paolo e Stefania si sono lasciati, hanno divorziato dopo quasi 10 anni di matrimonio.” “Incredibile! Li conosco bene e sembrava una coppia ben affiatata.” “Non è vero. Hanno gusti troppo diversi. Lei ama il mare e lui la montagna; lei ama la città e lui la solitudine della campagna… Perciò si sono divisi.” “Ma… E prima? Voglio dire quando si sono conosciuti?” “Ah! Ma allora c’era la passione.” Febbraio 2002 ALBUM FOTOGRAFICO Oggi è una domenica di pioggia e non mi sento bene. Perciò rimango in casa a riposare. Ma dopo un po’ mi annoio. Il tempo nei giorni che lavoro corre molto veloce; adesso invece sembra rallentato. Così, per svagarmi, metto in ordine libri e cartelle sugli scaffali. Mi capita in mano un vecchio album di famiglia. E’ pieno di foto in bianco e nero e incomincio a sfogliarlo. Guardo le foto di quando ero bambino, cioè oltre 40 anni fa. Ci sono i nonni, gli zii, le case di allora che adesso non ci sono più… Continuo a sfogliare le pagine guardando le foto che mi danno un gran senso di tristezza. Eccomi adolescente, quindicenne, con la camicia a fiori, il giubbino nero e la bici nuova. Quanti sogni avevo in quegli anni. Quanti pensieri e illusioni mi passavano per la testa. In queste foto qui avevo venti anni e scrivevo poesie. Ero follemente innamorato di una ragazza con i capelli lunghi e soffrivo terribilmente. In questa foto lavoravo da un meccanico. Qui sono in vacanza al mare; qui sono in campagna con il cane… Quanti lavori cambiati, quante donne, case, situazioni… Questa è la vita. Una ruota che gira e mi fa girare nel vortice degli eventi. E finchè sto girando dentro il vortice non mi accorgo del tempo che passa. Non mi accorgo dei parenti che invecchiano e scompaiono. Non mi accorgo che anch’io sto invecchiando, che tutto passa, cambia, muore, si rinnova, si sposta… Però a intervalli di anni, arriva una pausa come questa: una domenica piovosa, una malattia, un forzato riposo che mi obbliga a fermarmi e meditare. In questi momenti arriva anche la consapevolezza, terribile consapevolezza, del tempo trascorso, della giovinezza passata, del tempo fuggito. E allora rimango qui e mi domando: a cosa è servito tutto questo? Tutti questi sforzi, fatiche, perdite di tempo e di denaro, amori finiti e nuovi amori incominciati. E’ servito per arrivare dove? Fino a questa situazione attuale. Ma sono soddisfatto? No. E’ una situazione definitiva? No, certo! E allora? Quanta strada mi resta da percorrere ancora? E soprattutto per arrivare dove? Alla morte, ecco la risposta. E dopo? Nessuna sa niente. Sì, capisco che la vita è così per tutti, ma ciò non mi basta. Vorrei capire il disegno, lo schema, lo scopo di tutto questo, ammesso che ci sia una trama. Così seguito a meditare senza raggiungere nessuna conclusione, senza scoprire niente di rassicurante. Poi mi annoierò di meditare e domani riprenderò ad agire. Ritornerò nel vortice della vita che stordisce e acceca col susseguirsi degli eventi. Ritornerò a girare nell’ingranaggio. Ciò significa ancora lavoro, ancora amori, ancora corse frenetiche per raggiungere nuove mete… Fino alla prossima pausa di riflessione, fino al prossimo resoconto degli sforzi compiuti, fino alla prossima tappa. Sarò soddisfatto allora? No, certamente. Inoltre fra una tappa e l’altra passano anni, dieci, venti, chi può dirlo? Dunque al prossimo intervallo mi ritroverò ancora insoddisfatto e inoltre avrò venti anni di più. Forse sarò malato, stanco o forse morto. Cosa posso fare? Stordirmi nel vivere intensamente la vita, oppure fermarmi qui e aspettare? Non è possibile fare una scelta definitiva poiché la mente cambia interessi e si stanca presto di tutto. Inoltre ogni decisione futura è sbagliata, perché mi mancano tutti i dati per impostare il problema. Io non so cosa porterà il futuro, quindi non posso programmare definitivamente il mio futuro. E’ arrivata la sera ed è ora di andare a letto. Basta con questi pensieri tristi; sono stufo di questa pausa noiosa. Domani riprenderò a vivere, riprenderò a scrivere, a rincorrere le donne… domani… Febbraio 2002 CODICI SEGRETI Con gli uomini è difficile comunicare, quasi impossibile; ma con le donne è ancora più difficile. Poiché le donne quando parlano usano i codici. Un giorno un amico mi presentò una signora che era anche una prostituta. Dopo aver conversato, quando arrivò il momento giusto, io le feci la domanda obbligatoria: “Signora, possiamo fare l’amore?” Questa donna rispose: “Perché no?” Non mi disse sì; disse “perché no” che nel linguaggio femminile significa: sì. Aveva usato un codice, come fanno tutte. Con le donne raffinate e sofisticate, i codici sono molto più complessi. Il sì non lo usano mai; rispondono sempre no, e questa parolina ha tutti i significati: sì certo, sì incerto, forse, sì in futuro, no con dispiacere, no certo, no ora, no mai… C’è da impazzire. Eppure gli uomini da sempre frequentano le donne e si sottomettono. I più esperti potrebbero fondare un nuovo capitolo della linguistica. Anche Sabrina, la mia attuale fidanzata, adopera un codice e io sono sempre incerto sul significato da attribuire ai suoi discorsi. Io non so se ho interpretato giusto i suoi sentimenti. E lei non me lo dice subito, solo dopo ore o giorni arrivano gli elogi o i rimproveri. A volte mi sembra di impazzire a stare con lei. Perché fa così? Perché le donne sono complicate. O forse nel momento di decidere lei non sa che decisione prendere, e dice un no generico per prendere tempo, per rimandare la decisione in futuro. Oggi le ho chiesto se domenica verrà con me in gita al lago di Fimon; ha risposto: no. Io ho insistito e lei ha acconsentito. Adesso la responsabilità ricade tutta su di me. Se la gita riuscirà bene, senza incidenti, lei dopo mi premierà con baci, abbracci e paroline dolci tipo: “Che carino, hai intuito subito che era quello che desideravo.” Se invece la gita riuscirà male, causa pioggia o incidenti, Sabrina mi rimprovererà dicendomi: “Te lo avevo detto di non andare; vuoi sempre fare di testa tua…” Adesso è una bella sera tiepida, quasi di primavera e vado a prendere Sabrina per fare una passeggiata. La ragazza indossa un vestito nuovo, di tela ruvida, con bretelle, che assomiglia a una tuta da meccanico. So che questo modello è di moda e tutte le ragazze lo comprano. Sabrina mi chiede se mi piace il suo vestito. Io vorrei dirle che mi fa schifo, che preferirei qualcosa di più soffice, di più femminile. Ma se sono sincero rischio di rovinare la serata. Se le dico che non mi piace il suo vestito è come se le dicessi: “Non mi piaci tu”. Perciò mi affretto a dirle: “E’ molto bello, è un ottimo modello, hai buon gusto nelle scelte”. Ma Sabrina non crede alle mie parole! Ho esitato un attimo prima di parlare e lei, dalla espressione del mio volto, ha intuito i miei pensieri. Oppure ho pronunciato le frasi non con il giusto tono. Lei capisce subito che non mi piace il suo vestito; mi dice alcuni rimproveri, si arrabbia e ritorna indietro da sola. Camminando dietro di lei la supplico di perdonarmi, anche se non ho fatto niente di male, tento di addolcirla facendo il pagliaccio. Niente da fare. Questa serata è rovinata e Sabrina rientra in casa sbattendo la porta. E’ stata tutta colpa mia, oppure del vestito. No, se ci penso bene, la colpa è di quelle creature assurde che si chiamano donne. Febbraio 2002 LA VECCHIA CASA Ho ereditato, insieme ai miei cugini, la casa dello zio Alfonso. Lo zio era l’ultimo discendente di una antica famiglia. Ultimo di otto figli è morto novantenne; non si è mai sposato e non lascia figli. Quando muore un vecchio è una perdita enorme, più che se morisse un giovane. Poiché un vecchio è un cumulo di esperienza, abilità, ricordi… Un vecchio è un libro zeppo di conoscenza, mentre un giovane è come una pagina bianca. In un pomeriggio di sole entro nella sua casa, come facevo spesso quando lui era vivo, apro le finestre del pianterreno e resto a guardare. La sua radio, che prima era sempre accesa, adesso è spenta. Nel focolare non c’è fuoco, ma solo mucchi di cenere. Nella vetrina scintillano file di bicchierini e bottiglie panciute. Rapidamente visito anche le altre stanze: nel sottoscala ci sono scaffali con vasi di miele e uva sotto spirito; entro in una camera con padelle in rame e grosse pentole in alluminio; apro un mobile che è pieno di scarpe. Salgo la scala ripida oltre la porta ad arco. La luce del lucernario sbianca i gradini di tufo. Entro nella camera da letto di zio Alfonso e apro le finestre. La stanza dello zio è la più ordinata e pulita. Sembra che sia appena uscito e che tornerà fra un momento. Sembra impossibile che lui non entrerà più qui! Guardo la bella foto dello zio, sorridente, con i baffi, e penso: dov’è adesso zio Alfonso? Dentro alla cassa, chiuso dentro un loculo. Tiro i cassetti del comò, apro gli sportelli dell’armadio. Sto toccando le sue cose più care, quelle che per lui rappresentavano i suoi tesori: gli album di francobolli, le raccolte di monete, i dischi, le sue pipe… Lui non immaginava che i suoi tesori sarebbero stati toccati distrattamente da altre persone. Lui non pensava che un giorno avrebbe perso tutto questo. Tocco le sue cose con apprensione e intanto penso: Chi toccherà le mie cose più care dopo la mia morte? Chi toccherà i miei libri che ho faticosamente cercato e collezionato per tutta la vita? Il pensiero che un estraneo toccherà i miei libri senza apprezzarli, mi fa rabbrividire. Entro nelle altre stanze. Ero stato nelle camere degli zii più anziani poche volte, quando ero bambino. Ogni stanza ha un suo odore e una sua fisionomia. Ecco la stanza dello zio Antonio; c’è ancora la sedia a ruote che usava dopo la paralisi. Ecco la stanza della zia Emma, con le coperte bianche ricamate e le tendine di pizzo. Apro un vecchio armadio pieno di vestiti femminili e una farfallina vola fuori verso la luce. Questa era la stanza dello zio Ivo, il più irrequieto e grande viaggiatore. Ci sono oggetti che provengono da tutte le nazioni del mondo: una piccola torre Eiffel in ottone, un ponte di Brooklyn, statuette africane, tailandesi… Ci sono stanze nella casa dove non ero mai stato. E la casa ha tanti strati, come una cipolla. Nella parte che era degli avi, le finestre sono bloccate, ma entra luce sufficiente dalle grosse fessure del legno. Quando mi inoltro negli strati più vecchi, trovo oggetti sempre più antichi, che appartenevano ai padri, ai nonni e perfino ai bisnonni. Qui, il passato è conservato in tutta la sua terribile grandiosità. I mobili sono più grossi, più severi. Gli oggetti sono più consumati, più logori e hanno forme bizzarre; mantelli neri, bastoni da passeggio, lumi a olio, un catino, uno scaldaletto in rame… Questi comuni oggetti danno una sensazione di estraneità, come l’epoca remota da cui provengono. In fondo al corridoio il pavimento in legno è marcito e presenta grossi buchi. C’è una porta murata. Un colombo ha fatto il nido dentro il vano della finestra. A questo punto ritorno indietro e scendo giù. Esco dalla casa di zio Alfonso e mi sento un po’ triste. Domani arriveranno dalla città i miei cugini per fare l’inventario. In seguito arriveranno i compratori, poi gli operai, i falegnami, i muratori… Tutto sta per cambiare e questa casa scomparirà. Rimane il mio ricordo, che decido di trasmettere ad altri, scrivendolo qui. Marzo 2002 IL TEMA DELL’ODIO E’ stato scritto molto sul tema dell’amore, ma poco su quello dell’odio. Eppure anche l’odio è una emozione forte, congenita all’uomo; e senza l’odio l’amore non potrebbe esistere. Conosco un nonnino che vive in una famiglia completamente felice. Un giorno gli ho fatto notare quanto è fortunato ad avere tanti figli e nipoti che vanno d’accordo e si vogliono bene. E questo nonno mi ha risposto: “Ogni casa ha la sua ombra; si ricordi bene questa verità”. Il modo infantile, bambinesco, religioso di guardare la realtà, vede nel mondo solamente cose belle e buone. Il modo adulto, maturo di guardare la realtà vede nel mondo cose grigie ed ombre paurosamente nere. E’ sufficiente frequentare la società, le famiglie, i gruppi di persone per vedere tutti i sentimenti distruttivi: l’invidia, l’ipocrisia, la falsità e l’odio. Io ho visto queste cose e adesso preferisco restare fuori. Coppie e amicizie sopravvivono finchè si sforzano di andare d’accordo. Non esisterà mai la coppia perfetta, l’amicizia perfetta e tantomeno la società perfetta. Le forze disgregatrici sono presenti dentro di noi. La parte oscura, l’ombra, è nascosta in ognuno di noi. Io che sono riuscito a capire le donne ho deciso di lasciarle. Sono riuscito a capire gli uomini e ho deciso di lasciarli. Ma non si può vivere in totale solitudine! E allora? Adesso prendo le persone con il contagocce, ed evito tutti gli impegni. Così sono giudicato un uomo strambo. Chi fa qualcosa, qualunque cosa, presto o tardi farà il suo contrario, si sentirà obbligato a farlo. La mente umana funziona così. Abbiamo bisogno di amare e abbiamo bisogno di odiare. Potrei raccontare le storie degli amori folli che ho avuto con le mie donne. Potrei raccontare le storie dell’odio mortale che ho provato per i miei nemici. Ma non serve; ognuno può cercare dentro di sé per conoscere queste storie. Anche gli uomini buoni odiano e sanno odiare più dei mediocri. Anche i grandi santi odiano profondamente; essi hanno inventato un essere su cui scaricare tutto il loro terribile odio. E questo essere lo chiamano il Diavolo. Molti animali hanno il loro nemico naturale: il topo ha il gatto, la pecora ha il lupo… Qual è il nemico naturale dell’uomo? Gli altri uomini, alcuni altri uomini. Amore e odio si assomigliano, anche se sono due sentimenti opposti. L’amore e l’odio sono due sentimenti forti, irresistibili, ai quali l’uomo non può sfuggire. Con questo mio scritto non intendo giustificare l’odio, né tantomeno la violenza. Affermo solo che esiste. Le necessità di amare e di odiare sono presenti nell’uomo. Egli deve solo cercare l’oggetto del suo amore e del suo odio. Quando non trova un oggetto adeguato scende con le sue pretese, purchè riesca a trovare un oggetto dove scaricare le proprie emozioni. Dobbiamo amare e odiare, questa è la nostra natura. Dobbiamo amare la moglie, l’amico, il papa o il re; e dobbiamo odiare la moglie, l’amico, il papa o il re. Marzo 2002 PUNTI DI VISTA Quando vedo una coppia a passeggio, o un uomo con una bella casa, o un amico sposato che porta a spasso i figli, io mi chiedo: Perché io no? Che cosa ho sbagliato? Che cosa non ha funzionato nella mia vita, se non ho raggiunto i traguardi di tutte le persone comuni: lavoro redditizio, casa, famiglia… Però, ripensandoci, io non ho commesso errori. Forse ho visto la realtà da un punto di vista differente, e ho agito di conseguenza. La realtà è complessa e inconoscibile. I punti di vista sono percezioni di settori della realtà. Una discesa e una salita sono punti di vista di una pendenza. Io sono uno scrittore e, come tutti gli scrittori, artisti e uomini di genio, sono al di sopra della normalità; anche se spesso sono giudicato al di sotto della normalità, poiché gli uomini mediocri confondono i due estremi. Io ho la capacità di percepire settori inconsueti della realtà, più profondi, o spostati in confronto ai settori percepiti dagli uomini comuni. Il mio punto di vista differente ha maggior larghezza di percezione, possiede profonda capacità di penetrazione, si interessa a temi più astratti. I punti di vista differenti sono causati da un cervello differente, da una costituzione genetica differente. L’uomo comune ha solo due istinti da soddisfare: il bisogno di cibo e di sesso. Lo scrittore, oltre questi, ha altri bisogni da soddisfare e deve faticare di più. Però, se ci riesce, ricava maggiori soddisfazioni. Il mio punto di vista ha scarsa sensibilità e deboli capacità nei settori della realtà dove vincono gli uomini comuni, cioè le capacità di arricchire, di trovare donne e di crearsi comodità nella vita. Perciò, nella competizione con gli uomini comuni per raggiungere traguardi normali, il genio perde sempre. Il mio punto di vista ha forte sensibilità e grandi capacità in settori insoliti, inconsueti della realtà: tendenza a risolvere problemi filosofici, psicologici, estetici. La capacità di percepire realtà differenti, nascoste, crea interessi differenti, spinge ad agire in maniera differente e porta a conclusioni differenti. Io ho ereditato questo patrimonio genetico; non è merito mio, non è colpa mia. Il mio merito è stato quello di favorire queste tendenze e neutralizzare quelle avversarie. Qual è il punto di vista giusto? Nessuno lo sa. Forse il più corretto, in relazione al fine biologico, è quello della maggioranza, poiché la maggioranza dell’umanità genera figli. Ma chi può conoscere i bisogni imprevisti e futuri dell’umanità? Forse, in futuro saranno gli uomini con il punto di vista differente a salvare l’umanità da qualche catastrofe imprevedibile. Oggi, sono sicuramente questi uomini superiori che fanno raggiungere all’umanità un più alto livello di consapevolezza ed evoluzione. Marzo 2002 SESSO ED EVOLUZIONE Da quando ho conosciuto Liliana ho quello che prima non avevo: una compagna da portare con me, un’amica e soprattutto ho il sesso. Liliana non è esigente, è una ragazza semplice e povera con poche pretese. Ma anche lei è una donna, e vuole sposarsi. Da quando sto insieme a Liliana provo un senso di insoddisfazione interiore; ho perduto tutta la mia creatività, non mi piacciono più i libri; le cose che prima amavo ora mi sono indifferenti. Perché? I miei interessi, letteratura, erboristeria, astronomia, parapsicologia, sono spenti. Perché? E col passare del tempo la mia insofferenza aumenta: mangio poco, dormo male. Sento che dovrei rinunciare a Liliana, ma non riesco a rinunciare al suo sesso. Con questo tipo di vita mi ammalo e forzatamente interrompo ogni contatto con la ragazza. Trascorro molto tempo per risolvere il conflitto se restare scapolo oppure sposarmi. Alla fine decido di vivere da solo. Adesso che sono di nuovo libero, è tornata la mia creatività: scrivo e leggo con piacere, faccio gite in campagna con i cani. Adesso ho capito che esiste negli uomini una spinta evolutiva, un bisogno di conoscere, creare, scoprire, esplorare, poetare, dipingere, scolpire, scrivere… Questo bisogno è presente in tutti, in misura differente: gli impiegati di banca ne posseggono poco; i poeti ne posseggono molto. Questo bisogno è più forte nei giovani, più debole negli adulti, anche perché molti lo hanno soffocato. Chi possiede forte questo bisogno non può vivere una vita normale, fatta di casa, lavoro, moglie e figli. Chi possiede molto di questo bisogno non riesce a soffocarlo e non avrà mai una vita normale. Il bisogno di evoluzione, se non controllato, può condurre alla rovina, alla miseria, alla solitudine, alla follia, perché il corpo umano è troppo debole per gestirlo totalmente. Se tutti avessero soffocato il bisogno di evoluzione, non esisterebbe la civiltà, non esisterebbe la scienza, né l’arte, né la letteratura, né la poesia… Per inseguire denaro e sesso bisogna andare in una direzione. Per inseguire i bisogni evolutivi bisogna andare nella direzione opposta. Ma il sesso è ambiguo; il sesso è diviso in due metà: innamoramento e matrimonio. La prima metà, cioè l’innamoramento, soddisfa il bisogno personale di evoluzione: l’innamorato si sente creativo, anticonformista, libero, scopritore e fruitore di nuove realtà e universi meravigliosi. I giovani innamorati scrivono poesie, fanno musiche e canzoni. La seconda parte del sesso, cioè il matrimonio o impegno sociale, arresta il bisogno di evoluzione e richiede una vita monotona, squallida, dedicata al lavoro, alla routine, alla moglie e ai figli. Con il matrimonio, la scalata evolutiva, la crescita personale dell’uomo è finita. Dopo il matrimonio, l’uomo abdica ad altri, cioè ai figli, il bisogno di evolvere. Esistono varie strade per trovare una soluzione o un compromesso a questo problema. Conosco un amico che ha soffocato il suo debole impulso evolutivo e si è impiegato in municipio. Un altro amico era abbastanza creativo da scapolo; dopo il matrimonio ha interrotto il suo cammino evolutivo e ha deciso di riprenderlo quando andrà in pensione. Non sempre è possibile soffocare il bisogno di evoluzione. Se un artista, cioè un uomo che ne possiede molto, decide di soffocarlo per fare una vita normale, incorre in gravi sciagure: proverà delusioni, divorzio, dispiaceri e rischia di ammalarsi e morire. Io, che sono molto creativo, quando ho provato a sposarmi mi sono ammalato. Solamente lo scrittore Colin Wilson ha esposto chiaramente questo problema. Io ho incontrato molte persone che soffrono perché non riescono a capire che non è possibile evolvere e sposarsi. La vita da singolo evolve l’individuo. La vita di coppia, la vita sessuale, evolve la specie, cioè i fgli, la discendenza. Marzo 2002 LA DONNA E LA DEA Laura è una ragazza incantevole. Il suo viso è bellissimo e un po’ triste; ha lunghi capelli lisci e un corpo snello e sinuoso che mi attira irresistibilmente. Quando vedo passare Laura mi manca il coraggio di avvicinarmi. Una volta l’ho salutata, ma sento che non riuscirò mai a parlarle, né tantomeno a corteggiarla. Se fosse la mia ragazza non oserei neanche toccarle la mano. La sua bellezza mi ispira, mi fa sognare ma anche mi inibisce. La purezza del suo viso, le linee armoniose del suo corpo mi fanno sentire goffo e indegno. Così resto in adorazione, senza fare niente e questo mi fa gioire e soffrire. Giuliana è una ragazza bruttina; il suo viso è insignificante, ha capelli corti e il suo corpo grassottello non è sinuoso né sexy. Quando sono insieme a Giuliana la accarezzo, le tocco i seni, palpo il sedere, la bacio e la stringo forte. Lei ride, ogni tanto mi rimprovera, ma mi lascia fare. Questa sera ho infilato la mano dentro alla scollatura della sua maglietta e ho sentito i seni piccoli e caldi, le punte dei capezzoli. Il giorno dopo vedo Laura che cammina da sola lungo il viale. Indossa una gonna blu pieghettata, una maglietta rosa. I suoi capelli lunghi e lisci le ricadono sulle spalle e si flettono nella brezza. Vorrei correrle incontro, salutarla, parlarle, invece rimango ad ammirarla da lontano senza avere il coraggio di avvicinarmi. Laura sembra un angelo, una creatura di luce che non appartiene a questo mondo. Il timore che mi ispira mi impedisce di parlarle, di conoscere il suo carattere. Per renderla più umana, e quindi più vicina e accessibile, penso che Laura non è perfetta. Forse è una ragazza come tante altre, stupida e viziata. Probabilmente Laura è piena di pretese, con un carattere che non mi piace. E’ consapevole della sua bellezza e si concederà solo a un uomo ricco. La Laura che vedo io è solo una mia immagine idealizzata. Però senza la Laura vera neanche la sua immagine esisterebbe. Di notte quando sono a letto, riprendo il lavorio tortuoso dei miei pensieri. Laura è una donna non una dea. Anche lei è fatta di carne, anche il suo corpo orina, caca e ha le mestruazioni. Ma neanche questo pensiero serve per trasformare la fata in donna. Tutto mi piace in lei, anche il suo nome: Laura, è una parola così bella, così fluida… Oggi ho baciato Giuliana e mentre ci baciavamo le accarezzavo i seni, i fianchi, le cosce. (La ragazza bella con la sua bellezza conquista il fidanzato; la ragazza brutta con favori sessuali conquista il fidanzato). Giuliana è una ragazza comune e un po’ volgare, come il suo nome. Se fossi meno poeta sceglierei Giuliana, più pratica, più accessibile, più vicina. Giuliana sarà la donna vera, quella da portare a letto per godere e poi stancarsi e forse buttare via. Laura invece rimarrà il sogno irrealizzabile, il simbolo della femminilità, il mito bello e irraggiungibile. Laura è la ragazza da amare in segreto e desiderare senza speranza di averla. E’ la ragazza che mi ispira poesie nelle notti di primavera e nelle sere d’autunno; è la ninfa che mi appare in sogno e che ricorderò per tutta la vita. Marzo 2002 PRIMA E DOPO Mirella è una ragazza tanto cara e simpatica. Mi sento felice quando sto insieme a lei. La sua compagnia non mi stanca mai. Mirella ha una conversazione spiritosa, arguta, brillante. Mi piace ascoltarla per ore. Mirella è una biondina frizzante con tanti interessi. Mentre i suoi genitori guardano la televisione in cucina, noi ci sediamo sul divano in salotto e restiamo a parlare e baciarci. Alcune sere quando i suoi genitori sono andati a letto presto, io ho convinto la ragazza a fare l’amore. Dopo l’ebbrezza dei nostri corpi nudi, dopo l’eccitamento e l’orgasmo, mi sento triste e annoiato. In quei momenti capisco perché dopo il coito l’uomo si sente triste. Dopo aver fatto l’amore, dopo aver scaricato i miei impulsi, io penso: tutti questi sacrifici, lotte, rinunce, sottomissioni, per conquistare la femmina; tutta questa perdita di tempo, di energia, di denaro per arrivare fin qui, a letto con lei. Allora provo un senso di rabbia, di nausea, di avvilimento e un bisogno intenso di solitudine, di distacco, di lontananza da questa ragazza stupida e frivola. In quei momenti il bisogno di distacco sembra essere eterno e irrevocabile. Invece… dopo 3 o 4 giorni gli ormoni ritornano a girare nel mio sangue e ritorna il desiderio, ritorna il bisogno di sesso, e la femmina diventa attraente, importante, degna di sacrifici. Allora ritorno a casa di Mirella, cerco la sua compagnia, le porto dei regali. Questo processo si è ripetuto decine di volte in me. Quante volte dovrà ripetersi ancora prima che io ammetta la schiavitù umana verso il sesso? Ma Mirella mi piace oppure no? E’ la ragazza che desidero e alla quale legarmi per tutta la vita? E’ la mia donna ideale? C’è un solo modo per saperlo. Questa sera andrò a casa di Carmen… Carmen è una prostituta 40enne che abita in una casetta, in un vicolo stretto, nella parte vecchia del paese. Arrivo emozionato, come sempre succede quando si va a un appuntamento d’amore. Suono il campanello, dico il nome dell’amico che mi ha mandato (la parola d’ordine) poi salgo le scale mal illuminate. Sono accolto da una donna formosa coi capelli rossi, che mi fa entrare in cucina con le pentole che bollono sui fornelli, da dove si spande odore di minestrone. Carmen è gentile. Mi offre da bere, ma io preferisco andare subito in camera da letto. Qui ci spogliamo e facciamo l’amore. Quando abbiamo finito entro in bagno, mi lavo, poi pago e vado via. Uscito in strada corro subito a casa di Mirella. Come le altre sere ci sediamo sul divano e io ascolto i suoi discorsi, le sue chiacchiere. Adesso, senza la schiavitù del sesso, vedo e valuto Mirella. Adesso vedo la vera Mirella, non quella che immaginavo sotto la spinta del desiderio. Solo adesso riesco a valutarla obiettivamente e imparzialmente. Mirella è una ragazza bellina. E’ piccola e il suo corpo tende a ingrassare. Ha il viso rotondo e insignificante; ha le mani sudate e un foruncolo sotto il mento. Finito l’esame del lato fisico passo a quello psicologico. Mirella è pettegola, intrigante e superficiale. Mirella è maligna, antipatica e ha una visione della vita ristretta e convenzionale. Dopo un po’ la ragazza si accorge che la sto ascoltando senza interesse, ma non importa. Questa è l’ultima volta che mi siedo su questo divano, accanto a lei. Domani, sarò un uomo nuovamente libero e solo. Aprile 2002 BELLEZZA DI APRILE I cieli di Aprile hanno un colore diverso. Più lucenti e cupi. Le nubi sono gonfie e bianche. Anche l’acqua è diversa, più trasparente, metallica. L’erba è più verde… Nel mese di Aprile anche le donne sono diverse. Incontro una ragazza sconosciuta con la pelle lattea, gli occhi grandi e l’espressione stupita. Le sue lunghe trecce si muovono nel vento. In Aprile sento la giovinezza che passa come un brivido sulla Terra. Sensazioni strane mi sfiorano lasciandomi un piacere amaro. La vita, le donne, l’amore. La bellezza di Aprile cade nell’anima con i suoi doni tenui e misteriosi. Adesso ricordo la mia giovinezza. So che la giovinezza è solo ignoranza e illusione. Ma non posso fare a meno di rimpiangerla. So che Aprile passerà veloce come la pioggia sui vetri. Verrà l’estate e poi sarà di nuovo autunno e inverno, vecchiaia e morte. Ma adesso, in quest’ora violetta, con il cielo che irraggia scettri e corone, in quest’ora di fiori e d’amore, adesso è Aprile. Aprile 2002 LA RUOTA DELL’AMORE Quante storie d’amore ho vissuto, quante meravigliose storie d’amore. Nelle sere di Aprile, mi piace ricordarle, mi piace rievocare gli attimi divini trascorsi insieme alle donne amate. I bei momenti intensi e preziosi, che ho collezionato, si ravvivano negli anniversari. Come quella sera d’aprile a Veronella con Mirta… L’amore ha trasfigurato le donne che ho amato, ha irraggiato le nostre avventure di una luce da paradiso. L’amore è un dono immenso e strano che innalza dalle brutture della vita fino a regioni di splendida bellezza, di pura felicità. Sono state oasi di sogno che adesso non si ripeteranno mai più. Adesso che l’anima è invecchiata, è graffiata dal tempo, è sciupata dai dispiaceri, essa non riflette più, non riesce più a risplendere. E allora scrivo le mie storie d’amore, affinché questi gioielli continuino a risplendere per i giovani futuri. In amore ho provato tutto; e ho ripetuto questa esperienza molte volte, fino a non desiderarla più. Ora ho imparato bene questa lezione. So che l’amore incomincia con gli sguardi, i rossori, i teneri approcci e arriva fino al sesso, fino alla sazietà e alla nausea. Quando il percorso tortuoso dell’amore arriva alla sazietà sessuale, esso raggiunge l’ultimo stadio. La conoscenza psicologica e fisica dell’amante è completa. Adesso non resta più nulla da scoprire, più nulla da sperimentare e il ciclo finisce. Il bel giocattolo si rompe, i chiaroscuri si illuminano di luce cruda e ne risulta una visione aspra e repulsiva. Quando arrivo a questo stadio terminale, io so che è tutto finito e penso che non avrò mai più bisogno delle donne. Invece non è così. Oltre il sesso, quando sono stanco del sesso, mi ritorna il bisogno d’amore, di un amore dolce e romantico. E il ciclo incomincia di nuovo: incominciano gli sguardi e i sospiri, le ebbrezze e i batticuori. Ricomincia il bisogno d’amore per un’altra donna. Quando credo di sapere tutto sull’amore, quando decido di chiudere per sempre la porta all’amore, allora… inaspettatamente ritorna l’amore, con le sue novità, i suoi sogni, le sue irresistibili seduzioni. Aprile 2002 PROGETTI DI APRILE Su una sera d’Aprile non è possibile costruire qualcosa: su un raggio di sole, sul canto di un usignolo, come è possibile costruire qualcosa di stabile e duraturo? Sulla corolla di un fiore o sui fruscii della brezza, non si può costruire qualcosa. Su un amoretto furtivo oppure una risatina maliziosa… Per costruire casa, famiglia, lavoro, ci vogliono fondamenta solide, ci vuole l’inverno, il maltempo, la serietà dell’esistenza, le dure sopportazioni delle ore impegnative e la tenacia delle gelide giornate invernali. Ma adesso…? Adesso è Aprile ed è tutto così labile e sfuggente, fluido e delicato… No, ragazza, non ti corteggerò. Mi limito a guardarti e lasciarti passare. Non ho voglia di impegnarmi. Aprile è così breve… Niente di definitivo, solo attimi che cadono nel silenzio. Proprio come il cielo: prima splendente, poi minaccioso e poi ritorna subito il sole. Non ho voglia di pensare a tristezze e cose serie. Se fosse inverno, allora sì, seduti accanto al fuoco io e te potremo fare progetti, ma ora no. In Aprile i pensieri sono farfalle, i sentimenti nascono e muoiono e vanno come le nuvole. Adesso i libri di filosofia riposano sugli scaffali. Adesso parlano Verlaine e Rimbaud. Lasciamo da parte i problemi e guardiamo i petali che cadono nel vento. Cammino nei pioppeti umidi, solo, senza una meta. Le ore lucenti vanno, scivolano impercettibilmente verso Maggio. Aprile 2002 I DUE FIDANZATI Nadia mi piace. E’ una biondina con poche amiche e senza fidanzato. Sono sicuro che se la corteggerò riuscirò a diventare suo amico. E dopo, questa estate, potrò portarla in gita, in piscina e forse riuscirò a fare l’amore con lei. In realtà il mio compito è facile, poiché ci conosciamo da quando eravamo bambini. Adesso anziché limitarmi a salutarla quando la vedo, mi fermo, le chiedo come va e resto un po’ a parlare con lei. Oggi è una bella giornata di primavera, incontro Nadia per strada e mi intrattengo a parlare più del solito. La ragazza si è già accorta dell’interesse che io provo per lei; le donne, si sa, sono grandi esperte in situazioni d’amore. Ma non importa; ormai ho deciso di dichiararmi, è arrivato il momento di dirle che mi piace. Dopo i soliti convenevoli, dopo i complimenti per il suo vestito, arrivo alla mia richiesta: “Vuoi venire domenica insieme a me a Minerbe? Conosco un locale dove si mangiano pizze e gelati sotto il pergolato.” “Grazie per l’invito, ma non posso venire.” Non mi aspettavo questo rifiuto. Comunque provo a insistere: “No? Beh, se vuoi potremo andarci la domenica successiva…” “No. Non è proprio possibile, sai. Il mio fidanzato è molto geloso e non mi lascia andare insieme ad altri ragazzi.” “Fidanzato? Non sapevo che tu avessi un fidanzato. Ti vedevo sempre da sola e pensavo… ” “Sì, lui a volte è molto impegnato col suo lavoro e allora non viene. Ma non potrei mai fargli un torto.” “Ah! Beh, quando è così… Ma, scusa se te lo chiedo, chi è il tuo fidanzato?” “E’ Davide, quello che lavora alla Knorr.” “Oh! E’ quel… fortunato ragazzo…” Stavo per dire quel deficiente, ma mi sono trattenuto in tempo. Davide infatti è un bamboccio che sfoggia sempre bei vestiti ma è completamente vuoto interiormente. E’ un manichino che cammina; metodico, abitudinario, senza anima e privo di sensibilità. Lavora in ufficio, alla sera gioca a carte al bar e alla domenica va allo stadio a vedere la partita. Questi sono tutti i suoi interessi; la vita per lui è tutta qui. Davide non è bello, né ricco e Nadia è troppo furba per legarsi a un individuo simile. Ma Davide funge da appoggio, da pretesto, da comodino. Conosco il trucco che usano tutte le donne. Quando un uomo chiede di frequentare una ragazza, lei risponde che ha già il fidanzato. Anche la più brutta, anche la più beghina, la più racchia e la più sola. Se un uomo si interessa a lei, di colpo salta fuori che c’è già un fidanzato. Perciò, per frequentare me, Nadia dovrebbe lasciare l’altro. Io devo gareggiare con l’altro, devo mostrarmi più cortese, più generoso dell’altro. E soprattutto devo caricarmi di una grossa responsabilità. Se Nadia lascia Davide per causa mia, dopo io non potrò più ritirarmi. Dopo queste riflessioni fingo di sentirmi triste e sconfitto: “Beh, se sei già occupata, allora, addio…” “Arrivederci” dice lei con un bel sorriso invitante. Nadia è sicura che io ritornerò all’attacco, ritornerò a supplicarla di lasciare Davide per stare con me. Se non farò questo, mi giudicherà un debole; in questo caso Nadia diventerà più gentile, si mostrerà più disponibile per attirarmi e poi mi respingerà di nuovo. Con la tecnica dell’offri e fuggi le donne fanno perdere la testa agli uomini. Non voglio diventare un burattino nelle mani di una donna. E’ già successo tante volte quando ero più giovane. Adesso voglio che non succeda più. Maggio 2002 SESSO Nella giovinezza esiste un unico scopo, un’unica meta, un unico desiderio assoluto e imperativo. A 20 anni desidero solo il sesso, voglio solo il sesso. Nella giovinezza esplodono le passioni e i tramonti straziano l’anima, le notti di luna esaltano fino alla spasimo. In qui momenti voglio solo Marta, desidero solo Marta. Voglio annientarmi in lei, dedicarle tutto il tempo e le vite disponibili. A 20 anni il sesso è poesia, amore, samadhi. Ogni cosa al di fuori del sesso è futile e senza valore. *** **** **** **** **** **** Nella maturità il sesso perde importanza. Non è più lo scopo unico e supremo. A 40 anni la donna ha perduto il suo fascino e si rivela una creatura prosaica, terribilmente prosaica. Adesso provo meno piacere nel sesso, sono disposto a fare meno sacrifici per ottenere il sesso. A 40 anni, la vita è un vortice di azioni, impegni, obblighi e ho poco tempo per cercare il sesso. A 40 anni devo pensare al lavoro, devo pensare alla casa, bisogna pensare al denaro… Ma allora, quando il tarlo dei pensieri diventa ossessivo, quando i pensieri diventano macigni e non riesco più a scacciarli, in quei momenti cerco il sesso. Quando le giornate sono gravide di lavoro, le notti sono insonni per i problemi che non mi lasciano dormire… Allora l’unica via di uscita è il sesso. Il sesso di Esther che cancella, che aiuta, che libera la mente dai pensieri. Il sesso che rilassa e concede una pausa al groviglio delle azioni. Così a 40 anni il sesso cambia fisionomia, cambia finalità, cambia aspettative. Il sesso diventa oasi, riposo, momentaneo oblio che consente di riprendere il cammino. *** *** *** *** *** *** *** *** Con la giovane Graziella il sesso ha uno scopo ancora differente. Con lei cerco la giovinezza. Graziella è 30 anni più giovane di me. Graziella è spensierata, frivola, superficiale, non ancora intaccata dai denti di sega della vita. A 50 anni il sesso cambia stadio ed entra nella sua ultima fase. Adesso cerco il sesso per ricordare il passato, per illudermi momentaneamente di essere ancora giovane. Adesso che tutto è cambiato, gli amici sono morti, i luoghi amati sono cambiati, le donne amate sono lontane, adesso il sesso è diventato l’unico ponte fra me e il passato; nel sesso ritrovo l’illusione della giovinezza, delle ore felici nei luoghi perduti. Il sesso attira in tanti modi con esche differenti: la necessità, il divertimento, la nostalgia. E allora… arrendiamoci al sesso. Maggio 2002 IL POZZO DELL’AMORE L’Amore è annientamento. Il desiderio di annientamento supera perfino la paura della morte. Il bisogno di annientamento spinge ad azioni folli e insensate. Suppongo che questa è la stessa sensazione che prova l’ameba quando si divide. Una forza irresistibile a perdersi, a ferirsi, a soffrire, a morire. Una forza che contrasta con l’istinto vitale, una forza che supera l’istinto di conservazione e attira verso la morte. Questa forza l’hanno provata Baudelaire e Trakl; tutti i grandi poeti e tutti i veri amanti. E là, su quel filo sospeso sulla Vita e la Morte, l’uomo cammina pericolosamente provando una esaltazione e una ebbrezza. Questo è quello che provo per Sarah. Per lei ho buttato via le cose più care, i libri, i dischi, i quadri… Le cose che mi davano piacere e sicurezza, la nicchia che avevo costruito e mi proteggeva, il rifugio dai dispiaceri della vita. Ora sono più esposto, più fragile, più sensibile e più bisognoso. Adesso che ho rinunciato a tutto ho concentrato i miei bisogni in Sarah. Adesso la mia vita dipende esclusivamente da lei, il mio benessere, la mia sicurezza dipendono da questa ragazza, dai suoi capricci, dai suoi sguardi, dalle sue parole. Ho messo il mio futuro nelle capricciose e instabili mani di una donna. Finchè durerà l’oppio dell’amore sono diventato un suo giocattolo, un suo passatempo. E’ così per tutti gli uomini; i poeti e gli artisti sono i più esposti. Ma queste cose le capirò dopo, fra un anno o fra due, dopo che sarà finita questa ossessione che si chiama amore. Maggio 2002 LA FEMMINISTA Al circolo del bridge ho conosciuto Barbara, una ragazza femminista. Barbara è una ragazza moderna, grintosa e professionalmente affermata. Veste con giacca, pantaloni ed è sempre piena di impegni di lavoro. Sono contento di essere diventato suo fidanzato. In Barbara ho trovato la collega, la compagna e l’amica. Però, dopo alcune settimane che ci frequentiamo incomincio a stancarmi della sua grinta, del suo arrivismo, della sua corsa al denaro e alla posizione. Quando la prego di essere più donna, Barbara mi chiama maschilista, mi insulta, mi deride, mi mostra i denti e i pugni. Sono stanco del predominio maschile della società che ha portato guerre, politica del sopruso e violenza. Sono stanco delle religioni maschiliste col Dio Padre terribile che dall’alto del suo trono castiga l’umanità e scaraventa le persone nel fuoco e nell’inferno. Adesso desidero la femmina, voglio la parte femminile della Natura, voglio la debolezza, la vagina, la perdita. Voglio i suoni di flauto, i sospiri, i capelli lunghi, la notte e la luna. Invece, al posto della femminilità vera, anziché la femmina che addolcisce, anziché la calma, la quiete e il riposo, ci arriva il femminismo: cioè la femmina che imita il maschio, che si virilizza, che porta il fallo di gomma; la femmina brutale, muscolosa, arrogante, e fra poco, barbuta. Gli uomini hanno bisogno della Dea e invece arriva la donna guerriero; abbiamo bisogno della consolatrice e arriva la donna che odia i maschi, li castra, li disprezza. Abbiamo bisogno della donna amica e ci arriva la nemica; desideriamo l’amante fragile e indifesa e ci arriva la donna carnefice, con pinze e tenaglie infuocate. Ci sono molte cose che non capisco nella Vita. Il femminismo e fra le cose che non so spiegare. O forse una spiegazione c’è. Il femminismo nasce nei paesi ricchi e sovrapopolati. Queste sono le basi che generano il femminismo. Negli allevamenti di polli, quando la densità è troppo elevata, i polli si incattiviscono e diventano cannibali; così vediamo polli erbivori che si divorano fra loro, anche se c’è cibo in abbondanza. Inoltre aumenta anche l’omosessualità. Con questi sistemi la Natura limita la sovrapopolazione. Così è per il femminismo. Con la sovrapopolazione aumentano stress, violenza, omosessualità e le donne diventano maschi. Il femminismo è un meccanismo della Natura che entra in gioco per limitare la sovrapopolazione. Per questo motivo, nella nostra società ricca e sovrapopolata, sono scomparse le donne di casa e sono arrivate le donne di fabbrica. Sono scomparse le donne dei pizzi e merletti e sono arrivate le donne con il martello. Il femminismo possiede il suo valore e la sua funzione: il valore e la funzione di una epidemia di peste che serve a sfoltire gli individui; la funzione di una guerra, di una catastrofe o un terremoto. Con il Manifesto per l’Eliminazione dei Maschi di Valerie Solanas, il femminismo rivela tutta la sua filosofia, i suoi scopi e la sua autentica vocazione. Non femminismo per uguaglianza di diritti, parità fra i sessi. No! Femminismo per la supremazia della femmina, femminismo per sete di dominio, femminismo per controllo e gestione del potere. Maggio 2002 LE DONNE AMATE Oggi sono stato a casa di Anita, una 40enne che ho amato circa 20 anni fa. Quando avevo 20 anni, ascoltavo le rare parole di Anita, sussurrate sottovoce; a 20 anni imploravo i suoi occhi altezzosi, mi sforzavo di compiacere il suo volto serio e senza sorriso. Anita era sempre fredda, sdegnosa, indifferente. Soffrivo e lei non se ne accorgeva; trascorrevo notti insonni e giornate in appostamenti snervanti e inutili. Tentavo di abbordarla per strada e lei mi diceva che aveva fretta. Mi offrivo di accompagnarla al passeggio e lei non ha accettato neanche una volta. Adesso Anita è diventata una donna aspra, brontolona che grida contro i figli che sporcano la casa e litiga col marito, lo chiama buono a nulla. Sempre indaffarata a pulire, spazzare, sciacquare e fare il bucato. No! Proprio non vorrei stare con una donna così. Se la avessi sposata, chissà per quanto tempo sarei riuscito a sopportarla. Anche Isabella è molto peggiorata. A 20 anni Isabella era la divina pittrice, la poetessa; il suo vestito l’avvolgeva come una nube di bianco vapore, i suoi capelli erano un’aureola dorata. Ricordo che un pomeriggio d’inverno pensavo di suicidarmi, perché lei aveva scelto un altro ragazzo. Adesso Isabella è diventata una donna sbadata, svanita, che sciupa le giornate a dipingere quadri astratti e a scrivere poesie mediocri. E io avrei dovuto passare la vita insieme a quella lì? Adesso comprendo quanto sono stato fortunato a perderla. Claudia invece era una bellezza languida, notturna, malinconica. A 20 anni le scrivevo lettere d’amore, l’ho supplicata, adorata, innalzata. Era sempre sola, ombrosa, sfuggente. Parlava poco. Si sedeva a ricamare davanti alla porta di casa; quando io mi avvicinavo, dopo pochi minuti lei rientrava. Non sono mai riuscito a fare amicizia, né a comprendere il suo carattere che rimaneva oscuro e impenetrabile. Adesso Claudia è diventata una donna depressa, pigra e piagnucolosa. Prende i tranquillanti e si gratta le braccia fino a farle sanguinare. Suo marito l’ha abbandonata e lei vive sola in una casa piena di gatti, sporcizia e disordine. Per fortuna non sono io al posto dell’uomo che l’ha sposata. Per fortuna ho evitato di rovinarmi la vita per curare e accudire una povera malata di nervi. A 40 anni le Dee scendono a terra e si rivelano animali inferiori, mediocri, carichi di imperfezioni e difetti. Ma sarà così per tutte? Come saranno diventate le ragazze che ho amato in gioventù e che poi non ho più visto perché hanno cambiato paese? Posso immaginare come sono diventate. Maggio 2002 MENTE E CORPO Per conoscere l’amore, le donne, la loro psicologia, vita sessuale e vita affettiva, bisogna rivolgersi allo psicologo oppure… agli scapoli. L’uomo sposato conosce poco le donne. Ubriacato dalla propria moglie, egli prova nausea e non desidera più approfondire l’argomento. Oggi sono stato a un mercato dell’antiquariato dove c’erano molte donne e ho esaminato il rapporto fra la loro psiche (mente) e il corpo. Ho osservato che non si può avere tutto da un’unica donna; una psiche dotata non appartiene mai a un corpo formoso. Alcune donne posseggono una psiche interessante, preziosa, complessa come un grande giardino, ma non hanno un bel corpo. Altre donne posseggono una psiche povera, insignificante ma un corpo splendido e meraviglioso. La Natura toglie da una metà per dare all’altra metà. Troppo psichismo nuoce al fisico. Guardiamo i poeti: esseri cerebrali, profondamente intellettuali, sensibili, nevrotici; essi hanno un fisico gracile, debole, malaticcio. Invece gli uomini con il corpo atletico sono degli stupidi. Non esistono poeti-atleti, filosofi-atleti. Non si può avere tutto; la Natura dà una mente dotata a svantaggio del corpo o viceversa. Brigitte è una donna cerebrale, ipersensibile. Si interessa di pittura, musica, letteratura, poesia e filosofie orientali. Conosce lo Yoga, il Tao, ha praticato la psicanalisi. E’ una donna con la quale provo un grande piacere a parlare. Brigitte è magra, spinosa, nervosa. Il suo corpo è fatto di nervi, il seno è piccolissimo, le cosce sono strette e sottili. Al suo opposto c’è l’altra mia amica Giorgia; è una donna semplice, senza interessi, forse un pochino stupida, ma ha un corpo favoloso, un corpo che ogni uomo sogna di portare a letto. Seno abbondante e sollevato, culo morbido, sporgente. Quando si muove le sue cosce tremano e vibrano sotto la gonna attillata, attirando le carezze maschili. Probabilmente la donna con un corpo misero compensa questa sua deficienza arricchendo la sua psiche. Così una psiche interessante è il surrogato di un bel corpo; una conversazione interessante con una donna intellettuale diventa il surrogato di un bel amplesso. Ma alla mia età non mi accontento più di surrogati. Poiché è il corpo fisico della femmina che ispira l’amore nel maschio, io decisamente scelgo il corpo. Maggio 2002 LA GIOSTRA DELLE PERSONALITA’ Come cambiano le nostre emozioni verso un oggetto: un libro, una donna, un paesaggio… Un giorno mi piace alla follia, un giorno lo odio, e poi mi diventa indifferente. Quando ero giovane amavo la botanica e pensavo che questo interesse durasse sempre. Ho comprato libri, ha composto erbari, fatto ricerche, ho classificato erbe… Dopo meno di due anni mi è venuta la passione dell’astronomia. Ho buttato nelle immondizie tutto ciò che riguardava la botanica e ho comprato libri di astronomia, telescopi, carte del cielo… Successivamente sono passato allo spiritismo, poi alla letteratura, alla poesia… Poi mi è tornata la passione per la botanica, mi è passata, mi è ritornata… Gli esseri umani non sono stabili. Le personalità si alternano nel nostro cervello; durante un po’ di tempo prevale una personalità, con gusti, carattere, tendenze; poi questa scompare e subentra una nuova personalità; poi un’altra ancora e così via. Gli stati di coscienza cambiano, si alternano in un continuum senza fine. Chi siamo noi? Come possiamo fare affidamento sui nostri desideri? Come possiamo fare scelte definitive? Da giovane amavo Clara. Era la ragazza che sognavo; per lei avrei fatto tutto e desideravo legarmi a lei per tutta la vita. Dopo un anno ho conosciuto Sofia che mi ha fatto dimenticare la prima; l’ho amata intensamente fino a quando mi sono innamorato di Diana… E’ sempre così e sarà sempre così. Anche il desiderio sessuale subisce queste fluttuazioni. Il desiderio sessuale è una forza travolgente, esclusiva che non si può ignorare. Ma almeno durasse sempre. E invece no! Dopo che sono stato a letto con una donna, il desiderio evapora, provo antipatia per la donna e mi ritorna prorompente il desiderio della letteratura, della conoscenza, mentre rimpiango il tempo sprecato per il sesso. Le personalità nascono, muoiono, cambiano, si alternano dentro di noi, nel corso del tempo. Tutti i legami e i giuramenti sono destinati a fallire. Tutte le promesse sono fondate sull’inconsistenza. E allora, qual è la soluzione? Dobbiamo scegliere e fallire oppure dobbiamo astenerci dalle scelte? Non possiamo evitare sempre le scelte; quando rimandiamo troppo a lungo, la vita sceglie per noi. Non possiamo evitare errori, rimpianti, fallimenti. Solo i morti non sbagliano mai e non si pentono mai. Viviamo in un gioco pieno di trabocchetti e prima o dopo finiremo per caderci dentro. Chi conosce le trappole e i meccanismi psicologici della mente, riesce a commettere meno errori. Maggio 2002 LE DUE SORELLE Vado spesso a casa di un amico che ha due sorelle. Quando lui è assente, io resto in compagnia delle sorelle. Oggi trovo Silvana che mi fa entrare e mi accompagna in salotto. Silvana porta i capelli lunghi, cammina con movimenti lenti, languidi. Il suo corpo è sexy, sinuoso e il suo volto esprime tanta dolcezza e bellezza. Silvana mi affascina, mi attira, ma anche mi inibisce. Mentre sono seduto insieme a lei, non riesco a trovare le parole per intrattenerla; i pensieri mi sfuggono e non so più cosa dire. Vorrei tanto parlare in modo brillante, spiritoso, farle i complimenti che merita, ma non ci riesco. Dico solo banalità, faccio delle gaffe e resto silenzioso per troppo tempo. Vicino a lei io mi sento tutto agitato, sconvolto; arrossisco, sento un sudore freddo e mi capita perfino di balbettare. ************* Il pomeriggio successivo il fratello è ancora in ritardo e trovo Gabriella che mi fa entrare in casa. L’altra sorella Gabriella ha un corpicino insignificante col seno piatto; i lineamenti del volto sono bruttini. Porta i capelli corti e ha denti incisivi un po’ sporgenti. Mentre mi trovo in sua compagnia mi vengono tante idee, potrei dirle tante cose carine, farle complimenti insinceri. Con Gabriella mi sento sicuro e padrone della situazione. Potrei raccontarle storielle per farla ridere, dire cose spiritose. Ma Gabriella non è bella; anzi, è un po’ brutta. E questa sua bruttezza mi blocca, mi arresta, mi frena. Così dico solo qualche stupidaggine; non riesco a sforzarmi di piacerle, mi stanco a mantenere viva la conversazione. Gabriella sta parlando, e i suoi discorsi si prestano a allusioni sessuali; adesso mi sta dicendo che stanno per arrivare le vacanze e dovrà andare in soffitta a portare giù il materassino da spiaggia. Forse lei spera che l’aiuti a trasportare il materassino, forse desidera andare in soffitta con me. In ogni caso sarebbe facile dire qualche doppio senso scherzoso sul materasso, per vedere come reagisce, per farla ridere e provare la sua disponibilità ai giochi sessuali. Invece non dico niente. Il suo volto bruttino non mi ispira scherzi, né desideri di situazioni intime. Quando lascio la sua casa ho la sensazione di aver perso una buona occasione; in soffitta avrei potuto baciarla, toccarla… Come si può vedere la mia non è una bella situazione. Con la donna bella non ho successo perché mi sento inferiore, e di conseguenza mi comporto in modo impacciato e maldestro. Con la donna brutta non concludo niente perché non riesco ad essere ipocrita, non sono capace di fingere per conquistarla. E così rimango da solo e senza donna. Ma che posso farci? Questo è il mio carattere, questa è la mia vita. Giugno 2002 SCRITTORI La vita è come una scatola o valigia e io mi sforzo di metterci dentro molti oggetti ed esperienze. Perché faccio questo? Non lo so. Sento solo che questa è la scelta migliore. Forse è la noia che mi spinge ad agire, o la fame di emozioni, il desiderio di evoluzione. Alla sera faccio il bilancio della giornata e vedo le cose costruttive, gli errori e le perdite di tempo. Quando arriverà la morte partirò con un grosso bagaglio interiore, con una grande ricchezza psichica. Inoltre avrò la soddisfazione di aver lasciato qualcosa e avrò pochi pentimenti per gli inevitabili errori. Se invece la morte è annientamento fisico e psichico, mi consolo pensare che il ricordo di me durerà a lungo nella mente dei sopravissuti. Non mi conviene sprecare tempo. I minuti trascorsi nell’ozio sono come bicchieri vuoti che, quando sono passati, non posso più riempire. Le occasioni perdute sono monete sciupate, gettate sui numeri perdenti della roulette della vita. Spesso però le occasioni perdute si ripresentano ancora in futuro 4 o 5 volte, e poi scompaiono definitivamente dall’orizzonte delle possibilità. All’inizio ho la possibilità di rimediare. Le decisioni, le scelte sono scambi nelle rotaie della vita. Quando arrivo a questi bivi devo scegliere quale strada prendere: sposarmi, non sposarmi… Una scelta esclude l’altra; come non posso andare a Est e a Ovest con un solo viaggio. Talvolta, dopo aver scelto la strada di destra mi pento e vorrei percorrere quella di sinistra. Allora ritorno indietro, distruggo tutto quello che ho costruito. Quando finalmente arrivo al bivio prendo l’altra direzione. Questi ripensamenti sono possibili ma richiedono un grande dispendio di tempo, energia e denaro. Nella vita io ho scelto di diventare scrittore. Per fortuna ci sono gli scrittori, i quali descrivono il mondo da differenti punti di vista e illuminano sottili e complicate reti psicologiche di comportamento. A cosa serve uno scrittore? Quello che serve un ciabattino, un padre di famiglia, un barbiere… A tutto e a nulla. Finché vive, lo scrittore non è compreso e serve poco. Nel futuro servirà a istruire le nuove generazioni. Nel futuro lontanissimo, quando il sole si sarà estinto e la terra non esisterà più, lo scrittore non servirà più a nulla; come tutte le persone e le cose di questo mondo, anche le più necessarie, le più grandi e le più nobili. Perché sono diventato scrittore? Arrivato a questa età sento che questa è stata la scelta migliore, è la professione che oscuramente desideravo quando ero bambino. Dopo aver provato tanti lavori, ho capito che non potevo fare un lavoro differente, e nemmeno mi conveniva. Questo lavoro mi rende felice? Sì, anche se ho imparato che non esiste il paradiso su questa terra ed è inutile cercarlo. Dunque prendo il più possibile dalla marmellata della vita (rispettando la salute) e proseguo il cammino, finchè la morte mi fermerà la penna e il cuore. Giugno 2002 DONNE IN VENDITA Il mondo contadino è quasi scomparso, e dove c’erano i campi di grano ora ci sono fabbriche e stabilimenti. Ma fino al 1960 l’attività principale qui era l’agricoltura e uomini e donne lavoravano nei campi. La vita era differente: senza macchine, le persone andavano più lentamente. Le notti erano silenziose, rischiarate dalla luna e dalle stelle. Semine e raccolti fatti a mano richiedevano molto tempo, rendevano poco e c’era molta miseria. Tutto era completamente differente: il modo di lavorare, di divertirsi e di pensare. Per esempio, durante quegli anni il sesso femminile aveva meno valore. I bisogni principali erano il mangiare, i vestiti per coprirsi e la legna per scaldarsi in inverno. La nascita di una bambina era considerata una sfortuna. La donna rende poco al lavoro, mentre il maschio lavora e guadagna. Molte donne vendevano la loro vagina per pochi soldi, allo scopo di procurarsi da mangiare; alcune ragazze vendevano il loro sesso per comprarsi un vestitino, o un paio di calze o un rossetto… Brunetta è una ragazza povera che proviene da una famiglia di contadini con tante figlie da sfamare. Un pomeriggio l’ho conosciuta a una sagra, le ho pagato un gelato e quella sera lei si è lasciata spogliare. Quando la ragazza fu nuda mi domandò con grande apprensione: “Ti fa schifo?” La sua vagina ricoperta di molti peli umidi che odoravano di urina e sudore, non era una bellezza. Naturalmente le risposi: “No! E’ meravigliosa.” E quella ragazza ingenua imparò velocemente che gli uomini sono molto affamati di sesso femminile. ++++ ++++ ++++++ ++++++ ++++++ Un po’ alla volta i fantasmi del mondo contadino sono scomparsi e sono arrivati i demoni del mondo industriale. Nella civiltà industriale gli uomini sono ricchi e possono comprare tutto, anche il sesso femminile. Senonchè anche le femmine sono ricche, e possono soddisfare i loro capricci senza i regalini degli uomini. Adesso che ci sono molti uomini disposti a strapagare il sesso femminile, le donne alzano i prezzi, aumentano le pretese e intanto mettono il catenaccio alle loro vagine. Ho conosciuto Flavia, figlia unica e viziata di una famiglia ricca. L’ho corteggiata, fatta divertire a mie spese, le ho fatto regali anche costosi, ma è stato tutto inutile. Con questa ragazza è impossibile amoreggiare; non riuscirò a toglierle il reggipetto neanche per un milione. La società industriale vuole i consumi forzati, e gli psicologi della pubblicità usano l’erotismo per aumentare le vendite. Così abbinano foto di ragazze nude con motori, barche, armadi… Come conseguenza, il sesso femminile diventa sempre più ricercato, divinizzato, mitizzato. Gli stimoli sessuali aumentano, aumenta la domanda maschile e le donne alzano ancora di più i prezzi: pretendono di sposare un milionario, oppure chiedono oro e diamanti per mezz’ora d’amore. In questa brutta situazione arrivano le donne dalle nazioni sottosviluppate: ragazze belle e povere che vendono il loro sesso per comprarsi da mangiare, oppure calze, rossetti o altre stupidaggini. Forse questo è il sistema voluto dalla natura per ristabilire l’equilibrio. Giugno 2002 NEL PARCO Su una panchina sotto i tigli del parco, sta seduta la mia amica Marilena. Mi avvicino piano e lei finge di non avermi visto. Come tutte le donne pretende che sia il maschio a prendere l’iniziativa, oppure sta aspettando qualcuno e non vuole essere disturbata. Per capire quale delle due ipotesi è quella giusta, mi avvicino di più e la saluto. Lei risponde al saluto con un sorriso. Bene. Forse è disposta a stare in mia compagnia. Le chiedo come sta, come va, e dopo un po’ siamo seduti insieme a chiacchierare. Oggi è sola perché il suo fidanzato è andato a vedere le corse delle moto; lei odia le motociclette e non ha voluto accompagnarlo. Mi chiede perché un uomo può trovare interessante le corse. Anche io, come lei non amo gli sport e disapprovo il comportamento del suo ragazzo: “Io non rinuncerei alla compagnia di una bella ragazza come te per vedere delle moto che corrono su una pista.” La ragazza sorride e la conversazione prosegue. Marilena indossa una gonna nera camicetta bianca con pizzi e fiorellini ricamati sulla spalla sinistra. Mentre sto qui seduto accanto a lei, provo un piacere sottile e delizioso. Ascolto la sua voce aggraziata, apprezzo i suoi capelli lunghi e sciolti. Ogni tanto guardo il suo volto bellissimo, i suoi occhi verdi, osservo di sfuggita le curve dei seni, dei fianchi e delle cosce… Ha braccia bianchissime che muove mentre parla. Quando alza un po’ le braccia, dalle maniche corte vedo il reggiseno nero. Le sue manine sono bianche e nervose. Provo a immaginare quelle manine morbide e delicate che toccano il mio sesso… Il tempo passa, passano i minuti, fuggono le ore, il pomeriggio è quasi passato e fra poco arriverà la sera. Marilena mi parla di tante cose: la sua vita, il suo lavoro, le sue amiche, i suoi rapporti con i familiari, i suoi progetti di andare in ferie, i suoi gusti, le sue preferenze… E intanto io penso: perché mi diverto a rimanere qui? Allora faccio un piccolo esperimento: immagino che sia un maschio a farmi questi discorsi; suppongo che sia un uomo a dirmi le stesse identiche cose che mi sta dicendo Marilena. Se fosse così lo manderei al diavolo, mi alzerei col pretesto di un appuntamento col meccanico e andrei subito via. D’altra parte, se incominciassi io a parlare delle cose che interessano a me, letteratura, spiritismo, Marilena si alzerebbe e andrebbe subito via. Comprendo che è la femmina a trattenermi qui. Solamente la vicinanza fisica della femmina mi fa provare piacere, interesse, godimento a stare seduto qui. Giugno 2002 L’AMORE CLANDESTINO Oggi è una giornata misteriosa e fortunata. Oggi ho rivisto te. Noi due ci vediamo raramente, di sfuggita, per caso, in circostanze fortuite. Con l’estate le occasioni di vederci aumentano e in inverno calano. Per noi amanti clandestini, gli anni sono minuti e il tempo ha perduto tutto il suo valore. Oggi ci siamo incontrati. Tu eri insieme a tuo marito e ci siamo detti un semplice Ciao. Quante cose c’erano in quel ciao. Io le ho capite, tu le hai capite. Dall’inflessione dolorosa della voce; dal tono di smarrimento e sorpresa; dal silenzio carico di significati che è seguito. L’incontro è durato un attimo e poi di nuovo separati, per giorni, mesi o anni. Quanti? Chissà. Ho tutto il tempo per sognarti, per desiderarti, per amarti in segreto. Anche tu mi ami, lo so, perché ti ricordo la giovinezza, gli anni di scuola e rappresento un ponte col passato, rappresento una fuga dal giogo di un marito oppressivo e di una famiglia fatta di schiavitù e doveri. Quanti anni abbiamo? Tanti, troppi per ricominciare qualcosa di stabile, troppi per fare progetti futuri. E allora ognuno sta al suo posto e prosegue per la sua strada. Ma l’amore… L’amore non si può fermare, non si può incanalare, specialmente quando è irrealizzato. L’ultima volta che ti ho vista, l’ultima volta che ci siamo incontrati e abbiamo parlato è stato l’anno scorso; 10 mesi fa. Era agosto e adesso siamo in giugno di un nuovo anno. Sei cambiata? Forse, ma ho avuto poco tempo per guardarti; oggi c’era tuo marito e non deve sospettare niente. Tu indossavi una gonna gialla e io una camicia dello stesso colore. Che coincidenza. Ma la vita di due amanti clandestini è fatta di coincidenze. Quando ti rivedrò? Nell’estate prossima? Chissà. Chissà se esiste una nuova incarnazione dopo la morte; chissà se esisterà per noi una nuova possibilità di rincontrarci e di amarci. A volte penso che l’amore è una cosa troppo grande affinché i nostri poveri corpi possano gestirla. Sì, è così; dopo tutto quello che ho scritto di brutto sulle donne, ora io amo una donna. E per di più sposata. Ti amo e non posso venirti a trovare. Ti amo e non posso neanche scrivere il tuo nome. E allora, ciao Amore, ciao. Giugno 2002 QUANDO SI SCEGLIE UNA DONNA Quando scegliamo una donna siamo attratti da un particolare insignificante. Io mi sono innamorato di Patrizia per le sue lunghe trecce nere. Con qualsiasi pretesto mi piace toccarle delicatamente: sono pesanti e hanno un forte odore di capelli. I capelli, gli occhi, il seno, una gonna, un profumo… E subito scatta l’amore, l’attrazione che vorremmo durasse tutta una vita. Ma la donna, l’oggetto donna, rimane sconosciuta; non sappiamo niente di lei, niente del suo corpo e della sua psiche. Non conosciamo quasi nulla di lei e pretendiamo di impegnarci per sempre. Io conosco e amo Patrizia solo per le sue trecce. Non faccio attenzione ai suoi discorsi, non mi interessano i suoi gusti, il suo carattere, ma solamente le trecce. Eppure un giorno lei le taglierà, e quel giorno il mio amore finirà. Ma anche se conoscessi tutto di lei, anche se avessi vissuto insieme a lei per un anno e avessi analizzato la sua mente come uno psicologo, a cosa servirebbe? Lei cambierà; tutti cambiamo. Fra alcuni anni sarà una donna differente da adesso, sarà fisicamente e psichicamente diversa, sarà un’altra persona. Dire amo una donna, significa amare un oggetto in fuga, un oggetto in movimento; e tutti i cambiamenti futuri che farà sono assolutamente imprevedibili. Nonostante questo, prosegue il mio amore per Patrizia, continua la mia illusione stupida, frivola e meravigliosa. Giugno 2002 SERA PAESANA Ci sono alcune cose belle in questo mondo. Poche ma ci sono: un tramonto di agosto, una notte di luna, i meli fioriti, i campi di grano… Nella marea di brutture, ci sono alcune cose belle in questo mondo… Una di queste è sentire arrivare la sera d’estate in un piccolo paese di campagna. Non è una sensazione semplicemente bella: è divina e meravigliosa. In cielo la luce si attenua e cala il gran caldo della giornata. La piccola piazza di Bonavigo prende un colore celeste. Gli alberi frusciano, le ombre si allungano. Le grida dei bambini che giocano sembrano diverse: più acute e isolate, con un tono disperato, forse perché i giochi sono quasi finiti. La piazza è attorniata da casette vecchie e basse, con i vasi di gerani sui davanzali delle finestre. Da dietro le tendine intravedo alcune ragazze che spiano. Occhi con sguardi furtivi, capelli lunghi, silhouette sinuose di vestaglie semitrasparenti… Intorno a me il paese vive, soffre e sogna una sua vita misteriosa e segreta che a volte, solo a tratti, io riesco a percepire. La sera si fa più profonda, più silenziosa; la luce cala sempre di più e nel cielo ancora chiaro è comparsa la luna. Si accendono alcune lampadine. Gli alberi frusciano più forte e la brezza porta una sensazione di fresco. Odo il ticchettio dei passi di una donna sul marciapiede. Dall’osteria provengono le grida di un ubriaco. Dalle case arriva il tintinnio leggero dei piatti e dei cucchiai. La campana dell’orologio batte le ore. Il tempo scorre veloce. L’oscurità si diffonde per le vie e spegne i colori della piccola piazza paesana. La sera sta per finire e dilaga lentamente la notte. Luglio 2002 UNA VITA SENZA DONNA Una vita senza donne? No. non è assolutamente possibile! Una vita senza seni, culo e sesso? Una vita senza frivolezze, senza ninnoli e sciocchezze? No! Sarebbe una vita povera e miserabile. La compagnia di una donna ha i suoi vantaggi e svantaggi. A volte è indispensabile, altre volte è una condanna. A volte è un paradiso, altre volte è un inferno. Alla mia età prendo le cose belle della vita, assaggio le gioie dell’amore, degusto i piaceri senza nausearmi, senza rischiare di lasciarmi troppo coinvolgere e sconfinare così nel dolore. E’ molto difficile agire così. Oggi ho trascorso un pomeriggio meraviglioso con Luana, nel piccolo paese di Veronella, e naturalmente desidero trascorrerne altri così. Luana è una ragazza simpatica, formosa, preoccupata di non essere abbastanza bella. Forse, quasi certamente, domenica prossima tornerò da lei. E poi ancora e ancora, ma… dovrò fermarmi in tempo, prima che l’impegno diventi troppo gravoso. Dietro Luana, dietro il suo bel corpo e dietro quel viso che incanta, ci sono sicuramente i suoi familiari, con le pretese per la loro figlia, ci sono catene e catene di impegni, contratti, obblighi, doveri che rendono la vita un vero inferno. E allora? Resto senza donna? No. Prendo, riprendo e poi vado, scompaio, mi incammino verso altri paesi, verso nuove donne, verso nuovi amori. Fin quando durerà? Finchè conserverò un aspetto piacevole e non dimostrerò troppo il segno degli anni. Alla mia età, molti miei amici sono schiantati sotto il peso della famiglia e dei problemi, e non hanno tempo né voglia di cercare l’amore. Con questo mio modo di agire, io proverò dolori differenti: la nostalgia di aver perduto una cara ragazza come Luana, la paura di non riuscire a trovarne una prossima… Accetto questo e intanto vivo il mio sogno d’amore, accarezzo un corpo di donna che so che presto perderò. La vita è fatta così. La Natura dà l’illusione dell’amore per renderci schiavi. O forse è colpa della Società che pretende troppo dall’individuo. E allora dobbiamo evitare, stare in guardia, stare attenti. Ma una vita senza donne? No! Non è proprio possibile. Luglio 2002 GIGLIOLA CI STA Si vede subito quando una donna ci sta: parla volentieri, sorride spesso, i suoi sguardi e i gesti rivelano simpatia e attrazione. E Gigliola, la ragazza che ho conosciuto oggi, si sta comportando così con me. Mi trovo a Pressana, dove mi unisco ad alcune persone che stanno visitando le vecchie ville, attorniate da splendidi giardini. Per caso conosco Gigliola e facciamo subito amicizia. La ragazza prova evidente simpatia per me, poiché è confidenziale, gioiosa ed espansiva. Ma Gigliola non è solamente zucchero e miele. Gli sguardi duri, le parole scortesi sono per il ragazzo che ci sta seguendo da più di un’ora. Mentre passeggiamo per le vie del paese, lui sta sempre dietro e ci segue come un cagnolino. E’ un ragazzo buono e paziente come solo un innamorato può esserlo. Egli sopporta i capricci di Gigliola e non si stanca di stare in nostra compagnia, non si decide di andare via. Io non posso scacciarlo, perché c’era già prima che arrivassi qui. Provvede Gigliola a tenerlo lontano. Quando lui insiste troppo a parlarle, lei gli risponde con tono sgarbato, cosicché per un po’ sta zitto. Mi piacerebbe carezzare la ragazza, baciarla, ma non posso farlo poiché c’è molta gente intorno a noi. Faremo queste cose la prossima volta, quando saremo soli. Arriva la sera, e prima di salutarci invito Gigliola a ritrovarci a Pressana domenica prossima. Durante la settimana di attesa faccio progetti e aspettative, mentre ripenso all’incontro con la ragazza. E’ stato tutto così facile, perfino troppo facile. Evidentemente Gigliola si è innamorata di me a prima vista. Io sono il suo tipo; è una fortuna che non mi era mai capitata prima. Veramente lei non è il mio tipo di ragazza perché è grassottella e ha i seni piccoli; però sfrutterò ugualmente questa situazione e amoreggerò finchè ne avrò voglia. La domenica tanto attesa arriva. Già al mattino presto sono tutto smanioso ed emozionato. La mia unica preoccupazione è che lei mantenga la promessa e venga all’appuntamento. Arrivo in paese alle prime ore del pomeriggio e vedo con piacere che Gigliola c’è, seduta all’ombra del pergolato. Ma… ma, non è sola. C’è ancora il ragazzo della volta scorsa… stanno insieme, chiacchierano, ridono e si divertono… Quando mi avvicino per salutarla, lei non mi guarda neppure e nemmeno mi risponde. Le dico qualche parola gentile ma loro due seguitano a chiacchierare fra loro e mi ignorano completamente. La coppia è ben consolidata e non riuscirò a dividerli. Adesso, chiaramente, sono io l’intruso. Dopo pochi minuti mi allontano e vado via. Ho capito tutto. Quello è il suo ragazzo, lo era anche prima. La domenica precedente probabilmente avevano litigato, e io sono arrivato subito dopo. Gigliola ha finto di stare con me per punire il suo ragazzo, per ingelosirlo, per farlo star male. Gigliola ha dimostrato al suo ragazzo che ci sono altri pretendenti; lui può rischiare di perderla. Lui non deve andare con le altre ragazze altrimenti lei andrà con un altro ragazzo. Perciò adesso lui si è impegnato seriamente: le ha chiesto scusa, le ha fatto promesse di matrimonio. Bene. Per me è tutto finito. Gigliola mi ha usato per spaventare il suo ragazzo. L’amore è un gioco sottile e complicato. Ancora una volta sono caduto in una sua rete fatta di illusione. Luglio 2002 W GLI SCAPOLI “Fortunato te che sei rimasto scapolo.” Mi dice Dino. “Il matrimonio è un incidente nella vita di un uomo.” Mi dice Giulio. Gli amici sposati mi ripetono queste frasi quando siamo soli. Evidentemente non sono felici con la loro moglie. Questo perché il rapporto sessuale è una cosa naturale, ma il matrimonio no. Il matrimonio è un contratto inventato dagli uomini (o forse dalle donne?) e non è naturale. All’amico Sandro, sposato da 20 anni chiedo: ”Se tu fossi ancora scapolo, ti sposeresti di nuovo? E sposeresti ancora la stessa donna?” Lui diventa serio e risponde: “Non lo so. Ci penserei bene prima di sposarmi, vorrei meditare molto prima di decidermi...” A un amico sposato da meno di anno chiedo: “ Si sta bene sposati? Mi consigli di fare altrettanto?” Lui dimostra perplessità e mi risponde: “Beh, ci sono i vantaggi e gli svantaggi; il vantaggio è il sesso assicurato, e lo svantaggio è che perdi la libertà “. Allora mi conviene stare senza donne ? Devo stare lontano dalle donne? No! Non è questa la soluzione. Ogni tanto devo frequentare le donne, poiché fanno parte delle cose belle presenti in questo mondo, soddisfano il bisogno di bellezza presente negli uomini (e soprattutto negli artisti); le donne hanno un corpo armonioso, sono aggraziate e sono fonte di ispirazione. Ogni tanto devo parlare con le donne, anzi ascoltarle parlare, poiché hanno un ricco mondo interiore, una psicologia raffinata e profonda; inoltre posseggono sensibilità e intuizione. Ma le donne sono sciocche, frivole e superficiali? Sì, indubbiamente sono anche questo, forse per la maggior parte. Fa parte della loro zavorra, altrimenti sarebbero angeli e non creature. Le donne sono… quello che sono, e noi uomini abbiamo bisogno di loro. Si tratta solo di saper dosare la loro presenza, senza mai esagerare, altrimenti arriva la nausea. Frequentare saltuariamente le donne è il modo migliore per gustare la loro compagnia evitando di subire i loro difetti. Ma per evitare i legami e le trappole, bisogna essere equilibristi. Io sono stato fortunato: ho amato molte donne e le ho perdute tutte. Nella solitudine, il ricordo delle donne che ho conosciuto e amato, è la ricchezza interiore più grande, che mi consola delle brutture della vita. So che queste donne adesso sono lontane, in ambienti lontani, in situazioni differenti, con altri uomini e altri legami. Ma in un momento della loro vita esse sono state insieme a me. Per un po’ di tempo nel cammino della vita, abbiamo percorso la strada insieme, e poi ci siamo separati. Questi ricordi sono come luci dorate che irraggiano una dolce malinconia. Lo scapolo è un privilegiato, però non deve dirlo mentre sta fra un gruppo di mariti e mogli. Luglio 2002 ANGELINA LA CONFORMISTA Ho conosciuto Angelina, una bella e cara ragazza e mi diverto a stare in sua compagnia. Angelina possiede begli occhi, un bel viso e un bel seno, e per questo provo piacere. Però, dietro Angelina ci sono anche cose meno piacevoli. Dai suoi discorsi percepisco tutte le convenzioni della sua famiglia che lei ha assorbito e adottato integralmente. In Angelina percepisco la sua educazione convenzionale, i conformismi familiari vecchi e rancidi. E poi obblighi, tabù, credenze che io ho rigettato da decenni e che ora, stando insieme a lei, devo riprendere e rispettare: i piccoli riti familiari, le tradizioni, le osservanze, i costumi provinciali. Anche io provengo da un piccolo paese e sono stato succube di questi conformismi. Poi crescendo li ho analizzati, confrontati con altri e infine superati. Ho fatto un lungo sforzo per disimparare e rendermi libero. E adesso, se voglio frequentare Angelina, devo sottomettermi ancora alle vecchie tradizioni, devo inchinarmi ai vecchi credi, assoggettarmi a riti ridicoli. Angelina ha assorbito, introiettato tutti questi schemi di pensiero e di comportamento. Io, se voglio stare in sua compagnia, devo seguire le sue usanze: il rito del caffè, della messa, della torta alla domenica; le sere nelle quali è consentito andare a casa sua, il martedì e il venerdì, e altre cento stupidaggini. No Angelina, no. Mi dispiace ma non ritorno indietro. Io sono uscito dal gregge, ho messo la testa fuori dal fango, e non voglio più tornare indietro. Se tu non vuoi fare lo sforzo di avanzare, io rinuncio a restare con te. Luglio 2002 LUCIANA SI SPOSA Sembra impossibile come sia importante il matrimonio, nella vita di una donna. Intendo il rito del matrimonio, che per lei è più importante dell’atto sessuale, mille volte più importante. Frequento la casa della cugina Luciana, che sta per sposasi, e assisto alle discussioni con la sarta sui nastri, i pizzi, le calze, il corsetto, la gonna… E poi sento che parla di bomboniere, di cartoncini degli inviti, di fiori e altre sciocchezze. Sì, perché per noi maschi, queste cose sono sciocchezze, accessori, fronzoli dei quali potremo benissimo fare senza. Ma per la donna no, per lei sono cose importanti ed essenziali. E allora il maschio lascia fare, sopporta, acconsente, per arrivare al dunque, allo scopo finale che per lui è la monta. Un pomeriggio arrivo a casa di Luciana e sento che litiga con la parrucchiera: una cosa terribile, straziante, per qualche ricciolo fuori posto. Luciana vibra di rabbia, la sua voce è collerica, stridula; i gesti scattanti e nervosi. Se il suo fidanzato la vedesse in questi momenti… Ma tutto si svolge nel chiuso di una stanza. Per l’uomo ci saranno solo baci e parole dolci, almeno nei primi giorni di matrimonio. Dopo… chi può dire cosa succederà dopo, con il vestito bianco dentro un armadio, la valigia disfatta e la famiglia da mandare avanti. Nessuno può dire cosa succederà dopo… anzi, chiunque può dire cosa succede dopo: i litigi, i pianti, le ire, le pretese, le incomprensioni…. Ma l’importante è adesso: i preparativi, la torta da ordinare dal pasticcere, la scelta della località del viaggio di nozze, la prenotazione dell’albergo… I riccioli adesso sono a posto (io non vedo neanche la differenza) e Luciana sorride e chiacchiera felice davanti al grande specchio. Presto, bisogna fare presto, sta dicendo, deve arrivare la sarta per ritoccare il vestito, deve arrivare il fioraio, deve arrivare il pasticcere… Luglio 2002 INNAMORATI Che pomeriggio incantevole ho trascorso oggi insieme a Katia. Sento di amare questa ragazza di un amore grande e romantico. Ci conosciamo da poco ma è come se la conoscessi da sempre, poichè Katia rappresenta la mia donna ideale. Tutto mi piace di lei e la sua compagnia mi fa provare una emozione intensa e meravigliosa. Oggi abbiamo parlato di noi, delle nostre famiglie, del nostro futuro. La sua è una famiglia all’antica. Domani io andrò dai suoi genitori per chiedere la mano di Katia: mi presenterò e chiederò il permesso di andare a casa sua, di portarla fuori con me. Diventeremo fidanzati ufficiali, resteremo sempre insieme e nessuno ci dividerà. Questo amore è così bello che vogliamo non finisca mai. Alla sera quando ci lasciamo io vado a casa mia. Ho tutta la notte per pensare a lei. Penso alle dolcezze future e mi sento felice, perfino commosso. Però, dopo io penso: non si può congelare i sogni, non si può catturare le bolle di sapone, non si può irretire il tempo del piacere. E io pretendo proprio di fare questo con Katia: mettere dentro una scatola il nostro amore giovanile sperando di ritrovarlo sempre lì, nel posto dove l’ho messo. No! Bisogna gustare il piacere qui e adesso, con la certezza che domani il piacere svanirà. Nulla e nessuno può trattenerlo o prolungarlo. Un grande amore imbalsamato dal matrimonio diviene acido e parodistico. Un vero amore congelato dal matrimonio, diviene una commedia alla quale nessuno dei due crede più. Agosto 2002 PARADISO LENTO L’amico Alfredo, che non vedevo da anni, mi invita a casa sua, e un pomeriggio di agosto vado a trovarlo. Dopo i saluti e la rievocazione degli anni passati, Alfredo mi mostra la sua casa, ricavata da una vecchia fattoria. L’arredo è originale: gioghi, catene agricole, pentole attaccate al camino. Ai piani superiori, sul pavimento lucidato, ci sono i letti in ferro, bauli, armadi e cassapanche. Nel sottotetto si vedono le belle travi lucidate. Dopo avermi offerto la macedonia usciamo all’aperto; passeggiamo nel pioppeto dove ci sono le amache per riposare. Restiamo all’ombra a parlare di letteratura, mentre i bambini giocano, cani, gatti e galline si rincorrono. Alla sera arriva sua moglie ad avvertire che la cena è pronta. Io vado via con una sporta di mele che Alfredo mi ha regalato e con la promessa di ritornare la sera seguente. Sulla strada del ritorno penso che è tutto molto bello e piacevole. Alfredo ha costruito un vero eden che rilassa e ristora e rappresenta la realizzazione dei suoi sogni. Per un po’ provo invidia, ma non per molto. Anzi, suppongo che non andrò più a trovarlo. Alfredo si è costruito una prigione con le sue mani, dove la vita si svolge rallentata e alla fine diventa noiosa. Casa, terreno, moglie e figli rappresentano una prigione dorata, ma sempre una prigione. Alfredo se ne sta accorgendo e vede in me una via di uscita, un diversivo, un passatempo nella sua noiosissima prigione. Preferisco andare a passeggiare da solo in campagna o a spasso per i paesi. La sua prigione mi opprime e mi soffoca. Agosto 2002 VECCHIAIA 2 Oggi vado a trovare la mia amica Sandrina, poetessa e pittrice, all’ospizio dei vecchi. L’Ospizio dei vecchi, la Casa di riposo, l’Inferno dei vivi. Tutte le volte che entro lì dentro provo un profondo malessere e senso di depressione. Eppure devo entrare, perché qui c’è la vita, la vita sacra, la vita vera. Oltre il cancello e le vetrate, ci sono corpi esili, bianchi, deformi e doloranti; sono seduti nelle sale e aspettano… Qui dentro, in queste stanze lucidate, refrigerate in estate, profumate di disinfettanti, le infermiere con i guanti spostano i vecchietti sulle sedie a rotelle. L’incontro con Sandrina è straziante. Faccio fatica a riconoscerla. E’ grassa e deforme, incinghiata su una sedia. Piange, ride, dice frasi senza senso. Io non posso trattenere le lacrime. Vorrei che ci fosse lì un prete a parlarmi di un Dio buono, giusto, pietoso e onnipotente. Gli sputerei in faccia. Qui, fra queste larve umane, incoscienti, tremolanti, borbottanti, crollano le religioni, cadono in frantumi tutte le filosofie, e la Vita si rivela quello che è: una merda puzzolente! Intorno a me c’è un uomo che continua a muovere il braccio, c’è una donna che ride sempre, c’è un uomo contorto che si lamenta in continuazione… Qui i minuti sono secoli, e i secondi durano millenni. Qui la morte appare come una cosa sublime, misericordiosa e meravigliosa. Triste e impotente mi alzo e mi incammino verso l’uscita. Passando fra sale e corridoi vedo l’uomo che perde saliva dalla bocca, la donna che parla da sola, l’uomo che guarda il soffitto… Agosto 2002 LA SPIRALE DELL’AMORE Diventiamo consapevoli del piacere dopo averlo perso. Dopo aver perso una donna, la apprezziamo di più. Ho conosciuto Rina, una ragazza di campagna con i capelli biondi e la pelle bianchissima. Nei primi giorni e settimane che sto con lei, il piacere è intenso: una sensazione di stupore, una continua scoperta del corpo e della psiche della ragazza. Ogni giorno che trascorriamo insieme ci sono novità, imprevisti, scoperte. Quando accarezzo il corpo di Rina, mi eccito in modo indescrivibile e mi sento precipitare in un abisso di voluttà. E’ passata una stagione, tutta l’estate. Ogni piacere troppo prolungato provoca l’assuefazione e non lo sentiamo più. Adesso, quando bacio Rina, quando accarezzo i suoi seni, provo un piacere stanco, un piacere consumato e logoro. Adesso non resta quasi più nulla da scoprire: conosco i gusti di Rina, conosco la sua psicologia; so cosa le piace e cosa detesta, so come reagirà nelle situazioni che si presentano, so cosa sceglierà. Insomma, adesso conosco tutto di lei; so perfino la marca del gelato che comprerà. Anche il suo corpo non offre più misteri e conosco tutto: il bel seno, le natiche magre, le gambe lunghe, il pelo del pube scarso e soffice, come piace a me; un neo sulla pancia, a destra, che mi dà un po’ fastidio… Adesso con Rina provo nausea per la troppa vicinanza, per le emozioni troppo prolungate, per il troppo tempo che siamo stati insieme. Anche il piacere ha bisogno di pause, altrimenti l’uomo cade nell’assuefazione e non riesce più a percepirlo. Ho bisogno anche di solitudine; l’intimità che dura troppo a lungo mi disturba e infastidisce. La vita insieme a una donna in principio è piacevole, poi noiosa e infine insopportabile. Sono trascorsi altri 5 mesi e ho perduto Rina. Lei non c’è più, perché va con un altro ragazzo, e adesso io la rimpiango, la vorrei ancora. Dovrò faticare molto per conquistarla di nuovo e strapparla al mio rivale. Non so se riuscirò. Se diventerà ancora mia mi divertirò, poi mi stancherò e infine la lascerò. Ma se rimarrà incinta sarò costretto a restare con lei. L’amore è solamente il trucco della Natura per attrarre le coppie e costringerle a fare i figli. Agosto 2002 DISIMPARARE “Disimparate” ecco quello che insegnerei ai miei figli. E’ l’insegnamento più alto e il più difficile. Perché i Potenti sono milioni, sono organizzati e martellano i cervelli fin dalla nascita; essi fanno propaganda, con tutti i mezzi, da millenni. Disimparate i condizionamenti della scuola, della moda, della politica, della religione. Disimparate i credi, le ideologie intoccabili, i dogmi sacri. Imparate a rifiutarli, a ridicolizzarli, a disimpararli. Tutte le brutture, le cose sporche dovete buttarle nell’immondezzaio: le politiche, le religioni. Non dovete fidarvi degli insegnanti, dei libri, dei giornali e della televisione. Non dovete credere neanche ai familiari e amici: loro sono stati indottrinati, e inoltre con il linguaggio è difficile comunicare. Credi solo alle tue esperienze personali, ripetute più volte per essere più sicuro. Nella mia vita ho visto cose incredibili, voltafaccia spaventosi, congiure per cancellare il passato e per farcelo dimenticare. Non ti dirò quello che ho visto e sperimentato poiché tu non devi credere neanche in me; inoltre il linguaggio viene usato per imbrogliare, per fraintendere, sviare, e non per comunicare. Non credere ai buonismi e agli altruismi; sono pretesti per scopi egoistici, per sbranare meglio. Non lasciarti irretire dai buonismi, dalle utopie sociali o filosofiche, deliri e allucinazioni religiose. Ricorda che sotto cumuli di maschere e catene, c’è sempre lui, l’uomo, cioè la belva. E l’uomo vuole cibo, sesso e potere. Ai miei figli insegnerei questo, che è la cosa più semplice e più difficile. Perché diventare liberi è la mèta più alta, lo scopo più grande nella vita: liberi da pensieri coercitivi, parassiti e direttori spirituali che insegnano cosa pensare, cosa credere, cosa dire, cosa fare… Ci sono tanti imbecilli fra noi, e i Potenti spendono denaro ed energie per mantenerci imbecilli. Quando avrai raggiunto questa libertà ti sentirai solo, perché vedrai amici e parenti prigionieri del fango là in basso. E sarebbe inutile tentare di salvarli; ti tirerebbero giù, nel fango. La tua compagnia sia quella dei grandi uomini che ti hanno preceduto e che verranno dopo. Adesso hai per compagni gli animali e le piante che sono gli amici migliori. Agosto 2002 LE STAGIONI E L’AMORE Quando finisce la bella stagione, calano le possibilità di fare conoscenze femminili per strada. Con il sole e il bel tempo, posso inventare un pretesto per parlare con le donne che passano sul marciapiede. Posso fare qualche osservazione sul caldo, sul tempo, sul ritardo del tram. A volte sono fortunato: se c’è una donna che ha perduto le chiavi, o che non riesce ad aprire la borsetta, io mi offro di aiutarla. Ma con vento e pioggia, nessuno ha più voglia di parlare. Le donne camminano in fretta, io indosso sciarpa, berretto, e così è più difficile comunicare. Le donne si allarmano quando si avvicina uno sconosciuto con la sciarpa che lascia vedere poco il viso. In un viale ombroso, d’estate, se incontro una bella ragazza posso dirle: “Va a passeggio signorina?” La domanda suona spontanea e naturale. Ma se lo stesso viale è flagellato dalla pioggia o irrigidito dalla brina in inverno, non posso dire questa frase; suonerebbe sarcastica e falsa come una presa in giro. L’inverno isola. Certo ci sono i club, i bar, i locali riscaldati. Ma in quei posti è tutto più artificioso e formale. L’incontro uomo – donna, il primo incontro, è più bello se avviene all’aperto, in mezzo alla natura. Su una spiaggia, in un giardino, in un viale di tigli. Quante belle ragazze ho conosciuto d’estate in parchi, giardini o feste all’aperto. Gli incontri al chiuso sono formali, meccanici, programmati dal padrone del locale che guadagna la percentuale: la bibita, il dolce, il caffè. Oggi è una domenica d’estate. Sul marciapiede passa la sorella di un tizio che non vedo da anni. Ha un vestito bianco, capelli nerissimi ed è bella e formosa. Io le vado incontro e quando sono vicino le dico: “Buongiorno signorina. Come sta Paolo? Sono suo amico e non lo vedo da tanti anni”. Lei si ferma e incomincia a parlarmi di suo fratello che è emigrato all’estero. Io, col pretesto del fratello del quale non mi importa un accidente, resto in compagnia della sorella. Ma in un freddo giorno d’autunno questo non sarebbe stato possibile. Il freddo pungente fa camminare più in fretta e non si può stare lì fermi a parlare con il vento di tramontana che spettina i capelli, stacca le foglie degli alberi e porta via le nostre parole. Con il freddo e il maltempo posso fermarmi a parlare con una donna che conosco già. Ma l’incontro, il primo incontro, deve avvenire in un bel giorno d’estate. Agosto 2002 LE DONNE BRUTTE Guardo le donne, le osservo, le analizzo. Guardo i loro visi, i corpi, il modo di vestire, di camminare, di gesticolare, di parlare. Osservo gesti e manie, comportamenti che rivelano gusti e psicologie. La pettinatura, per esempio, rivela molto del carattere di una donna. I capelli corti appartengono a una donna conformista e pettegola; nei capelli medi c’è più dolcezza; nei capelli lunghi c’è senso di libertà, fino all’hippy, fino alla rivolta. Studiando le donne ho scoperto imperfezioni di ogni tipo. Marilena è racchia. Katuscia ha un profilo del viso imperfetto: il naso è troppo lungo e gobbo. Caterina ha i seni piccoli. Loredana ha le gambe corte e il culo basso. Natascia ha i capelli rossi e troppe lentiggini in viso. Io che sono un poeta innamorato della bellezza trovo che le donne belle sono una minoranza; le donne belle senza imperfezioni sono una rarità. Forse la Natura avrebbe potuto creare le donne tutte belle, con un corpo perfetto e senza difetti. Ma se le donne fossero tutte belle, sarebbero tutte uguali, tutte identiche. E allora la bellezza, il concetto di bellezza, scomparirebbe. Solamente il paragone, il confronto con le donne brutte, permette l’esistenza della bellezza. Dobbiamo ringraziare tutte le donne brutte. Sono loro che ci consentono di apprezzare quelle belle. E allora: Evviva le donne calve, le donne racchie, le zoppe e le strabiche, le nane e le grassone… Agosto 2002 UNA STORIA CON UNA RAGAZZA Teresa è una brava e buona ragazza; rimasta orfana vive in una bella casa ad Asigliano, dove mi invita spesso ad andarla a trovare. Col passare del tempo la nostra amicizia si approfondisce. Probabilmente le chiederò di sposarmi e andrò ad abitare con lei. Un pomeriggio di pioggia mi trovo a casa di Teresa e guardo la ragazza che lava i piatti. Ci sono piatti, scodelle e sento odore di fogna che proviene dall’acquaio. Se decido di sposarmi devo abituarmi a queste cose e rinunciare alla mia vita libera di artista. Se mi sposerò dovrò abituarmi a questa vita ordinata, metodica, fatta di cose insignificanti per me, ma importantissime per le donne: i pavimenti lucidati che non si possono sporcare, le ciabatte, i vestiti stirati, la borsa della spesa… Però, se rinuncio alla mia vita di artista, perdo la parte migliore di me. Forse potrei fare tutte due le cose: l’artista libero e il marito prigioniero. Parlerò di questi problemi con la ragazza. Le dirò: “Teresa, ti amo e ti sposo però… però, io ho bisogno di libertà, ho bisogno di solitudine. Non per andare con altre donne, no. Ho bisogno di isolamento per creare, per poter scrivere”. Ma non posso dirle queste parole; non capirebbe mai. Poi vorrei stanze da letto separate perché la notte mi ispira e devo scrivere le idee prima di dimenticarle. Non posso dirle: “Teresa, stanotte devo alzarmi perché voglio guardare le costellazioni in cielo. In maggio devo andare in campagna per veder fiorire la robinia, la camomilla, il frassino…” La farei piangere, la farei soffrire per colpa mia. Non posso dirle: “Vieni a vedere il tramonto. Una rete obliqua di luce invade il cielo. Ci sono nubi a onde, a raggiera, color oro fuso. A ovest ci sono sfregi, coltellate di luce bianca. E nubi nere e gialle cavalcano il cielo come streghe col cappello”. Non posso dirle: “Teresa, vado a studiare le nuvole, il tramonto, le erbe, le stelle”. Lei non capirebbe, mi guarderebbe come un povero deficiente e non capirebbe. Non si può tenere unite due cose contraddittorie come l’arte e la vita familiare. Non si può avere il ghiaccio caldo. No. Noi artisti siamo troppo diversi, siamo estranei e impulsivi. Forse dipenderà dalla evoluzione. Io debbo accontentarmi di amare e soffrire in solitudine. Agosto 2002 LA RAGAZZA FACILE L’amico Nicola ha conosciuto Loredana, una ragazza facile e ha promesso di presentarmela. Due giorni fa ho visto Nicola insieme a questa ragazza e voglio conoscerla anch’io. Alla fiera di Morubio, ultima domenica di agosto, incontro Loredana che arriva in bici. Mi presento, dico che sono amico di Nicola e la invito al bar. Loredana è una brunetta insignificante con capelli corti e gesti nervosi. Lei mi dice che ha appuntamento con un altro ragazzo, il quale poco dopo arriva. E’ un grassone volgare che prende sottobraccio la ragazza e la porta al cinema. Rimasto solo immagino Loredana al cinema, insieme al suo amico che al buio la bacia e accarezza. Questa ragazza è fin troppo facile. Pazientemente aspetto tutto il pomeriggio. Alla sera finalmente la coppia ritorna; il grassone va via e la ragazza si avvia in bici verso casa. Io prendo l’altra strada e incontro Loredana in campagna, fingendo di passare di lì per caso. Ci fermiamo, restiamo a parlare. Ho con me un campionario di cosmetici che mi ha dato un amico rappresentante, e li mostro a Loredana invitandola a sceglierne qualcuno. Mentre lei guarda affascinata le ciprie e i rossetti, io approfitto per accarezzarle le braccia, poi i seni e le cosce. Ho sollevato la gonna e scoperto le mutandine nere, ma lei protesta e allora smetto. Mi faccio spiegare dove abita e poi le dò appuntamento domenica prossima, a Roverchiara, davanti a casa sua. Una settimana di attesa durante la quale penso continuamente a lei. Verrà? Non verrà? Ci sarà un altro ragazzo? Arriva la domenica. Alle prime ore del pomeriggio vado a Roverchiara e vedo Loredana alla finestra della sua vecchia casa. Dopo un po’ lei esce, sale in macchina e partiamo. La ragazza parla volentieri e appare allegra e disponibile. Io percorro una strada di campagna e arrivato all’argine di un fiume fermo la macchina. Qui, all’ombra dei pioppi la abbraccio, la bacio e provo a spogliarla. Ma Loredana non vuole! Incomincia a gridare: “No” si mette a piangere, così sono costretto a smettere. Per farla star buona le prometto di portarla a Cologna a mangiare il gelato. Arriviamo a Cologna e restiamo tutto il pomeriggio insieme. Sono un gentiluomo e non voglio far soffrire le donne. Credevo che fosse una ragazza facile ed ero venuto per fare l’amore. Lei non ci sta, perciò non tornerò più da lei; però oggi sono andato a prenderla e devo offrirle qualcosa e restare con lei fino a sera. Finalmente arriva la sera e riporto Loredana a casa. Sono stufo delle sue chiacchiere e della sua compagnia. Domenica prossima, sicuramente, non verrò più qui. Ma la ragazza sembra aver letto il mio pensiero e prima di scendere dalla macchina mi dice con voce maliziosa: “Non bisogna arrabbiarsi. Se non si ottiene subito una cosa si può averla la prossima volta…” Rimango sbalordito dalla sorpresa; le donne hanno un grande intuito. Che cosa farò domenica prossima? Andrò ancora da lei? Ho tutta la settimana per pensarci. Agosto 2002 LA DONNA MISTERIOSA In estate vedo spesso una biondina. E’ esile, seria e indossa una maglietta nera che lascia scoperto l’ombelico. La vista del suo pancino magro è uno spettacolo voluttuoso. La vedo spesso passare in bicicletta e non sapendo come si chiama l’ho soprannominata la donna del mistero. Alla festa della patata di Roveredo, in settembre, trovo la donna misteriosa seduta vicino a me; sento che parla con un bambino, io faccio un complimento al bimbo e così ho la possibilità di conoscerla. La donna si chiama Stella ed è molto bella, anche se, vista da vicino, ha un’età maggiore di quella che supponevo. Dopo un po’ Stella parla con me e non è timida né altezzosa come credevo. Scopro che abbiamo la stessa passione per gli animali, per i libri, per la campagna. Ascoltandola, mi accorgo che è una donna ipersensibile, complicata, tormentata. Ha paura della vecchiaia, della solitudine, del dolore. Stella parla in fretta, accompagnando le parole con gesti nervosi ed espressioni del volto di grande intensità. Mi racconta i suoi problemi familiari: vive da sola con il figlio, perché il marito l’ha abbandonata per andare con un’altra donna. Ascolto le sue vicissitudini, i suoi drammi interiori, le sottigliezze della sua anima che suscitano forte tensione. Ascolto Stella con attenzione e vengo coinvolto dai suoi stati d’animo, dalle sue ansie, paure e preoccupazioni. Devo stare molto attento: se dico una risposta sbagliata, se fraintendo un suo pensiero, se non riesco a seguire il corso delle sue emozioni, rischio di squalificarmi ed essere giudicato uno stupido. La sua compagnia è molto impegnativa e dopo un’ora di conversazione mi sento sfinito. Prima di lasciarci siamo diventati amici e lei mi invita domani a casa sua. Bisogna conoscere le persone prima di giudicarle. Avevo giudicato Stella una ragazza semplice, con una vita normale; invece scopro che ha un carattere tortuoso e una vita complicata. Legarmi a lei significa penetrare in un mondo dolce-amaro. Se accetto di stare con lei dovrò invischiarmi nei suoi problemi. Con una donna così la vita non sarebbe facile, diventerebbe un inferno; ma l’inferno confina con il paradiso. Col passare del tempo la compagnia di Stella diventerebbe faticosa. Forse io ho bisogno di una donna più semplice, per un rapporto più rilassante. Agosto 2002 AMORE INTERESSATO Con Giulia non ho mai avuto tanta fortuna. Vado a trovarla tutte le volte che passo da Begosso, ma lei è spesso indaffarata. Non è sgarbata, ma rimane poco tempo a chiacchierare con me, poi ha sempre qualche lavoro da fare o qualche posto dove andare. Non so. Forse io non sono il tipo giusto per lei. Neanche lei è il mio tipo, però non è da disprezzare. E’ una bellezza sfiorita per l’età, un po’ disordinata, che vive con la zia in una casetta in periferia. Non sono mai riuscito ad amoreggiare, e nemmeno a diventare suo amico confidenziale. La nostra è una amicizia superficiale, incominciata per caso alla fiera, tanti anni fa. Una amicizia che dura perché io mi prendo il disturbo di fermarmi a casa sua quando passo di là. E questo succede 4 o 5 volte all’anno, sempre in estate. Anche oggi vado a trovare Giulia, senza farmi grandi illusioni. Suono il campanello e la ragazza viene ad aprirmi; ha i capelli sciolti e un vestitino corto che lascia scoperte le belle gambe. Devo dire che è ancora piacente e attraente, anche perché mi sorride invitandomi ad entrare. Come le altre volte entro in cucina e mi offre da bere. Mentre la zia è di sopra per riposare, noi restiamo a parlare di cose poco importanti: il paese, i parenti, i vicini di casa… Ma oggi c’è qualcosa di diverso. Lei, anziché sedersi dall’altra parte della tavola, si siede su una sedia vicino a me. E mentre parla si avvicina ancora di più. Sento la presenza del corpo femminile, vedo i seni che si sollevano col respiro. Anche il viso mi è molto vicino; mi guarda negli occhi e a volte, gesticolando, mi tocca come per caso. Cosa devo fare? Abbracciarla? Baciarla? Perché questo sta succedendo oggi e non le volte precedenti? Forse la ragazza incomincia a cedere… Aspetto ancora un poco. In questo momento Giulia mi sta raccontando la storia di una vecchia disputa con i vicini. Per risolverla bisogna misurare i confini e fare delle ricerche all’ufficio del catasto. Le prometto di aiutarla, e dopo, poiché non mi resta più tempo, la saluto e vado via. Il giorno dopo, penso che ho fatto male a prendermi un impegno così gravoso che richiede perdite di tempo e forse anche di denaro. Perciò quando passo da Begosso vado a casa di Giulia. La ragazza non c’è, ma spiego alla zia che io non ho il tempo né la competenza per fare questo lavoro. Poi do l’indirizzo di un amico geometra al quale può rivolgersi. La vecchia signora mi ringrazia e io vado via soddisfatto. Un mese dopo torno a casa di Giulia. Col pretesto di sapere come sono andate le verifiche, avrò tutto il pomeriggio per stare in sua compagnia e forse riuscirò a baciarla e accarezzarla. Ma mi aspetta una brutta sorpresa. Giulia viene ad aprirmi; è seria e scontrosa. Mi dice che oggi deve pulire i pavimenti e rientra subito in casa chiudendo la porta. Non ritornerò più qui. Giulia era gentile solamente perché progettava di servirsi di me. Poiché io non l’ho aiutata, adesso lei mi butta via come una cosa che non serve. Il suo era un amore interessato. Ma esiste veramente quello disinteressato? Settembre 2002 I PAESI DEL CUORE Molti uomini si innamorano delle donne. A me è capitato di innamorarmi dei paesi: Minerbe, Veronella, Zenone, Miega, Zimella… Ho amato i paesi alla sinistra dell’Adige, da sempre. Ho visto questi paesi in sogno, da giovane, ancora prima di andarci. Ho sussultato per l’emozione quando ho udito i loro nomi per la prima volta. Mi sono innamorato di questi paesi la prima volta che sono arrivato. E’ stato un amore intenso, durevole e ricambiato. Penso che anche i paesi hanno un’anima; essa è la somma delle anime dei loro abitanti; è il ricordo delle donne e degli amori che si sono svolti. Ho frequentato questi paesi nel corso della vita; essi mi hanno dato emozioni e piaceri quando ero felice; mi hanno consolato quando ero infelice; mi hanno consigliato, guidato, insegnato… e anche adesso, che sono in fondo alla vita, essi mi dicono qualcosa. Oggi ho rivisto i paesi che ho amato tanti anni fa. Dopo 28 anni sono tornato a Veronella, con i suoi coltelli di ricordi che feriscono l’anima. Minerbe 36 anni dopo; S: Andrea 16 anni dopo. Qui adesso è tutto cambiato, è tutto differente e non mi resta che raccogliere i cocci. Sono spariti i vecchi che giocavano a bocce, sotto i tigli, a S. Andrea. Adesso sulla pista cresce l’erba. Sparito a Minerbe il campanaro che sorrideva sempre e la zitella gobba che andava in chiesa alle 3 e mezza. Non c’è più a Veronella l’uomo che fumava la pipa sulla soglia di casa. Sparite Franca, Annamaria, Nadia, Pia, Simonetta… Dove siete? Le piccole, vecchie case adesso sono abitate da stranieri. I grandi palazzi sono abbandonati. E’ tutto cambiato, eppure io devo ritornare qui. E’ la mia condanna e la mia salvezza. Poiché qui riecheggia il passato, qui sono accaduti i fatti piccoli ma significativi che hanno guidato la mia vita. Qui ho amato, vissuto, capito, sofferto. Questo è il mio posto, e anche se i doveri mi chiamano altrove, periodicamente io devo tornare in questi paesi, per gioire e soffrire, per ricordare e meditare. Settembre 2002 LE VECCHIE STORIE Una vecchia signora sta seduta dietro la finestra di casa, per ricamare. Sta seduta lì tutti i giorni e nei pomeriggi di sole, quando i vetri della finestra sono aperti, io mi fermo per chiacchierare. L’ho conosciuta per caso, un giorno che sono passato sul marciapiede. Abbiamo fatto amicizia e da allora tutte le volte che passo mi fermo per salutarla e ascoltare le sue storie. La signora si chiama Olga, ha 87 anni, e un po’ alla volta mi sta raccontando tutta la storia della sua vita. E’ una storia lunga e complessa, più avvincente di un romanzo a puntate, più attraente di un film, poiché questa è una storia vera. Suo padre ferroviere era sto trasferito in un altro paese, come sostituto. Nella trattoria di quel paese, tutte le sere arrivava una ragazza a portare il latte. La ragazza proveniva da una famiglia con 11 figli ed era poverissima. Sei mesi dopo i due si sposarono; nacque una bambina (Olga, la vecchia signora) e dopo otto anni si trasferirono qui. I primi ricordi di scuola, la casa nuova, la vita del paese… A 16 anni Olga conobbe un giovanotto che andava a trovarla in segreto. Gli incontri romantici col fidanzato avvenivano sulla soglia di casa, mentre i genitori erano a letto a dormire. Nelle gelide notti invernali, i due innamorati stavano sulla soglia mentre nella via c’era solo neve e chiaro di luna. Questo è il ricordo più bello della sua vita. I genitori morirono, lei si sposò e dopo alcuni anni rimase vedova. Ebbe problemi di salute, disgrazie, lutti in famiglia. Tanti problemi, vicissitudini, cambiamenti. Terribili cambiamenti: le case vecchie venivano abbattute, altre sorgevano; alcune famiglie sparivano, altre si formavano. Il paese lentamente si trasformava mentre lei rimaneva sempre al suo posto, nella sua casa, dietro alla sua finestra, per ricamare. Un pomeriggio di ottobre con il sole fioco, la signora Olga continua il suo racconto: “All’età di 50 anni ho sognato un essere luminoso, bellissimo, forse uno Spirito Guida. Io gli ho chiesto qualcosa, qualcosa che desideravo intensamente e lo Spirito mi ha sorriso e ha accennato di sì con la testa. Ma al risveglio ho dimenticato che cosa gli avevo chiesto. Ho sempre ricordato il sogno, ma non la mia richiesta. Adesso però, forse lo so.” “E cosa aveva richiesto?” chiedo. “Vede, io penso che Dio ha sbagliato a mettere la morte e la sofferenza nel mondo. Sarebbe stato meglio se faceva alcune creature e le manteneva uguali per sempre. Io ho chiesto di poter morire di notte, nel mio letto, senza soffrire. Una sera come tutte le altre andrò a letto e al mattino non mi sveglierò. Quando andrò via da questa casa desidero farlo per l’eternità. Questa è stata la mia richiesta e spero che venga esaudita. E poi, per me sarà il buio, il silenzio della tomba dove i vermi rodono fra il marciume e il fetore”. Io proseguo la mia passeggiata ma sono perplesso. Quando la signora Olga sparirà, il mondo avrà perduto una cosa grande e bella, ma come al solito, pochi se ne accorgeranno. Ottobre 2002 ANIME GEMELLE Quando ho conosciuto Antonella mi sono innamorato subito di lei. Era la ragazza ideale, quella che Dio aveva fatto per me. Indossava una blusa gialla e una gonna nera, i miei colori preferiti; leggeva libri del brivido, proprio come me; era anticonformista, libera, dissacrante. Dopo aver visto Antonella, non volevo più mangiare, non riuscivo più a dormire. Ero pazzo di lei, pensavo sempre a lei, volevo solo lei. Le parlai, la corteggiai, la adorai. Le regalai libri, cosmetici… L’anno dopo, in agosto, in un viale dei tigli ho conosciuto Loretta. Appena ho visto questa ragazza con i capelli lunghi e l’espressione triste del viso bellissimo, mi sono pazzamente innamorato. Il mio vecchio amore per Antonella finì subito, evaporò come un bicchiere d’acqua gettato in un forno acceso. Adesso esisteva solo Loretta. Sognavo solo lei, correvo sempre da lei, volevo e desideravo continuamente lei. E’ stato un amore immenso che riempì tutta la mia vita. E’ stata una passione esclusiva, irresistibile, che cancellò tutti gli altri miei interessi. Non mi importava più nulla al mondo. Loretta era la mia stella, la mia vita. Questo grande amore durò più a lungo, oltre tre anni; fino a quando… Fino a quando, in un piccolo paese, in un nebbioso pomeriggio di novembre, incontrai Pia. I capelli neri, lo sguardo malizioso di questa ragazza mi attirarono subito e mi fecero innamorare. Insieme a Pia, trascorsi un anno intenso di meravigliosa, sognante felicità. Per lei scrivevo poesie; per lei vivevo e vibravo di emozioni raffinate e preziose. Ma anche questo amore finì. Ogni amore sembra eterno, unico e ideale… ma dopo? Chi verrà dopo? Quale sarà la prossima donna? Ma soprattutto: quanto durerà la capacità di amare? Con la vecchiaia il nostro bisogno di amore si affievolisce, la nostra capacità di godere si attenua. I bei ricordi d’amore svaniscono nel passato ed è già fortunato l’uomo che riesce a ricordare. Ottobre 2002 L’ALTRUISTA Ho conosciuto Carla, una ragazza che mi piace, e adesso sono fidanzato. Mi sento più importante, mi sento più realizzato. Adesso non invidio più gli amici fortunati che hanno la ragazza. Avere la fidanzata mi fa sentire più impegnato, perché la ragazza porta con sé anche dei problemi: il lavoro, il maggior bisogno di denaro, i progetti per la casa… Avere una ragazza porta dei vantaggi e degli svantaggi. E’ un vantaggio perché la mia fame di sesso è calata; quando ho voglia di un corpo femminile, lei è abbastanza disponibile. E’ uno svantaggio perché comporta obblighi, doveri, rinunce… Senza Carla avrei sicuramente meno problemi: mi impegnerei meno nel lavoro; avrei meno bisogno di denaro per soddisfare le mie piccole necessità; disporrei di maggior tempo libero per frequentare gli amici, per leggere ed esplorare la campagna. Avrei più tempo da dedicare a me stesso. Oggi, ad esempio, io starei volentieri a casa, per leggere alcuni libri rari che mi sono appena arrivati. Invece devo andare a casa di Carla perché lei mi aspetta, perché le ho promesso che andremo a passeggiare nel parco o a vedere le vetrine. Ci vado perché sono altruista. Ma che cosa è l’altruismo? Dentro di noi ci sono forze che spingono al piacere, e forze che attirano verso il dolore, verso la sofferenza, il pericolo, la morte. Il masochismo è una di queste. Allora, anche l’altruismo è una forma di egoismo, più mascherato, più sottile, più sotterraneo, ma sempre egoismo, per il piacere di soffrire, per il desiderio di autodistruzione. Conosco queste verità psicologiche però vado ugualmente a casa di Carla, mi sacrifico egualmente. Per chi lo faccio? Per me stesso? Per il sesso? Perché desidero soffrire? Per Carla? Per i figli che verranno? Ottobre 2002 QUOTIDIANITA’ L’orrore è nella quotidianità. L’orrore profondo, repulsivo; l’inferno autentico, quello che da principio sembrava il paradiso. L’orrore non è nei morti-viventi, nei vampiri, negli spiriti dell’oltremondo. No! Esso è qui, adesso, nella vita di tutti i giorni, nei rapporti umani, nelle relazioni sociali, nella quotidianità vissuta in famiglia, tra i familiari, i parenti e gli amici. Ci sono abissi di orrore che solo pochi hanno osato descrivere: Jean Rousselot, Aldington, Barbusse e alcuni altri. L’orrore denso, putrido, vischioso, pesante come il piombo, tenace come la gomma. E dobbiamo vivere e sopportare, ognuno da solo chiuso nella sua prigione, chiuso nel suo inferno privato: il marito nella famiglia, il figlio con i genitori… Quando siamo giovani vediamo la via d’uscita nell’altro: nella ragazza, nell’amico, nel collega. Da giovani, per soddisfare i nostri bisogni amorosi, sessuali, di sicurezza e di denaro, corriamo verso il partner. E’ tutta illusione. In fondo alla vita ci accorgiamo che era solo illusione. La ragazza, l’amico, il collega sono diventati i nostri peggiori carnefici. Non c’è via di scampo. La vita è fatta così. Nella vecchiaia, quando finalmente ci siamo liberati degli altri, quando siamo riusciti a vivere da soli, allora l’inferno lo troviamo dentro di noi. Arrivano le malattie, le debolezze che ci obbligano a mendicare aiuti dagli altri, che ci obbligano a sporcarci del fango sociale per alleviare le nostre necessità. Arrivano i bisogni che ci obbligano a piegarci e sottometterci ancora al volere degli altri. Eppure adesso è diverso. Adesso siamo consapevoli e non siamo più disposti a illuderci con amori, amicizie, morali e religioni. Adesso, per i nostri bisogni ci mettiamo coscientemente nelle mani dei carnefici che non indossano più la maschera della felicità. Novembre 2002 FAME D’AMORE Ecco! E’ successo di nuovo. Ho perduto la testa per una ragazza! Ma questa volta è diverso: Rossella è unica e meravigliosa. Gli incontri brevi e quasi furtivi, le conversazioni sottovoce, i silenzi, gli sguardi nelle sere d’autunno, creano un alone di magia. Queste cose sono come i drappeggi, i canti, i dipinti che circondano gli sciocchi testi della religione; l’arte nobilita e rende credibili anche le finzioni e le buffonate. L’arte abbellisce le cose, trasfigura la realtà. L’arte è dunque una frode? Sì, ma anche la Natura usa l’arte per ingannarci. Infatti, cose inutili come i capelli, il colore degli occhi, i profumi, le curve del seno e del sedere valorizzano e rendono divina una donna comune. Cosa fa Rossella nel gioco dell’amore? Nulla? Si lascia corteggiare lasciando tutta la fatica all’uomo? Non esattamente. Anche lei fa la sua parte. Il suo compito è molto sottile e delicato. E’ il lavorio segreto delle seduzioni che deve rimanere sempre celato, sotterraneo, nascosto. Tutto deve apparire casuale, e il compito di conquistare la femmina deve ricadere solo sul maschio. Lei aiuta, favorisce, attizza questo compito, però nel più profondo segreto. Nessuno deve sapere nulla. Agli occhi di tutti Rossella fa la ritrosa, fa la ragazza indifferente, anche se segretamente attira, stimola, seduce… E la Natura ha dotato la femmina di grande sensibilità per attuare questo compito. Oggi in strada Rossella era dietro di me e ha salutato forte la sua amica per attirare la mia attenzione. Così io mi sono voltato, l’ho vista e sono rimasto insieme a lei. Ma la ragazza non vuole concedere troppo, e dopo alcuni minuti è andata a casa. Questo e altri cento piccoli trucchi fa Rossella per attrarre l’attenzione, per sedurre, per offrire e ritrarsi. E’ sempre così; l’eterno gioco dell’amore: un offri e fuggi. La bellezza di una donna, le sue attrattive consistono solo… nella nostra grande fame d’amore, nella nostra capacità di illuderci. Rossella è una Dea per la quale stravedo e provo tante emozioni; lei è unica, è la donna ideale, la donna dei miei sogni. Eppure… Eppure Rossella è una donna come tutte le altre, con pregi e difetti come tutte le altre. Non è bellissima, non è unica. Se indagassi su di lei scoprirei che è conformista come le altre, è sciocca e furba come le altre. Quando scoprirò tutto questo? Quando la mia fame d’amore sarà appagata o diminuita. Allora valuterò Rossella come realmente è. Allora avrò finito di stravedere, di sopravvalutare. Ma a quel tempo, probabilmente, stravedrò per un’altra donna. Novembre 2002 LA PSICOLOGIA DEI POETI Che cosa voglio io nella vita? Poche cose: guardare la luna che sorge come una bianca sposa, oltre le distese dei campi; ammirare lo spettacolo sempre differente, entusiasmante ed emozionante del tramonto del sole, nell’alternarsi delle stagioni. Sono un pagano, cioè un poeta, e queste cose mi danno piaceri intensi, paragonabili al fare l’amore con una donna. Le persone comuni non provano questi piaceri perché hanno una sensibilità più bassa. Ogni caratteristica ha due facce, una buona e una cattiva. Il lato svantaggioso di essere poeta l’ho scoperto a 30 anni. A quell’età volevo ottenere le cose normali della vita: un lavoro, una donna, una casa. Ma non riuscivo a ottenerle perché la mentalità di poeta rappresentava un ostacolo insormontabile. Allora ho combattuto contro la mia natura, ho forzato me stesso, per uniformarmi, per abbassarmi, per calarmi nella mediocrità. Ho tentato di sradicare la sensibilità dalla mia anima e ho lavorato sodo per abbrutirmi. Durante questo periodo ho sofferto moltissimo. Adesso è arrivata l’età matura e ho capito molte cose. Io sono nato con una psicologia di poeta e non riesco a realizzare le cose comuni della vita. Così come le persone comuni non riescono a scrivere libri, non fanno quadri, non producono opere d’arte. Adesso che ho raggiunto la maturità, ho accettato questa mia caratteristica dalla quale ricavo i piaceri più grandi della vita: la capacità di godere un tramonto o una notte di luna, la capacità di scoprire la natura, di analizzare le emozioni, il piacere di sognare e di apprezzare le poesie… Questo vale più della capacità di fare denaro, del conto in banca, di casa, moglie, figli e automobile. Gli artisti sono tutti così e prima accettano la loro natura, meglio è. Da giovane, sono partito alla ricerca di qualcosa di grande e bello. Il seme di quello che volevo lo possedevo già; e adesso, dopo molti confronti, ne sono consapevole. Dicembre 2002 LA RAGAZZA CHE NON HO SPOSATO Abita lassù, Miretta, la ragazza dei miei sogni. Abita lassù, con il marito, un uomo più fortunato di me. Io non sono riuscito ad avere Miretta. Quando era signorina era una ragazza dai capelli neri, con vestiti blu notte. Aveva un modo di sorridere che incatenava per tutta la vita. Da ragazzo, quante notti sono rimasto sveglio pensando a lei. Adesso che è sposata è cambiata poco: è una bella signora, con i capelli neri, che porta ancora vestiti blu. Lassù, in quel piccolo appartamento al terzo piano, si svolge la sua vita ordinata, metodica, fatta di momenti felici e di piccole cose: accogliere il marito che torna dal lavoro a mezzogiorno e alla sera, preparare da mangiare, tenere pulito il terrazzo, lavare i vetri… Non so se ha figli, ma credo di no. Io sto seduto ore sulla panchina di fronte al condominio giallo, fingendo di leggere il giornale. A volte la vedo per pochi attimi, e allora sono contento. Anche oggi, una domenica invernale di sole, sto seduto qui, in attesa… Le finestre verdi dell’appartamento sono chiuse. Forse saranno a letto o saranno andati via. Vorrei essere io al posto di quell’uomo? Provo invidia per lui? Mah, non so. Non so se riuscirei ad adattarmi a una vita così semplice, così precisa, così regolata. Dovrei rinunciare alle ricerche, ai libri, ai piaceri infuocati delle emozioni, alle speculazioni filosofiche, alla vita sregolata. Certo, in quella casa avrei Miretta come compagna. Però… Però… Anche lei invecchia, anche lei cambia. Poi, un giorno, entrerà una cassa in quel piccolo salotto e attorno ci metteranno i fiori e le candele. Allora io penso. Quando arriverà il momento della morte, non vorrei aver rinunciato a tutte le mie esperienze, avventure, cambiamenti, tormenti e felicità. No. Una vita così semplice non mi basterebbe e il giorno della morte proverei rimorsi, rimpianti per non aver vissuto intensamente, per aver barattato una vita intensa con una vita uniforme e scolorita. Non si può avere tutto. Non si può vivere due vite contemporaneamente. E allora, ad ognuno la sua, e continuiamo per le nostre strade. Dicembre 2002 LA FINE DELLE ILLUSIONI La vita non è quella che crediamo che sia, quando siamo giovani. Da giovani crediamo agli amici, crediamo alle donne, crediamo all’amore. Da giovani il tempo sembra lunghissimo, senza fine, e la morte sembra una chimera. Poi arriva la maturità, l’esperienza, la saggezza. Il tempo si accorcia, il mondo si abbrutisce, le illusioni sfumano e vediamo la realtà. La brutta realtà, che però essendo reale, ha un maggior valore. Da giovani ci divertiamo a vivere nelle belle illusioni; da vecchi viviamo la brutta realtà, alla quale si accompagna un senso di amaro e di sconfitta. Tutte le illusioni cadono come cristalli colorati che si spezzano contro la realtà. Ma le schegge delle illusioni feriscono l’anima in maniera dolorosa. La prima a crollare è l’illusione dell’amore. Quando l’uomo capisce che l’amore è solo una illusione, una fame insoddisfatta di sesso, allora di colpo la vita diventa grigia. Eppure questa è la realtà, e la realtà ha un grande valore e bisogna accettarla. Poi crolla il paradiso del sesso; un’altra grande illusione che serve solo per procreare. La realtà si fa sempre più buia, prosaica e tagliente. Eppure essa è preferibile ai dolci inganni. Successivamente cadono le grandi passioni, l’amicizia, gli ideali. E l’uomo rimane solo davanti alla Morte, che è l’unica certezza della vita. Malattie, sofferenza e morte. Ma l’uomo non può vivere senza sognare. Quando arrivo a questo punto io volontariamente mi isolo dentro nicchie di illusioni, fingendo di credere ancora all’amore, al sesso, all’amicizia. E dentro questi fragili ripari, ritrovo la forza di proseguire il cammino della Vita. Dicembre 2002 INNAMORATO Corinna, mi sono innamorato di te: cioè ti vedo come una Dea, come una regina. La mia fantasia ti carica di qualità che tu non hai; la mia fantasia ti arricchisce di doti sublimi e sovrumane, ma inesistenti. Finchè dura l’innamoramento continuerò ad adorarti, a stravedere per te e a soffrire per te. Eppure, un giorno io mi sveglierò da questo sogno e vedrò la donna prosaica e banale che tu sei. Un giorno il bel sogno finirà. E’ inevitabile. Questo lo so perché ricordo che è già successo altre volte, con altre donne. Fin quando durerà? Il più a lungo possibile, spero; o il più presto possibile, sarebbe meglio. Ma ho bisogno di credere nell’amore! Gli uomini hanno bisogno di credere nell’amore come hanno bisogno di credere in Dio, nella giustizia, nella vita dopo la morte. E allora, aggrappato a questo sogno colorato, vengo da te, sto insieme a te, parlo con te, ti cerco, ti sogno e ti invoco in ogni momento del giorno e della notte. Finchè vivo in questa dolce ebbrezza la vita scorre lieve, i giorni passano senza conoscere la noia. Ora c’è l’ansia di vederti, l’ansia di trovarti e di aspettarti. Tutto è più dolce, le cose comuni hanno cambiato aspetto. La via dove abiti tu ha qualcosa di speciale. Quando arrivo vicino alla tua casa, sento un tuffo al cuore, e resto incantato a guardare la finestra dietro alla quale tu ti affaccerai. E’ una finestra particolare, è la tua finestra. La vita è più bella quando è vissuta in questa magica eccitazione piena di speranze e di felicità. L’amore trasfigura, fa sognare, irraggia una luce interiore meravigliosa ed estatica. Un giorno questo finirà. Una mattina mi dirai una parola sbagliata, farai un gesto e spezzerai l’illusione. Dopo io precipiterò nel dolore, dopo ti odierò e il mondo di colpo diventerà grigio e buio. Dopo sarò disperato e vorrò morire, oppure cercherò la salvezza in un’altra donna. Ma tutto questo adesso non ha importanza. Adesso sono innamorato e il tempo non ha valore. Adesso che le ore danzano liete al girotondo dell’amore, adesso vivo per te, e per le emozioni che tu mi dai. Gennaio 2003 SPOSATO Eccomi sposato. Ho sposato Ombretta; ho realizzato il mio sogno, l’aspirazione più grande, la cosa più importante che volevo dalla vita. Adesso sono felice? Non so. Eppure l’amore è il piacere più grande. Allora basta avere una donna vicino per essere felici tutta la vita. Ma la realtà dimostra che non è così. Perché? Per molte ragioni: il sesso dopo un po’ annoia terribilmente. Noi cambiamo continuamente e una donna che ci piace follemente per un mese, nel mese dopo non ci piace più. Molte cose, donne, libri, interessi ci danno piacere in alcuni periodi della vita e in altri no. Noi cambiamo col tempo; le esperienze ci cambiano, le acquisizioni ci allargano l’orizzonte e abbiamo più materiale per fare confronti, per crearci nuovi scopi, nuovi modelli, nuovi interessi. Anche le donne cambiano. Le donne non sono stabili, ma cambiano esteriormente ed interiormente nel corso dell’esistenza. L’amica Dorotea era una bella ragazza; poi ha cambiato modo di vestire, ha cambiato pettinatura ed è diventata brutta e grassa. Ines invece è rimasta quasi identica; ha qualche capello bianco, però ha conservato tipo di pettinatura e modo di vestire. Ombretta, la ragazza che ho scelto, come diventerà? Conserverà l’aspetto esteriore che mi piace tanto, oppure fra qualche anno cambierà look ed io mi troverò assieme a una donna differente da quella che ho incontrato e amato. Inoltre è difficile conoscere le donne perché sono bugiarde e ipocrite. Ad esempio io amo i cani e le poesie; mia moglie ha detto che anche lei ama queste cose. Ma sarà vero? Solo in futuro scoprirò se mi ha detto la verità. La donna che ho sposato, come si comporterà? La vita è come un gioco d’azzardo; si punta su un numero ma nessuno sa quale uscirà. Fondare la propria vita sull’amore, significa fondarla su un’illusione. Ma anche fondare la vita sulla religione, sul denaro, sul lavoro, significa fondarla su illusioni. Ogni cosa in questo mondo è illusoria, transitoria, incerta, instabile. Non ci sono certezze. Non ci sono verità assolute. Non c’è nulla che merita i nostri sforzi, il nostro tempo, la nostra vita. Eccomi sposato. Dopo i primi giorni la novità è passata e sono già pentito di essermi legato a Ombretta. Ci sono tante donne al mondo. Sono passati alcuni mesi e adesso conosco tutti i difetti di Ombretta, conosco tutti i nei del corpo e della mente; un neo sulla pancia, le gambe troppo corte, i piccoli difetti fisici. E le imperfezioni psichiche, le piccinerie, i conformismi sciocchi e nauseanti, le convenzioni, le banalità, i riti sociali, i condizionamenti, le gabbie mentali, le frasi e i pensieri standardizzati… E da questo momento io precipito dentro l’inferno del matrimonio. E’ la parte più meschina, abietta e avvilente della vita a due. Adesso devo tagliarmi le ali, devo discendere la scala dell’evoluzione, devo diventare un numero nella società, una particella nella massa degli idioti. Basta poesia, basta originalità e vita. Insieme alla mia donna devo bere la melassa della quotidianità grigia e insipida. Febbraio 2003 MATURITA’ In quella casa abitava Fiammetta. Là abitava Valeria. Quante belle ragazze ho conosciuto; quanti amori finiti, quanti amori falliti. Perché? Perché ero un giovane dotato di troppa immaginazione. Caricavo le donne con doti inesistenti e dopo la Realtà mandava tutto in frantumi. Adesso sono innamorato di Roberta. Affronto lotte, problemi, sacrifici per riuscire a vivere insieme a lei. E finalmente ci riesco. Dopo alcuni mesi scopro che la vita insieme a Roberta è un vero inferno. Non è possibile andare d’accordo. Maschi e femmine parlano due lingue differenti, vogliono cose differenti. Quando desidero fare l’amore Roberta è indisposta. Quando sono allegro lei è triste; quando vorrei fare una gita lei è stanca… Dopo un anno scopro che Roberta è una creatura malvagia, perfida, egoista. Una sera mi sento triste e vado a passeggiare da solo in un giardino. Là conosco Jessica. E’ una ragazza bionda, angelica, comprensiva che promette tanta felicità… Nelle settimane successive ci incontriamo ancora, furtivamente; poi abbiamo rapporti clandestini. Finalmente mi separo da Roberta e vado a vivere con Jessica. L’esperienza con la prima donna non è stata sufficiente e adesso la storia si ripete. La vita insieme a Jessica è fatta di litigi, rancori, incomprensioni. A questo punto ho bisogno di una terza esperienza, cioè di una terza donna per imparare la lezione? No. Adesso basta! Chiudo completamente con le donne e cerco rifugio negli amici. Ma gli amici sono opportunisti, falsi e sfruttatori. Quando sono generoso gli amici accorrono; quando ho bisogno di aiuto gli amici scompaiono. Come ultima soluzione cerco rifugio nella famiglia, fra genitori e parenti; là da dove ero fuggito quando avevo venti anni. Ma è difficile, anzi impossibile andare d’accordo con i familiari. Litigi, incomprensioni, fraintendimenti sono giornalieri e inevitabili. Rimane l’ultima alternativa, la solitudine. Perciò vado a vivere da solo in una casetta. La solitudine: piacevole all’inizio, che però lentamente si trasforma in lunghe ore vuote e tristi. E in quei momenti, quando ho in mano il rasoio, guardo la lama luccicante e provo il desiderio di tagliarmi la gola. La vita continua, peggiorando sempre di più perché la giovinezza si allontana. Adesso so che nella solitudine della vecchiaia sarò gravato dai rimorsi, litigherò con me stesso e non riuscirò più a sopportarmi. Marzo 2003 ILLUSIONI D’AMORE Quante meravigliose poesie, musiche e pitture, gli uomini hanno dedicato alle donne. Quante passioni, sacrifici, dedizioni, gli uomini hanno compiuto spinti dall’amore verso una donna. Poeti e scrittori ci hanno descritto le loro storie. Le donne non hanno mai fatto un’opera d’arte dedicata a un uomo. Se una donna dipinge un quadro, il soggetto è quasi sempre un’altra donna. Le donne stanno lassù, in alto, come idoli belli e vuoti, attraenti e inutili. Agli uomini spetta il compito di idealizzarle e di adorarle. Arte e letteratura sono surrogati del sesso. La letteratura ci dà le emozioni di cui abbiamo bisogno e che solitamente ricaviamo dal sesso. Vedo le donne e penso: per quelle stupide lì, io ho sofferto, ho sognato, ho faticato. Guardo le donne e rabbrividisco: per quelle sceme lì, senza cervello, coperte di fronzoli, stracci, lacche creme e ciprie. Per quelle pagliaccette lì, piene di mossette, sudori, agitazioni, chiacchiere e pettegolezzi, io ho vibrato, ho creato, ho goduto… Le donne danno l’ispirazione, le donne sono il fuoco che accende il cervello degli uomini, sono la bacchetta magica che compie i miracoli nelle menti degli uomini. Le donne sono la serratura che schiude un universo misterioso e sublime, dove l’uomo si perde e ritrova sè stesso. Il male d’amore è solo una creazione della mente, come il sogno di un fumatore d’oppio. E’ solo un subdolo trucco della Natura per costringerci a procreare. Ma se scartiamo le donne come oggetto del nostro interesse, cosa è che possiede valore nella vita? Cosa merita di essere studiato? Quello che le donne sono nella mente degli uomini. Le illusioni meravigliose che le donne producono nella mente degli uomini. Questa è una grande ricchezza che merita di essere studiata e approfondita. Adesso, nella maturità, vedo che i tormenti d’amore della giovinezza erano solamente illusioni. Eppure è stato bello così. I sogni della giovinezza erano solo illusioni, ma le emozioni che mi davano erano reali, facevano vivere e morire. Quando ero giovane, i momenti trascorsi insieme a Bianca erano divini. Bianca spalancava il paradiso nella mia mente. In quei momenti magici, quando ero insieme a Bianca, provavo sensazioni deliranti e preziose che mi hanno lasciato un ricordo indimenticabile. Si trattava solo di illusioni. E con ciò? Anche le religioni e le filosofie sono illusorie. Probabilmente tutta la vita è solo una grande, stravolgente, inutile illusione. Marzo 2003 SCHIAVITU’ E’ primavera ed è incominciata un’altra storia d’amore. Questa donna si chiama Vanessa e con lei sto rivivendo i momenti magici dell’amore. Ecco. In questa piazza ci siamo conosciuti. Su questa panchina ci siamo dati il primo bacio. Sotto questo tiglio le ho accarezzato il seno, per la prima volta. Provo ancora l’illusione che questa sia la donna perfetta, l’angelo soccorritrice venuto dal cielo. Ancora l’illusione che questa donna non cachi, non pisci, non si ammali, non si arrabbi, non sia cattiva… Eppure so che non è così. So che anche lei è un essere umano, che fa parte del crogiolo dell’umanità, con tutto il suo bagaglio di dolori, imperfezioni, difetti. L’innamoramento è una illusione. Ma è una esperienza psichica e ogni esperienza psichica, mentre la vivo, è reale. Per primo è arrivato l’amore, ad irretire l’anima; è arrivato furtivamente, come un profumo sognante e delicato. Ma tra poco questo finirà. Tra poco arriverà la stagione del sesso, ubriacante e infuocato. Nella fornace del sesso dimenticherò il mondo, la realtà e me stesso. Tra poco dominerà il sesso, come un despota affamato di energia, di sensazioni, di nuove e violente illusioni. Per ultima arriverà la noia, pesante, plumbea, mortale. Ho ripetuto tante volte nella vita questa spirale beffarda e traditrice. Perché dovrei ripeterla ancora? Per servire ancora gli scopi procreatori della Natura? No. Questa volta mi ribello. Questa volta, come una donna capricciosa, troncherò questa relazione prima di invischiarmi nel sesso. Non sono schiavo di moralismi, ne di ideologie, né di religioni. Non voglio essere schiavo di niente e di nessuno. Voglio essere libero da ogni schiavitù, anche del sesso. Aprile 2003 UN NUOVO AMORE Ho avvicinato Fiorella con sottomissione e grande delicatezza, per poterla conoscere. Ho speso tempo, energia e denaro in questo corteggiamento. Ho fatto appostamenti estenuanti, l’ho conquistata con offerte e regali. A questo bisogna aggiungere le perdite di tempo accessorie: la maggior cura al mio corpo, le sedute dal sarto e dal barbiere per rendermi più presentabile. La Natura, psicologa finissima, ha reso la strada al sesso molto difficile per il maschio, per evitare che egli si annoi. Adesso che frequento Fiorella, vedo che non rappresenta il punto d’arrivo; non è lo scopo unico della vita; non è la donna ideale che merita tutti questi sacrifici. Eppure io sto lottando come se fosse così. Nei momenti di lucidità sono consapevole che la donna ideale non esiste. Così ho calato le mie esigenze fino ad accontentarmi di una donna qualsiasi, di una donna come Fiorella. Quando sto insieme a lei, sono consapevole di questo. Vedo tutti i difetti di Fiorella: i capelli troppo corti, il bel viso che però ha un naso che non mi piace, il corpo po’ grasso. E poi i difetti psichici: la sua mancanza di cultura, di interessi; la sua grande convenzionalità, i suoi bisogni creati dalla moda, dalla pubblicità e dalle attrici. Ma quando lei non c’è torno a desiderarla e a trasfigurarla con l’immaginazione. Nella solitudine esalto Fiorella sempre di più, me la raffiguro più bella, più intelligente, più desiderabile. La separazione rafforza l’amore; la lontananza accresce il desiderio perché, nella mia fantasia, Fiorella si avvicina al modello ideale. Per uccidere la solitudine esistenziale cerco la compagnia di una donna. Quando sono deluso dalle donne vado a consolarmi con gli amici. Quando gli amici mi deludono ritorno agli interessi della mia vita: Letteratura e Poesia. Ma la letteratura è sesso; la poesia è sesso; l’arte, la musica e la religione sono sesso. Tutte queste cose sono surrogati del sesso. E’ l’energia sessuale, la libido, che si incanala verso qualcosa che assomiglia alla donna, qualcosa associato alla donna. A questo punto allora, io ritorno dalle donne. Finchè vivo dentro un anello della catena della vita, non sono consapevole degli anelli futuri e ricordo debolmente quelli passati. Il presente mi assorbe completamente. Alla fine ogni partner mi lascia insoddisfatto; ogni interesse mi delude. Ma io continuo a cercare, mentre la vita scorre… Maggio 2003 L’ESISTENZIALISTA La vita è un gioco, a volte piacevole, spesso triste, ma sempre pericoloso, molto pericoloso. Se non sto attento, in qualunque momento posso perdere la vita. Nella vita incontro farfalle colorate, belle ragazze, tramonti incantevoli… Ma anche spaventose malattie, feroci nemici, pericoli subdoli e mortali. Appartengo alla umanità; cioè alla animalità, alla precarietà. Allora mi corazzo con case e castelli, con muri di pietra e porte di ferro, esteriori ed interiori. Mi corazzo con piaceri, gioie e soddisfazioni, ma… basta una piccola spina di dolore, basta un colpo di mano del destino avverso, per buttare tutto all’aria. Quando, dopo tanti sforzi, raggiungo finalmente il piacere, la gioia, scopro che il piacere sfuma, evapora, è fatto di materia instabile, effimera, non duratura. E allora devo incominciare la lotta per cercare un nuovo piacere. Il giocattolo chiamato donna mi fa divertire, ma dopo un po’ mi addolora e mi annoia. Allora la butto via, ma poi vado a cercarla ancora, perché ho ancora bisogno di lei. La mia povera anima umana è instabile, dispettosa e capricciosa. Ci sono molti altri problemi: devo continuamente lottare contro i nemici. I nemici si formano poiché vogliamo lo stesso oggetto, o la stessa donna. Oppure si creano spontaneamente, per incompatibilità, per invidia, per sovraffollamento, o per sadismo. Gli alti e bassi dello spirito; le esaltazioni e le depressioni; l’amore e l’odio; il piacere, il dolore e la noia. La genialità e la subnormalità. La voluttà e il dolore nell’amore. La paura e l’attrazione per la morte. Questa è l’esistenza, con le sue antinomie insanabili, con i suoi quesiti irrisolvibili, con le sue eterne, dolorose contraddizioni. Maggio 2003 L’APPUNTAMENTO “Quando fui sull’uscio sconnesso della bicocca ebbi una stretta al cuore. Come accade ogni volta che ci si reca ad un appuntamento decisivo, d’amore o di morte.” Frank Graegorius Ho un appuntamento con una ragazza bella e misteriosa. Questo appuntamento mi fa un po’ paura. E’ il mio primo appuntamento d’amore. In questa sera fosca di aprile, andrò a casa di Lola, per la prima volta. Sembrava così facile, invece no. Mi è venuta la diarrea; l’ora stabilita (le 8 e mezza) non arriva mai, e i minuti sono ore. La strada da percorrere per arrivare a casa sua è breve, fiancheggiata da platani e bagnata con pozzanghere; ma è così intensa di sensazioni ed emozioni che quando vi giungo sono schiantato dalla fatica. Suono il campanello. Un lanternino giallo si accende nel buio. Lola appare bellissima dall’alto della scala: “Vieni, entra.” “No. E’ tardi. Andiamo al cinema.” “Prima entra che ti presento i miei. Faremo prestissimo.” Con riluttanza salgo i gradini che portano al terrazzino. Preceduto da Lola entro in una saletta buia. Poi un salotto illuminato dove stanno i genitori della ragazza. La mamma è una signora fine, bionda, con gli occhiali. Le do la mano e Lola mi presenta, dice il mio nome. Poi stringo la mano al padre, un signore serio e formoso. Breve presentazione: il mio nome, dove abito, il nome della mia famiglia. Poi io e Lola usciamo. Ci segue una raccomandazione della madre: “Non fare troppo tardi…” Esco all’aperto. Finalmente solo con la ragazza. Solo, ma incatenato alla sua famiglia, alle convenzioni del paese, agli obblighi imposti dalla Società. Cammino nella notte, a braccetto con Lola. Sono come trasognato, istupidito. La mia anima è intasata per le troppe emozioni. Sento il contatto del golfino di lana morbida che indossa la ragazza. Sento il suo profumo. Sento il suo chiacchierio, senza capire quello che dice. Annuisco, acconsento e sorrido come un automa. E’ già lei, la femmina, che guida sulla strada del matrimonio. Il cinema, un localetto di periferia, è scialbo e poco affollato. Il film è di genere comico, stupido e sconclusionato. Ne vedo pochissimo, perché proprio davanti a me si siede uno spilungone che ostruisce la visione. Mi diverto lo stesso. Anzi, non mi diverto niente. Avevo immaginato che avrei baciato la ragazza; che nel buio le avrei toccato le gambe, magari casualmente. Invece mi manca il coraggio e resto seduto rigido fino alla fine. Quando usciamo, mi accendo una sigaretta, per darmi un contegno. Poi accompagno a casa Lola . E’ stato questo il mio primo appuntamento d’amore. In seguito non ho più frequentato quella ragazza, perché ne ho conosciute altre, migliori di lei. Da allora è passato tanto tempo. Sono passati 35 anni. Anche il prossimo appuntamento mi spaventa. No! Non più con una ragazza; è passata l’età per l’amore e per il sesso. Il prossimo appuntamento sarà con la morte. Maggio 2003 CAMBIAMENTI Io sono un uomo ipersensibile, sono un Poeta. E un poeta è uno che vede molto in profondità, che sente con maggior intensità. Perciò non posso essere felice nella vita. Non sono come gli uomini normali, quelli che mangiano, che montano e dopo sono soddisfatti. I Poeti vogliono di più; chiedono di più; si interrogano di più; osservano e criticano di più. Sono uomini problematici, complessi, introspettivi, che non si accontentano di una visione superficiale della Realtà. E così scoprono i difetti, i microbi, le incongruenze, e perciò soffrono. Con la loro sensibilità acuta, i Poeti scavano sotto la superficie della Realtà, frugano nelle emozioni, nei sentimenti, negli altri e dentro loro stessi. Talvolta, quando scopro le brutture della Vita, vorrei non averle mai scoperte. Ma la realtà è superiore a qualunque illusione. E allora scarto, allontano, discrimino, separo. Ho scartato l’amicizia, l’amore, le donne, il sesso… Scartando il sesso, l’amore e le donne, che cosa resta? Ho scartato Dio, le religioni, l’arte, le ideologie. Scartando tutto questo, che cosa resta? Che cosa resta? Ma devo scartare queste cose, devo rifiutarle poiché sono false, sono trappole vili e pericolose. Ho scartato la famiglia, il lavoro, il denaro, la vita… E adesso che cosa resta? Restano i ricordi, a cui aggrapparsi. Perché la realtà non è stabile, è un perpetuo fluire, un eterno cambiamento. E questo è proprio quello che rimane: il cambiamento, il doloroso cambiamento. Giugno 2003 DOPO L’ESPERIENZA Col passare del tempo il fantasma della donna cresce nel mio cervello. E la donna diventa sempre più importante, più necessaria, più sublime e divina… L’attrazione dell’uomo verso la donna assomiglia all’attrazione del maschio verso la femmina, negli animali inferiori, dove il maschio muore dopo l’accoppiamento. Amore e morte si confondono. E il maschio corre verso l’amore sapendo che per lui significa annientamento. Così, dopo essermi stancato dell’amore e delle donne, io desidero ancora l’amore e le donne. Eppure in passato ho fatto ripetutamente queste esperienze e adesso so come vanno a finire. Adesso so che se mi sposo rimpiangerò per il resto della vita di averlo fatto; odierò quella donna, la detesterò. Se invece non mi sposo rimpiangerò per il resto della vita la donna perduta. Adesso so che la donna che scelgo in un periodo della vita, non è la stessa che sceglierei in un altro periodo della vita. Perché i gusti cambiano, le necessità cambiano, i modelli estetici cambiano con l’età. Adesso so che non è possibile andare d’accordo fra maschio e femmina. Adesso so che è meraviglioso fare l’amore da fidanzati, quando è proibito. Invece, dopo sposati, quando in casa non c’è nessuno che disturba, allora mi passa la voglia di fare l’amore. L’esperienza mi ha insegnato che quando sono felice in un paese con una donna, io progetto di sposarla e di vivere insieme per sempre. Allora la felicità svanisce, poiché la felicità è il piacere della novità. L’esperienza mi ha insegnato che dopo un po’ è noioso frequentare sempre la stessa donna. Allora desidero andare in paesi nuovi, dove ci sono donne sconosciute, nuove avventure da vivere, nuove emozioni da provare. Però so che in posti nuovi e con donne sconosciute, dovrò ripetere il faticoso rito del corteggiamento, fatto di sottigliezze e tormenti. Adesso so come vanno a finire queste cose e dovrei stare lontano dalle donne. E invece no. Nonostante tutte le esperienze negative che ho vissuto, io cerco ancora le donne. Sì! Ogni tanto una donna ci vuole. Almeno così posso apprezzare la mia vita da scapolo. Giugno 2003 RELAZIONI DIFFICILI Sono sempre difficili, le relazioni con le donne. E’ difficile parlare con loro, avere relazioni di affari, amicizia, parentela o di qualunque altro tipo. Dietro c’è sempre il sesso, implicito, immaginato, desiderato o temuto. Nel rapporto con le donne, le parole non hanno lo stesso significato che con gli uomini. Le relazioni con gli uomini sono molto più facili, limpide e lineari (ad eccezione degli omosessuali). Gli uomini mirano al denaro, ma ci possono essere delle amicizie abbastanza sicure, fondate sulla stessa passione; a meno che non nasca l’invidia o la rivalità. Però la compagnia delle donne è migliore, è più attraente e piacevole. Anche quando il sesso è impossibile, perché sposate, sconosciute, di differente età o ceto sociale. E allora frequento le donne, senza chiedere nulla, senza fare avances. Prendo lo zucchero della vita. Niente relazioni impegnative, niente conseguenze indesiderabili. Resto in superficie ed è già bello così. La vita di un uomo è dominata dalle donne: sia che si chiami amore, sesso, estetismo, arte, letteratura, religione e perfino ascesi. Con lei o contro di lei, la donna è il perno attorno cui gira il mondo: la Femmina, la Nemica, la Dea. L’uomo, prima o poi ha bisogno della donna, corre verso le donne, insegue una donna, la ama o la odia. E il sesso per l’uomo è come la sete: se non lo placa ogni tanto, diventa enorme, irreale, sproporzionato. Adesso che conosco tutte queste trappole, resto seduto all’ombra a pensare e guardare. Ecco che passa un’altra bella ragazza: tettine, culetto, fichetta. Una perfetta macchinetta per attirare gli uomini e per fare i figli. Luglio 2003 NEL FIUME DEL TEMPO La vecchia signora Erminia sta seduta ore nel suo salotto che odora di caffè e di antico. Nei mesi caldi d’estate, la finestra della sua casa è aperta ed io mi fermo per chiacchierare. La signora Erminia ha 90 anni e ama raccontare le storie del passato: ”La signora Olimpia scriveva bellissime poesie e affermava di discendere da antenati scrittori. Ho letto molte sue liriche ed erano affascinanti. E’ morta centenaria, quando io ero ancora ragazza.” “Ha conservato qualcuno di questi scritti?” chiedo io. “No, purtroppo!” “E ci sono figli o nipoti?” “No. La signora Olimpia non aveva figli e tutto è andato perduto. La sua famiglia si è estinta. La sua casa era situata proprio dove adesso c’è via Lorgna.” La signora Erminia, nei lunghi pomeriggi d’estate, seguita a raccontare: “Là abitava Donella Oreste che era proprietario di una fabbrica di olio di ricino. Era un signore con una lunga barba bianca… Vicino a lui c’è un musicista che tutte le sere suona il mandolino, mangia semi zucca e beve vino, seduto vicino all’emporio di suo zio. E’ la bottega di Pernelle. ” “Quel musicista è morto e l’emporio di Pernelle non c’è più, è stato abbattuto 30 anni fa.” “Ah! Non c’è più! Peccato; sa, io sono anni che non esco di qui.” Poi riprende: “Dunque, da ragazza io abitavo di fronte alle tre sorelle Carmagnani, le conosce vero? La signora Atala era mia amica e d’estate mi invitava nel suo giardino a bere la granita. Atala, quando era giovane era la più bella ragazza del paese…” “Sono tutte morte adesso. L’ultima è morta da oltre dieci anni. Il suo palazzo è stato venduto…” “La mia amica Atala è morta? E’ proprio sicuro? Peccato. Era una donna di nobili origini e mi invitava spesso nel suo salotto…” Dopo una pausa la signora Erminia riprende le sue memorie: “Dalla parte opposta, sulla destra c’è un portone, un cortile e in fondo c’è un molino. Lei conosce il mugnaio Maggioni? Io andavo là per comprare la farina per le torte…” “No. Il molino non esiste più; ha chiuso oltre 40 anni fa.” La signora Erminia non mi ha sentito, pare, e riprende il filo dei suoi ricordi: “ Tutte le mattine passavo davanti alla latteria. La lattaia è una signora bella e gentile, con lunghi capelli neri e ogni tanto mi regalava uno zuccherino.” “Sì, la latteria… Anche quella mi ricordo. Ma ha chiuso, e adesso non c’è più,” commento io. “Oh! E’ proprio sicuro? Sa di quale latteria parlo, vero? Era quella all’angolo, attaccata alla bottega del barbiere. Gigetto, si chiama il barbiere…” “Sì, ricordo quel barbiere; è morto anche lui, negli anni ’60. La sua bottega è scomparsa e adesso in quel posto c’è un condominio.” “Ah! Come cambia il paese! Ma io, sa, non vado mai in centro; non esco mai da qui e mi ricordo tutto come era una volta. Dunque, qui in fondo, prima del ponte c’è un arrotino…” Luglio 2003 LE STAGIONI E GLI AMORI La mia storia d’amore con Pia si è svolta d’inverno. Ci siamo conosciuti a metà novembre, con le nebbie e l’odore dei cavoli marciti nei campi. Ci siamo frequentati durante tutto un lungo, meraviglioso inverno. Pia era una ragazza bella e povera e, a quel tempo, anche io ero povero. Il nostro amore era segreto, perché contrastato, ostacolato, spiato da parenti e nemici. Il nostro amore aveva bisogno di rifugiarsi nelle nebbie ovattate, nei pomeriggi grigi, dentro cortili senza sole e nelle sere che arrivavano presto portando oscurità e gelo. Avevamo bisogno dei giorni corti, dell’oscurità che sopraggiungeva furtiva e mandava le persone a casa, rendendo deserte le vie. Il nostro amore proseguì durante un gennaio secco e gelido, e una primavera ventosa e piovosa, profumata di calicanto. Arrivò maggio ed eravamo ancora insieme. Ma ormai tutto il paese sapeva di noi ed era sempre più difficile incontrarci, sempre più difficile amarci; finchè fummo divisi. ****** ***** ***** Invece, il mio amore con Franca è stato un amore estivo. L’ho conosciuta alla prima, caldissima domenica di agosto, in un viale di tigli, alla sagra di mezza estate. Continuammo a frequentarci per tutto un settembre asciutto e afoso e anche durante ottobre. Finchè l’inverno ci allontanò. In inverno Franca non era più la stessa ragazza conosciuta d’estate. I vestiti, l’espressione del volto, i colori, le emozioni… tutto era cambiato, tutto era differente. La prima neve ci separò. Io volevo la Franca dell’estate; io cercavo la Franca del sole bianco nei cieli azzurri che ormai non esistevano più. E così smisi di frequentarla. ****** ***** ******** Annamaria invece l’ho conosciuta in settembre. Quella era una domenica nuvolosa e da allora sono andato insieme a lei. Nelle tristi giornate di ottobre, stavamo seduti sui gradini coperti di licheni di un vecchio palazzo. Guardavamo la distesa di campi, con le stoppie ingiallite dove soffiava il vento. Restavamo là, per ore, in quella solitudine, a piangere e a sognare. Il paesaggio intorno era scialbo, smorto, pallido, sotto un sole basso. Quell’amore durò solamente un paio di mesi e poi finì. Perché quello, era un amore d’autunno. Luglio 2003 ASCOLTANDO DORETTA Ho conosciuto Doretta, una ragazza bella e sinuosa; forse un po’ lamentosa e con qualche altro difetto, che però ho imparato a sopportare. Se scartassi le persone con qualche imperfezione, dovrei scartare tutti. Doretta sta quasi sempre sola perché ha poche amiche. Quando la incontro nei giardini pubblici, restiamo insieme. Nei lunghi e caldi pomeriggi d’estate, io ascolto la ragazza mentre parla, e lentamente, un poco alla volta, entro nel suo chiuso mondo femminile: un mondo prosaico, limitato, senza gioia. Frequentando Doretta vedo il mondo dall’altro punto di vista; il mondo visto in modo differente, più analitico, più particolareggiato, come sotto il microscopio. Niente filosofie, niente cosmogonie, niente che non sia pratico, utile, pragmatico. Quello che non rende la vita comoda, non serve a niente. Così pensa Doretta; così pensano le donne. Oggi Doretta mi ha fatto confidenze speciali. Seduti da soli sulla panchina, mi ha parlato per la prima volta di lei. Mi ha rivelato particolari insignificanti ma intimi della sua vita: cosa mangia a colazione (caffelatte e cioccolata); quante volte si lava; un ragazzo che ha tentato di toccarla; le strade che evita per non udire gli elogi dei vecchi seduti all’osteria… Poi mi ha detto il suo cognome, che io ignoravo. E dopo un po’ mi ha detto il nome di suo padre. Così, senza che io glielo chiedessi, Doretta mi ha presentato la figura di suo padre. Il messaggio implicito o sottointeso è: vai a trovarlo e chiedigli il permesso di diventare il mio fidanzato! Cara Doretta, sotto la superficie dorata di occhi, capelli e reggiseno, traspare in te la femmina: l’animale che ha bisogno di dare per ricevere; che necessita di sicurezza, cibo, protezione. Doretta sta mettendo le briglie alla mia sessualità. Sta mettendo briglie, morso e paraocchi. Doretta mira a mettermi la sella per cavalcarmi come un cavallo, nel terribile gioco del matrimonio. Agosto 2003 LE DONNE DELLA MENTE Adesso che sto insieme a Mascia, rimpiango i fantasmi delle donne conosciute durante la mia giovinezza. Adesso so che quelle donne erano fantasmi e non reali. Donne della mente, ragazze costruite dalla mia fantasia che assomigliavano a ragazze reali. Donne sognate, donne desiderate, donne mai avute, mai possedute perché erano inesistenti. Donne immaginate nel segreto della mia mente; nel buio delle mie notti; nello stillicidio dei miei pensieri; nelle tortuosità delle mie emozioni. Donne irreali. E per questo avevano meno valore? No! Certo che no! Anzi, avevano un valore superiore alle donne reali, proprio come un bel sogno ha più valore della squallida realtà. Mascia è prosaica, banale, noiosa come tutte le altre. Le donne dei miei sogni invece erano divine, travolgenti e ossessionavano i miei pensieri. Quante donne ho creato con la fantasia. Il punto di partenza era una donna sconosciuta; poi io (anzi il Poeta che è in me) la caricava di significati, di doti, di simboli, di rivelazioni, di inferni e paradisi. Donne della mente, che vivete come archetipi dentro universi mentali, paralleli, in attesa che un poeta vi scopra. Baudelaire e Verlaine vi hanno conosciute prima di me. Altri le incontreranno in futuro, e per queste donne i poeti si danneranno, si infuocheranno di passione e attraverseranno il ponte in bilico fra la vita e la morte. Agosto 2003 MADRI E FIGLIE L’arte impalpabile della seduzione. Arte che tutte le donne conoscono, per istinto, fin da bambine. Arte sottile, psicologia raffinata, etereo gioco dell’offri e fuggi, sempre in bilico, sempre al limite del fraintendimento. La donna seduce, poi si ritira; poi offre, poi ancora si nasconde… E l’uomo soffre. L’uomo insegue, corre, fatica e tenta di afferrare. Ma non c’è proprio niente da afferrare: solo fumo, illusione, veli, movimenti aggraziati, flessuosità e giochi colorati. Elvira, la ragazza che ho appena conosciuto, mi seduce. In che modo? In mille modi: non viene ai miei appuntamenti; a volte mi attira, a volte mi respinge; si presenta a volte dolce a volte sgarbata. Elvira mi racconta bugie, mi inganna, mi ingelosisce parlandomi dei suoi pretendenti… E, segretamente consigliata dalla madre, mi avvolge il filo sottile e tenace che mi attira verso il matrimonio. Sì perché, dietro le quinte, nell’ombra e in gran segreto, la madre di Elvira consiglia, suggerisce le mosse da fare, guida il comportamento di sua figlia; analizza le mie reazioni; fa progetti, tende trappole e imboscate. Dopo che sono stato insieme a Elvira, ella ritorna a casa sua e riferisce tutto dettagliatamente alla madre. E questa signora guida sua figlia, suggerisce i trucchi, il comportamento da adottare. La ragazza, come una perfetta attrice, reciterà la sua parte al nostro prossimo incontro. Da sempre le madri fanno così. Da sempre le madri aiutano le figlie a legare l’uomo alla pesante catena del matrimonio. Agosto 2003 RIMPIANTI 2 Oggi, ho incontrato un amore giovanile, che apparteneva al passato. Oggi, lungo il marciapiede, ho incontrato Lisetta, che non vedevo da anni. Da giovani, quando lei abitava qui, siamo stati innamorati. Poi lei si è trasferita, io ho conosciuto altre donne e da allora non l’ho più vista. Lisetta mi racconta che quando è partita è andata ad abitare in un altro paese. Non si è sposata; è stata molto tempo in un ospedale; successivamente ha cambiato ancora paese. Adesso è tornata dai suoi parenti, per le vacanze. Mentre sto vicino a Lisetta provo una emozione intensa, un piacere dolorosamente incrinato. La compagnia di Lisetta mi dà un piacere strano, un piacere masochista. La guardo con più attenzione adesso: il suo bel corpicino è ingrassato; il visetto ha le rughe; nella sua chioma scura ci sono alcuni capelli grigi. Non è più lei, eppure è sempre lei. E allora sto qui, a parlare, a rievocare, ad ascoltare. Camminando insieme arriviamo davanti alla casa dei suoi genitori. Che cosa è cambiato? Tutto e nulla. La casa è sempre la stessa. I cani sono cambiati. Al posto di un cespuglio adesso c’è un albero di fiori. Alcuni suoi parenti sono morti; alcuni vicini sono scomparsi… Che cosa è la vita? Perché la vita? I ricordi diventano ancora più intensi, ancora più nostalgici: “Ti ricordi quel pomeriggio alla sagra di settembre?…” “Sì.” “Ti ricordi quella notte di maggio sotto al mio balcone?” “Sì.” “E ti ricordi quella scampagnata in bicicletta?” “Sì.” E’ come un coltello che penetra sempre più in profondità: “E… E…” “Sì… Sì…” Ormai non servono più nemmeno le parole. Basta un cenno, basta uno sguardo per evocare universi di ricordi, sepolti sotto cumuli di anni. Adesso sto male. Adesso mi sento male; ho rimorsi, rimpianti, rabbia per il tempo fuggito, per le occasioni perdute, per la giovinezza svanita. Eppure resto qui. Insieme al mio amore giovanile, uno dei tanti, durati solamente alcuni mesi. Lisetta mi dice che fra una settimana ripartirà per ritornare nella fabbrica dove lavora. Mi dice il nome del paese, mi dice il suo indirizzo, la via dove abita. Mi prega di andarla a trovare qualche volta. Le rispondo sì; anche se so che, dopo averci salutato con una stretta di mano, non ci rivedremo più. Agosto 2003 LE DONNE CHE FERISCONO Immagina che ogni essere umano sia come una piccola fiamma, una luce che si muove nel tempo e nello spazio. Immagina che lasci dietro di sé una piccola scia luminosa. Che trama intricata e strana ne risulterebbe: esseri che si incontrano e poi di nuovo si separano. Delle fiamme si accendono, altre si spengono. Talvolta due piccole stelle, fatte una per l’altra, si incontrano e danno vita a una luce immensa e chiara… Per Olof Ekstrom Oggi mi trovo alla fiera di San Tommaso, sulla riva sinistra dell’Adige. Ci sono moltissime persone: bambini rumorosi, giovani tatuati, mariti e vecchietti semiparalitici. E ci sono tutti i tipi di donne: ragazzine attraenti, spose giovani e mature, mamme grasse con figli e rugose vecchiette. Mentre mi aggiro fra i tiri a segno e le giostre, penso che sono fortunato a non essermi sposato. Se fossi sposato sarei qui, come tanti altri, con moglie da portare a spasso e marmocchi piagnucolosi. Al tardo pomeriggio, quando il vento increspa l’acqua del fiume e il sole appare dorato sulla cima dei pioppi, improvvisamente vedo lei. Ci sono alcune donne che colpiscono alla prima volta che le vedo, come questa. Capelli neri, ricciolini, un viso che ha qualcosa di magico, occhi penetranti e la bocca… Mi piace anche il vestito che indossa, color rosa con disegni neri. Chi è? Da dove viene? Non lo so. So solamente che mi piace da morire. Assomiglia a qualcuna che conosco? Forse è la ragazza che ho conosciuto a Cologna? O ad Anson? Oppure a… No! Non è nessuna di queste, anche se mi sembra di conoscerla da sempre. E’ la prima volta che vedo questa ragazza e, di colpo, per lei darei la vita. La inseguo per alcuni passi. Anche lei si accorge di me e si volta per guardarmi. Il suo sguardo è affascinante, profondo e serio. E’ l’occasione giusta per parlarle, per conoscerla. Ma mi manca il coraggio, mi sento svuotato, tremo e rabbrividisco. Che cosa le dico? Come mi presento? Fingerò di conoscerla? No, è un trucco troppo vecchio. L’approccio è più difficile perché non è sola, ma in compagnia di un’amica. Alcuni passi e poi la perdo tra la folla rumorosa. Allora, improvvisamente, divento ansioso di rivederla, divento disperatamente bisognoso di lei, del suo volto, del suo sguardo, della sua presenza. Incomincio a cercarla fra i baracconi profumati di frittelle e di pesce. La mia ricerca prosegue accompagnata dalla musica delle giostre, dai colori delle girandole, fra gli spari dei tiri a segno e la confusione della gente. Arriva la sera e non l’ho ancora rivista. Prima di andarmene so che non la rivedrò più. In questa domenica come tante, in un posto qualunque, per un attimo, due destini si sono incontrati; si sono sfiorati; e poi si sono separati, per sempre. Settembre 2003 L’APPOSTAMENTO Mi trovo in piazza a Minerbe aspettando che passi una ragazza che mi piace. Tutte le domeniche, lei esce da una casetta qui vicino e attraversa la piazza per andare in chiesa. Questa volta ho deciso di parlarle, di conoscerla, di fare amicizia. Sono tutto emozionato e guardo in continuazione l’orologio. Passeggio, mi asciugo il sudore, mangio caramelle per profumarmi l’alito, vado dietro un portone a fare pipì… Agganciare una ragazza, parlare per la prima volta con una sconosciuta è un’arte difficile che nessuna scuola insegna. Per agganciare una donna bisogna fare i discorsi giusti, bisogna scegliere le parole adatte, inventare pretesti credibili e originali. Bisogna dire una battuta, una osservazione appropriata su quello che sta succedendo lì vicino. Con l’esperienza ho imparato la procedura, ma mi serve poco. Quando sarò davanti alla ragazza che cosa succederà? Rimarrò lì imbarazzato come un salame? Oppure arrossirò mettendomi a balbettare? Sto facendo tutte queste fatiche per conquistare una ragazza della quale non so niente, né carattere, né gusti, né preferenze. Lei potrebbe essere la donna sbagliata per me; potrebbe amare la città, mentre io amo la campagna. Sto giocando d’azzardo; chissà se lei è la mia anima gemella. Non esiste l’anima gemella. L’anima gemella, la donna ideale la trovo quando il mio bisogno d’amore raggiunge un punto insopportabile: allora quasi ogni donna diventa l’anima gemella. Le donne sono esseri differenti da noi, esseri strani, imprevedibili che non riusciremo mai comprendere. Alcune ore trascorse insieme a una donna sono eccitanti e meravigliose. Alcuni anni trascorsi insieme a una donna, rendono la vita triste e insopportabile. Sono un misogino, sì, lo ammetto. Ma non sono uno facilmente etichettabile, come un vaso di marmellata di mirtilli, là sullo scaffale. Perché sono convinto che le donne sono la cosa più bella che esiste al mondo! L’orologio della torre batte le 6 e la ragazza non è passata. E’ stata una lunga attesa, un pomeriggio inutilmente sprecato. Ma domenica prossima ritornerò ancora qui e aspetterò di vederla. Novembre 2003 INVERNO D’inverno, il cerchio della famiglia si stringe fino a soffocare. D’inverno, quando il freddo ci costringe a stare in casa, tutti riuniti dentro una stanza. Allora scoppiano gli odi, le incomprensioni dovute a differenti caratteri, a differente cultura e differenti modi di guardare il mondo. Quando non sopporto più tutto questo esco al freddo a passeggiare. Vado in campagna e percorro gli ultimi sentieri rimasti, che frequentavo quando ero ragazzo. Ho visto questi sentieri polverosi, fioriti di robinia, camomilla e papaveri durante il mese di Maggio. Li ho visti fradici di umidità in Agosto, affollati di stramonio ed erba morella. Qui ho raccolto la camomilla, ho classificato le erbe, ho spogliato le ragazze e di notte ho osservato le stelle. In questo punto ho fatto l’amore con Roberta, laggiù con Caterina; e rivedo ancora i loro visi arrossati e i loro corpi bianchi e nudi. Lungo questo sentierino oltrepasso l’arco in mattoni del tombino e arrivo al vecchio cimitero. Cammino fra le tombe grigie e oblique con i vasi di fiori marci. Il cimitero rilassa il corpo, calma la mente, acquieta i pensieri. Qui non c’è dolore. Qui non c’è sofferenza, non c’è paura. Gli inferni creati dalle religioni rimangono sopra alla terra. Sotto terra c’è solo oblio e quiete. Guardo le foto e ritrovo gli amici di una volta, le facce che non vedevo da molti anni e che il tempo ha portato via. La vita è un romanzo drammatico dove convivono la bella ragazza e lo spastico, il giovane sano e quello canceroso, il vecchio centenario e il neonato morto. E nel cimitero, dove arriviamo tutti, finiscono i progetti grandiosi, gli amori eterni, crollano le fedi e tutte le filosofie. A sera, stanco e infreddolito, ritorno a casa. Da giovani ci illudiamo continuamente. Vediamo la primavera e crediamo che duri sempre. Scopriamo l’amore e crediamo che sia eterno. Poi, continuando a vedere inverni, vecchiaia e morte, impariamo che tutto passa, che la primavera finisce, come l’amore, la giovinezza e la vita. Febbraio2004 L’ANIMA GEMELLA Quando conosco Lucia, la mia nuova compagna di scuola, capisco subito che è la ragazza fatta per me. Legge i libri che amo io, i racconti del terrore; ama i colori che amo io, il giallo e il nero. All’età di 18 anni ho trovato la mia anima gemella. Le ore che trascorro con lei sono dolci e veloci. Quando lei parla provo un piacere sublime. Quando la guardo tremo di emozione. Vorrei tante vite da trascorrere insieme a Lucia. Ma sono troppo giovane per poterla sposare. Non ho denaro, né lavoro, né casa, né posizione sociale. Quando Lucia parte e va ad abitare a Milano, mi sento solo e disperato. Continuo ad aspettarla, a sognarla, a soffrire terribilmente. Mi sento colpito da una grande ingiustizia perché il destino ha portato via la ragazza che era stata fatta per me. *** *** *** *** Molti anni dopo, nell’età matura, a una festa incontro Bianca. Dopo il primo sguardo, dopo poche parole capisco subito di aver incontrato la mia anima gemella. Bianca è più giovane di me, ha la grazia, la spontaneità, l’incoscienza e la bellezza della giovinezza. Ci incontriamo anche nei giorni successivi e io sento che sto vivendo una esperienza meravigliosa. Con Bianca trovo la speranza per il futuro, ritrovo l’interesse per il sesso, l’amore per la vita che avevo da tempo perduto. Con Bianca posso ancora sognare, sperare, progettare, ma… Ma adesso è troppo tardi. Adesso sono impegnato con moglie, casa, lavoro. Come poso trovare il tempo da dedicare a lei? Come posso trovare la forza per distruggere le cose che ho faticosamente costruito durante tutti questi anni? No! Che peccato! Devo rinunciare a Bianca. Devo rinunciare alla vita insieme alla mia anima gemella. L’anima gemella raramente la troviamo e ancor più raramente riusciamo a sposarla. La troviamo sempre troppo presto, quando non abbiamo i mezzi; oppure troppo tardi, quando siamo già impegnati. Forse l’anima gemella non esiste. E’ una donna qualunque simile a tante altre. Forse l’anima gemella la creiamo noi, per sfuggire alla sofferenza, per uscire da una situazione dolorosa. Quando siamo prigionieri della solitudine, o di un matrimonio soffocante, o di una situazione familiare gravosa… Allora, solamente allora, arriva l’anima gemella: per liberarci, per sollevarci, per aiutarci a vivere e a guardare ancora la vita con senso di novità e stupore. Marzo 2004 UN’AVVENTURA CON CINZIA Ho conosciuto Cinzia alla fiera di Bevilacqua. Cinzia mi piace, è femmina: nelle indecisioni, nei repentini cambiamenti di pensiero, nelle sue incertezze. E’ femmina nel modo di parlare, nelle sue risate improvvise, nelle sue subitanee tristezze. Mi sono innamorato di Cinzia, dei suoi stupendi occhi verde chiaro. Penso sempre a lei, di giorno e di notte quando resto sveglio. Eppure la compagnia di una donna non dà piacere. La compagnia di una donna è non-sofferenza. Vivere significa soffrire; una donna a volte cancella questa sofferenza. Nei giorni seguenti questa ragazza diventa un pensiero ossessivo che mi priva della mia vita intellettuale, mi estranea tutti i miei passati interessi. Ho conquistato Cinzia, ma ho perduto tutte le cose che prima mi davano gioia: i libri, la campagna, le ricerche. I miei cari libri sono ancora lì, ma… adesso non mi interessano più, non riesco più a provare piacere nel leggerli. La nostra storia d’amore prosegue. Ci diamo appuntamenti, io cerco Cinzia, la corteggio, mi dedico interamente a lei, sacrifico tutto per lei. Fin quando durerà questo pensiero ossessivo? Questo amore travolgente ed esclusivo; questa necessità di rivederla, di sentirla parlare, di starle vicino? Questo amore sublime e morboso dura finché finisce la scoperta della mente e incomincia quella del corpo. Una domenica, sulla riva di un fiume, Cinzia acconsente a lasciarsi toccare, accarezzare, spogliare. E così arriviamo al sesso. La prima volta è un gioco veloce, inconsapevole che ci lascia un po’ delusi dopo. Le volte successive il sesso si approfondisce, diventa luce, necessità, forza e vincolo. Adesso la mente di Cinzia non mi interessa più. Adesso voglio solo il suo corpo. Il sesso mi ha liberato dall’ossessione amorosa; ma il sesso è diventato la mia nuova tremenda ossessione. Adesso voglio solo il sesso, desidero solo il sesso, vivo solo per il sesso. Fin quando durerà? Durerà fin quando arriverà la sazietà, la nausea, la noia, l’indifferenza verso il sesso di Cinzia. La stanchezza mi libererà dall’ossessione sessuale e io tornerò di nuovo libero, apparterò ancora a me stesso. Spero che quel giorno non arrivi troppo tardi. Spero di riuscire a evitare gli impegni che condizionerebbero la mia vita futura. La vita è troppo ricca, importante e non merita di essere sacrificata sull’altare di una sola donna. Maggio 2004 DEDICATO A UNA BIONDINA Ho conosciuto Rossana, una biondina che mi piace e che mi fa pensare solo a lei. La vedo tute le volte che passo davanti a un negozio di mobili e spesso con un pretesto entro per parlare con lei. Rossana è una ragazza bionda, con i capelli lunghi, gli occhiali e una espressione seria sul suo bel viso. Sta seduta ore dietro la vetrina con i mobili, in attesa dei rari clienti. Adesso che mi sono innamorato di Rossana devo chiudere il mio ventaglio di interessi per dedicarmi solamente a lei. Gli altri interessi portano via tempo, energia e non sono conciliabili con questo mio nuovo ed esclusivo interesse. Questo mio nuovo amore è appena incominciato e incontra tutte le difficoltà degli inizi. Per conquistare Rossana devo fare i sorrisi giusti, quelli che costano cari. Voglio dire che io non ho il senso comico della vita e non sono abituato a ridere. Sarebbe bello abbracciare la ragazza e concludere questo bisogno d’amore. Mi piacerebbe seguire il mio istinto di maschio, cioè baciarla, spogliarla, accarezzarle seno e sesso… Ma non è possibile. Rossana segue il suo istinto di femmina, che consiste nel creare un piccolo labirinto di comportamento, dentro il quale io devo trovare da solo la via da seguire. Lì dentro, sarò guidato dai sorrisi di Rossana quando prendo la strada giusta e dai suoi sguardi imbronciati quando sbaglio. Questo è il rituale dell’amore, che ho vissuto con altre donne prima di questa. Adesso ho le notti insonni, i miei giorni sono alternativamente neri o luminosi e provo disinteresse per il cibo e per tutto, eccetto per lei. In questo gioco tormentoso e delizioso il protagonista principale è… la fantasia. La mia fantasia che costruisce immagini irreali della ragazza. Come posso uscire da questa trappola? Sposando Rossana e vedere così la dura realtà dell’esistenza. Però, adesso, nella maturità esiste anche un’altra soluzione che non era possibile nella gioventù. Con uno sforzo di volontà, fra cadute e ripensamenti, non vado più da lei, non passo più per la strada dove abita e la saluto frettolosamente quando la incontro. In questo modo ritorno padrone della mia libertà e della mia vita Agosto 2004 NEL GIARDINO FIORITO I susini sono tutti fioriti nel giardino pubblico. I vecchi tronchi contorti e nodosi sono avvolti da nuvole di fiori bianchi e rosati. Entro nel prato, cammino e aspiro il profumo sottile nel silenzio quasi magico. In un angolo del giardino c’è una ragazza che conosco di vista, insieme a un bambino. Sembra una mamma col suo figlioletto. In realtà lei è ancora nubile e il bambino è figlio di sua sorella. In quest’ora di primo pomeriggio, siamo soli, io e la ragazza. Guardo gli alberi, guardo i fiori, guardo il tappeto d’erba… e guardo la ragazza. Sulla quarantina, è ancora piacente, nonostante l’età. Non si è ancora sposata e probabilmente ha perduto la speranza di farsi una famiglia. E’ bellina, la conosco di vista, non so nemmeno il suo nome ma… perché non tentare. L’aria è così dolce, il cielo è perlaceo, con nuvole bianche e il giardino sembra fatto apposta per noi. Con il cuore che batte, come succede sempre in queste situazioni, mi avvicino e faccio i complimenti al bambino. Lei sorride, si avvicina, mi risponde… Ci scambiamo le solite frasi convenzionali; sono le premesse alle bugie degli amanti, agli inganni che verranno dopo. Chiacchieriamo, sorridiamo, ci presentiamo. Lei si chiama Daniela e ha 43 anni. Il tempo passa, tutto è aggraziato, profumato, primaverile, come il vestito chiaro di Daniela, come il suo bel visino all’acqua e sapone. Dopo un’ora ci lasciamo, così, con naturalezza, come se fossimo amici da tanto tempo. E’ sottointeso che domani Daniela sarà di nuovo qui, e anche io verrò per parlarle, per corteggiarla, per farle compagnia. Ma verrò domani? Non sarò malvagio a illudere questa ragazza? Non sarò perfido facendole sperare il matrimonio pur essendo io assolutamente contro il matrimonio. Mi sentirò in colpa nel fare promesse che so di non poter mantenere? No. La Natura ci illude continuamente. Tutta la vita è piena di illusioni: la giovinezza, l’amore, la bellezza, la felicità… Ma sì, domani verrò e darò a Daniela l’illusione dell’Amore. Aprile 2005 TRABOCCHETTI Per motivi di lavoro ho conosciuto Floriana, una giovane dattilografa, bella, bionda, gentile. Due o tre volte alla settimana passo dal condominio dove abita e consegno i testi da preparare per la tipografia oppure le dò indicazioni su come deve svolgere il lavoro. All’inizio, fra noi c’è un muro di diffidenza. Lei è ben difesa dalla sua famiglia. All’inizio i nostri unici rapporti sono le poche parole dettate al citofono; poi deposito i fogli nella cassetta per la posta situata nell’androne. Questo totale distacco dura tutto l’inverno. Un giorno di primavera, qualcosa cambia. Mi aprono il portone e mi invitano a salire. Trovo la madre di Floriana ad attendermi davanti alla porta dell’appartamento, così consegno a lei le cartelle. Passano altre settimane. Un giorno d’estate mi stupisco di vedere Floriana che mi apre la porta; accanto a lei c’è sua madre. Io consegno il manoscritto alla dattilografa, saluto e vado subito via. Dopo altre settimane, madre e figlia mi fanno entrare in casa. Mi fanno sedere in salotto per parlare e bere il caffè. Passa dell’altro tempo. Adesso rimango in salotto solo con Floriana. Sua madre è di là e non si fa vedere, non viene a disturbarci. Passano ancora settimane. La ragazza mi accoglie con sorrisi, mi mostra la sua collezione di bambole. Mi chiede di accompagnarla in banca, in ditta... Le due donne, madre e figlia, hanno deciso qualcosa, stanno complottando qualcosa per me e contro di me: la madre ha deciso di maritare la figlia e io dovrei essere la vittima. In questi giorni noto un gran lavoro sotterraneo per verificare se sono all’altezza del compito. Ci sono domande oblique per verificare il mio conto in banca, i miei possedimenti, la mia posizione... Ci sono ricerche, test di sopportazione per verificare il mio carattere; test per vedere se sono un uomo ostinato o tollerante, religioso o ateo; test per misurare la mia intelligenza, la mia bontà... Madre e figlia sondano il futuro marito: mi fanno i test psicologici per conoscermi in profondità, per scandagliare il carattere, per rendere trasparenti i miei pregi e difetti. Adesso è arrivato il momento di ritirarmi, di fuggire finché sono in tempo. La famiglia di Floriana è severissima, irreprensibile, di antica educazione. Fra me e Floriana non c’è stato nulla, neppure un bacio. Perciò posso fuggire. Ritornerò a parlarle per citofono, scusandomi di non poter salire da lei a causa della fretta e degli impegni. Ritornerò a depositare le cartelle nella sua cassetta della posta. Il mio bisogno di libertà mi fa correre via, mi fa desiderare di mettermi in salvo. Agosto 2005 RAGAZZINE Ragazzine mai avute, che appartenete agli anni ’60. Lontane da qui, lontane nel tempo. Ho sognato, tremato, ho trascorso notti insonni per le vostre trecce brune; ho scritto poesie per i vostri occhi; ho provato deliri per le vostre minigonne pieghettate, per le scarpette di vernice nera; per le bluse ondulate dai seni acerbi. Ragazzine scomparse, che rivivete nelle foto in bianco e nero. Con le espressioni un po’ triste, trasognata. Ragazzine perdute, voi mi ricordate le musiche, i balli, i capelli lunghi e le camicie a fiori degli hippy. Ragazzine desiderate e mai avute. Ragazzine che ho tanto amato. Dolcezze che facevano soffrire; amori che facevano morire. Ragazzine incantevoli che ancora adesso mi date brividi ed emozioni di eternità. Sorridenti, in bikini sulle spiagge, abbracciate tra di voi, regalate cascate di gioia nel nostro misero mondo. Dove siete? Restate sempre qui, in queste foto ingiallite, nella mia memoria, nei miei sogni di povero poeta. Febbraio 2006 MONDI CHIUSI Il bar di Minerbe è un piccolo microcosmo da osservare con piacere. Quando fuori c’è freddo e neve, qui dentro, al caldo, si trovano i vecchi attorno a un tavolo che giocano a scopa o tressette. Sono quattro vecchietti decrepiti, ma giocano con passione ed entusiasmo. Dei di destini cartacei, giocano instancabili, senza pensare alla morte che li aspetta. In un tavolo in un angolo, alcune belle ragazze chiacchierano con risatine, gesti, sguardi e sussurri. Cosa si dicono? Cose banali, discorsi stupidi; ma come sono interessanti! Un gruppo di ragazzi seduti a un tavolo vicino alla finestra, parlano forte fra loro, ma intanto lanciano occhiate alle ragazze. Chi sarà il più coraggioso che si alzerà per tentare un approccio? Per guardare gli occhi di una ragazza, con le lunghe ciglia, ci vuole più coraggio che affrontare un coccodrillo. Miretta, una ragazza sola, aiuta a servire al banco: fa i caffé, scalda le pizze, distribuisce i popcorn. L’estate scorsa lei era ancora qui. I suoi pomeriggi domenicali li trascorre tutti qui. E intanto la sua giovinezza scivola via. Non sa cosa perde. Io, sto seduto su uno scomodo sgabello e guardo questi mondi chiusi, questi gruppi circolari senza comunicazione fra loro. Certo, talvolta succede il miracolo, ed esso cambia i destini delle persone coinvolte. Il pomeriggio trascorre, si fa sera. I vecchi continuano a giocare a carte. Le ragazze ridono e sussurrano. I ragazzi parlano e schiamazzano. Miretta continua a servire dietro al bancone. Febbraio 2007 LA CAMPANARA DI ANSON Probabilmente ogni persona è legata a un tempo e a un luogo; e può esistere solamente in quel tempo e in quel luogo. Nella vita a volte si incontrano persone simpatiche, con le quali starei volentieri insieme. Le incontro in viaggio, alle sagre. Sono incontri fuggevoli che durano solo il tempo di un viaggio in treno o le ore della festa. Poi ognuno va per la sua strada e non le rivedo mai più. Dopo 30 anni ritorno ad Anson sperando di rivedere la ragazza vestita di bianco, con i capelli rossi, gli occhi verdi e i seni appuntiti, che sfilava in processione. Naturalmente adesso lei non c’è più. Sulla piazza ci sono solamente i vecchi e gli anziani. Ma non è stata una giornata sprecata... Quest’anno, alla fiera di Anson, la terza domenica di Ottobre, incontro una sagrestana. È una bella signora bionda che ama le case vecchie, proprio come me. Mi racconta che quando era ragazza tirava le funi per suonare le campane nel piccolo campanile. A quel tempo abitava vicino alla chiesa, in una casetta ora abbattuta. Mi ricordo come era quell’edificio che allora ho fotografato. Poi la signora aggiunge: “Rivedo ancora quella casetta, nei miei sogni...” Ci spostiamo in sagrestia dove la signora mi mostra un vecchio armonium che suonava quando era giovane. È uno strumento nero e impolverato, abbandonato in un angolo. La signora si avvicina, alza il coperchio e incomincia a suonare qualcosa sulla tastiera. Nella luce dorata della sagrestia risuonano le note dolci e tristi di una musica religiosa. Il volto della signora evoca ricordi di un tempo ormai lontano. Finita la messa andiamo in processione per le vie del paese. Davanti cammina il vecchio prete col crocifisso in mano; poi gli uomini che sorreggono la statua di un Santo; poi il corteo degli uomini, delle ragazze, delle donne con i vecchi in fondo. È un pomeriggio di sole e fa caldo. Ma i vecchi si ricordano che negli anni passati, durante la processione c’era la nebbia e i partecipanti si vedevano appena. La signora bionda cammina vicino a me e prega come le altre. A pomeriggio inoltrato, quando il sole rosseggia oltre i campi ingialliti, c’è il bacio della reliquia. Alla fine ci sediamo sulle panche per il rinfresco. Ci sono pasticcini, amaretti, cioccolato e vino caldo. La signora bionda è di fronte a me e con un bel sorriso alza il bicchiere brindando a qualcosa; ma non riesco a capire quello che dice. C’è molta gente intorno a noi e i bambini gridano e fanno molto rumore. Restiamo in compagnia fino a sera. Poi la sagra è finita e vedo la signora allontanarsi insieme alle sue amiche. Adesso so che non la rivedrò mai più. Anche questa è una delle tante ingiustizie della vita. Ottobre 2008 MAJORETTE Alla sagra paesana di Veronella. Lungo le mura merlate di mattoni sono allineate le macchine agricole del passato. In piazza, davanti alla chiesa, ci sono le bancarelle. Poi la mostra dei pittori locali; il luna park. A metà pomeriggio arrivano le majorette con i musici e gli sbandieratori. Tutte vestite con costumi medievali e mantelline azzurre, le ragazze percorrono in fila le vie del paese, precedute dai suonatori di trombe, di tamburi e seguite dagli sbandieratori. La bellezza delle majorette, i gesti, i costumi, la musica creano una coreografia fantastica, quasi da sogno. Sotto il sole di luglio luccicano le trombe di ottone fra le braccia e le gambe bianche delle ragazze. Io seguo la fila arrampicandomi su muretti e pilastri per fotografare dall’alto. Soffro molto per la scomparsa di mio cugino Renzo che mi ha aiutato per 40 anni nel mio lavoro. Corro avanti e indietro per riprendere la sfilata da vari punti di vista. Sono tutto sudato ed eccitato per questo spettacolo. Poi improvvisamente vedo lei, e il mondo intorno cessa di esistere. È una ragazza del gruppo, vestita come le compagne, eppure appena la vedo attira tutta la mia attenzione, diviene centro dei miei pensieri e solleva un mare di ricordi e di inquietudini. È lei. La ragazza che Dio ha creato per me. È Franca di Minerbe che mi ha fatto impazzire 40 anni fa. È Pia di Veronella che mi ha fatto soffrire 30 anni fa. È... il mio modello di donna, la mia controparte che sta scritta nei miei cromosomi. Ci sono moltissime ragazze qui, tutte belle e attraenti. C’è quella con i seni sporgenti, c’è la ragazza col sederino rotondo, c’è quella con le cosce sode, con gli occhi celesti, con le manine di fata... Inutile. Io guardo solamente lei. La ragazza che non conosco, che non ho mai visto prima, ma che è destinata a me. Come si chiama? Da dove è? Che carattere ha? Non mi importa niente, voglio solo lei, vorrei solo stare con lei. Le ore scorrono e io seguo il corteo delle majorette cercando nella fila sempre lei. Sul tardo pomeriggio il sole si oscura, arrivano le nubi e una leggera pioggia scende sul paese portando un velo grigio di malinconia. La festa finisce, le bancarelle chiudono, le ragazze si disperdono. È arrivata la sera. Una sera di luglio con nubi e leggera pioggia. Le majorette sono andate in albergo a cambiarsi. Fuori c’è la corriera che le aspetta. Sulla piazza c’è molta gente, ma io non vedo più quella ragazza. Ho trascorso ore a guardarla e adesso non saprei neanche descriverla. Avrà un bel seno? Avrà belle gambe? Che importa! Il suo volto mi ha stregato, mi ha ipnotizzato assorbendo tutte le mie facoltà di osservazione. Ricordo solamente il suo viso con la sua espressione leggermente triste. Il viso di Franca, di Pia e di tutte quelle che la hanno preceduta. Ogni uomo cerca, corteggia, insegue, si unisce con una donna e resta con lei finché ne trova un’altra che si avvicina di più al suo ideale. Poiché la donna ideale esiste solo nella mente dell’uomo. In natura esistono donne vere che assomigliano approssimativamente alla donna ideale, alla donna dei nostri sogni. Veronella Luglio 2011 LE GATTE Nel crepuscolo freddo e malinconico di febbraio entro nel vicolo dove abita Susanna. La mia fidanzata abita nell’ultima casetta di un vicolo cieco. A destra ci sono case decrepite e magazzini. A sinistra, oltre una rete di confine, c’è un orto dove si muovono alcuni gatti infreddoliti. In fondo al vicolo scorre un piccolo fiume. Come le altre volte Susanna mi aspetta nell’ingresso e appena mi vede mi abbraccia. Poi attraversiamo la piccola cucina, dove stanno cenando i genitori, ed entriamo in una saletta dove passeremo insieme la serata. Ormai conosco a memoria tutti i particolari della stanza: la tappezzeria giallo oro, le tendine a fiori, il lampadario a gocce e la chitarra in un angolo. Ci sediamo sul divano. Stasera la ragazza indossa un maglioncino rosso e una gonna blu, pieghettata. Le accarezzo i capelli mentre lei mi parla dei suoi problemi, della sua famiglia, dei suoi progetti. Dopo cena i genitori salgono le scale per andare a dormire. Nella casa adesso è sceso un grande silenzio. Noi parliamo sottovoce e nelle pause si odono solo i nostri sospiri. A un tratto, si ode un gatto miagolare là fuori e Susanna esce in cortile per pochi minuti, probabilmente per portargli del cibo. Quando la pendola batte undici rintocchi è arrivato il momento di andare via. È una notte fredda e stellata e io mi incammino verso casa mia. *********** Venerdì al crepuscolo arrivo all’appuntamento con Susanna. Percorro il vicolo lungo e stretto, di terra battuta, in discesa. In questa grigia sera di febbraio c’è solo ombra e squallore. Rivedo le vecchie case come in un quadro statico, dipinto con colori smorti. Ma questa sera c’è una novità: una ragazza esile, con vestitino rosso, sta nell’orto. Mi volta le spalle e quando le sono vicino mi accorgo che è bellina, così le dico: “Buonasera.” La ragazza si volta di scatto e con un gridolino corre via. È scontrosa o selvatica. Durante la serata Susanna mi dice che la ragazza nell’orto è la figlia dei vicini ed è la sua amica. Poi, mi suona qualche accordo con la chitarra. Nella penombra profumata della saletta c’è un’atmosfera intima, quasi di aspettativa. La pendola batte le nove e sento i genitori salire le scale per andare a dormire. Allora faccio sedere Susanna sulle mie ginocchia e la abbraccio e la stringo, senza parlare. È una sensazione di morbidezza e di calore che ci isola e protegge dal mondo. I vetri della finestra sono tutti appannati e fuori c’è solo freddo e buio. Improvvisamente dall’esterno proviene un miagolio lungo e insistente. Susanna smette di baciarmi, si divincola, tenta di liberarsi dal mio abbraccio. Poichè non ci riesce, imita il miagolio del gatto, due, tre volte. Sbalordito la lascio libera e lei corre verso la porta mormorando in tono di scusa: “Devo andare... la mia amica mi sta chiamando...” Un po’ stordito, rimango da solo seduto sul divano, ad aspettarla. Penso che le gatte e le femmine hanno molte cose in comune. Dicembre 2011 LA SANTA DI RALDON Raldon: un piccolo paese sperduto fra le campagne e le paludi della pianura. Meno di mille abitanti, quasi tutti contadini. Nessuno si sarebbe mai interessato a questo paese e nessuno sarebbe andato a visitarlo se non fosse che... Da alcuni mesi si va diffondendo la notizia che a Raldon abita una Santa. Una giovane ragazza che fa profezie e predice il futuro. Un vecchietto che è stato là, afferma di essere tornato guarito dai suoi malanni. Ho deciso di andare anch’io dalla Santa, in estate; ma la curiosità mi spinge a partire in anticipo. In una fredda mattina di sole, di febbraio, parto in bici verso Raldon. La strada attraversa campi di radicchi luccicanti di brina. Lungo i fossi e nelle paludi ristagna una nebbia bassa. Quando entro in paese, in meno di un’ora, mi stupisco di vedere tante persone che arrivano qui da tutte le direzioni. Il paese, con le casette vecchie e decrepite dei contadini, appare insolitamente animato. A quest’ora del mattino, le vie sono affollate di persone, ed è una cosa insolita per una località priva di attrazioni. Non ho neanche bisogno di chiedere informazioni. Per trovare la casa della Santa mi basta seguire la fila delle persone a piedi, in bici o sui carri che vanno verso una casetta di mattoni alla periferia nord del paese. Sul prato antistante c’è una piccola folla di poveracci, creduloni e affamati di miracoli. Dalle loro chiacchiere vengo a sapere che la Santa non mangia da mesi; ha visioni sovrannaturali; ha il dono di guarire e predire il futuro. La porta della casetta si apre e appare un ometto magro e malvestito che fa entrare un gruppo di visitatori. Mi unisco anch’io ed entro in una cucina fuligginosa col focolare spento e pieno di cenere. Il padrone di casa ci guida su per una scaletta buia, incassata fra i muri. Di sopra percorriamo un corridoio col pavimento di legno pieno di buchi. Poi entriamo in una cameretta fredda e misera con una piccola finestra. E allora, finalmente, vedo la Santa. È una ragazza ventenne magra e pallida sdraiata sul letto. Indossa una camicia da notte bianca, lunga fino ai piedi scalzi. Ha i capelli neri, lunghi e pochissimo seno. La Santa pare assorta e ha lo sguardo fisso nel vuoto. I visitatori parlano sottovoce. Un uomo magro tocca il pomello arrugginito del letto. Una donna grassa si inginocchia e tocca la camicia della Santa. Il padre della ragazza interviene. Con gesti rabbiosi manda indietro i visitatori gridando che non bisogna disturbare Annalisa. Quando esco sul prato vedo che la folla è aumentata. Ci sono straccioni, malati, donne incinte; ragazze che hanno perso il fidanzato; contadini che hanno perduto il raccolto. C’è anche il venditore di lamette per barba, di pomate per i calli, di dolciumi... Un uomo esce di casa e ci fa cenno di seguirlo. Dai discorsi della gente apprendo che è lo zio della Santa. Egli ci guida dietro alla casa, in un orto dove c’è una grossa buca. Qui preleva manciate di terra dalla buca e le mette in sacchetti di tela. Un vecchietto con un banchetto improvvisato, vende ai fedeli i sacchetti di terra miracolosa. Ne compro uno anch’io, poi verso mezzogiorno faccio ritorno a casa. ************ È arrivata l’estate e le chiacchiere riguardo la Santa sono cambiate, qui al mio paese. Ora ascolto, non più lodi, ma critiche e calunnie. La fruttivendola dice che la Santa non vive a digiuno; il fabbro l’ha vista mentre mangiava pane e salame. Il barbiere del paese, che è sempre bene informato, racconta che la Santa aveva predetto data e ora di morte di una vecchia, ma si è sbagliata. Il vinaio spiega che i parenti della Santa hanno inventato questo imbroglio per sfruttare la credulità della gente e guadagnare denaro. In settembre decido di tornare a Raldon per vedere cosa succede laggiù. Quando arrivo in tarda mattinata, vedo che è tutto cambiato qui. Le strade sono deserte, i turisti sono scomparsi. Raggiungo la casa di Annalisa, ma non c’è più nessuno sul prato. Vado a vedere l’orto sul retro. La buca c’è ancora, più grande e profonda, ma non c’è nessuno nemmeno qui. Annalisa è stata una santa sfortunata. Ragazza illusa e in buonafede, è stata sfruttata dai parenti e solamente per caso è stata smascherata. Altri santi più fortunati non sono ancora stati smascherati, o non lo saranno mai. Dicembre 2011 MINERBE 2012 Ritorno a Minerbe anche quest’anno. Ritorno qui, nel paese che amo di più, dove oltre 40 anni fa ho incontrato il mio primo e più grande amore. Adesso è tutto cambiato e il paese mi piace meno. Però sono a Minerbe, cammino per le stesse strade. Per paura del vuoto che avrei trovato, per paura della solitudine intorno a me, ho invitato due amiche che verranno qui, alla Sagra di San Lorenzo. Le ho invitate io, e adesso sono già pentito. Sto bene da solo qui, in compagnia dei ricordi. No, non è possibile sostituire il ricordo di una donna amata e scomparsa, con altre donne vive di cui mi importa poco. Intanto mi godo questa solitudine fatta di ricordi, prima che arrivino le due amiche che mi distoglieranno i pensieri con le loro chiacchiere. Davanti a questa villa ci siamo baciati, 40 anni fa. Su questa panchina abbiamo giurato sul nostro amore. In questo viale dei tigli ci siamo conosciuti. Davanti alla chiesa, le ho preso la mano, la prima volta... Sono belli e dolorosi questi ricordi. Appartengono a un tempo passato e anche io appartengo a quel tempo. Quello che è accaduto dopo, non mi interessa. Quello che sta accadendo adesso è grigio e senza importanza. Mi sento straniero in questo tempo. Mi sento sradicato dal mio tempo e gettato qui, in questo presente scialbo e vuoto. E per animare questo presente ho invitato due amiche che mi raggiungeranno qui. Mio Dio che errore! Scapperei via per evitarle. Ma non posso abbandonare il paese nell’anniversario del mio grande amore. C’è il sole, ci sono i tigli, ci sono le giostre... E ci sono io, da solo, che cammino su queste strade, proprio come tanti anni fa. Il cinema è chiuso, la fabbrica, il consorzio sono abbandonati. Molte ville sono chiuse e abbandonate. Molte cose sono cambiate qui. Mi distraggo a guardare il gioco della cuccagna. Siamo Agosto 2012. Allora era Agosto 1966... Il pomeriggio passa, il sole scende... arriva la sera... le amiche non sono venute... meglio così... A casa i parenti mi aspettano e mi avvio al ritorno, anche se rimarrei qui per altri mille anni. Minerbe 2012 VIALE DEI TIGLI Il Viale dei Tigli a Minerbe. Un luogo idilliaco fatto per le passeggiate romantiche degli innamorati. Tenendosi per mano, le coppiette passeggiano d’estate nell’ombra folta dei tigli. In Giugno il profumo dei fiori accresce l’incanto del momento. Allora il cuore batte più forte, le mani sudano, la voce trema. Sulle panchine bianche alcune coppie si stanno già baciando. Altre, più timide, passeggiano camminando piano. Vestiti nuovi, gonne plissettate, camicette col pizzo e collane. In questa domenica pomeriggio c’è tutta la bellezza e i tesori della giovinezza. Qui le coppie si conoscono, si baciano, fanno progetti d’amore più o meno illusori. Anche io ho percorso tante volte questa strada, passeggiando insieme all’amica del cuore. Con l’arrivo dell’autunno le copie si diradano. A fine Ottobre, quando le chiome dei tigli diventano gialle, le foglie morte si ammucchiano sulla strada e vorticano nel vento freddo. In inverno, il viale è affogato nella nebbia o appare deserto nei pomeriggi gelidi, col sole basso fra i rami nudi. ******** *********** ********* Sono passati tanti anni. Oggi sono ritornato qui e cammino nel viale come tanti anni fa; non verso un appuntamento amoroso, ma verso i vecchi libri nella casa di un bibliofilo. È tutto cambiato adesso. Molti alberi sono stati abbattuti, i rimanenti hanno i rami potati. Le panchine sono state sostituite, le coppie sono scomparse. Adesso i giovani preferiscono le discoteche per conoscersi e amoreggiare. Il tempo inesorabile ha cancellato tutto: amori, dolori, bellezze, amicizie, ricordi... Il viale è vuoto e deserto in questa domenica di Maggio. Non ci sono più le ragazze, non c’è neppure qualche passante, non c’è più nessuno. Arrivato quasi in fondo mi volto indietro per vedere la prospettiva lunga del viale. Allora vedo i funghi: grossi deformi, bitorzoluti, stanno attaccati sul retro dei tronchi. Funghi mostruosi, duri, che odorano di fossa umida. Forme vecchie e rinsecchite che deridono la giovinezza e sono uno sberleffo alla Vita. Giugno 2013 Sergio Bissoli scrittore bibliofilo regista. Su Youtube Bissolis ANIME NUDE Racconti d’amore, intimisti, psicologici. Oltre 100 racconti brevi descrivono storie vere di situazioni reali e rapporti uomo-donna: incomunicabilità, inimicizia fra i sessi, il piacere, il dolore, l’incomprensione, la solitudine, l’amore, l’erotismo, la nausea, la morte.

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